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Autore: The Blue Devil    29/11/2021    6 recensioni
Oscar ha partecipato ad un ballo di corte vestita da donna. Il giorno seguente riceve alcuni strani bigliettini… che stia per coronare il suo sogno d’amore? Magari con il Conte von Fersen? E chi lo sa? Solo l’autore lo sa… e tutti coloro i quali vorranno leggere questa storia…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
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Oscar ha partecipato ad un ballo di corte vestita da donna. Il giorno seguente riceve alcuni strani bigliettini… che stia per coronare il suo sogno d’amore? Magari con il Conte von Fersen? E chi lo sa? Solo l’autore lo sa… e tutti coloro i quali vorranno leggere questa storia…
 
Non è uno scritto a scopo di lucro alcuno per cui non si infrangono Copyrights.
I personaggi presentati, nomi e situazioni, sono di proprietà degli aventi diritto: Riyoko Ikeda per il soggetto e la resa grafica dei personaggi; TMS, per la serie TV; Fabbri Editori, Granata Press, Planet Manga, d/visual, GP Publishing, RW Edizioni, per le varie edizioni italiane del manga e Yamato Video per l’edizione italiana in DVD.

 
 
Buona lettura e buon divertimento.


 
I BIGLIETTINI
 
La carrozza varcò i cancelli della tenuta del generale Jarjayes, ne oltrepassò il giardino e si fermò all’entrata del palazzo.
Il Capitano della Guardia Reale di Francia, Oscar François De Jarjayes, mise piede a terra e si avviò, con passo svelto e sicuro, verso il portone; era molto agitato perché, prima di oltrepassare i cancelli, la carrozza era stata fermata da un ragazzetto che, appoggiato ad un albero, l’attendeva; questi gli aveva consegnato un bigliettino:
 
ʺIeri, al ballo, è stata la prima volta che ti ho vista vestita da donna: sei bellissima! Sono contento che tu abbia deciso di accettare e dimostrare la tua femminilitàʺ.
 
Dato che il bigliettino non era firmato, Oscar aveva chiesto al ragazzetto chi gliel’avesse consegnato, ma lui non aveva saputo rispondere, dicendo solo:
«Era un uomo alto e snello, avvolto in un mantello scuro che gli copriva anche i capelli; dagli stivali che indossava, si capiva che dovesse essere un ricco aristocratico; mi ha detto di consegnare questo bigliettino al Capitano della Guardia Reale. Tutto qui».
Oscar, messe un paio di monete d’argento nelle sue mani, l’aveva congedato.
Giunta – perché Oscar era una donna – dinanzi al portone, si era fermata, pensando:
«Un ricco aristocratico alto e snello… chi potrebbe essere? E come ha fatto a riconoscermi?».
La risposta non tardò a presentarlesi agli occhi: girando il capo alla sua destra, vide una carrozza sbucare dal vialetto ed avviarsi verso i cancelli; sul fianco di essa riconobbe le insegne del Conte von Fersen.
«Fersen!», pensò, mentre entrava nel palazzo.
Incrociata una cameriera, che era giunta ad accoglierla, le consegnò il proprio mantello e chiese:
«Il Conte von Fersen è stato qui?».
«Sì, mia signora», rispose la ragazza, «è venuto in visita dal Generale vostro padre».
Oscar s’incamminò su per la scala ed entrò in camera sua, dopo aver ordinato che le venisse preparato un bagno caldo: un’usanza che sarebbe stato molto opportuno adottare anche a corte…
Spogliatasi, s’immerse nella vasca e solo allora si rilassò. Terminato il bagno, rientrò in camera, coperta solo da una vestaglia e con in mano il bigliettino: lo aveva letto e riletto, fin quasi a consumarlo.
Si buttò sul letto di schiena e chiuse gli occhi, assopendosi.
Fu svegliata da un picchiettìo sulla porta: era André che da qualche minuto la stava osservando, dato che lei aveva lasciato la porta solo accostata. La vista di cui il ragazzo aveva goduto era spettacolare: non essendo stata allacciata, la vestaglia le aveva lasciato scoperto un seno e gran parte di una coscia.
Ridestatasi di soprassalto, Oscar fu lesta, con un moto istintivo delle mani, a coprirsi i seni e a chiudersi la vestaglia.
«Ben svegliata Oscar… profumi di rosa», disse lui, dopo aver avuto il permesso di entrare.
«Ho fatto il bagno, è stata una giornata pesante e fino a domani sono libera; per questo sono venuta a rintanarmi qui. Volevi dirmi qualcosa, André?».
«Sì, volevo dirti che tuo padre è partito; aveva affari da trattare fuori città. E tua madre si è fermata a servizio da Maria Antonietta».
«Intendi Sua Maestà la Regina Maria Antonietta», puntualizzò Oscar.
«Dai Oscar, non siamo a corte, almeno tra di noi… Scendi con me per la cena?».
«Vai avanti tu, io mi rilasso ancora un po’. Scenderò più tardi».
«Come vuoi, riferirò a mia nonna di tenerti da parte qualcosa… se avanzerà qualcosa».
Incassata un’occhiataccia da Oscar, André uscì dalla stanza, ma, invece di chiuderla, riaccostò la porta così come l’aveva trovata; sbirciando all’interno, vide la ragazza cercare e trovare qualcosa sotto il cuscino: sembrava che fosse un bigliettino. Udito il nome di Fersen, che lei pronunciò sospirando, chiuse del tutto la porta, avendo cura di non fare rumore.
 
