Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: FairyCleo    25/10/2021    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'unione
 
Correre.
Doveva correre più velocemente che mai se voleva raggiungere l’uomo che gli era stato indicato dal suo padrone e signore. Leon doveva correre fino a sentire male alle articolazioni, doveva correre fino allo stremo, e doveva farlo perché, alla fine, aveva avuto ragione: il suo unico e solo benefattore aveva avuto bisogno di lui, era tornato a chiedergli aiuto, e per nessuna ragione al mondo lo avrebbe deluso.
Era avvenuto tutto durante la notte. Stava dormendo accanto alla sua donna, così morbida e profumata di pulito, quando aveva sentito un rumore, quasi una sorta di lamento e, impugnata la sua inseparabile frusta, aveva preso coraggio e si era alzato per scoprirne la causa. Gli occhi dovevano essersi accesi di gioia nel momento in cui aveva udito con chiarezza la sua voce. Era stato, in ordine, il secondo momento migliore della sua vita, un vero e proprio tripudio di gioia mista a un’incontrollabile agitazione, in parte dovuta all’emozione di trovarsi al cospetto di una creatura così potente e perfetta.
 
“Siete tornato”.
 
Nonostante il tremore nella sua voce, aveva cercato di mostrarsi il più possibile sicuro di sé. Non aveva ancora del tutto messo da parte la delusione provata dopo essere stato usato e gettato via, ma la consapevolezza di poter rivivere quei momenti di gloria lo aveva convinto che quella strada fosse l’unica giusta da percorrere.
Aveva dovuto attendere qualche istante prima di sentire la sua voce, stavolta con chiarezza e fermezza. Era delicato e gentile come sempre, e non sembrava arrabbiato con lui per i pensieri che gli aveva dedicato. Forse, non era capace di leggere nelle menti altrui, e questo non poteva essere altro se non un punto a suo favore. Forse, alla fine, avrebbe potuto ricavarne molto di più di quello che aveva pensato all’inizio, quello che, tra l’altro, gli spettavano di diritto.
 
“Sei l’unico di cui possa fidarmi”.
“Ne sono lusingato. È un onore per me poter conversare nuovamente con voi. Posso, umilmente, esservi utile?”.
 
Lo aveva sentito ridere e, se doveva essere sincero, aveva avuto come l’impressione che quella risata provenisse direttamente da un girone dell’Inferno. Aveva fatto fatica a mostrarsi sereno, e sperava con tutto il cuore che i brividi in mostra sulla pelle nuda non lo avessero tradito.
 
“Oh, questo è il momento migliore per rendersi utili. Dovrai fare più di una cosa per me… Attento a rimanere vivo, però, se ci tieni a ricoprire la posizione di prestigio che pensi di meritare”.
 
Quelle parole gli avevano realmente fatto accapponare la pelle. Che si fosse sbagliato e il suo benefattore fosse in grado di carpire ogni singola cosa che la sua mente ambiziosa partoriva?
 
“Ogni cosa a suo tempo… Ora vai, amico mio: da adesso in poi, ogni singolo istante sarà estremamente prezioso” – gli aveva detto, e poi era andato via, all’improvviso, proprio come era arrivato.
 
Non gli piaceva il compito che gli era stato affidato, non gli piaceva affatto. Era rischioso, spaventoso, se qualcosa fosse andato storto ci avrebbe rimesso la vita, e lui non era pronto a morire per un qualcosa che non aveva neppure lontanamente compreso.
Si era ritrovato a formulare qualsiasi tipo di pensiero: che fosse una burla, una prova atta a testare la sua fedeltà, o che fosse un modo per punirlo a causa di ciò che aveva osato pensare in sua presenza.
La strada per la gloria è paragonabile a una scalata, lo sapeva benissimo, ma quella scalata la stava facendo scalzo, senza guanti e senza una corda di sicurezza.
 
“Perché mi trovo sempre in queste situazioni di merda? Perché?”.
 
Avrebbe potuto pensarci fino all’infinito, ma sapeva che non avrebbe trovato soluzione: avrebbe solo dovuto continuare a correre.
 
Il sole era tiepido e tirava un bel venticello, ma Leon sudava e tremava come se stesse attraversando un ghiacciaio secolare in piena notte. Aveva portato con sé la sua fedele frusta, più per trarne coraggio che per utilizzarla, ma doveva ammettere che di coraggio non gliene avesse infuso neppure un pochino. Era pieno di dubbi, incertezze, e temeva di essere diventato bipolare, un pazzo da manicomio. Ma cosa era questo manicomio, poi?
 
“Morirò. Morirò per la mia stupidità e per non aver capito che dovevo farmi i cazzi miei. In questo momento dovrei essere a lavoro a frustare quelle nullità, e invece… Invece…”.
 
