Anime & Manga > Lupin III
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Autore: jarmione    10/11/2021    1 recensioni
“Questa storia partecipa a “Luoghi dell’Orrore” indetto sul gruppo facebook Il Giardino di Efp”
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Lupin ha accettato una sfida mortale: superare la foresta di Aokigahara senza cadere nella sua maledizione.
Riuscirà Lupin ad arrivare alla fine del percorso nel tempo previsto? Oppure cadrà vittima della foresta?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Goemon Ishikawa XIII, Jigen Daisuke, Koichi Zenigata, Lupin III, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terzo capitolo! In utilizzo il secondo prompt della challenge (ormai scaduta, ma l’importante era pubblicare il primo capitolo per tempo ahahah)

Spero vi piaccia e vi auguro la solita buona lettura

 

 

CAPITOLO 3

Il bosco dei suicidi - parte 1

 

Le reali parole che vennero in mente a Jigen, nel sentire che la bussola non funzionava e il perché, furono esternate dall’ispettore Zenigata il quale, approfittando dell’occasione, tentò di strangolare il povero Lupin.

“Mi soffochi!” si lamentò il ladro “E lasciami!”

“Razza di disgraziato!” inveì l’ispettore “Come hai fatto a dimenticarti questo particolare!?”

“Perchè? Tu non ti dimentichi mai nulla!?” ribatté Lupin, massaggiandosi il collo.

“Io sono un ispettore di polizia e in quanto tale la mia memoria è di ferro e inattaccabile!”

“Chi si loda si imbroda” borbottò Jigen, facendo sorridere appena Anika e Goemon.

Il battibecco fu molto veloce, considerando il fatto che non potevano restare lì a discutere.

Ripresero il cammino, facendo molta attenzione alla direzione in cui andavano e provando a segnare il percorso per evitare di perdersi.

Sembrava filare tutto liscio e questo non era un buon segno.

Persino Zenigata si insospettì e, per questo, prese parola “Non abbiamo sbagliato strada, non abbiamo girato intorno, dovrebbe essere perfetto eppure qualcosa non mi quadra”

“Detesto ammetterlo, ma anche secondo me” disse Jigen, cercando di capire quale fosse il problema.

Avrebbe voluto una bella sigaretta con sé, giusto per scaricare quella tensione che si era creata.

Questo lo rese parecchio nervoso.

“Mmh” Anika fece qualche passo avanti e si mise ad osservare verso l’alto.

Gli alberi erano così fitti da impedire alla luce di entrare completamente e, di fatti, quel luogo era parecchio scuro.

Questo era il problema, essendo parecchio scuro già di natura, nessuno si era accorto che l’oscurità stava aumentando.

“Anika…” Goemon si avvicinò “Che cosa vedi?”

Anika indicò in alto, più precisamente verso l’unico punto da cui si poteva scorgere un pezzo di cielo.

Tutti osservarono, cercando di capire.

“Ma...ma…” Lupin se ne rese conto “Com’è possibile!? Abbiamo cominciato da neanche un’ora!”

Il cielo sopra di loro si era scurito parecchio.

Erano partiti di mattina presto e, secondo i loro calcoli, avrebbe dovuto essere mattina piena, ma che fosse mezzogiorno.

Invece il cielo aveva delle sfumature violacee, tipiche del tramonto.

Quella che per loro era un’ora, in realtà si era rivelata essere qualcosa di più.

Come era possibile?

Faceva parte anche questo della maledizione di quella foresta?

“Ma che…?” Zenigata sgranò gli occhi “ma che razza di scherzo è questo!?” sbottò, piegandosi sulle ginocchia e sbattendo i pugni a terra.

Ovviamente si era dimenticato di avere Lupin agganciato alle manette e, per l’appunto, lo trascinò per terra con un gran tonfo.

 

*****

 

“E’ ormai tutto il giorno che stiamo aspettando” si lamentò Fujiko

“Pazienza, mia cara Fujiko, pazienza” disse Tagikawa.

Entrambi sapevano che Lupin sarebbe riuscito a vincere la sfida e trovare il tesoro, ma non avevano fatto i conti con le tempistiche.

Pensavano che ci mettesse molto meno.

Solo Tagikawa era tranquillo e, nonostante la sua stessa impazienza, preferì attendere nel più totale silenzio.

Aveva persino concesso a Fujiko tutto ciò che voleva pur di non sentirla parlare o lamentarsi.

“Beh, io sono arci stufa di pazientare” sbuffò la donna.

