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Autore: Dalybook04    23/11/2021    0 recensioni
Nell'antichità ogni tanto nascevano persone magiche con delle voci speciali, talmente belle da far tremare le montagne ed esplodere i cuori dei nemici, distruggere le mura nemiche o far fiorire le colture anche durante gli inverni più rigidi. Erano persone molto, molto speciali, e venivano venerate al pari degli dei. Ne nasceva uno su un milione, erano rarissimi. Non ne nascono più da un migliaio di anni, forse di più.
Ma sarà davvero così?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Occorre tornare un po' indietro prima di continuare con la nostra storia.
Infatti i fili a un certo punto si sono uniti e hanno portato ad una conseguenza inaspettata, ma fondamentale.
È l'ora di pranzo, e fin qui. Antonio è arrivato da poco in soffitta, per darvi un riferimento cronologico. I nostri eroi sono al solito tavolo, Feliciano è immerso nel suo mondo, Gilbert e Francis stanno sparlando come le oche che sono.
"...Lovino..." questo sente Feliciano, che solleva di scatto la testa, catapultato fuori dalla sua contemplazione del panorama nuvoloso fuori dalla finestra.
"Chi?!"
Gilbert e Francis si scambiano un'occhiata un po' perplessa "il ragazzo di Antonio"
"Non stanno ancora insieme, ma è questione di tempo" specifica Francis.
"Come" non riesce a parlare "come avete detto che si chiama?"
"Lovino. Viene da Napoli. Non so il cognome però"
Non serve, Feliciano è già in piedi.
"Dove sono?"
"In soffitta, ma perché..."
Niente, è corso via. Ludwig gli va dietro, non l'ha mai visto con una faccia così sconvolta.
Feliciano sta correndo come non ha mai fatto. Non è possibile, suo fratello è morto, ma quante probabilità ci sono che uno, italiano, con lo stesso nome di suo fratello, che non è così comune, sia lì?
Deve controllare, ne ha bisogno. Non può non essere sicuro che non si tratti di suo fratello, per quanto sia improbabile.
Quando è quasi in soffitta, il terreno inizia a tremare, ma non si ferma, a differenza di Ludwig che gli urla di tornare indietro. È lì, ai piedi della soffitta, dove sono le scale per sali...
Le finestre esplodono, tutte insieme, e Feliciano cade a terra tra i cocci. Tutto trema, sente male alla testa, ma è sicuro di una cosa: quello è suo fratello. Ha sentito la sua voce, quella che ascolta costantemente nei suoi sogni che gli canta una ninna nanna. Più grande, più matura di quella da bambino che ricorda, ma è lei, è quella voce, lo sa, lo sente.
Vorrebbe alzarsi, correre da suo fratello, abbracciarlo, capire, capire cosa sia successo, perché sia lì, vivo, ma non riesce ad alzarsi, tutto trema e la testa gli fa male, e quando torna il silenzio non sa se sia veramente finito tutto o se semplicemente sia lui ad essere svenuto.

Bene. Fatta questa premessa, continuiamo.
Lovino sta attraversando il campus, quando nota un tendone tirato su alla buona nel bel mezzo del cortile. Sono tutti fuori, forse temendo un altro terremoto. Si ferma, Antonio lo guarda confuso.
"Cos'è quella tenda?"
"Non so, forse l'infermeria" e Lovino ci va, trascinandoselo dietro senza ascoltare minimamente le sue proteste "Lovi, non è una buona idea"
"Chissene fotte" entra nella tenda e si guarda intorno. Non sono tanti i feriti, per lo più sono graffi o lividi o bernoccoli. Un tizio è nel letto perché gli è caduto qualcosa in testa, ma è vivo.
Poi vede il lettino in fondo e il mondo gli cade addosso.
Suo fratello. Il suo fratellino, quello che ha evitato per mesi, sdraiato nel letto con la testa avvolta da alcune bende. Seduti intorno a lui ci sono tre ragazzi e poi suo nonno, in piedi a fare avanti e indietro davanti al letto, devono averlo chiamato insieme agli altri genitori per informarli dell'accaduto.
In un secondo è da loro.
"Come sta?"
I ragazzi lo guardano, stupiti, ma non gli interessa. Feliciano ha gli occhi chiusi, Romolo sgrana i suoi "Lovino..."
