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Autore: Brume    06/11/2021    2 recensioni
Questa storia partecipa a “Luoghi dell’ Orrore” indetto sul gruppo facebook “Il Giardino di Efp”
Parigi, giorni nostri. Un uomo si trova seduto nello studio di un noto psicologo: da giorni e notti non dorme, in preda a strani incubi e..vuole a tutti i costi capirci qualcosa; inizia quindi una seduta che si rivelerà strana, decisamente strana, dove tutto, ma proprio tutto...non è come sembra.
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa a “Luoghi dell’ Orrore” indetto sul gruppo facebook “Il Giardino di Efp”

Prompt 2:Castello di Bran
- vampiri
-segni sul collo
- odore di sangue
 
 
 
 
L’ appartamento
 
Lo studio dell’ eminente luminare in cui Adrien, dopo il consiglio di alcuni amici della sua compagnia si stava recando era , di fatto, un grande appartamento rimesso in sesto con grande gusto e altrettanta disponibilità di denaro. Fin dall’ ingresso, boiserie scure e pavimenti in parquet colmavano tutta la superficie in netto contrasto con l’ arredamento e la carta da parati sui muri; ad una prima occhiata poteva sembrare una accozzaglia di articoli messi li in qualche modo ma ad un occhio esperto sarebbero arrivati, invece, immagini che riportavano alle vetrine di grandi designer. Adrien grande ancora non lo era, ma da sempre si muoveva nel mondo dell’arte , dell’ architettura e del design . Ne fu profondamente affascinato, soprattutto dopo aver vissuto per secoli in una casetta senza pretese in quel di Sighisoara ed essere tornato a Parigi da poco meno di due anni.

“Vedo che ha riconosciuto alcuni pezzi, Monsieur” disse una voce alle sue spalle.
 Adrien compì una rotazione di trecentosessanta gradi e si trovò davanti un uomo che avrebbe potuto avere una decina – forse – di anni in più; vestito elegantemente, portava un paio di occhialetti con la montatura in tartaruga sopra un viso abbronzato. Sardegna, forse, anzi…ne fu quasi certo.
“…Si, decisamente: le sedie laggiù non sono una gran comodità ma fanno decisamente colpo, così come quei vasi che io, onestamente, reputo vere e proprie sculture” rispose.
“Lei deve essere il mio prossimo paziente. Adrien Lagarde, corretto? Io sono François Muller” disse stendendo il braccio in direzione di Adrien stringendogli forte la mano.
“Esatto. Ho un appuntamento per le 15.45, sono arrivato in anticipo…” disse. Il Professor Muller annuì; in seguito, iniziò a camminare facendo strada.
“E’ l’ ultimo mio paziente, per questo sono sicuro del suo nome. Inoltre, prima di accettare un nuovo paziente, prendo le mie informazioni” disse poco prima di fermarsi davanti ad una porta “ si accomodi, prego”.
Adrien andò a sedersi su una comoda chaise longue color beige dalla linea essenziale;  un po' scomodo ed un po' impacciato, attese che il professore prendesse posto prima di parlare.
 

