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Autore: M a k o    29/10/2021    10 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Questa Raccolta partecipa alla “Datastorm AU Week”
• Day 1 {Angel/Demon!AU} – Yusaku aveva deciso di maledirsi offrendo la propria innocenza a Ryoken; Ryoken aveva deciso di purificarsi appropriandosi della cosa più preziosa che Yusaku possedeva.
• Day 2 {Behind The Scenes!AU} – (Ryoken era come il boss finale dell'immenso groviglio di livelli della sua emotività: troppo forte per essere battuto).
• Day 3 {Roomates!AU} – «Volevi baciarmi?» domandò con un filo di voce. «Perché non avrei opposto resistenza…»
• Day 4 {Android!AU} – (Permettimi solo di rivedere i tuoi occhi un'ultima volta. Poi, te lo giuro, avrai tutto il diritto di chiuderli per sempre e concederti quel meritato riposo tanto agognato).
• Day 5 {Hospital!AU} – «Porca miseria, Ryoken, mi hai salvato la vita! Cosa vuoi che me ne importi di un taglio sul mento?»
• Day 6 {Rockstar/Band!AU} – Ryoken nella propria vita aveva imparato a fare due cose: suonare la chitarra elettrica e riconoscere ogni più piccola sfumatura dello stato d'animo di Yusaku con una semplice occhiata.
• Day 7 {Merpeople/Undersea!AU} – «Le nostre paure non sono poi tanto diverse, non trovi?»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Datastorm Week(s)'
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#05.Hospital!AU
Questa storia mi piace un sacco (è una delle mie preferite) anche se sono ben consapevole di non aver centrato del tutto il prompt.
O meglio, le Hospital!AU possono essere declinate in diversi modi, ovvero con personaggi che sono medici, infermieri o pazienti, ma in questo caso credo che il fattore “Hospital” sia più che altro uno sfondo e non so se la storia possa considerarsi a tutti gli effetti una Hospital!AU.

Poi magari mi sbaglio e anche il mio modo di sviluppare il prompt va bene, idk, mi affido al vostro giudizio.

Siamo a più di metà Raccolta, quindi mi sembra doveroso ringraziare tutti coloro che la stanno seguendo/che l'hanno iniziata.
Vi lascio di seguito lo specchietto e vi auguro buona lettura!



• Day 5: Hospital!AU; POV Yusaku
• Rating: Giallo
• Generi: Angst, Introspettivo, Malinconico
• Avvertimenti: Tematiche delicate



Your first date



1

    («Yusaku, sei mai stato a un appuntamento?»)
    («Perché me lo chiedi?»)
    («Curiosità»).
    («Capisco. Immagino che una risposta negativa rallegrerà le tue giornate da qui fino a settimana prossima»).
    («Perché mai dovrei ridere per una cosa del genere?»)
    («Beh, credo sia alquanto imbarazzante ammettere di non essere mai stato a un appuntamento in vent'anni di vita»).
    («Vuoi che sia sincero?»)
    («Se proprio devi…»)
    («Ammetto che non me lo aspettavo. Ma mi fa piacere»).
    («Addirittura»).
    («Sì, perché… volevo chiederti… posso essere io il tuo primo appuntamento?»)


2

Ryoken Kogami era un bugiardo. Per mesi interi non aveva fatto altro che rimpinzargli il cuore e la mente con parole dolcissime e promesse importanti, illudendolo in un “per sempre” nel quale aveva iniziato a credere anche Yusaku. Proprio lui che dell'amore non aveva mai capito nulla prima del suo arrivo, prima che gli chiedesse di essere il suo primo appuntamento.
Ryoken non era stato solo questo, per Yusaku. Ryoken era stato anche il suo primo bacio. La sua prima volta. Il suo primo sospiro di felicità. Il suo primo, vero sorriso.
Ryoken era stato il suo primo amore… e forse anche l'ultimo.
Giaceva inerme su un letto d'ospedale ormai da tre mesi. Tre mesi in cui il suo respiro regolare non aveva mai significato nulla, dato che la sua vita si trovava perennemente in bilico su un filo così sottile che rischiava di spezzarsi da un momento all'altro.
Il coma nel quale era sprofondato dopo quell'orribile incidente si era portato con sé tutto ciò che di bello c'era di Ryoken quando ancora poteva muoversi, vedere, parlare e ascoltare. E di lui, nel loro mondo, non era rimasto altro se non un corpo immobile che rischiava ogni istante di spegnersi del tutto, sporgendosi troppo in là su quel filo sottilissimo e sprofondare per sempre in un baratro senza fine.
E Ryoken non se ne poteva andare. Non ancora.
    (E soprattutto non così).