Tagikawa, avendo esaurito le idee per tenerla a bada, ricorse ai metodi drastici.

Quella donna era avida, lo sapeva sin dall’inizio, ma aveva anche dei lati deboli e, purtroppo per lei, Tagikawa sapeva dove attaccare.

“Quindi devo presupporre che non ti interessa il tesoro” disse l’uomo, facendo sgranare gli occhi a Fujiko.

“Certo che mi interessa!” disse subito lei “Altrimenti perché sarei qui?”

“Pensavo che tu fossi qui perché ti interessavo” disse Tagikawa con finto tono offeso.

Sapeva anche lui che non era vero.

Fujiko si sentì colta sul fatto e non seppe cosa ribattere.

“Tranquilla” disse Tagikawa “Qualunque sia il motivo, io mantengo sempre le promesse e avrai quanto stabilito”

Fujiko rimase senza parole, sbatté un piede a terra come una bambina e poi andò verso la macchina e vi si chiuse dentro.

Il suo sguardo mutò da furioso a preoccupato.

Era avida, lo sapeva anche lei, ma aveva anche un cuore e sapeva che una sfida del genere avrebbe messo a dura prova anche un uomo come Lupin.

E Anika? E gli altri?

-Cercate di muovervi- pensò -Uscite vivi-

 

*****

 

Ignorando le lamentele del povero Lupin, Zazà si sedette e si portò le mani al volto.

Era una reazione mai vista in lui, tanto che Lupin si stupì.

Un uomo tutto d’un pezzo come l’ispettore era difficile da trovare e, fino a quel momento, nessuno aveva mai visto il suo punto di rottura.

Jigen e Goemon credevano fosse Lupin e che mancato quest’ultimo lui sarebbe crollato.

Invece sembrava sul punto di una crisi e tutto per cosa? Per le ore passate e di cui nessuno si è accorto.

“Ispettore?” Anika si preoccupò e guardò Lupin con sguardo implorante.

Il ladro annuì e si avvicinò all’ispettore.

“Ehi, Zazà, che ti prende?” domandò pur immaginando già la risposta.

“Sono solo un fallito” rispose Zazà “Non sono in grado di catturarti, non sono in grado di seguire un percorso o di notare il tempo che passa” tirò su col naso “Non sono nemmeno in grado di seguire i miei progetti...ho dedicato tutta la vita al lavoro e alla tua cattura che non sono nemmeno riuscito a formare una famiglia oppure avere una donna” iniziò a piangere, cosa assai rara da parte sua “Solo una volta, da giovane avevo una donna e mi aveva implorato di non partire ma io non l’ho ascoltata e sono andato via ed ho perso l’occasione”

Oltre a Lupin, anche gli altri si erano accorti che qualcosa non quadrava.

Erano in una foresta, il cui tempo era trascorso pure velocemente, avevano girato intorno ed avevano scoperto corpi senza vita di centinaia di uccellini che, vista la nomea di quella foresta, era persino probabile che quei poveri animali non siano deceduti per cause naturali.

E nonostante questo, Zenigata si piangeva addosso per una vita che non avrebbe potuto avere ma non è riuscito ad ottenere.

Era ovvio, non era lui che parlava.

Quella strana forza che sentivano opprimerli, era la maledizione che incombeva su quella dannata foresta.

Stava portando Zazà a sragionare e tutto avrebbe sfociato in un solo modo...al suicidio.

Lupin doveva sbrigarsi se voleva aiutarlo a non commettere l’insano gesto.

Cercò di pensare velocemente, ma nel farlo il suo sguardo si posò sul terreno e lo stesso fecero tutti gli altri ad eccezione di Zenigata.

Anika lanciò un grido tale che tutti giurarono che lo avrebbero udito fino in capo al mondo.

Si resero conto che la poca regolarità del terreno non era dovuta alle radici degli alberi.

Quelle che loro avevano scambiato per tali, non erano niente meno che...ossa umane.

Solo in quel momento notarono le differenze del luogo.

Differenze che, probabilmente, si stavano trascinando dietro dall’inizio sfida.

Ossa umane ricoprivano il terreno, confondendosi con le radici.

Nei tronchi degli alberi erano incastonate delle forme...umane, probabilmente di persone che si erano tolte la vita impiccandosi e che la natura aveva cercato di coprire negli anni e nei secoli.

“Adesso capisco il perché di ‘Bosco dei suicidi” commentò Jigen “Lupin, dobbiamo andarcene e subito!” il pistolero strinse a sé Anika, cercando in ogni modo di non farle vedere quello spettacolo a dir poco raccapricciante.