“..Sono un po' imbarazzato…” esordì Adrien dopo circa dieci minuti di silenzio e reciproca osservazione. Lo sguardo fisso al soffitto a cassettoni, fece uscire quelle parole come fossero un lungo sospiro; le mani incrociate appoggiate sul ventre iniziarono a stringersi, lasciarsi, agitandosi.
“Per quale motivo?” chiese il professore, in quell’ attimo il perfetto archetipo dello psicologo con la stilografica pronta tra le dita per vergare pensieri ed impressioni.
“Vede, dottore…io sono sempre stata una persona estremamente razionale, pratica. Credo solo a ciò che i miei occhi vedono…ma dopo il mio ultimo viaggio in Romania, qualcosa di strano è accaduto. Mi sveglio la notte in preda agli incubi e quando apro gli occhi vedo davanti a me figure irreali, quasi eteree…so che non mi crederà ma…”
Muller si aggiusto gli occhialini sul naso mentre le labbra si tiravano impercettibilmente in un sorriso che aveva poco di simpatico mentre osservava Adrien; non era né il primo né sarebbe stato l’ unico paziente ad avere visto dei fantasmi. Sorrise, dunque, pensando a quanto avrebbe potuto ricavare da questo nuovo caso.
“Mi scusi, ma cosa l’ ha portata in Romania? Non è una…per così dire…mèta turistica. Non per molti, almeno” disse.  Adrien si voltò nella direzione dell’ uomo.
“Mia moglie, Sarah, è scomparsa parecchio tempo fa. Sono andato li per cercarla, poiché tutte le tracce che mi portavano a lei indicavano la Romania e nello specifico la Transilvania…” rispose con gli occhi lucidi.
“E…l’ ha dunque trovata?” domandò l’ altro.
Adrien mosse il capo, negò; poi tornò a guardare il soffitto e continuò il suo racconto.
“…Sono un investigatore, lavoro da anni nella Police Nationale. Sono abituato a seguire tracce, è la mia specialità. Sa, anche io ho studiato psicologia, solo qualche fondamento. Dopo la sparizione di Sarah ho chiesto  e ottenuto, con mia enorme sorpresa, di poter seguire il caso così…ho iniziato a raccogliere informazioni e tutto ciò che poteva essermi utile. L’ ho cercata ovunque; quando stavo per arrendermi e demandare il tutto al mio collega, un indizio mi ha portato prima ad Arad, poi a Sighisoara ed infine la, a Bran. Ma di lei…nessuna traccia. Solo qualche ricordo da parte di alcuni abitanti: mia moglie aveva i capelli rossicci ed il volto coperto di lentiggini, non passava inosservata” disse.
Il dottor Muller  lo guardò, in silenzio; allungando la mano, si versò un bicchiere di acqua e ne offrì uno anche al proprio paziente.
“Parlatemi di questi incubi, di queste visioni. Come si palesano? Queste figure hanno sempre gli stessi volti? In queste figure, nota qualcuna che assomiglia a sua moglie?” chiese.
“ No. L’ avrei di sicuro notato. In ogni caso…beh, queste figure sono più p meno sempre le stesse: persone apparentemente normali che mi fissano con occhi…quasi animali. Nonostante fisicamente possano sembrare normali, hanno in sé qualcosa di profondamente inquietante” rispose.
“Vampiri?” domandò Muller
Una grassa risata esplose all’ interno della stanza. L’ uomo seduto alla scrivania osservò Adrien.
“…mi scusi, dottore..ma questa parola mi fa sorridere, ogni volta che la sento. Non credo ai vampiri anche se il mio viaggio nella terra di Dracula farebbe pensare a questo…” rispose.
Vi era qualcosa di strano ed inquietante, in quella risata, in quella voce. Qualcosa pareva essere cambiato. La risata…quella risata era quasi isterica, nervosa. I due rimasero in silenzio e mentre il medico sfogliava una agenda, Adrien si mise a sedere. L’ orologio indicava che il tempo a disposizione si stava quasi per esaurire.
“Dovrei fare alcuni accertamenti e sicuramente la vorrei rivedere; il tempo a mia disposizione mi ha permesso solo di farmi una vaga idea. Lei mi pare una persona effettivamente sana, razionale. Senta…ha forse subito lesioni o avuto problemi a livello cerebrale? E’ caduto, ha fatto incidenti?”
“No, niente di tutto questo. Crede siano allucinazioni dovute ad una qualche forma di malattia?” domandò Adrien impallidendo all’ improvviso.
“La causa di queste sue…visioni può essere una , così come potrebbero essere un insieme di fattori. Non credo sia il suo caso ma vorrei aver risposte prima di iniziare una serie di sedute. Penso che la sparizione di sua moglie e
 l’ assenza di una risposta l’ abbiano comprensibilmente turbata andando a smuovere equilibri che lei pensava collaudati e….”
“…sono pazzo, dottore? Mi sta dicendo che ho qualche problema latente che questa faccenda ha scatenato?” domandò Adrien, balzando in piedi, agitandosi. Muller, abituato a simili reazioni, non sembrò affatto turbato.