3

Le immagini dell'incidente sfrecciarono davanti agli occhi di Yusaku allo stesso modo in cui quel maledetto pirata della strada sfrecciava sulla sua auto sportiva quel giorno di tre mesi addietro. Un senso di colpa asfissiante e atavico gli si insinuò nelle vene e raggiunse il cuore, stritolandolo in una morsa spietata e facendogli quasi perdere conoscenza.
Yusaku sapeva bene che ormai era inutile dannarsi per quanto accaduto, perché lui al posto di Ryoken avrebbe agito allo stesso modo… ma quella macchina impazzita stava per investire lui, non Ryoken.
E Ryoken l'aveva salvato spingendolo via, facendolo cadere di peso sul cemento del marciapiede.
    (Un piccolo taglio sul mento per Yusaku e un orribile coma per la persona che amava).
    (Come bilancio non era stato affatto equo).
    (E faceva decisamente schifo).


4

Yusaku ricordava ogni più piccolo particolare del loro primo appuntamento. Era avvenuto tutto quanto all'insegna dell'improvvisazione: nessun itinerario prestabilito da visitare, nessun locale scelto in precedenza dove trascorrere la serata, solo la consapevolezza che lui e Ryoken si sarebbero salutati la mattina successiva perché – e ne erano certi entrambi –, il loro primo appuntamento era giusto che durasse una notte intera.
Era andata a finire che avevano visitato mezza città parlando di tutto e di più, che avevano cenato in un pub con della bella musica in sottofondo, che si erano baciati davanti la porta di casa di Yusaku e che avevano fatto l'amore per ore intere sul suo letto che, prima dell'arrivo di Ryoken nella sua vita, non era mai stato occupato da qualcuno al di fuori di Yusaku stesso.
    (Era andata a finire che dopo vent'anni di esistenza vuota si era sentito finalmente completo e che aveva trovato il suo posto nel mondo tra le braccia della persona giusta).
Da quel momento in poi erano diventati una cosa sola che si prendeva cura di un grande amore inenarrabile giorno dopo giorno.
Per questo, nell'esatto momento in cui Ryoken entrò in coma, fu come se se ne fosse andata via anche una parte di Yusaku, disperdendosi nell'aria come cenere e polvere, qualcosa che non poteva più essere rimodellata nella sua forma originaria, nella sua vera essenza. Era come se fosse in bilico anche lui, costantemente dilaniato dalla paura atavica di non poter resistere un altro giorno in più senza il suo amore.
Perché Ryoken era il dono più prezioso che la vita gli avesse mai fatto e tutto ciò che Yusaku sperava era che la morte non glielo rubasse all'improvviso, cogliendolo impreparato e uccidendo anche lui.


5

L'ospedale era ormai diventato la sua seconda casa. L'odore del disinfettante aveva sostituito il profumo dei pancake che Ryoken cucinava ogni mattina per colazione – Yusaku non li aveva mai cucinati in quei tre mesi di solitudine perché l'immagine di Ryoken che si divertiva ai fornelli si sovrapponeva sempre al pentolame e agli ingredienti e a stento riusciva a trattenere le lacrime.
Il suo pranzo era diventato tutto ciò che gli poteva offrire il distributore automatico in fondo al corridoio del terzo piano. Le pareti bianche della camera di Ryoken, che sembravano quasi fatte di ghiaccio spesso e spietato, erano diventate le sue nuove quattro mura.
La sua vita era stata completamente ribaltata e messa a soqquadro, svuotata di ogni cosa bella che l'aveva resa tanto preziosa fino a tre mesi addietro. E lui non sapeva più come andare avanti.
    (Il cuore di Ryoken era sempre lì, ma la sua mente era migliaia di miglia lontana. E forse non sarebbe più tornata indietro).


