Pavimento di marmo bianco, pulito, ma non tirato a specchio – la vita è troppo breve per accanirsi con la cera. E poi si scivola. Odore di caramelle alla menta.
Pianoforte – canzoni eclettiche degli anni 30, Chopin e lo Zecchino d’Oro.
Cuoio delle poltrone. Se apri la vetrinetta immancabile l’anice della Sambuca – bicchierini piccoli di vetro, bottiglie misteriose di liquori fatti in casa con l’alcol, da una che è convinta di non bere superalcolici. Mai.
Almeno tre mazzi di carte nell’anta a destra.
Frigorifero. Lievito perché a qualcuno può venir voglia di frittelle, o di brioche o di pizza e non si può mica essere impreparati. Aranciata amara, birra e vino bianco. Rum che si sa che va bene con tutto – di solito con ricotta e zucchero. Uva passa – ho detto del rum vero? Biscotti, rigorosamente i krumiri – quasi una religione. Caffè, da comprare a 30 grammi alla volta dalla torrefazione giusta, di più no che poi perde l’aroma. Mattarello – pasta fatta in casa almeno una volta alla settimana, nella sfoglia della lasagna bolognese ci vanno gli spinaci, in quella napoletana no, non scherziamo.
Ottone lucidato col sidol, olio e gommalacca, la canfora sibila dalle ante della stagione passata.
Gomitoli di lana, cotone ecru, ferri, uncinetti e, soprattutto, progetti.
La casa della nonna
Sulla poltrona a dondolo c’è mio cugino – legge. Il Corriere dello Sport.
Ti aspettavo
A volte un po’ mi manchi sai? Forse avremmo dovuto vederci un po’ più spesso, da grandi
Non ci pensare. Quando vuoi mi trovi sempre qui. Dai vieni
Mi mostra la mano: ha le miccette ed i lego. Proprio come ai bei tempi.
Andiamo a fare danni.