Anime & Manga > Lupin III
Segui la storia  |       
Autore: Fiore del deserto    29/10/2021    2 recensioni
Lupin e la sua banda si imbattono in un villaggio sperduto della Svizzera chiamato Villaggio Silmes, luogo in cui è custodito il ‘Cuore d’Argento’, storica reliquia che Lupin ha in mente di rubare. Qui, il ladro gentiluomo conosce una ragazza che soffre una situazione di disagio causata dal maschilismo e dalla mentalità prettamente patriarcale dell’ambiente in cui vive. In seguito, Lupin verrà a conoscenza di altre circostanze legate alla reliquia e al villaggio, racchiuse sotto un profilo oscuro e sinistro.
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La camera di Erika, per dare un’idea al lettore, è adibita quasi come una nursery. Se da una parte vi sono tutto ciò che occorre per le esigenze di una signorina – rispettando sempre le norme del villaggio e della mentalità degli abitanti – dall’altra sono presenti accessori che possano richiamare la presenza di un bambino, o bambina in questo caso. Tuttavia, non essendoci bambini, la nursery è esclusivamente dedicata ad Elis e non si parla di cuccette, tiragraffi o accessori per ‘gatti plebei’.
Tanto per cominciare, la porta della camera di Erika è fornita di una gattaiola per fare in modo che Elis possa entrare ed uscire a suo piacimento e, probabilmente, è l’oggetto più sobrio che il lettore troverà durante la descrizione.
Proprio vicino al letto di Erika, è presente una culla box dove la sua gatta può comodamente dormire, ben fornita di morbidi cuscini e una grossa ciambella in peluche dove poter stare comoda come una pasqua. Inoltre, sul tettuccio della culla, Erika le ha installato un carillon per culle, una giostrina musicale con dei pupazzetti di cotone, ricaricata regolarmente dalla ragazza per far sì che la sua Elis possa fare dei bei sonnellini. Nessuna ciotola di plastica o in ferro per la sua principessa, ma due rigorosamente in porcellana color avorio e con delle raffinate decorazioni dorate, con incisa un’elegante ‘E’ in corsivo, l’iniziale del nome della gatta, una per il cibo e un’altra per l’acqua. I giocattoli sono tutti dei soffici peluche, ben esposti in ogni angolo della nursery. L’albero tiragraffi è piuttosto alto, dotato di due colonne dove Elis può rifarsi le unghiette, una scaletta che conduce ad una cuccetta calda e, infine, più in alto vi è una comodissima amaca.     
Seduta davanti alla toeletta, intenta a spazzolare il lungo pelo di Elis con l’ausilio di un’apposita spazzola in setole morbide e vantandosi costantemente dell’imparagonabile bellezza del felino, Erika si ferma per un secondo.
«La mamma ha una nuova e bella sorpresa per te.» le sviolina.
Non ci vuole molto perché Elis venga a conoscenza della sorpresa preparatole dalla padroncina: come al solito, infatti, le ha regalato un ennesimo ninnolo della quale certamente non se ne farà nulla, ma che per Erika è molto importante perché la sua preziosa gatta possa apprezzare il suo amore.
La ragazza, infatti, tira fuori un collare con dei piccoli granelli luccicanti che sembrano tante piccole bollicine, con al centro un ciondolo a forma di cuore, scolpito in una pietra preziosa simile ad uno smeraldo.
«Oh, Elis.» decanta Erika, come una madre alla vista di una figlia in abito da sposa «La mia bambina... Me la mangio, questa bella bambina.»
Chissà se qualcuno ha mai detto ad Erika che ogni animale, per quanto possa essere affezionato al proprio padrone, non possiede la stessa cognizione che ha un essere umano quando gli vengono donati oggetti dal valore che contengono un bel po’ di zeri?
