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Autore: Manto    25/10/2021    0 recensioni
(Tanti auguri, Edgar Allan Poe!)
Basta un mese per far cadere Richmond nel terrore: tra sparizioni e terribili rinvenimenti, racconti di sussurri in lingue sconosciute e mormorii riguardo entità inumane che dominano le strade e la notte della città, una sorte sempre più buia scende a gravare sui suoi abitanti.
Tra tali orrori, la storia di un ragazzo che con il mistero ci dialoga da anni, ma che ancora non sa cosa può fare veramente.
Fic dedicata all'autore che mi ha preso per mano undici anni fa, e alla sua amata controparte: entrambi, non sapete quanto mi avete salvato.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edgar Allan Poe, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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III ☼ La Paura Conosce Ogni Cosa



 

Come ogni grandiosa festa che si rispetti, anche le sue ceneri non devono passare inosservate: e quando il mattino fuoriuscì dal manto della notte, tutta villa Allan risentì dei postumi dell’evento.
I suoi occupanti si svegliarono diversi da come si erano assopiti, chi confuso e chi ancora invasa dall’allegria indotta da un momento, per quanto breve e illusorio, lontano dai terribili eventi distanti solamente pochi chilometri; e nel caso di Edgar, con un feroce mal di schiena, il frutto della decisione di dormire su uno dei divanetti della sala dei ricevimenti pur di lasciare il proprio letto a Dupin.
A parte questo, tuttavia, e mentre cercava di muoversi lentamente e soffocare i lamenti per le sue povere membra, il giovane si rese conto di possedere più energie che in altri giorni; e dopo aver sfolgorato per l’intero mattino, il sole del primo pomeriggio entrava e si disfaceva debolmente su pavimenti e pareti, fiaccato da continui veli di nubi, e i refoli di vento che penetravano da sotto i vetri appena accostati parlavano di ore che presto sarebbero state rinfrescate da un gradito temporale.
Nella villa non ci sarebbe stato molto da fare né chi si sarebbe accorto di lui, tutti colmi di sonno com’erano, e d’altra parte chiudersi immediatamente nello studio per scrivere, rimanendo così immobile per ore, non gli sembrava la migliore delle idee. L’aria fresca chiamava a sé con voce di miele: alla malia di una simile sirena non voleva contrapporsi né aveva le forze per farlo, quindi si ritrovò nel parco ancor prima di formulare tale desiderio.
Raggi frammentati dalle folte fronde degli alberi e bagliori aurei lo accolsero e gli accarezzarono il volto, scesero su di lui mentre anche le palpebre andavano abbassandosi ed Edgar diveniva simile a una creatura sospesa tra realtà e fantasia, un’entità capace di portare luce ovunque.
Ben dritto, perfettamente immobile e immerso in una profonda pace, lo trovò Frances quando fu colta dallo stesso desiderio del figlio e uscì a godersi il vento che faceva danzare le foglie. La donna sorrise dolcemente non appena lo scorse, quindi gli si avvicinò silenziosamente per osservare come il sole giocava sulla sua persona.
«Quanto sono rari questi momenti», dissero quasi all’unisono, per poi sorridere entrambi. Il ragazzo aprì gli occhi per incontrare lo sguardo della madre, quindi le porse il braccio con eleganza e quella accettò l’invito senza esitazione, e insieme si misero a passeggiare per i sentieri labirintici e tra le mille piante. 
