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Autore: Ciuffettina    04/12/2021    3 recensioni
Michael era orgoglioso della missione affidatagli, lui era un bravo figlio obbediente, desideroso di compiacere suo Padre, tuttavia avrebbe preferito non avere quel mantra sempre nelle orecchie
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Gabriel, Metatron, Michael, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il dietro le quinte della Bibbia'
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Metatron si diresse verso il proprio ufficio riflettendo ad alta voce su come poteva convincere Bezaleel ad aiutarlo dopo che gli aveva detto chiaro e tondo che non aveva bisogno di lui. «Che cosa posso fare? L’unica soluzione è ordinarglielo prima di cominciare a lavorare all’Arca, così avrei i miei poteri intatti, ali spalancate e via all’opera!» disse fra sé. «Sì, sì, farò così! Ah no, non posso, l’Immenso non vuole che io sveli la mia natura angelica… che seccatura!» quando fu raggiunto da Gabriel: «Ehilà Meti! Come mai Paparino ti ha convocato? Voleva essere aggiornato sul numero di martellate che ti sei tirato sulle dita?»
«Sei stato a spiarmi, eh? Chissà come ti sarai divertito! Non hai nessun altro da tormentare? Vola altrove che non è aria» disse scocciato ed entrando nel proprio ufficio.
«A chi devi ordinare di fare che cosa?» domandò Gabriel, entrando dietro di lui. «Potrei aiutarti. Su, su confidati col tuo arcangelo preferito» disse dandogli qualche pacca sulla schiena.
«Tu non sei il mio arcangelo preferito e smettila di toccarmi!» strillò Metatron sottraendosi al suo tocco e sedendosi alla sua scrivania.
«Non dirmi che preferisci Raphael!» disse finto scandalizzato. «Lui non ti fa da arcangelo custode, non conta tutte le martellate sulle tue dita, non vede con quanto amore tratti i tuoi simili, specialmente quelli che cercano di essere gentili con te…»
Gabriel era davvero esasperante: tante volte lo scriba l’aveva fatto cercare senza riuscire a trovarlo e ora, che voleva starsene da solo a riflettere, sembrava che non volesse lasciarlo in pace.
«Non hai qualche pianta di fichi da saccheggiare, qualche cucina umana da depredare?»
«Fammi pensare…» guardò in alto, fingendo di riflettere, «no, non ho niente di meglio da fare. Come va la costruzione dell’Arca? A quanto vedo, non bene».
«Se lo sai, perché me lo chiedi?» sbuffò Metatron.
Per quanto si sforzasse, Gabriel non riusciva proprio a considerare lo scriba divino, un fratello. C’era anche da dire che quel piccoletto, da quando era stato promosso a “Voce di Dio”, aveva fatto ben poco per mostrare sentimenti fraterni verso tutti quanti; tuttavia, aveva deciso di aiutare quel piccolo borioso, anche perché quei capoccioni di Israeliti rischiavano di restare anni nel deserto ad attendere il completamento dell’Arca e degli altri arredi col povero Michael che si faceva venire una crisi isterica dopo l’altra. «Credo di aver capito che vuoi coinvolgere Bezaleel nel progetto e che non sai come domandarglielo. Tranquillo, gli umani sono migliori di quello che ti aspetti e, se tu glielo chiederai con gentilezza, sarà felice di farlo».
«Certo, sarà felice di vedermi umiliato, come te, del resto».
«Perché umiliato?» domandò Gabriel, tirando fuori un fico dalla tunica.
«Perché io non voglio coinvolgerlo! Oggi gli ho detto che sapevo cavarmela benissimo da solo; invece, nostro Padre ha detto che devo farlo quindi domani dovrò elemosinare il suo aiuto. Ma perché l’Onnipotente non mi ha ridato i miei poteri? Gliela finirei in una settimana» sospirò.
«Probabilmente non lo sai, ma gli umani hanno una dote che a qualcuno di noi angeli manca, si chiama “solidarietà”» disse Gabriel, sbocconcellando il fico e scoccandogli un’occhiata, «Bezaleel ti aiuterà non per la gioia di vederti umiliato ma perché è proprio nella loro natura dare una mano a chi ne ha bisogno. Ovviamente, dovrai prima scusarti con lui, scuse sincere, mi raccomando, e dimenticherà in un lampo che l’avevi trattato male».
«Scusarmi?» replicò Metatron indignato. «E per che cosa? Di averlo rimesso al suo posto? Non ho niente di cui scusarmi! Lui dovrà aiutarmi perché è suo dovere! E non mangiare nel mio ufficio, non voglio vedere macchie di fico sul mio tappeto!»
«Attento Meti, c’è già stato un altro angelo, anzi un arcangelo per la precisione, che era convinto di essere nel giusto e com’è andata a finire? Non vorrei che Paparino sia costretto a inventarsi un nuovo soprannome per evitare di nominarti».
«Lui non può cacciarmi! Io sono il Suo Scriba! Lui ha scelto me
«Tu eri soltanto quello più vicino alla Sua porta» gli chiarì Gabriel dandogli le spalle e dirigendosi verso la porta, poi si fermò e si voltò a guardarlo. «È interessante questa tua teoria secondo cui un Essere Onnipotente non possa fare qualcosa… Questo presupporrebbe che non sia onnipotente… interessante, interessante davvero». Uscì.
Metatron rimase a pensare a lungo, assai scontento. Scusarsi? Scusarsi??? Inconcepibile! Lui non aveva mai dovuto scusarsi con nessuno, mai! Era la Voce di Dio, lui, non l’ultimo del coro dei cherubini!
Tuttavia, possibile che quell’arcangelo malriuscito avesse ragione? Ma quando mai!
Eppure, l’Immenso gli aveva ordinato che doveva farsi aiutare da quell’umano… Un’idea si formò nella sua mente: se lui si fosse scusato con Bezaleel ma l’altro l’avesse comunque mandato all’inferno poteva giustificarsi davanti all’Onnipotente dando la colpa a Gabriel per avergli dato un consiglio stupido e poi, in mezzo a quegli umani, lui non era Metatron, la Voce di Dio, ma Ooliab, un oscuro israelita della tribù di Dan; quindi, ufficialmente, non sarebbe stato un angelo a umiliarsi di fronte a un umano, la gerarchia era salva!
 