Improvvisamente, qualcosa aveva smosso i cespugli e lui, guerriero cuor di leone, si era ritrovato immobilizzato dal terrore. Una goccia di sudore freddo gli aveva attraversato la spina dorsale in tutta la sua lunghezza, e un pallore spettrale si era fatto largo sul brutto viso da topo che si ritrovava.
Stava per morire. Stava per morire, lo sentiva, e nessuno avrebbe mai ritrovato il suo corpo perché non ce ne sarebbe stato uno. Stava per morire e, e…
 
“Ti prego! Non farmi del male!”.
 
Nell’istante in cui aveva avvertito l’estrema vicinanza del nemico – prossimo a porre fine alla sua miserabile vita – si era accovacciato al suolo, coprendosi il viso con le mani e dando prova dell’inesistenza del suo coraggio tramite il completo svuotamento della vescica. Era quello lo spettacolo penoso che avrebbe accolto il suo carnefice: quello di uno scarto umano zuppo della sua stessa urina con accanto un’inutile frusta incastrata per metà tra i rovi.
 
“Urca! Ti senti bene, amico?”.
 
Sentirsi… bene? No, non si sentiva bene, per niente! Ma quella voce cristallina e dal tono così gioviale era bastata a convincerlo che non fosse veramente in pericolo, insieme, ovviamente, al fatto che fosse ancora lì e fosse in possesso di ogni singola parte del suo corpo.
 
“A-amico?”.
 
Quando aveva riaperto gli occhi, ancora accovacciato in quella ridicola posizione, erano stati i capelli a forma di palma ad attirare la sua attenzione. Solo in seguito aveva messo a fuoco il resto di quella figura dall’aspetto così insolito eppure così determinato. E le parole gli erano morte in gola, perché quel tizio – che continuava a mantenere una certa distanza – era veramente identico al figlio più piccolo di quello stronzetto a cui aveva fatto il culo non molto tempo prima.
 
“Ma tu… Tu sei…”.
“Io sono Goku. E sto cercando un uomo più o meno alto così” – e aveva fatto il gesto con la mano – “che ha con sé due bambini, uno con un caschetto lilla e uno con i capelli uguali ai miei. Non è che tu li hai visti, per caso? Voglio solo sapere se li hai visti, non mi voglio avvicinare! Sai com’è, ne succedono di ogni, ultimamente…”.
 
Un idiota. Quel tizio era veramente un idiota. O era un fottuto genio, ancora non aveva deciso. Quello che aveva deciso era stato il voler riacquistare la propria dignità rimettendosi in piedi, e recuperare la frusta con un gesto squisitamente atletico.
 
“Due bambini, eh? E un uomo relativamente basso…”.
“Be’, basso… Non credo che questa definizione gli farebbe piacere, ma se vuoi metterla così… Li conosci?”.
“Forse sì, ma non sai i loro nomi?”.
“Emmm… Sì, certo. Si chiamano Vegeta – l’uomo – e Trunks e Goten. Sono piccoli, e uno ha i capelli come i miei, te l’ho già detto”.
“E tu li stai cercando”.
“Sì… Ho davvero bisogno di parlare con Goten”.
 
Era incredibile. Era andata proprio come gli aveva detto il suo benefattore: un tizio di nome Goku sarebbe apparso e avrebbe detto di voler parlare con Goten, queste erano state le sue parole, e le cose erano andate esattamente in quel modo. Era straordinario! Non avrebbe mai più dubitato di lui, MAI.
 
“Sì, li conoscono”.
“E puoi portarmi da loro?”.
“Certo che posso… Vegeta è un mio caro amico… Seguimi pure”.
“Strano… Vegeta non ha molti amici, ma le cose saranno cambiate dopo tutto il tempo trascorso qui”.
 
Aveva parlato troppo. Cazzo, doveva stare più attento se voleva salvarsi la pelle! Ma possibile che non riusciva a stare attento? Far incazzare un tipo come quello non era saggio! Poteva risucchiarlo in qualsiasi momento, farlo sparire, e…
 
“Ma senti, lo conosci da tanto?”.
“Chi? Vegeta? Sarà un anno…”.
“Un-un anno? È trascorso un anno da quando… Da quando…”.
“Da quando?”.
“Urca! No, no, niente! Senti, avrei un po’ di fretta. Non è che mi puoi portare subito da loro? Io ti vengo dietro, a questa distanza, ok?”.
“Certo, amico mio, molto volentieri…” – forse l’aveva scampata.
“Forse, però, prima dovresti passare da casa” – aveva aggiunto Goku, sorridendo.
“Eh?”.
“Urca, amico. Non so come dirtelo, ma credo che tu te la sia fatta sotto a causa mia”.
 