Ma andarsene non era semplice e, mentre parlavano, nessuno si accorse che Zenigata aveva mosso la mano libera dalle manette e che l’aveva messa in tasca, estraendo la sua pistola di ordinanza e puntandola alla tempia.

“Lupin!” Goemon lo allarmò e Lupin, accorgendosi, con un balzo felino finì direttamente sul collo dell’ispettore, cercando di sfruttare la catena delle manette per bloccarlo.

“Zazà, fermati, che accidenti fai!?” Lupin si dimenava e stessa cosa faceva l’ispettore.

“Lasciami, voglio morire, la mia vita non ha senso!” si lamentò l’ispettore.

“Piantala, vecchio scemo, se ti ammazzi chi mi darà la caccia dopo!?” cercò di dissuaderlo Lupin, iniziando una vera e propria battaglia tra lui e la mano con la pistola “Hai pensato a me!?”

“Ho detto lasciami, Lupin!”

Il mini combattimento era tosto e sembrava che nessuno dei due riuscisse ad avere la meglio.

Solo dopo qualche secondo, Lupin riuscì a spostare la mano di Zazà quel tanto che bastava da non colpire punti vitali.

“LASCIAMI!” gridò Zenigata.

Poco dopo si udì un boato.

“NO!” fu il coro che si levò dagli altri, compreso Goemon.

Ma non successe nulla.

Zenigata non cadde a terra e Lupin scese dalle spalle dell’ispettore e si mise in ginocchio accanto a lui.

Lo sparo non aveva colpito l’ispettore, ma ben sì il tronco di un albero lì vicino.

“Zazà?” lo chiamò Lupin, evidentemente preoccupato.

L’ispettore alzò lo sguardo e sembrò smarrito, come se non avesse idea del perché fosse lì o di quanto appena accaduto.

“Lupin?” lo guardò “Che è successo? Perché sto piangendo? E perché mi fa male la schiena e la mano?”

Lupin ridacchiò “Non temere, paparino, è tutto sotto controllo e non pensarci” gli diede una pacca amichevole sulla spalla e lo aiutò ad alzarsi.

“Che ci faccio con la pistola in mano!?” si scandalizzò l’ispettore, rimettendola subito via e arrossendo dall’imbarazzo.

Aveva appena realizzato il perché.

“Tranquillo, Zazà, adesso è finita” lo rassicurò Lupin, notando il cambiamento di umore molto veloce.

Quella foresta ti faceva compiere l’insano gesto, era davvero maledetta.

Nel momento stesso che lo compivi essa cessava di maledirti, anche perché ti considerava deceduto.

La maledizione non teneva conto di quelli che potevano sopravvivere, basta che il gesto per renderla valida.

Zazà, infatti, non sentiva più quella strana forza che lo opprimeva.

“Senti Zazà, almeno per ora, toglimi le manette” disse Lupin, facendo intendere a Zazà che era meglio per tutti.

L’ispettore obbedì, convenendo con Lupin.

Nemici o meno, lì c’era in gioco la vita di tutti loro e dovevano collaborare.

“Meglio proseguire” disse Lupin, cercando di far muovere tutti.

Il problema era...che per tutti intendeva solo lui, l’ispettore, Anika e Jigen.

Goemon era rimasto immobile, lo sguardo basso e le mani strette a pugno tanto che le nocche erano diventate bianche.

“Ci risiamo” commentò Jigen “Ehi, Goemon, sbrigati”

“Ehi, Goemonuccio!” lo chiamò Lupin, sapendo che al samurai non piaceva essere chiamato con nomignoli come quello.

Ma non sembrava funzionare.

“Goemon” Anika si avvicinò al samurai e lo scrollò per le spalle “Goemon, riprenditi”

“Ho fallito” mormorò Goemon “Uno dei compiti di un samurai è quello di difendere gli innocenti ed io non ci sto riuscendo”

“Goemon, che stai dicendo?” cercò di farlo calmare Anika “Tu aiuti tutti”

“Ha ragione, amico” aggiunse Jigen, tenendosi pronto ad intervenire in caso di bisogno.

“Vedi?” sorrise appena Anika, per fargli capire che non aveva nulla da temere.

Ma non sapevano, nessuno di loro, che oltre all’onore c’era anche qualcos’altro...qualcosa che solo Anika avrebbe potuto capire.