«In tutta onestà, sono molto soddisfatta di come sia andata la serata», iniziò Frances con voce gaia, «e specialmente del tuo comportamento: hai fatto un’ottima impressione su tutti, e sai bene che ciò può essere di grande aiuto a tuo padre.»
«Anche l’essere fuggito con monsieur Dupin ha fatto buona impressione?»
Frances ridacchiò, per poi scuotere la testa. «Questo è stato notato unicamente da me e dalla piccola Virginia; e ti può essere facilmente perdonato, dato che anche io ho fatto qualcosa di simile… o almeno, ci ho provato.» Una breve pausa, il tempo di cambiare sentiero. «Stai diventando sempre più adulto e responsabile, ed è questo che si deve lodare. Non ti chiederei mai di rimanere per ore in una stanza gremita di persone, lo so quanto sia difficile per te…»
«… Ma salvare le apparenze.» E non scendere in profondità: rimanere in superficie, dove tutto è illusoriamente certo, e mai addentrarsi nel buio che s’intravede sotto quello strato tanto sottile quanto rassicurante…
«Edgar?»
Il ragazzo lasciò andare immediatamente il pensiero e ritornò alla realtà, voltandosi un poco verso Frances. Questa lo fissava con un accenno di sorriso nel volto. «Un’altra storia?»
«No, no, stavo solamente… pensando.»
«E sappiamo bene quale sarà il risultato di questo.» Picchiettandogli gentilmente sul braccio, la donna fece fermare il figlio e gli si pose di fronte, l’espressione fattasi seria e il tono percorso da una nota di severità e implorazione. «Non vanificare tutti gli sforzi che stai compiendo, Edgar. Presta attenzione a ciò che fai, specialmente in tempi come questi.» Un sospiro. «E non stare via troppo a lungo, presto calerà la sera. Mi raccomando, non compiere niente di cui potresti pentirti.
E ora, vai pure a dare un saluto alla casa del signor Perry.»
Poe si chinò verso la guancia di Frances e vi posò un bacio, quindi le sorrise. «Non credevo di essere così palese», mormorò, e a tali parole la donna rise. «Solamente quando hai misteri e ombre da scrivere», fu il sussurro di risposta, a cui il giovane rispose con un lieve rossore.
Frances lo guardò staccarsi da lei, fare i sentieri a ritroso e rientrare velocemente in casa per recuperare al volo il mantello, quindi si fece nuovamente sentire: «E, Edgar, mio caro, un’ultima cosa: per oggi lascia riposare Virginia. La sua fronte scotta un poco e ieri è stata una giornata molto pesante per lei, ha bisogno di pace e tranquillità.»
Il ragazzo fece cenno di aver compreso. «La porterò a cavalcare un altro giorno, allora.»
Una risata gentile. «Non lo sai fare nemmeno tu!»
«Come se papà mi facesse mai avvicinare ai suoi cavalli, d’altro canto.»
Frances non rispose, e il giovane non perse altro tempo: le mura lo videro passare senza far alcun rumore, recuperare quanto dovuto e poi sfuggire alle stesse stanze spesso cercate. Solamente davanti a una porta rallentò fino a fermarsi: quella della camera di Virginia, che aprì per scrutare nella penombra che invadeva l’ambiente ma lasciava intravedere un piccolo, morbido involto di coperte e lenzuola raggomitolato in un letto troppo grande. Per un attimo il giovane provò l’impulso di entrare e andare a posare un altro, lieve bacio e una carezza sulla fronte della cugina; tuttavia, il pensiero di poterla svegliare o spaventare nel sonno lo spinse a evitare, quindi la porta venne richiusa e l’ombra del ragazzo si staccò lentamente da essa mentre la figura abbandonava il corridoio in un leggero fluire di passi e fruscii.
Ben presto l’unica presenza fu quella del silenzio, così compatto e greve da dare l’impressione che nessuno vivesse più lì e tutto fosse ricordo, o evento ancora da accadere.