 
La fortuna ha desiderato che dal cielo cadesse una pioggia leggera e priva di tuoni e vento e di questo Jigen vorrebbe esserne grato. Rimugina all’interno della tenda, avvolgendosi un’altra coperta addosso per evitare di prendere altro freddo e quasi maledicendo Lupin per averlo nuovamente lasciato in balia di sé stesso, tutto per una ragazza. Come sempre.
Smette di pensare quando sente Lupin avvicinarsi sempre di più, fino a che non lo vede addentrarsi nella tenda.
«Bonne soirée.» saluta Lupin con elegante accento francese e scuotendosi i capelli con ambo le mani, eliminandone l’umidità causata dalla pioggia.
«È tornato il principino.» brontola Jigen, indispettito.
«Avanti, non fare così.» lo supplica scherzosamente il ladro gentiluomo.
Sapendo che ne otterrà il perdono, Lupin non esita a mostrare interamente la propria faccia tosta affinché il suo amico possa dargli una mano per poter aiutare la figlia del reverendo.
«No!» è la secchissima risposta di Jigen.
«E dai, amico mio...» lo implora Lupin con un piagnucolio.
«Ho detto di no!» esclama Jigen, trattenendo una brutta parola non conforme all’educazione «Prima mi chiedi di aiutarti a rubare quella cosa a forma di cuore, perché tu possa regalarla a quell’infida di Fujiko. E adesso vuoi provare a coinvolgermi in un’altra delle tue idee, solo perché ti sei fatto intenerire dall’ennesima cerbiatta in difficoltà?»
«Oh, non dire così solo perché...» Lupin non finisce di giustificarsi, poiché il suo cellulare inizia a squillare – il che è da considerarsi un miracolo, dato che il villaggio si trova tra le alte montagne. Il ladro gentiluomo guarda il display e la sua espressione si tinge di preoccupazione quando si rende conto da chi stia partendo la chiamata.
«Fujiko! Che piacere sentirti, cherie...» esclama Lupin con enfasi, la stessa enfasi che viene immediatamente bloccata dalla voce femminile dall’altra parte del telefono.
«‘Cherie’, un corno!» quando si altera, Fujiko «Dove diavolo sei?»
«Non agitarti, tesoro di Lupin.» il ladro gentiluomo cerca di dissuaderla, mentre Jigen si porta una mano sul volto «Io e Jigen siamo arrivati al Villaggio Silmes e...»
«Poche parole, Lupin.» taglia corto la donna «Hai preso o no il mio ‘Cuore d’Argento’?»
«Ci sto lavorando, cherie...» spiega Lupin, nel tentativo disperato di calmarla «Solo che...»
«Tsk! Lo sapevo.» sbuffa Fujiko «Sei solo tutto chiacchiere! Pensavo che ci tenessi a me.»
«No, non dire così... Pronto?» Lupin allontana il telefono dall’orecchio il telefono e si accorge che la chiamata è terminata. Prova a richiamare Fujiko, per poterle dare una spiegazione, ma non c’è nulla da fare. La linea continua a risultare assente.
Per Lupin è una buona occasione per tentare nuovamente di dissuadere l’irrigidito Jigen, mettendolo al corrente della difficile situazione in cui si trova la figlia del reverendo. Ci vorrà qualche minuto perché il pistolero possa sciogliersi e Lupin lo sa bene.
 
All’interno di una lussuosa suite principesca da far disorientare chiunque si trovi al suo interno, Fujiko continua a combattere contro il telefono affinché possa riuscire a richiamare Lupin.
«Maledetto idiota!» si adira la donna «Come osa attaccarmi il telefono in faccia?» in verità, la sua scarsa pazienza le impedisce di comprendere che la colpa non sia affatto del ladro.
Per non confondere nessuno, ritorniamo indietro di qualche giorno e ripercorriamo il momento in cui Jigen si era opposto di fronte alla seconda richiesta di aiuto di Lupin.
Qualche settimana prima dell’arrivo nel Villaggio Silmes, Lupin e Fujiko stavano passando il tempo seduti sul tavolino di un bar, bevendo insieme qualcosa di caldo, fino a che la donna gli aveva fatto una delle sue solite proposte.