"Come sta?" ripete, senza emozioni nella voce. Sente freddo. Antonio è subito dietro di lui, gli stringe la mano ed è così calda e Lovino gli è così fottutamente grato, perché senza quell'appiglio, quel contatto con il mondo reale, sarebbe già crollato.
"È stato ferito da alcuni vetri, è caduto e ha preso una botta in testa, potrebbe avere una lieve commozione celebrale" risponde un ragazzo biondo.
Lovino annuisce e si gira verso suo nonno, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.
"Non serve che tu mi dica che devo andarmene, lo so già"
"Lovino..." cerca di richiamarlo, ma lui è già fuori. Quanto costerà un biglietto aereo per Napoli? Ah, fanculo, al momento è disposto anche a farsela a piedi.
Sa che Antonio gli sta venendo dietro nonostante gli abbia lasciato la mano, ma non importa, prima o poi si stancherà e tornerà alla sua vita. Quello che non si aspetta è che lo stia seguendo anche suo nonno, fino ad afferrarlo per un braccio per fermarlo. Deve averlo richiamato, ma non l'ha sentito, non sente più nulla. Sono fuori dai cancelli della scuola, un tuono squarcia l'aria.
"Lovi..."
"Non chiamarmi così" sibila, liberando il braccio con uno strattone "cosa vuoi? Me ne sto andando, che altro c'è?"
"Non voglio che tu te ne vada" allarga le braccia e forza un sorriso "possiamo... possiamo tornare una famiglia"
"Ah, quindi siamo mai stati una famiglia?" l'apatia è una brutta cosa, sapete? "perché mentre mi abbandonavi non mi sei sembrato molto familiare" perché ci vuole pochissimo a trasformarla in altro
"Non ti ho..."
In questo caso, rabbia "non mi hai abbandonato?" scoppia a ridere, amaro, sarcastico e brutale come una coltellata "mi hai lasciato in un orfanotrofio con le suore. A me sembra un abbandono"
"Ti venivo a trovare..."
"Per i primi anni. Poi hai smesso, senza dire una parola" gli trema la voce mentre parla.
"Mi sono assicurato che ti trattassero bene e..."
"Bene. Certo. Non mutilarmi a vita è "trattarmi bene". Non bruciarmi al rogo è "trattarmi bene"" sta piangendo, ma si confonde con la pioggia "mi trattavano come un mostro, nonno. Ogni giorno, ogni fottuto giorno, mi insultavano, mi ripetevano che ero una creatura del demonio che andava purificata, che fosse stato per loro sarei già morto. Ero autorizzato a parlare solo per pregare, altrimenti botte su botte. Sai cosa, nonno?" che parola cattiva "avrei preferito che mi uccidessero. Avrei sofferto meno" Romolo cerca di parlare, ma lo blocca "andavo avanti solo perché una volta al mese scendevi a trovarmi, perché ti volevo bene. Poi i mesi sono diventati due, poi tre, e poi non ti sei più fatto vivo" deglutisce. Gli fa male la gola "quando mi hanno detto che non saresti più venuto, ho cercato di farmi morire di fame. Mi hanno ingozzato a forza perché se fossi morto non avresti più donato nulla al convento"
"Io..."
"Avevo dodici anni, DODICI ANNI, E VOLEVO MORIRE DI FAME PER COLPA TUA"
Romolo non lo sta più guardando. Il nipote ride "non riesci neanche a guardarmi in faccia. Certo. Io sono la pecora nera, lo stronzo che ha ammazzato tua figlia, il mostriciattolo che hai nascosto nell'armadio. Torna da Feli. Lui è il nipote buono, no? L'angioletto sopravvissuto a me" nel dire "vattene" la sua voce è finalmente ferma.
"Lovino..."
"VATTENE, CAZZO, O AMMAZZO PURE TE" un tuono rafforza le sue parole. L'uomo esita, poi obbedisce e corre via. La coltre di pioggia nasconde la sua figura, e quando non lo vede più Lovino crolla a terra e scoppia a piangere.
Una figura emerge dalla nebbia e si inginocchia al suo fianco, lo copre con la propria giacca e lo abbraccia. Antonio lo bacia sulla testa, lo stringe e non dice niente, lo lascia sfogare e basta. "Sono qui" sembra dirgli, ma senza usare con le parole, che si perderebbero nel vento.
Lovino lo guarda "hai sentito tutto, vero?"
Antonio annuisce e gli asciuga gli occhi. Gesto inutile, visto che la pioggia glieli ribagna subito, ma gentile.