Qualche ora dopo, Oscar, scesa per mangiare un boccone, fu fermata da una cameriera che le porse un altro bigliettino:
«Lo ha portato un ragazzino per voi, signora; non so cosa significhi, ma ha detto Me l’ha dato l’uomo di prima e che voi avreste capito».
Rimasta sola, Oscar, mentre si rifocillava, lesse il secondo bigliettino:
 
«Desidero incontrarvi, Oscar: questa notte manderò una carrozza a prendervi. Vestitevi come al ballo. Vi prego di accettare l’invito e di attendere la carrozza dinanzi al portone».  
 
«Ancora Fersen!», pensò, prima di risalire in camera.
 
Il palazzo Jarjayes era avvolto nel buio e nel silenzio più totale; solo una figura sinuosa scivolava veloce giù per la scala; era avvolta da una mantellina, ma, dal fruscìo che produceva, si intuiva che sotto di essa vi fosse un vestito da donna. Giunta al portone, la figura uscì dal palazzo e si mise in attesa: i custodi armati, che sorvegliavano il giardino, erano stati avvertiti che sarebbe arrivata una carrozza e quindi, quando questa giunse, non si preoccuparono.
La figura, che altri non era che Oscar, riuscì a scorgere il fianco della carrozza, illuminato dal lume dell’uomo, sceso dalla cassetta, che le stava venendo incontro: non vi erano le insegne di Fersen.
«È comprensibile», pensò Oscar, «tutto ciò potrebbe provocare uno scandalo».
L’uomo le si avvicinò e le disse, mostrandole un nastro nero:
«Vi devo bendare, signora, è una richiesta del mio padrone».
«Che idiozia, non se ne parla nemmeno», rispose lei, allontanando con uno schiaffetto una mano dell’uomo che si apprestava a bendarla.
«Mi dispiace signora, il padrone è stato categorico: o si lascia bendare o non se ne fa nulla».
Alla fine, Oscar cedette, pur trovando strane ed inutili tutte quelle precauzioni.
L’uomo l’aiutò a salire in carrozza e risalì a cassetta; Oscar gli udì pronunciare le parole ʺpossiamo andareʺ, poco prima che le ruote della carrozza iniziassero a cigolare sulla ghiaia.
La donna, distratta da alcune fantasticherie sul suo incontro notturno con il conte von Fersen, non fu in grado di quantificare il tempo trascorso per percorrere il tragitto, né di analizzare la conformazione della strada percorsa: pareva che il suo vestirsi da donna l’avesse trasformata, privandola, momentaneamente, delle capacità, proprie del Capitano della Guardia Reale, di stare sempre "sul chi viveʺ.
Giunti a destinazione, Oscar fu aiutata a scendere e fu condotta in un palazzo; salita una scala, fu fermata dinanzi ad una stanza, immersa nel buio. In quella stanza vi era un uomo davanti alla finestra – quindi le dava le spalle – e con un bicchiere in mano; tirata la tenda, per accrescere l’oscurità nella stanza, lui si voltò verso di lei e, con un cenno della mano, fece capire al domestico che l’aveva accompagnata, che poteva toglierle la benda.
Oscar, con gli occhi intorpiditi, a causa dell’oscurità a cui erano stati costretti durante il viaggio, e con il cuore che le scoppiava nel petto, riuscì a scorgere solo la figura di un uomo alto e snello. Lui poteva vederla bene, poiché il disimpegno, che si trovava dietro di lei, era illuminato. Poggiato il bicchiere, lui le fece intendere, con un gesto, cosa desiderava che facesse: Oscar si slacciò la mantellina e la fece cadere a terra, rivelando un bellissimo vestito da sera, con alcuni gioielli che le scintillavano ai polsi, sul petto e tra i capelli, raccolti e sistemati come al ballo. Fatti pochi passi, l’uomo l’abbracciò e la baciò; colta di sorpresa, lei non poté – o non volle – opporsi a quei gesti: le piaceva il calore di quell’abbraccio, le piaceva il profumo che lui emanava, le piaceva il sapore di quella lingua che si agitava nella sua bocca e che presto si sarebbe intrecciata alla sua per danzare insieme. E le piacevano anche i suoi muscoli, dato che aveva ricambiato l’abbraccio. Si ritrovarono su un letto, lei sotto, lui sopra; la lingua di lui, ora, indugiava sul suo collo, che lei aveva piegato, dopo aver agito sul lobo di un orecchio, mentre la sua mano si era infilata sotto il vestito di lei, ad accarezzarle una coscia. Oscar percepì anche l’erezione di lui premerle sul bacino.
 