Fujiko, infatti, come ‘prova d’amore’, voleva che Lupin si recasse nello sperduto villaggio per rubare per lei la famosa reliquia chiamata ‘Cuore d’Argento’. Non ci vuole chissà quale fatica per capire quale sia stata la risposta, di per sé immediata, del ladro gentiluomo. Spronato dalle curve generose che la donna metteva volontariamente in risalto per farsi dire un semplice ‘sì’, Lupin era cascato dritto nella tela.
Da solita vigliacca, tuttavia, Fujiko gli aveva precisato la presenza della solita clausola scritta in caratteri minuscoli solo dopo l’accettazione dell’incarico: il ladro gentiluomo aveva solo due miseri giorni di tempo per consegnarle il ‘Cuore d’Argento’, o il loro patto poteva definirsi nullo.
Una condizione ingiusta, pensava Lupin, ma per la sua Fujiko avrebbe fatto i salti mortali come al solito.
Il tempo a disposizione era insufficiente e per questo motivo Lupin aveva chiesto a Jigen di aiutarlo – proponendogli una cospicua ricompensa per il disturbo. I due uomini, infatti, ci avevano impiegato due giorni esatti per raggiungere lo sperduto villaggio e ancora non avevano messo a segno il colpo, provocando l’impazienza e la collera di Fujiko.
Se solo Lupin avesse avuto il tempo di darle una spiegazione, forse la donna avrebbe potuto dimostrargli un briciolo di comprensione. Questo, però, non faceva parte né del piano, né della natura di Fujiko.
«Accidenti a te, Lupin!» continua a sbraitare «Devo sempre fare tutto da sola!»
 
È notte fonda e ormai Lupin ha avuto il tempo di ispezionare ogni angolo dell’abitazione del reverendo, perlustrando la situazione e analizzando ogni circostanza che riguardi Bianca.
La ragazza si è alzata un’ora prima dell’alba, ha svolto le pulizie di casa e ha lavorato nella mensa collettiva del villaggio. È tornata a casa la sera, distrutta e con a carico altro lavoro da svolgere. Il tutto, rigorosamente a digiuno impostole dal reverendo.
Tanto per cominciare, ha dovuto preparare la cena per il padre e per Erika, per poi ritornare a ripulire la casa, senza dimenticare di stirare – con metodi tutt’altro che moderni – gli indumenti di tutta la famiglia. Non deve, inoltre, dimenticare di preparare la cena per Elis e, su ordine di Erika, non deve mica trattarsi di miserabili pappette o abietti croccantini.
Sotto lo sguardo altezzoso e inacidito di Erika, Bianca stava versando sulla ciotola in ceramica della gatta una raffinata prelibatezza composta da un tortino di pollo e manzo, ingentilito da un brodino di tonno.
Bianca è preparata al peggio, poiché sa che è Elis a scegliere cosa mangiare e cosa rifiutare, senza farsi scrupoli dinanzi all’impegno e alle fatiche della ragazza. Se Elis apprezzava il cibo, avvicinava il muso verso la pietanza, la annusava per qualche secondo con fare schizzinoso e, infine, mangiava fino a pulire l’orlo della ciotola. Quando, invece, il pasto non era di suo gradimento, la gatta dapprima soffiava contro il cibo, dava una velocissima e violenta zampata contro la ciotola e rovesciata il tutto per terra. Quella sera, infatti, Elis aveva sprezzantemente rifiutato la cena e, dopo aver compiuto le azioni indicate in precedenza, la gatta aveva pensato bene di ricompensare Bianca con un bel graffio sulla mano.
Erika assisteva con grassa compiacenza e, per alimentare il disagio di Bianca, non ci aveva pensato due volte ad umiliarla ancora un po’.