*
 
Era accaduto tutto proprio come era stato stabilito: dalla posizione in cui si trovava, Leon aveva potuto osservare tutto con estrema chiarezza, ed era stato a dir poco meraviglioso come quel babbeo dai capelli a punta avesse dato il via a tutto proprio con le sue stesse mani. Un semplice tocco, un contatto dei suoi polpastrelli con quella superficie liscia e tac! Tutto aveva avuto inizio.
E questo tutto era talmente perfetto da avergli fatto venire le lacrime agli occhi. Se ci fosse stata quella stupida della sua donna, le avrebbe infilato la lingua sino in gola e le avrebbe dato una bella strizzata proprio sul fondoschiena. Al solo pensiero, Leon aveva dovuto asciugare la bava colata sul suo mento, anche se la sua eccitazione crescente era dovuta a ben altro: chissà cosa avrebbe potuto ottenere una volta ricevuta la sua ricompensa, chissà quante donne ben più giovani e belle della sua sarebbero cadute ai suoi piedi. Pregustava quel momento con grande eccitazione, ma doveva essere bravo a non rovinare ciò che aveva creato con tanta dedizione. Era compito suo far sì che le cose funzionassero, che tutto andasse come deciso, ed era sua intenzione portare quel compito a termine.
Si era nascosto con grande attenzione, facendo in modo di poter vedere senza essere visto. Vegeta era a dir poco patetico. Giocava a fare il paparino premuroso, il difensore delle streghe, ma era un perdente. Un perdente per cui le donne piangevano, però, e che suscitava il rispetto degli uomini. Aveva notato sin dal primo istante come le persone lo guardavano, con un misto tra ammirazione e rispetto, e senza che lui avesse fatto qualcosa per meritarsi tutto ciò. Tranne – ovviamente – finire sulla bocca di tutti dopo averlo messo KO. Dannazione, quanto lo detestava! Era come se emanasse una strana aura, qualcosa che attirava irrimediabilmente chi aveva attorno e lui non lo tollerava. Non riusciva proprio a sopportarlo, e questo perché sapeva che nessuno avrebbe mai potuto avere una simile reazione nei suoi riguardi, sapeva che il massimo che poteva essergli concesso era di incutere timore mediante lo schiocco della sua frusta.
Ma poi, ora che ci faceva caso, da dove veniva fuori quel vezzo della frusta? E come aveva ottenuto il lavoro di capomastro? Aveva ricordi confusi a riguardo, molto, molto confusi. Ma era davvero importante, in quel momento? No, perché aveva avuto un assaggio di quelle sensazioni che tanto bramava nel momento in cui aveva messo KO quel bellimbusto. E pensare che quelle erano solo briciole, un assaggio di ciò che avrebbe potuto fare realmente una volta che avrebbe ottenuto tutto quello che voleva.
Trepidante, si era avvicinato ancora un po’ alla finestra: voleva osservare da vicino lo svolgersi degli eventi, voleva esserne totalmente partecipe, l’artefice, per quanto gli fosse possibile.
 
Non avrebbe saputo descrivere ciò che gli si era palesato davanti neppure se avesse avuto la fantasia di un bravo scrittore. Leon non era certo di aver visto quello che aveva visto, ma la realtà dei fatti era che tutto quello che gli si era palesato davanti era avvenuto eccome, anche se era a dir poco impossibile crederci.
In meno di un attimo, nell’istante in cui quell’imbecille aveva preso tra le mani il quaderno, il sole e la luna si erano alternati un’infinità di volte, rapidi, talmente rapidi da formare un anello luminoso costellato da luce e ombra. Le candele presenti all’interno della modesta abitazione si erano spente, e le pagine avevano preso vita, agitandosi perché smosse da un vento impetuoso che aveva spalancato porte e finestre. I bambini si erano svegliati giusto in tempo per vedere il quaderno cadere sul pavimento, Vegeta indietreggiare e un freddo pungente avvolgere cose e persone.
Centinaia di voci sinistre si stavano sovrapponendo, miliardi di sussurri e sospiri si mescolavano gli uni con gli altri, e occhi… innumerevoli occhi scintillanti erano puntati sul trio di sventurati che da un anno aveva occupato quella catapecchia che chiamavano casa.
 
Leon aveva visto tutto muoversi, tutto cambiare, ma lui era rimasto esattamente dov’era, unico spettatore in grado di vedere ciò che stava accadendo senza però capirlo. Aveva deciso di darsi un pizzicotto, a un certo punto, convinto di essersi addormentato e di essere in preda a un incubo spaventoso, ma il dolore lo aveva avvertito, forte e chiaro come non mai, e aveva avvertito anche altro. Una voce che sovrastava le altre, una voce che non avrebbe mai confuso con quella di nessun altro essere vivente presente sulla faccia del pianeta.
 
“Urca… Come ci sono finito, qui?”.
 