"Hai paura di me?"
"No."
Solo quello. Bastano quelle due lettere e Lovino scoppia di nuovo a piangere, abbracciandolo forte sotto la pioggia. Antonio lo stringe e lo solleva tornando verso la scuola, meglio mettersi all'asciutto, pesa davvero poco. Passa da un ingresso secondario, non vuole attirare lo sguardo di altre persone. Devono aver dichiarato l'edificio agibile, perché il cortile è semi deserto.
Non sa dove sia la stanza di Lovino, quindi lo porta nella sua e lo mette giù. Per tutto il tragitto Lovino non fa altro che restare aggrappato a lui e piangere in silenzio, l'unico motivo per cui lo spagnolo se ne accorge è la sensazione delle lacrime calde che gli bagnano la maglia fradicia di pioggia gelida.
"Lovi... scendi" cerca di metterlo giù e Lovino lo lascia andare, posa i piedi a terra e tiene la testa bassa. Antonio lo bacia sul capo "ti porto degli asciugamani, siamo entrambi fradici ed è meglio se ci asciughiamo. Ti posso prestare qualche mio vestito mentre asciugano i tuoi, se non ti dà fastidio. Vuoi fare un bagno?" Lovino scuote la testa "va bene. Prendo gli asciugamani e torno, intanto stai vicino al calorifero, okay?"
Il bagno della sua stanza è piccolo, ma d'altronde le stanze singole sono sempre più piccole rispetto alle doppie. Almeno, pensa Antonio aprendo un mobiletto, non ho nessun compagno di stanza ficcanaso che chieda perché abbia portato qui un ragazzino fradicio dalla testa ai piedi e in lacrime.
"Ecco qui" gli posa un asciugamano sui capelli e lo sfrega per asciugarglieli un po'. Lovino pianta la testa contro il suo petto e rimane così, un micetto alla ricerca di coccole ma troppo orgoglioso per chiederle. Antonio lo abbraccia "ti coccolo quanto vuoi, piccolo. Prima però dobbiamo asciugarci un po' se non vogliamo una polmonite"
Lovino annuisce, ma non si muove. Antonio sospira e, a malincuore, lo stacca da sé e lo spinge davanti al calorifero. Apre l'armadio, prende due cambi, uno per sé e uno per Lovino, e lascia davanti al ragazzo una felpa, un paio di pantaloni della tuta e un asciugamano di quelli grandi, per tutto il corpo.
"Vado in bagno a cambiarmi. Intanto asciugati e cambiati, va bene?" Lovino annuisce e lo guarda chiudersi in bagno. Lentamente, ancora sconvolto, si toglie le scarpe e i pantaloni, lottandoci contro perché il tessuto si è appiccicato alle sue gambe, e infine la felpa e la maglietta. Si asciuga velocemente, poi infila la tuta che gli ha dato Antonio e sospira: ha il suo odore. Cazzo, è proprio cotto. Ha le mani gelate, fatica a muoverle, quindi le posa sul calorifero per riscaldarle, stessa cosa con i piedi. Vorrebbe piangere, forse dovrebbe, ma non riesce, è tornato nell'apatia, una sottilissima lastra di ghiaccio tra la sua mente e la follia.
"Eccomi" Antonio si siede dietro di lui, allarga le gambe per farle passare oltre al suo corpo e lo abbraccia, posa il mento sulla sua spalla e gli allontana le mani dalla superficie bollente "attento, rischi di ustionartele"
Lovino si appoggia al suo petto e chiude gli occhi. Ha bisogno di riposo, sono successe troppe cose tutte insieme. Sente il bacio di Antonio sulla spalla, anche attraverso il tessuto "ti va se ci mettiamo nel letto? È più comodo del pavimento" Lovino non risponde e lo spagnolo sembra mal interpretare il suo silenzio "n-non per quello! Non pensare male, non ti toccherei mai se tu non lo volessi, tanto meno in queste condizioni e..."
Ride. Una risata pura, sincera. Antonio si zittisce, ammaliato.
"Non pensavo a quello, scemo" si gira verso di lui, un sorriso dolce dipinto sul viso, gli prende il viso tra le mani e lo fa avvicinare fino a posare la fronte contro la sua "davvero non hai paura di me?"
"Perché dovrei?" lo spagnolo appoggia la mano su quella dell'altro ragazzo, che è gelida.