«La mia povera bambina.» si lagna Erika, prendendo in braccio Elis e coccolandola come per consolare una bambina sconvolta, rivolgendosi successivamente a Bianca con acidità «Avanti, cosa aspetti? La mia Elis ha fame. Preparale subito da mangiare e fai in fretta, o lo dico a papà.»
Amareggiata e soffrendo in silenzio, a Bianca non restava altro che preparare immediatamente un nuovo pasto per Elis e, nel frattempo, pulire il disastro combinato dalla gatta. L’unica cosa che poteva consolarla era che prima o poi il periodo della punizione si sarebbe concluso, più si comportava bene e meno era lunga la durata di tutta quella umiliazione.
Questa volta, Bianca aveva preparato un tortino di salmone e, per fortuna, la gatta aveva accettato la cena.
Prima di andare a dormire, però, aveva un ultimo compito da seguire. Faceva freddo ed Erika non aveva nessuna intenzione di addormentarsi in una camera fredda, per questo Bianca aveva il compito di portare il carbone per alimentare la stufa in legno presente nella camera della sorellastra.
Adagiata sul sofà come una principessa, intenta a coccolare come sempre la sua Elis, Erika guardava con soddisfazione la povera Bianca che si avviava dinanzi alla stufa a legna, pronta a versare il carbone. Aveva dato una piccola secchiata e si stava per avviare verso la porta, desiderosa di andare a coricarsi, ma Erika glielo aveva impedito.
«Mettilo tutto.» le aveva comandato, indicando con arroganza la stufa «Papà lo paga il carbone.»
Bianca obbedisce senza fiatare e mantenendo lo sguardo basso.
«Un momento.» la ferma di nuovo Erika quando la rivede avviarsi verso l’uscita «Perché tanta fretta? Devi forse andare a fare una passeggiata con quello straniero?»
Tra il digiuno e la stanchezza, Bianca si controlla e non perde la pazienza, limitandosi ad ignorare Erika e ad avvicinarsi verso la porta.
«Ehi, dove pensi di andare?» Erika non demorde «La stufa è sporca. Pulisci!»
Soffocando un sospiro, Bianca deglutisce e obbedisce ancora, sotto le risatine di Erika.
«Prendimi la coperta rosa.» le dice ancora, sogghignando per averla illusa nuovamente «Io e la mia Elis abbiamo freddo.»
La coperta citata da Erika si trova proprio sul suo letto e a quest’ultima basterebbe allungare di pochissimo la mano per prenderla, ma è chiaro che sentirebbe molta più soddisfazione se fosse Bianca a prenderla.
Con la pazienza che sta per arrivare all’apice, Bianca afferra la coperta e la getta piano ai piedi di Erika.
«Coprimi meglio.» ridacchia con malignità Erika, carezzando Elis «Ho detto che io ed Elis abbiamo freddo.»
Bianca esegue e, finalmente, Erika non ha più ordini umilianti da darle. Può tornare nella sua stanza e concedersi il riposo tanto agognato.
Ha sopportato tutto questo senza permettersi di mangiare nemmeno un pezzo di pane, nemmeno di nascosto e subendo tutto con diligenza.
Lupin aveva assistito ad ogni cosa ed era arrivato al limite. Non sopporta un trattamento simile su nessuno, specialmente quando c’è di mezzo una graziosa ragazza. Cascamorto o meno, deve intervenire e decide di farlo nel modo più elegante e delicato che conosce.
Quella notte, per l’appunto, Bianca è andata a coricarsi molto tardi ed è stremata. Le braccia le fanno un gran male e ci mancava solo il graffio alla mano per colpa di Elis, ma è troppo buona per colpevolizzare la gatta. È una animale, una creatura di Dio ed è nella sua natura essere imprevedibile. Questa bontà d’animo arriva a farle ignorare che il pessimo carattere del felino sia dovuto ad Erika, ma cosa può importare?