L’indomani scese sulla terra e alle prime luci dell’alba andò a cercare Bezaleel. «Senti Bezaleel… volevo scu… scu… sarmi per…» le parole gli uscivano a fatica dalla bocca.
Per fortuna l’umano fermò il suo penoso tentativo di umiliarsi. «Sono io che devo scusarmi con te, Ooliab. Mosè mi ha spiegato tutto».
«Ti ha spiegato che cosa?» domandò Metatron preoccupato: il condottiero non poteva, non doveva assolutamente sapere che lui era un angelo.
«Mi ha spiegato che quei progetti glieli ha consegnati Dio in persona quindi, anche se tu volessi, non potresti costruire una scatola più semplice».
Alleluia che l’ha capito!” pensò lo scriba sollevato. «E… e sei ancora disponibile ad aiutarmi?»
«Posso davvero?» domandò con entusiasmo.
«Sono stato autorizzato a farmi aiutare» rispose Metatron, seccato perché aveva dovuto ammettere che non riusciva a farcela da solo.
«Fantastico! Mi metto subito al lavoro!»

 
Dopo qualche giorno, la struttura dell’Arca era pronta, mancava l'oro che la ricoprisse, gli anelli e le statue sul coperchio, ma il più (quello che aveva fatto tanto dannare Metatron) era fatto.
Lo scriba la esaminò, sperando che ci fosse qualche pecca, così forse l’Onnipotente gli avrebbe restituito i suoi poteri ma pareva che non ce ne fossero: il legno era levigato e notò che le assi erano state unite con degli incastri che sembravano la coda di una rondine. «È… è incredibile!»
«Sono felice che vada bene» rispose Bezaleel, sorridendo.
Metatron gli restituì un sorriso stiracchiato, tutto sommato contento che non aveva dovuto costruirla lui. «Quello che mi stupisce di più è che tu abbia voluto aiutarmi ugualmente dopo quello… sì insomma…»
«So che non volevi offendermi, dopo mesi nel deserto è facile che saltino i nervi. Non so come faccia mio zio ad averli ancora a posto. E poi prima finiamo questi oggetti e prima arriviamo alla Terra Promessa, no?» disse battendogli una mano sulla spalla.
Ma che cos’è questa smania degli umani di mettere le mani addosso agli altri?” pensò seccato Metatron. “Non vedo l’ora di tornare in Paradiso!



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Attenzione: al capitolo precedente ho aggiunto un pezzo all'inizio.
   
 
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