 

Fu immediatamente chiaro come Villa Allan non fosse l’unica realtà trasformata dall’oscurità notturna: anche la campagna che Edgar andava attraversando si mostrava in una veste nuova, sospesa in un dormiveglia che aveva cristallizzato alberi, fiori e colture in marmoree creature e lo lasciava passare senza porre alcun ostacolo né concedere carezze.
Il ragazzo alzò lo sguardo all’immensa volta estesa sopra al proprio capo, alle nubi che si rincorrevano e alle ore che galoppavano ancor più rapidamente, per poi abbassare il volto e ritornare a camminare al fianco della sua mente e delle idee che partoriva. Come un cibo mal digerito, l’abbraccio che aveva dato a Virginia e la conversazione avuta con Dupin avevano iniziato a premergli il petto e ad agitarsi in gola non appena si era lasciato la casa di John alle spalle per una dimora sì più umile, ma a lui più cara: era proprio là che quel peso lo conduceva e avrebbe assunto dimensioni ancora maggiori, perché il continuo arrovellarsi dei pensieri lo approfondiva.
Con il completo risvegliarsi di corpo e mente, era ritornata anche la forza della coincidenza che aveva legato le ultime parole scambiate con il gentiluomo francese alla dolcezza della ragazzina: la stessa, identica considerazione che aveva assunto forme d’implorazione e insegnamento.
Ciò che non muore torna sempre indietro.
Mentre Dupin gliel’aveva detto chiaramente quando era stato accompagnato alla stanza da letto e si erano congedati, Virginia lo aveva sussurrato con il volto affondato nel suo petto: in entrambi i casi, comunque, Edgar era rimasto senza una replica da offrire, solamente un silenzio che avrebbe voluto smorzare il suono di quelle voci. «Non ha funzionato a lungo», si disse il giovane mentre accelerava leggermente il passo, «se tuttora sono qui a pensarci.»
E perché trovarsi in quello stato? Perché sia l’uomo che la cugina sapevano, e chiedevano, dell’unica sua storia rimasta incompleta; e avevano tutte le facoltà per leggere oltre le bugie dietro a cui si celava.
Aveva mentito e ancora mentiva a entrambi, trovando scuse e quasi arrivando ad autoconvincersi di quanto sosteneva: ma ciò non cambiava la realtà dei fatti e non funzionava a lungo.
La verità era che la trama del lavoro aveva un chiaro filo logico, i giusti colpi di scena e trovate geniali, procedeva con chiarezza e non c’erano pecche; l’imparziale Virginia lo aveva riconosciuto fin da subito. Era anche falso dire che quell’opera non gli apparteneva più, che si era stancato di essa: ben altro lo teneva lontano dalle sue pagine, un veleno che la mente non riusciva a controllare né razionalizzare… 
… Era paura ciò che lo faceva desistere dal proseguire.
Accadeva sempre qualcosa quando scriveva quella storia: i personaggi sembravano assumere identità, corpo e indipendenza appena Edgar iniziava a delinearli, si muovevano da sé con la spontaneità dei vivi e, lentamente ma inesorabilmente, a un certo punto sembravano rifiutare di seguire il corso che il giovane costruiva per loro.
Si ribellavano alla penna: sceglievano in autonomia la propria strada e lo ribadivano ancora, ancora e ancora. 
Molte volte, nella calma della casa di Perry, Edgar si era sentito quasi osservato, giudicato o chiamato dalle sue stesse creature, gli abitanti del maledetto volume; e quelle chiedevano sempre maggiori libertà, ma senza implorare troppo. Oh, no, con il passare del tempo, era stato lui a desiderare che tali avvenimenti cessassero, a interrompere il lavoro cercando di non cedere al desiderio di porvi lucchetti, serrarlo in una cassaforte o peggio, e salutare per sempre quelle strane sensazioni.
Forse erano solamente sue suggestioni: Virginia, infatti, non era mai stata turbata dalla lettura del libro e, al contrario, ne era rimasta affascinata. Si stava illudendo su tutto, quindi? La sua era solamente stanchezza, un abbaglio della lucidità?
Edgar si fermò un istante sulla strada e riprese fiato in un roco respiro: frutto della camminata e del passo sostenuto, il sudore colava copioso lungo la schiena e gli appiccicava la stoffa della camicia al dorso e i capelli alla nuca, pizzicava e faceva prudere la pelle, fiaccava tutte le membra e sembrava determinato a togliere il senno.
Un alto, rigoglioso larice svettante presso un lato del sentiero venne in aiuto allungando la propria ombra verso il giovane, e questi fu ben contento di sedersi ai piedi del tronco e farsi accarezzare da un breve riposo; intanto, la mente e le considerazioni non si fermavano e continuavano a rimuginare riguardo all’eccentricità della storia e ai suoi inspiegabili accadimenti.