Nonostante sia distrutta, Bianca non riesce a prendere sonno: lo stomaco si agita per la fame e la obbliga a rimanere sveglia, tormentandola con la voglia di scendere in cucina e mangiare qualcosa. Anche volendo, non potrebbe farlo: Elis è una perfetta guardia e comincerebbe a miagolare senza un minimo ritegno, svegliando Erika e automaticamente il reverendo.
Nel girarsi nel letto, sempre a causa della fame, Bianca ha notato qualcosa di insolito nella sua spoglia stanza – nuda e sconsolata, a differenza di quella di Erika. Un riflesso proveniente da un piccolo quadro appeso alla parete spoglia, vicino alla finestra. Si alza, pur sentendo le gambe affaticate per il continuo stare in piedi, avvicinandosi al quadro. Non ricorda un riflesso simile da parte sua. Difatti, nota che ci sia qualcosa di lucido dietro la cornice ed ha tutta l’aria di essere una carta da gioco. Ne ha sentito parlare tante volte, ma nel Villaggio Silmes sono proibite in quanto considerate strumenti del gioco d’azzardo e, di conseguenza, arnesi del maligno. La curiosità della ragazza, però, è tale da spingerla ad afferrare quel sottile oggetto proibito. Trema, è una sensazione strana essere così pericolosamente vicino a qualcosa di severamente condannato dalla morale e sa che se dovesse essere scoperta riceverà una punizione ben peggiore. La gogna sarebbe stata il minimo. Con un profondo respiro, decide di controllarla per bene e nota che è personalizzata: invece dei soliti numeri e disegni che riportino i semi del loro valore – come aveva visto in alcuni libri – sulla superficie è presente un volto abbozzato ed una didascalia.
Sono qui per rapirti.
Lupin III’.
A questo punto, Bianca non sa se essere spaventata per avere un attrezzo del male tra le mani, o se per quel bizzarro messaggio. Qualunque sia la motivazione, sente che nonostante tutto la curiosità sta crescendo. La domanda principale che si sta ponendo è una sola: come e quando è stata messa lì quella carta?
Non ricorda di averla vista prima, durante l’ennesima girata nel letto. Capisce che chiunque sia stato a metterla lì, deve essere per forza vicino. Esce sul balconcino della propria stanza, sperando che Erika – nella stanza di fianco – non sia sul suo balconcino a sua volta per spiarla. Si guarda attorno, tenendo sempre stretta la carta da gioco.
«Mi hai fatto attendere parecchio.» dice una voce maschile alle sue spalle, facendola sobbalzare.
Bianca si gira di scatto e non riesce a distinguere bene la figura. Con un gioco acrobatico, un giovane uomo dalla giacca verde si presenta a lei a testa in giù, mostrandosi in volto e sfoggiandole un sorriso allargato.
«Ammetto di aver previsto la tua uscita, circa venti minuti fa.» continua l’uomo e, effettuato un leggiadro balzo, atterra sul balconcino.
Bianca riesce a trattenere un grido e subito rientra in camera, chiudendo la finestra e colpendo in pieno volto il poveretto.
«Uhi...» lamenta il giovane per il dolore, massaggiandosi la parte colpita.
Bianca è spaventata: un uomo, un estraneo è sul balconcino della sua stanza e lei lo ha guardato negli occhi, trasgredendo le regole della comunità, del suo villaggio. Con il senno di poi, riconosce quel volto e riscopre lo stesso uomo che aveva visto qualche giorno fa in chiesa. Lo stesso uomo per il quale si era beccata quella severa punizione dal reverendo.
Non vuole peggiorare la propria situazione, ma non ha tenuto conto che il suo modo di chiudere la finestra è stato per lo più una spinta dell’anta e non una chiusura vera e propria. Lupin, infatti, è riuscito ad entrare tenendosi una mano sul naso dolorante.
«Che sorpresa. Non ti facevo così forzuta.» le dice con voce nasale.
Bianca è ancora più terrorizzata, cerca di avvicinarsi alla porta ma Lupin alza i palmi delle mani e tenta di farla rilassare.