"Lo sai perché" Lovino sospira contro la sua bocca "posso baciarti?" la stessa domanda di poche ore prima, ma ora sono cambiate così tante cose...
Antonio si morde il labbro. Minchia, così è ancora più invitante da baciare "non credo sia una buona idea. Fino a poco fa non volevi"
Lovino gli accarezza la guancia "non è che non volessi..." si perde nei suoi occhi, non riesce a impedirsi di sorridere "è che avevo paura di farti male. Ne ho ancora, in realtà, solo che ora sai perché"
"Non mi farai male"
"Ho fatto quasi crollare la scuola"
"È stato un incidente"
"Ma l'ho fatto"
"Lovi..." gli prende la mano e intreccia le dita con le sue "per tutta la vita ti è stato detto di reprimere il tuo" esita "dono. Ma non funziona, lo capisci? Non puoi fingere di essere quel che non sei. Tacere non farà altro che peggiorare le cose quando parlerai"
"In che senso?" Lovino distoglie lo sguardo. Lo sa benissimo cosa intende, ma non vuole ammetterlo.
"Se ti trattieni, quando rilasci il tutto sarà ancora più violento, non credi?" si ritrova ad annuire.
"E quindi che cazzo dovrei fare? Far saltare tutto in aria?"
"Non trattenerti" lo bacia sulla fronte e sorride "canta. Canta per me"
"No"
"Canta per me. A bassa voce, piano, senza trattenerti ma controllandolo" gli bacia il palmo della mano "da piccolo mi hanno raccontato tante storie su quelli come te, e potevano far fiorire gli alberi morti, rendere fertile una terra bruciata o far guarire i malati. La distruzione è solo una parte del tuo potere"
Lovino si morde il labbro. Ci sta pensando, si vede. Gli hanno sempre insegnato ad aver paura di sé stesso, non a conoscersi, e Antonio lo capisce e gli lascia i suoi tempi. Infine, la Bella Voce sospira e inizia a cantare.
Non sono parole, è poco più di un sussurro che rimane tra loro, ma è in assoluto la musica più bella che Antonio abbia mai sentito. Sono note calde, gentili, un po' esitanti, che gli entrano nel cuore e lo riscaldano.
Passano solo pochi secondi prima che Lovino riapra gli occhi, terrorizzato, ma Antonio è ancora lì, vivo e sorridente, e la stanza è intera.
"Ce l'hai fatta" sussurra il moro, accarezzandogli le labbra schiuse. Lovino non sembra realizzarlo, ma no, non ha fatto danni e sì, ha ceduto e ha cantato, per poco tempo ma l'ha fatto.
È gioia questa? Non lo sa, ma afferra il viso di Antonio, euforico, e posa le labbra sulle sue, più felice di quanto non fosse mai stato. La bocca di Antonio è morbida, calda, sensuale e fantastica, e lui è felice felice felice non riesce a non sorridere.
Poi si stacca "cazzo, scusa, non volevi..."
"Ancora" mormora quello invece; ha la voce roca, le pupille dilatate. Lovino si rende conto che quell'espressione è causa sua e si sente arrossire. Si siede sulle ginocchia in modo da essere più in alto dell'altro, gli prende il viso tra le mani e lo studia. Il viso di Antonio è sollevato verso di lui, in attesa ma senza mettergli fretta, gli occhi verdi sono chiusi, le ciglia lunghe tremano, le labbra sono leggermente dischiuse. Lovino gli accarezza le guance morbide leggermente velate di barba e ci pensa su per qualche secondo, poi si china a baciarlo di nuovo. Antonio sospira e lo stringe forte a sé, in Paradiso. La vita di Lovino è sottile tra le sue braccia, fin troppo ora che ci fa caso, le sue labbra sono screpolate ma non vorrebbe baciarne altre per niente al mondo, sente lo stomaco stringersi e impazzire e cazzo, non si staccherebbe mai.
A una certa però tocca separarsi, e Lovino nasconde il viso contro la spalla dell'altro ragazzo, rosso come un pomodoro.
"Era il mio primo bacio" sussurra, pianissimo. Antonio gli accarezza la schiena, ancora sognante, e lo bacia sulla tempia.
"È stato... wow" risponde, cullandolo leggermente. Fuori piove, tuona, ma loro sono immersi nel loro mondo e nessuna quantità di acqua caduta dal cielo potrebbe mai farli uscire dalla bolla in cui sono immersi.