“Facciamo così: al piano di sotto vi è uno studio medico, collaboro spesso con il direttore, il dottor Dubois. Scenda e chieda di poter fare una tac ed altri esami che ora le scriverò su questo foglio…dovrebbero volerci un paio di ore ma potremmo toglierci ogni dubbio…” disse alzandosi in piedi a sua volta. Adrien aspettò dunque che Muller gli finisse di scrivere poi seguì le indicazioni; quasi sollevato, uscì dalla porta ed iniziò a scendere le scale.
Solo arrivato quasi alla fine, davanti alla porta dello studio, una strana sensazione lo bloccò: si sentiva osservato, sentiva occhi puntati su di lui. La salivazione azzerata e un groppo allo stomaco, si voltò di scatto.
Niente.
Solo scale in marmo bianco e la luce che entrava da una finestra posta poco più in alto, sul pianerottolo.
Sospirò, Adrien; inquieto, bussò alla porta.
Una donna dall’ aspetto giovanile vestita con un tailleur classico aprì. Il perfetto caschetto scuro non si mosse di un millimetro nonostante i movimenti.
Adrien si presentò; la donna non fece domande ma prese il foglio e lo condusse in una anticamera.
“Si spogli, sulla sedia è appoggiato il camice. I suoi vestiti può lasciarli qui, è uno spazio ad uso privato del paziente. Le ciabatte sono nel cesto; può usarle e poi buttarle” disse. Adrien annuì.
Chi me lo ha fatto fare…pensò tra sé; questo tale non era come gli psicologi del distretto che, fatte due domande su eventuali istinti omicidi o suicidi lo liquidavano con un certificato ed un caffè del distributore automatico…
Adrien quindi si spogliò, infilandosi il camice e togliendo qualsiasi cosa potesse interferire con gli esami. Infine, aspettò.
Gli approfondimenti durarono circa una oretta e mezzo, il tempo di condurre l’ esame e leggerne i risultati; dopo questo tempo l’ uomo fu congedato.
Che giornata pensò, risalendo le scale. Per un attimo si maledisse di avere avuto quella idea.
Mentre saliva le scale, quella sensazione che lo aveva colto prima tornò. Si fermò, in bilico sugli scalini, guardandosi intorno; tutto si era fatto più silenzioso, i suoni parevano ovattati. Il suono di un telefono in uno degli interni lo fece quasi sobbalzare riportandolo alla realtà; pensieroso, ricominciò a camminare e tornò da Muller.


Lo psicologo lo accolse prendendo dalle sue mani la busta bianca, dalla quale ne uscì un foglio di carta, stampato da pc. Camminando avanti ed indietro per lo studio lesse e rilesse quel foglio, impallidendo man mano; alla fine dovette sedersi.
“…Non è possibile, ci deve essere un errore” disse. Adrien lo fissò con una espressione indecifrabile, quasi…quasi sorniona.
“Le assicuro che la persona che mi ha esaminato era assolutamente competente. Anche lui ha avuto la medesima reazione, tuttavia si è subito ripreso. E’ …era un povero cristo, pensi: ha ascoltato la mia versione senza battere ciglio e poi si è rassegnato….”
Muller fissò Adrien  i cui occhi, di un azzurro intenso, sembrarono diventare sempre più chiari, fino a divenire di un colore irreale; alla stessa stregua anche la pelle del paziente che aveva davanti diventò quasi come porcellana. Le mani iniziarono a tremare.
Chi aveva davanti?
Cosa voleva quell’ uomo, quella cosa che stava davanti a lui la cui espressione era passata da mite e sconvolta a quella di un essere demoniaco?
La risposta arrivò, veloce e immediata, come una puntura fatta da mani esperte, indolore: nel giro di pochi secondi, si vide passare davanti agli occhi la propria vita, i successi, la moglie defunta, il figlio lontano, in America; nell’ ultimo barlume di coscienza e vita riuscì perfino a sorridire.