Fecero l’amore per tutta la notte: Oscar provò emozioni e sensazioni che non credeva di poter provare e che non sapeva neanche esistessero, di un’intesità tale da sconquassarle l’anima nel profondo. Dapprima lui fu gentile e delicato, ma poi divenne tutto un fuoco, incendiando pure lei: i loro corpi si muovevano all’unisono, in totale simbiosi ed armonia, fino a divenire un tutt’uno. Fecero l’amore come se temessero che il mondo dovesse finire il giorno appresso e che non ci sarebbe stata più occasione di replicare.
Alla fine, felici, soddisfatti ed appagati, crollarono e Morfeo li accolse fra le sue braccia.
 
I primi deboli raggi di sole, all’alba, filtrati dalla finestra, li sorpresero ancora addormentati ed abbracciati: in realtà Oscar, pur avendo gli occhi chiusi e la testa affondata nel petto di lui, non dormiva, ma pensava, avvertendo uno strano malessere. Era stata una notte meravigliosa, perfetta, appagante; lei si era sentita felice… e allora cos’era, adesso, quello strano malessere? Dopo averci pensato un po’, ne comprese l’origine: un inspiegabile senso di colpa verso… André? Perché? In realtà, in quella notte, erano accaduti fatti alquanto strani: mentre faceva l’amore con Fersen, nella sua mente si era materializzato il volto di André; lo aveva pure sognato, dopo che erano stati accolti nella dimora di Morfeo… addirittura le pareva di aver pronunciato il suo nome, durante uno degli amplessi con Fersen. Ma certamente questa circostanza l’aveva solo sognata, perché, se fosse accaduta realmente, Fersen se ne sarebbe accorto e avrebbe reagito male.
Comunque, in quel momento, desiderava solo uscire il più velocemente possibile da quel letto, vestirsi, tornare a casa, farsi un bagno e poi… e poi che cosa? Non lo sapeva neanche lei…
Aprì gli occhi, che ancora faticavano ad abituarsi alla luce, e diede uno sguardo all’intorno, trovando quell’ambiente stranamente familiare; quando i suoi occhi ripresero la totale funzionalità, una consapevolezza le attraversò la mente e, di colpo, la svegliò del tutto:
«Ma… ma questa… questa è la mia stanza! Come può essere possibile?».
Si tirò su, puntando i gomiti sul materasso, e si girò a guardare la persona con cui aveva fatto l’amore, con cui aveva dormito e che ancora dormiva accanto a lei… un solo nome uscì dalle sue labbra:
«André?».
 
Che accadrà ora? Oscar gli butterà le braccia al collo, confessandogli di aver compreso di amarlo e di averlo sempre amato, o gliele butterà per strozzarlo? Lo passerà a fil di spada? Lo metterà alla gogna nella pubblica piazza e lo farà frustare per tutta la mattina?
Lascio a voi lettori la scelta del finale…
 
FINE
 
 
© 2021, The Blue Devil
   
 
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