6

Era una giornata di fine ottobre come tante
    (asettica, apatica, monocromatica)
in cui il riverbero del cambiamento non aveva fatto capolino da nessuna parte.
Era una giornata come tante in cui Ryoken era sempre steso su quel letto con ogni parametro stabile e apparentemente rassicurante, ma che dopo tre mesi aveva ormai del tutto eclissato la speranza, tramutandola in agonia. Ryoken era sempre stabile, ma era perennemente immobile e i suoi occhi erano sempre chiusi e più i giorni si tramutavano in ricordi e alleggerivano le pagine del calendario, più si reincarnava in una statua di ghiaccio.
    (Bellissima, ma al contempo fredda e intoccabile e spoglia di qualsiasi emozione).
Come ogni pomeriggio Yusaku era lì con lui, seduto al suo fianco su una sedia che scricchiolava a ogni più piccolo respiro, scomoda come un trono di spine – l'attesa perpetua appesantiva ogni cosa.
Yusaku gli aveva raccontato cosa aveva fatto quella mattina, dicendogli che aveva iniziato a recuperare alcune lezioni universitarie in vista degli esami che aveva lasciato indietro; che aveva tentato anche quel giorno di farsi coraggio, di sforzare un sorriso e di esprimersi con pacatezza quando qualcuno gli rivolgeva la parola. Gli aveva anche detto che forse era solo una sua impressione, ma nonostante tutto quella mattinata gli era parsa meno pesante del solito. Solo di un po', ma era comunque qualcosa.
    («E da bravo stupido quale sono, ho perfino pensato che potesse essere un segno» aveva concluso il discorso, asciugandosi una lacrima solitaria con il dorso di una mano).
Era in procinto di salutarlo quando un segno vero e tangibile lo sconquassò da capo a piedi: Ryoken aveva mosso un dito.
No, non lo aveva immaginato, era accaduto per davvero: Ryoken aveva mosso l'indice destro.
L'aria tardò ad arrivare ai polmoni e Yusaku si alzò di scatto dalla sedia, non badando al rumore fastidioso che lo spostamento dell'oggetto sul pavimento aveva portato con sé.
Il cuore iniziò a martellargli nel petto e la sua mente sprofondò in un abisso di dubbi, paure e incertezze: doveva chiamare il dottore o quantomeno un infermiere per informarli di quanto accaduto? E se gli avessero detto che si era trattato solo un riflesso complesso, qualcosa che Ryoken aveva fatto senza rendersene effettivamente conto? Se dopo quel piccolo movimento non ci fosse stato più altro? Cosa doveva fare?
Aveva lo sguardo puntato su di lui, nell'infinita attesa di un altro segno.
    (Qualcosa. Qualsiasi altra cosa ma ti prego, non illudermi in questo modo, torna da me, torna a vivere per davvero).
L'indice destro si mosse ancora. Poi la mano si serrò in un pugno, riaprendosi poco dopo. Poi Ryoken iniziò a mugugnare qualcosa mentre apriva lentamente gli occhi
    («Yusaku…»)
e un piccolo pezzo di cielo impreziosì quella camera d'ospedale tanto anonima.
    «Yusaku… dove sei…?»
    «Sono qui».


7

Lo prese per mano, stringendola appena. Nonostante avesse provato l'impulso di abbracciarlo forte, Yusaku aveva paura di fargli male, motivo per il quale preferì trattenersi.
    «Ryoken… come stai?» gli domandò con un groppo grande quanto un meteorite bloccato in gola. Aveva iniziato a piangere senza neanche rendersene conto, mentre infinite goccioline salate raggiungevano il mento e poi scivolavano via, abbandonando la scena.
    «Mi sento… strano. Che succede?»
Ryoken lo guardava con espressione confusa e un po' spaventata. «Perché stai piangendo?»
    «Non ti preoccupare, sono lacrime di gioia. Ryoken, ascoltami: qual è l'ultima cosa che ricordi?»
    «L'ultima cosa…?»
Sgranò gli occhi, come se il cielo avesse deciso di evadere dai suoi bulbi oculari, agitandosi un poco. «Oh cielo, la macchina…! Yusaku, ti ho fatto male?»
    «Cosa? In che senso?»
    «Quando ti ho spinto via… ti ho fatto male?»
La mandibola di Yusaku per poco non toccò terra. «Ti sei appena risvegliato dopo tre mesi di coma e la cosa che più ti preoccupa è sapere se mi hai fatto male o meno quando mi hai spinto?» domandò con un tono di voce a tratti esasperato. «Porca miseria, Ryoken, mi hai salvato la vita! Cosa vuoi che me ne importi di un taglio sul mento?»
    «Tre mesi…? Sono stato in coma per tre mesi?»
Ryoken era in evidente stato di shock e Yusaku maledì se stesso per essere stato tanto irruento con le parole. «Rilassati e respira profondamente. Adesso vado a chiamare il dottore, okay? Tornerò appena mi sarà possibile, perché avrà tanti controlli da farti… ma il peggio ormai è passato, perché finalmente hai riaperto gli occhi».
Sciolse la presa sulla sua mano e gli si avvicinò, poggiando poi le labbra sulla sua fronte. Non voleva staccarsi da lui. Non ancora. Quei tre mesi senza Ryoken erano stati infernali e tutto ciò che voleva fare in quel momento era restargli accanto. Ma sapeva anche che non poteva più aspettare, che il dottore doveva essere subito informato di quella bella notizia. E che prima si procedeva ai controlli, meglio era.
    «Andrà tutto bene, te lo prometto. Bentornato».
Si allontanò a malincuore, asciugandosi le lacrime con mani tremanti. Aprì la porta e, prima che potesse compiere un altro passo in avanti, Ryoken lo spiazzò ancora una volta.
    «Quando uscirò da qui… potrò essere il tuo secondo primo appuntamento?»
Yusaku sorrise e, frattanto, nuove lacrime avevano iniziato a formarsi ai lati degli occhi. «Quando uscirai da qui, prima di tutto avrai bisogno di un sacco di riposo. E quando ti sarai ripreso, potrai essere tutto ciò che desideri».
    (E io lo so, qualunque cosa tu faccia o dica, sarai sempre la mia felicità).
   
 
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