“Non sono stato nemmeno in grado di tenerti” confessò, facendo assumere a Zazà uno sguardo interrogativo e agli altri uno stupito.

Stava davvero mettendo a nudo questo suo lato umano.

Jigen sembrò ingelosirsi, ma non osò mettersi a discutere o andar contro al suo amico.

Aveva piena fiducia in lui e in Anika e sapeva che nessuno dei due lo avrebbe “pugnalato” alle spalle.

Anika arrossì.

Non si era scordata la mega infatuazione che si era presa per lui, ma aveva capito da sola che era una semplice cotta adolescenziale.

Il suo cuore aveva sempre battuto per Jigen, forse proprio perché sapeva che fra di loro non esisteva nessun grado di parentela e quindi stare insieme era fattibile.

Non aveva mai pensato, però, di lasciare un segno così nel cuore di Goemon.

“Goemon…”

Il samurai impugnò l’elsa della sua amata spada.

“Goemon che vuoi fare?” si preoccupò Anika, cercando di fermarlo, ma Goemon estrasse la spada e si inginocchiò a terra “Goemon, fermati!”

Ma la forza che aveva il samurai, oltre ad essere raddoppiata causa della maledizione, era sempre stata più alta rispetto a quella di Anika.

“Vi prego, aiutatemi!” implorò la ragazza e gli altri tre giunsero in suo aiuto, ma evitare che Goemon compisse il gesto di harakiri era praticamente impossibile a mani nude.

“Jigen prendi la pistola” ordinò Lupin e Jigen obbedì

“Che vuoi fare?” Domandò Zenigata “Non vorrai ucciderlo!”

“Non essere ridicolo e prendi anche la tua”

Zenigata obbedì e prese la pistola.

“Anika, trattienilo più che puoi e quando ti dico lascia, molla la presa”

Anika annuì e cercò di fermare Goemon con la sola forza delle braccia.

“LASCIAMI!” gridò il samurai.

“Goemon, ti supplico, riprenditi” implorò Anika, voltandosi poi verso Lupin.

I tre si erano messi in posizione e con le braccia tese, pronti a sparare.

“Anika, ora!” la ragazza si scostò prontamente e, nonostante che a sparare fossero in tre, si udì un unico boato.

I tre proiettili sfrecciarono velocemente, tanto che uno di essi passò ad un pelo da Anika, colpendo all’unisono la spada di Goemon esattamente poco prima che essa colpisse il petto di lui.

La forza e la velocità con cui i proiettili la colpirono fu tale da spostarla e far sì che la lama passasse di fianco a Goemon e non attraverso.

Solo in quel momento il samurai sembrò risvegliarsi.

“Ma cosa…?” sgranò gli occhi e osservò la spada “Che è successo?”

“Oh, Goemon!” Anika, in lacrime, si fiondò su di lui, facendolo quasi cadere o obbligandolo a lasciare la spada “Razza di un insensato che non sei altro, non ti azzardare mai più!”

Goemon sembrò realizzare “E’ successo anche a me?”

Gli altri tre annuirono.

“E se non vogliamo che accada ancora dobbiamo sbrigarci ad uscire da qui” aggiunse L’ispettore, con l’approvazione di tutti.

Anika lo aiutò ad alzarsi e Goemon, evidentemente imbarazzato, prese la spada e la rimise immediatamente nel fodero.

“Ho usato la spada per un motivo ignobile” mormorò “Non basteranno mesi per redimermi da questo orribile crimine verso la spada”

“Non essere esagerato” lo tranquillizzò Jigen dandogli una pacca sulla spalla.

Goemon tenne lo sguardo basso e non osò guardare Jigen negli occhi.

“Che ti prende?” chiese il pistolero.

“Ti chiedo perdono per quello che ho detto” mormorò il samurai, riferito a quanto detto nei confronti di Anika.

“Rilassati, amico” lo rassicurò Jigen “Parliamo onestamente, solo un idiota non farebbe follie per lei”

Goemon non era per nulla rassicurato, ma era comunque grato per non essere stato ucciso dal pistolero.

“La foresta è davvero maledetta” disse il samurai “Siete rimasti in tre non colpiti da essa, dobbiamo tenere gli occhi aperti”

Jigen annuì.

Era vero, erano rimasti in tre e Jigen aveva il terrore che potesse capitare qualcosa ad Anika.

Quel pensiero non sembrava aiutarlo a trovare una soluzione per tenerla al sicuro e, di fatti, una morsa allo stomaco iniziò ad attanagliarlo e pian piano si sparse per il resto del corpo.

  
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