«Shhhh... Aspetta.» sussurra «Stai tranquilla, non intendo farti del male.» breve pausa «Il mio nome è Lupin III e sono l’autore del messaggio che sta nella tua mano.» si presenta lui con modi rispettosi ed effettuando un doveroso inchino.
Bianca si ricorda della carta e, per istinto, la lancia per terra.
«Vattene!» mormora, dopo aver trovato la forza di parlare «Tu sei il male. Sei qui per mettermi di nuovo nei guai con i tuoi intrighi.» la voce tremante tradisce la sicurezza che vorrebbe dimostrare «Vuoi ingannarmi con questi tuoi subdoli strumenti.» indica la carta appena gettata «Vuoi che io infranga le regole, ma hai sbagliato persona.» il suo respiro è affannato ed esprime paura.
«Aspetta, aspetta.» la ferma gentilmente Lupin, con espressione confusa «Non riesco a seguirti, madamigella...»
«Vattene via o mi metto ad urlare.» è l’ultimatum di Bianca, tenendo sempre la testa bassa e gli occhi chiusi «Domani mi confesserò e riceverò la punizione che mi spetta, ma tu... tu devi sparire immediatamente.»
Lupin rimane immobile, con gli occhi spalancati per lo stupore. Capisce immediatamente di avere davanti una ragazza molto diligente e che segue le regole a mena dita e riconosce che la punizione che le ha inferto il reverendo è dovuta anche per colpa sua. Riesce persino a sentire che nel suo tono tremante esiste il desiderio di infrangere le stesse regole imposte da una vita, così arcaiche e medievali. Del resto, non si era tirata indietro quando aveva visto la carta da gioco e tale dettaglio si rivela un punto a favore per il ladro gentiluomo. Quest’ultimo, con un inchino, si rivolge di nuovo a lei.
«Chiedo umilmente perdono per aver osato tentarla, mademoiselle.» dichiara con il sorriso sulle labbra «Prometto che toglierò il disturbo, ma le chiedo solo una gentilezza.» ed ecco che, come aveva sospettato, la curiosità di Bianca la spinge ad aprire gli occhi e ad ascoltarlo «Se dovessi cambiare idea, sappi che io sarò sempre qui nei dintorni, pronto ad aiutarti... più vicino di quanto tu immagini.» Lupin ammicca e, nel momento in cui la ragazza si decide ad alzare lo sguardo con l’intenzione di ribattere, il ladro gentiluomo è già sparito.
Solo le bianche tende si muovono a ritmo della brezza esterna e Bianca si affretta a chiudere la finestra con la chiave, provvedendo a nascondere la carta ricevuta da Lupin. Il luogo migliore è, sicuramente, all’interno della foto incorniciata che ritrae la sua amata mamma, adagiata sul comodino. Lì nessuno andrebbe mai a curiosare.
Appena Bianca si gira in direzione del comodino per conservare la carta, gli occhi le ricadono su qualcos’altro. Una nuova sorpresa per lei. Proprio accanto alla foto della madre, vi è un soffice panino al latte grande quanto il palmo di una mano. Sotto di esso vi è un pezzetto di carta con un nuovo messaggio scritto dalla mano di Lupin: ‘Ti farà bene’.
Il cuore di Bianca batte all’impazzata. Perché? Perché proprio a lei? Perché quell’uomo è tornato da lei per tentarla? Cosa vuole da lei? La poverina si sente una pecorella che ha smarrito la via e teme di perdersi per sempre. Eppure, nel profondo del suo animo, sa che c’è qualcosa in quell’uomo che le fa sussultare qualcosa, una strana sensazione alla quale non sa dare un nome.
Guarda intensamente quel panino al latte dall’aspetto così invitante e cerca di resistere alla tentazione della fame. Complice anche la fatica, Bianca avvicina il soffice panino alla bocca e lo divora in un solo istante.  
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lupin III / Vai alla pagina dell'autore: Fiore del deserto