Frances e John sostenevano spesso ― l’uomo in particolare ― che passasse troppo tempo, più del necessario, distante dai contatti umani, che cugina e zia non potevano valere per tutti: che effettivamente avessero ragione e fosse giunto il momento di staccare un attimo dai misteri, dalle discese nel cuore umano e nei suoi moventi?
Forse avrebbe dovuto ascoltarli di più: seguire il loro consiglio e dare una possibilità al mondo, accettarne maggiormente il ritmo, e infine...
Infine, venne il grido. 
Edgar non lo udì subito: lo percepì quando ormai quello era sul punto di disperdersi per la campagna, tra salici e fossi, come un’eco inascoltata. Ma lui quell’eco l’aveva sentita e si era immediatamente voltato verso il punto di provenienza del prolungato, sofferente urlo che aveva ben poco di umano ma tanta tristezza da stringere il cuore; e per molto rimase in attesa, sorpreso e un po’ spaventato, a fissare l’orizzonte violetto che si estendeva alla sua sinistra, chiedendosi se fosse così stanco e tanto ottenebrato dai festeggiamenti notturni da confondere i piani di realtà e immaginazione.
Il ripetersi del grido per due volte ― l’ultima in modo semplicemente raccapricciante ― lo convinse di essere perfettamente lucido e lo fece balzare in piedi come sotto l’amorevole tocco di un tizzone ardente, ma proprio la razionalità lo portò a esitare dal gettarsi di corsa in direzione del suono, per desiderio di aiuto e curiosità.
Nel suo animo si agitavano due forze: una cauta, che gli chiedeva di riflettere bene prima di agire, vagliare con accuratezza e possibilmente non indagare oltre; e quella più viva e fremente che già lo portava lontano, nei colori della sera e da chi o cosa aveva partorito il suono, per apprendere il mistero che si celava dietro di esso. Alla fine fu quest’ultima a vincere e a spingere il giovane a dirigersi verso il viola crescente, là dove bruciante curiosità conduceva e chiamava.
Il grido non si fece più udire, ma Edgar ricordava benissimo la direzione e così continuò su uno stretto sentiero per quelli che alla fine si rivelarono pochi minuti, il tempo di ritrovarsi sulla cima di una bassa collinetta; da questa si scendeva in una depressione erbosa collegata alla collina da un sentiero ancora più stretto di quello che aveva appena percorso, fiancheggiato da una fitta fila di faggi su entrambi i lati e volto verso una meta che da quella sommità lui non riusciva a scorgere.
Non era solo in quel luogo da dove sembrava salire la velata oscurità che iniziava ad avvolgere l’ambiente: poco più avanti rispetto al giovane, una figura alta e magra avanzava lentamente sul sentiero, lenta ed elegante.
Edgar non riusciva a scorgerle il volto perché quella gli dava le spalle, ma qualcosa nella figura continuava ad attirare il suo sguardo: era lì perché, come lui, aveva udito il grido e si era sentita scuotere dallo stesso desiderio di conoscenza? Era un o una viandante senza meta, qualcuno che si era perduto o semplicemente un’anima libera, incurante dell’approcciarsi sempre più rapido dell’oscurità, tesa a un orizzonte che nessuno avrebbe potuto eguagliare?
Il giovane vide la persona fermarsi improvvisamente e volgere il capo verso un punto alla sua sinistra, su di una macchia di cespugli che sorgeva in mezzo a due alberi; la guardò avvicinarsi a essa e sporgersi in avanti per guardare meglio qualcosa al suo interno, rimanere immobile per qualche tempo… ma Edgar non riuscì a fare molto di più: un’ombra si allungò sopra di lui e lo ricoprì completamente, rapendolo alla grazia della sera. 
Il giovane non aveva bisogno di voltarsi per riconoscere chi fosse alle sue spalle, e il sospiro e lo sguardo subito incupito lo resero palese. «Perché mi hai seguito, Virginia? Mamma ha detto che stamattina avev―»
L’ombra divenuta carne lo superò senza ascoltarlo, quasi neppure lo avesse sentito, passandogli accanto in silenzio e incamminandosi sul sentiero che si srotolava giù dalla collina. 
Edgar rimase a fissarla per qualche istante con una punta di confusione nella mente; quindi, arrossì d’imbarazzo nel realizzare come essa non fosse affatto sua cugina, ma una donna che le assomigliava molto. Certo, i lunghi riccioli scuri erano identici ai suoi e anche le movenze, ma era molto più alta e magra di Virginia, e indossava abiti che la ragazzina non avrebbe mai scelto: lei non portava mai colori così violenti come il rosso scuro che tingeva la gonna della sconosciuta, né si sarebbe aggirata a piedi nudi come quella faceva. 
Eppure, non fu l’aver confuso le due persone ciò che trasformò l