 
Adrien si asciugò le labbra con un fazzoletto di cotone che portava nella tasca dei jeans; lasciò andare quell’ involucro ormai ridotto ad una mummia e tornò a sedersi. Poi, rinvigorito, entrò nel piccolo bagno di servizio per darsi una ripulita. Non poteva di certo andarsene in giro così, con il viso sporco di sangue.
Si osservò allo specchio, si sistemò i capelli.
Sollevò le labbra e diede una occhiata alla sua dentatura lucida, perfetta, aguzza; aveva fame da un bel po' e questo spuntino lo anelava da tempo.
Tutto sommato è stato semplice pensò; sorrise, si complimentò con sé stesso per le doti attoriali e poi uscì, sistemando il casino che aveva fatto, risistemando tutto alla perfezione. Il resto lo avrebbe fatto l’ indomani quando sarebbe tornato con la compagnia di traslochi.
Si guardò in giro, soddisfatto.
Contento.
Un ultimo sguardo.
“Bene, andiamo…” mormorò; con un calcio spinse da parte il cadavere sul cui collo si potevano notare i segni dei canini, due fori perfetti e poi uscì facendo ben attenzione a prendere le chiavi e tutto quanto potesse servirgli per tornare l’ indomani. Richiuse poi la porta alle sue spalle e chiamò il vecchio ascensore.

“La devi smettere con questi giochetti.”
Una voce alle sue spalle, profonda e suadente, lo colse.
“….allora eri tu, prima. Quella presenza….” Rispose senza nemmeno girarsi.
“Si. Non ti ho trovato a casa; ho controllato il calendario e…ho fatto due più due. Sono passati due anni da quando abbiamo cambiato casa, quindi ho pensato che tu fossi partito alla ricerca di qualcosa di nuovo.”
Adrien si voltò, più o meno nello stesso istante in cui l’ ascensore arrivò.
Lo sguardo dell’ uomo partì dal basso per cogliere a pieno quella visione che sempre gli provocava brividi di piacere; vide un paio di scarpe di pelle e dei lembi di pelle nuda e poi, salendo, un dei pantaloni neri, attillati; una vita sottile ed un twin set ocra, infine, sul quale si posavano soffici capelli rossi.
“Amore” disse, avvicinandosi alla donna, baciandola con dolcezza.
Sarah sorrise. I suoi occhi brillarono.
“Mi sei mancato. La prossima volta, invita anche me al banchetto, egoista” disse, accarezzando i capelli del compagno. Adrien la stinse a sé.
“…Vedo che anche tu hai fatto acquisti” disse sfiorando il maglioncino di cachemire e annusando la pelle dell’ amata. Il viso di lei, appoggiato alla spalla di Adrien, rimase immobile.
“…Non eri a casa, mi stavo annoiando” rispose “ così…sono uscita e mi sono data alla pazza gioia. A proposito, carina la storia che gli hai raccontato, ti sei calato  nella parte. Davvero…davvero ti struggeresti così, se dovessi sparire?” chiese.
Lui le sollevò il viso.
“…Puoi giurarci, mia cara. Senza di te sono nulla” rispose; infine la sua mano cercò quella della donna e, di comune accordo, iniziarono a scendere le scale. “…che facciamo, ora? “ chiese lei.
“….ho ancora fame. Che ne dici di andare ai grandi magazzini a scegliere le tende?” domandò sogghignando, seguito da Sarah con occhi brillanti , famelici, demoniaci.
“Può andare” rispose lei; quindi, uscirono nella sera che ormai era giunta, mischiandosi alla folla ignara di tutto, così caotica e frenetica,  così attaccata a quella illusione chiamata denaro, chiamata vita.





 
   
 
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