"Ti avevo promesso un appuntamento" mormora Antonio contro i suoi capelli.
"Non so se me la sento di uscire" sussurra il più piccolo.
"Che ne dici se domani stiamo tutto il giorno nel letto a farci le coccole?" propone allora il moro, e Lovino annuisce perché, cazzo, è proprio un bel programma.
Un bussare furioso li interrompe. Antonio sospira, frustrato "perché proprio ora?" e Lovino si ritrova a ridere. Continuano a bussare, quindi il padrone di casa, a malincuore, si alza e va ad aprire.
"Ah, sei qui" Gilbert entra di gran carriera nella stanza, scostando l'amico dalla porta e guardandosi intorno. Individua Lovino, seduto nell'angolo, e lo indica "Feliciano ti vuole vedere"
Lovino sbatte le palpebre "cosa?"
"Si è svegliato e ha chiesto di te. Forza, muoviti, mio fratello è in crisi e devo calmarlo, non ho tempo da perdere"
"Feli vuole... vedermi?"
"In che senso Lud è in crisi?"
"Sei sordo? Vuole vederti" si gira verso l'amico "è nel panico perché Feli sta male. Meno male che dice di non avere una cotta per lui" torna a rivolgersi a Lovino "senti, sono un fratello maggiore anch'io. E per quanto siano fastidiosi, dobbiamo prenderci cura di quelle teste di cazzo dei nostri fratellini. Non so che cazzo sia successo tra voi, perché Feliciano ci aveva detto di essere figlio unico, ma è evidente che non lo sia e ora sta male, quindi ha bisogno di te. Vuoi riprendere il tuo ruolo o no?"
Lovino assottiglia lo sguardo, è una sfida quella? E poi Feli sta male... un istinto antico, sepolto da anni e anni di lontananza, viene fuori, e così si alza e va a rimettersi le scarpe, che sono ancora umide ma chissene frega. Guarda Gilbert "dov'è?"
"Nell'atrio, hanno spostato i feriti lì per la pioggia"
"Grazie" e corre fuori, diretto verso l'infermeria improvvisata. Antonio gli è subito dietro ma rimane a distanza, Gilbert lo segue.
"Avete scopato?" sussurra all'amico, che distoglie lo sguardo da Lovino, il quale li precede di qualche metro, per guardare l'amico con aria sconvolta.
"Ma che sei scemo? No!"
"Eravate soli, in camera, e lui ha i tuoi vestiti addosso, cosa devo pensare?"
"Gli ho dato un cambio perché i suoi erano fradici!"
"E come vi siede scaldati?"
"Niente di sessuale"
"Sicuro?"
"Lo saprei se avessi perso la verginità con il futuro padre dei miei figli"
"Sottone"
Antonio arrossisce. Poi sussurra "ci siamo baciati"
"Serio?"
"Già" lo incenerisce con lo sguardo "e lo staremmo ancora facendo se tu non ci avessi interrotto"
"Ci sono delle priorità"
"Lo so, ma anche tu hai un tempismo..." accelera il passo per raggiungere Lovino, non vuole perdersi la scena e vuole essere pronto ad intervenire se necessario. Sfiora le dita di Lovino per attirare la sua attenzione "stai bene?"
"Non lo so" si morde le labbra e Antonio vorrebbe tanto baciargliele "lo capirò tra poco direi"
Antonio vorrebbe rassicurarlo, ma hanno raggiunto la mensa e immediatamente una voce li chiama.
Feliciano si lancia addosso a suo fratello e lo abbraccia, rischiando di farlo cadere a terra. Lovino rimane un attimo scioccato, guarda Antonio alla ricerca di una conferma e poi ricambia l'abbraccio, timidamente.
"Sei vivo" mormora Feliciano, stringendolo forte "p-pensavo che... che fossi morto anche tu..."
Lovino non dice niente, sa che crollerebbe subito e scoppierebbe a piangere, e non se lo può permettere. Invece, nasconde il viso nella spalla del fratellino.
"Scusa" sussurra, piano, non è neanche sicuro che quello lo senta, ma non importa.
Quell'abbraccio dura poco in realtà, perché mandano via tutti i visitatori per far riposare i feriti. Ma, Dio, sembra durare anni interi, quasi dieci anni di lontananza racchiusi, per quanto possibile, in pochi minuti.
   
 
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