imbarazzo dapprima in disagio, poi in inquietudine: dietro di sé, insieme ai veli della veste che ondeggiavano a ogni passo come scossi dal vento, la nuova arrivata lasciava una sensazione di gelo da dare i brividi. Per ignote ragioni, improvvisamente il ragazzo si trovò a pensare che ciò che le tingeva la veste fosse sangue ― sangue arterioso, zampillante dal cuore stesso ―, e tanto se ne convinse da sentirne l’odore nelle narici e il bollore sulle mani.
C’era qualcosa di enormemente sbagliato in lei, d’innaturale e brutale, quasi fosse una fiera pericolosa e nemmeno di questo mondo; una pulsione che invitava a scappare, fuggire il più lontano da lì e in fretta, ma che Edgar non riusciva ad assecondare, immobilizzato da altre emozioni: non poteva, semplicemente. 
Non fu la sua parte più razionale a vedere quel che successe dopo e a fissarlo per sempre nel suo essere, là dove il terrore si nutriva di ogni memoria, ma tutto di lui, corpo testa anima, lo sentì accadere; perché improvvisamente si trovò a volgere il capo verso la direzione opposta, la stessa disperazione con cui prima credeva di non poterlo fare a infiammargli vene e tempie.
Corri e salvati.
Nel momento del massimo orrore, della caduta finale, l’istinto si era messo in moto e aveva dato una scossa al suo corpo, facendolo alzare e costringendo le gambe a ruggire mentre la corsa si faceva più veloce e nelle orecchie si udiva solamente il boato del vento.
Via di qui, non puoi affrontarla.
Edgar sapeva: l’occhio non era stato rapido a girarsi quanto il capo e aveva intravisto ciò che sarebbe stato meglio non notare, quello che la mente aveva già compreso e non avrebbe dovuto essere confermato.
Ogni secondo di mostruosità uncinava la pelle con lo stesso accanimento con cui il sudore l’abbandonava: e non c’era la strada di casa davanti allo sguardo stravolto, ma la velocità innaturale con cui la sconosciuta era andata incontro alla figura accanto al cespuglio e, senza strappare né emettere un grido, aveva…
Scappa.
Più di una volta il giovane incespicò rischiando di cadere tra la polvere e i fruscii che salivano dietro di sé, ma il desiderio di sopravvivere lo sostenne e, seppur tra barcollamenti e atroce dolore diffuso in tutte le membra, alla fine lo riportò a Villa Allan. 
Il cielo girava piano sopra le guance solcate da lacrime improvvise, e qualche stella occhieggiava in attesa di una risposta che continuasse la sua imperturbata danza; lui non si accorgeva di nessuna di queste cose, quasi il corpo fosse stato diviso dal resto ed Edgar Allan Poe fosse divenuto solamente un’ombra.
Come lei.
Gli alberi che popolavano il parco erano quasi più confusi di lui mentre lo guardavano attraversare lentamente i sentieri e cercare la porta più vicina per intrufolarsi nella villa come un ladro e rintanarsi in un posto dove nessuno potesse trovarlo, per poi provare a…
Dupin comparve davanti al suo sguardo vacuo ancor prima che potesse rendersi conto del trambusto che agitava l’edificio. Pronunciando parole che lui non riuscì a comprendere, il gentiluomo impallidì nel vederlo quasi non si aspettasse d’incontrarlo, oppure a causa del suo aspetto che sapeva essere orrendo ― forse per entrambe le motivazioni; dopo un istante il ragazzo lo vide ricomporsi e afferrarlo per le spalle e scuoterlo, dimentico della sua abituale eleganza. C’era tensione nel suo sguardo e le mani tremavano leggermente.
La questione è davvero grave, fu il pensiero che attraversò la mente di Edgar, il quale si riscosse quel tanto per udire Dupin: «Edgar, mi senti, riesci a rispondermi? Virginia era con te? Cos’è accaduto?»
Poe rimase immobile, confuso. «… Virginia?»
L’uomo lo fissò quasi per leggergli dentro, quindi abbassò il capo e lo voltò di lato. «Terribile, è terribile. E ora che cosa fare…»
Il ragazzo trattenne il fiato, per poi avanzare di un passo e costringere Dupin a indietreggiare. Nuovi brividi gli attraversavano la nuca. «Che cosa sta succedendo qui, signore? Perché mi avete chiesto di mia cugina?»
Il francese non rispose immediatamente, ma solamente nel guardarlo Poe sentì ciò che stava per dire. Una stilettata dritta al cuore.
«Ragazzo mio… Virginia è sparita.»





 

ANGOLO DI MANTO

Salve!
Non ci speravo neanche più di riuscire ad aggiornare la storia prima della fine dell’anno, tuttavia sono riuscita a rendere alcune scene come avevo in mente (o almeno ci ho provato) e iniziare a parlare di una questione che impegnerà tutti i prossimi capitoli.
Alcune note avrebbero dovuto comparire già in questo capitolo, ma per non farvi spoiler le inserirò prossimamente.
Un abbraccio,

Manto

 
   
 
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