L’energumeno muscoloso con la faccia da ebete era comparso all’improvviso alle sue spalle, ma non aveva idea di come avesse fatto. Non aveva sentito i suoi passi, non aveva avvertito la sua presenza avvicinarsi. Era comparso e basta, come per magia. E Leon sapeva che – se davvero di magia si trattava – era la stessa che presto lo avrebbe reso potente e superiore a qualsiasi essere umano.
 
“Sei-sei arrivato!” – gli aveva detto, iniziando a ridere come se fosse stato posseduto da uno spirito maligno – “FINALMENTE!”.
 
Ma Leon, inetto essere inferiore, feccia dell’umanità che gode della sofferenza altrui, traditore farabutto tra i peggiori mai nati, non aveva capito che le regole del gioco che aveva da sempre giocato con gli altri sarebbero state le stesse che il suo misterioso benefattore avrebbe adoperato con lui.
 
“Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta! Ora avrò la mia ricompensa! Ah-ah-ah! Ora avrò tutto quello che ho sempre desiderato!”.
 
“Ma cosa dici? Stai bene amico? Mi sembri confuso e… Urca! Che dolore! Mi scoppia la testa!”.
 
Lo aveva visto crollare sulle ginocchia come se fossero state di burro, e lo aveva visto stringersi il cranio a tal punto da pensare che presto sarebbe esploso come un melone maturo. Sudava freddo, quell’ammasso di muscoli senza cervello, e tremava come una foglia al vento. Emetteva rantoli spaventosi, gemeva come se lo stessero lentamente sciogliendo dall’interno. Era il più bello spettacolo a cui avesse mai assistito: un altro idiota tutto muscoli e niente cervello ridotto a uno straccio! Stava godendo come non mai, e questo perché sapeva di aver contribuito a quello spettacolo così soddisfacente con il suo per nulla misero contribuito.
E, come tutto era iniziato, così era finito: il vento, l’alternarsi di giorno e notte, le voci e la presenza inquietante degli occhi che brillavano nel buio, tutto era terminato, lasciando posto a un silenzio ben più inquietante della confusione sovrannaturale che li aveva investiti poco prima.
Persino l’idiota aveva smesso di lamentarsi e, piano piano, si era rimesso dritto.
 
“Ma che-che succede?”.
“Nulla” – era la voce del suo benefattore – “Adesso, avrai il premio che ti sei meritato”.
 
Il Karma segue leggi severe e infrangibili, e neppure in quel caso avrebbe fatto eccezione: l’idiota dai capelli a forma di palma, quel Goku, si era magicamente materializzato a un centimetro dal suo viso e lo aveva afferrato per il collo, sollevandolo di peso con quelle grandi mani callose.
Leon aveva stretto le mani attorno al suo avambraccio e aveva cominciato a scalciare nel tentativo di divincolarsi da quella presa mortale. Ma qualsiasi cosa avrebbe potuto fare, sarebbe stata inutile: la forza vitale stava inesorabilmente scivolando via dal suo corpo mortale, corpo che stava cominciando a diventare sempre più trasparente. Sarebbe scomparso, proprio come era capitato a tutti gli altri. Sarebbe scomparso, e di lui non ci sarebbe stata più traccia.
 
“P-perché?” – aveva mugugnato, ormai prossimo all’asfissia.
“Perché cosa?” – la voce dell’uomo era mutata in un’altra che non avrebbe mai potuto confondere – “Questa è la tua ricompensa. Far parte di noi, di me, per sempre!”.
 
L’ultima cosa che Leon aveva sentito prima di scomparire era stata la risata diabolica di colui che lo aveva ingannato. L’ultima cosa che aveva visto, era stata la sagoma di Vegeta, seguito dai bambini, che compariva sulla soglia. L’ultima che aveva pensato, era stata che se ci fosse stato un Dio che aveva visto tutto, doveva sicuramente avere un senso dell’umorismo pessimo. Peccato che non avrebbe avuto modo di dirglielo, perché sapeva che sarebbe marcito per sempre all’Inferno.
 
Continua…


 
Ragazzi/e,
Siamo agli sgoccioli. OH MIO DIO, GOKU È ARRIVATO.
E ha fatto un ingresso col botto. Bene, E MO SONO CAVOLI. Ma cavoli per davvero. Il mostro è entrato nel corpo del nostro eroe preferito, Vegeta e i ragazzi sono usciti e si sono trovati faccia a faccia con lui, e Leon… Il bastardo ha avuto quello che si meritava, lasciatemelo dire.
Almeno una gioia ce la meritiamo, e che caspita!
Orbene, nel prossimo capitolo ne accadranno delle belle.
Si aspettano miracoli per risolvere la situazione.
A presto!
Un bacino,
Cleo

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: FairyCleo