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Autore: EleWar    05/12/2021    6 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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… E così eccoci al cap 10. Credo che così veloce ad aggiornare le fic non lo sono stata mai ^.^ merito della mia betatrice flash BrizMariluna (Briz65)
Spero sia di vostro gradimento
GrAzIe
Eleonora

 
 
 
Cap. 10 Private eye
 
Per tutta la giornata seguente Mick stette sempre appiccicato a Ryo, principalmente, e, incidentalmente, a Kaori: con una microcamera sistemata sull’occhiello della solita giacca impeccabile, registrò e documentò tutto del comportamento del suo amico giapponese, fin dalla prima colazione, quando piombò in casa Saeba-Makimura con la scusa di scroccare un caffè.
 
Riprese tutto: quando Ryo, con quel suo distaccato e benevolo atteggiamento, lodò le doti culinarie della socia, la quale si stava ormai lentamente abituando a questo unico lato positivo del grande cambiamento del socio; registrò quando, con tono paternalistico, rimproverò la partner per aver indossato una minigonna troppo pretenziosa per i suoi gusti, e quando, successivamente, lei dovette uscire con quel completo da uomo che tanto l’infagottava facendola sentire, oltre che ridicola, alquanto fuori luogo ovunque andasse.
Mick non si perse nemmeno il momento in cui, entrando al Cat’s Eye, Ryo disdegnò di provare a saltar addosso alla bella Miki, come pure aveva fatto durante tutto il tragitto, da e per il locale, passando per la stazione, di fronte alle sventole che avevano via via incrociato.
 
Un po’ perché, ovvio, aveva un debole per lei, un po’ perché doveva documentare gli umori e l’atteggiamento di Kaori di fronte alle varie circostanze, l’americano si soffermò spesso e volentieri ad immortalare le sue espressioni, le sue smorfie, il suo rivolgere gli occhi al cielo in segno di esasperazione, e soprattutto quella tristezza di fondo che, già da un po’, la caratterizzava.
Così, quando Angel avrebbe fatto vedere a Ryo il frutto del suo lavoro, quella sorta di documentario sul nuovo Ryo, gli avrebbe altresì dimostrato come Kaori non solo soffrisse per lui e per come si comportava con lei, ma che assolutamente neanche lui, di giorno, ricordava i loro trascorsi amorosi notturni.
 
In ogni caso Mick, poco prima di cena, con una scusa li salutò, e quasi Ryo tirò un sospiro di sollievo, sbottando con la socia:
 
“Uff, finalmente se ne è andato! Non ci ha mollato un attimo oggi, sta diventando invadente. E poi non faceva che girarti intorno… Ma cosa avrai di così tanto interessante da attirarlo, nonostante sia felicemente fidanzato?”
 
Pure stavolta Ryo era stato pungente e offensivo, ma Kaori, troppo stanca, non volle ribattere; anche prima se ne sarebbe uscito con una frase del genere, però era il tono che faceva la differenza perché era diverso, ed in un certo senso vi aveva fatto l’abitudine.
 
In ogni caso, continuando a spiarli a distanza, Mick aspettò che i due andassero a letto, e prima che Ryo tentasse una delle sue visite notturne alla bella socia, s’introdusse nell’appartamento.
 
Ryo, che si era coricato presto e subito era stato assalito dagli ormai ricorrenti incubi erotici, si era risvegliato di soprassalto come al solito; e non appena riconquistata un po’ di lucidità, si ricordò delle famose indagini che l’americano avrebbe fatto su di lui.
Quindi si aspettava di trovarlo lì in soggiorno, dove realmente era, e, facendo violenza su sé stesso per non correre da Kaori piuttosto che passare del tempo con quel damerino importuno, si dispose a visionare il resoconto di Mick, preparandosi, inoltre, a farsi grosse risate.
 
Mick aveva portato con sé una sorta di computer portatile e quando le immagini, corredate dall’audio originale, presero a scorrere, Ryo, che già si era avvicinato al monitor con un sorriso sardonico, si fece serio di botto, e si rabbuiò.
Trovava tutto incredibilmente inverosimile, una parodia venuta male di sé stesso e al contrario, e se non fosse stato sicuro che quello che vedeva era realmente lui, e tutti gli altri non figuranti ma i suoi amici di sempre, compresa l’onnipresente Kaori, avrebbe creduto di trovarsi di fronte a dei sosia, dei cloni, che avevano usurpato la sua vita, il suo mondo, per danneggiarlo, metterlo in ridicolo.
 
Come era possibile che lui, Ryo Saeba, il più grande seduttore del Giappone, anzi no, del mondo intero, lo Stallone di Shinjuku, schifasse le donne, anche quelle bellissime?
Che fosse così odioso e pedante da fargli venire l’orticaria solo a guardarsi?
Che avesse quei modi, quelle scappate, che manco suo nonno, posto che se lo fosse ricordato, avrebbe avuto?
Certo, scoprendosi a lodare la cucina di Kaori, notoriamente sopraffina, aveva fatto una cosa buona; solitamente non le dava mai soddisfazione, solo per il piacere di punzecchiarla e farla arrabbiare, ed era uno spasso perché lei ci cadeva sempre.
Ma ora, così come era diventato, la trattava veramente male, e stavolta senza la scusante della presa in giro o dell’ironia, perché lui era disastrosamente serio e convinto di ciò che le diceva.
 
Fu preso da una vertigine.
 
Mille pensieri presero a vorticare violentemente nella sua testa, tanto che dovette sedersi, passandosi una mano fra i capelli.
 
“Ehi, amico, tutto bene?” chiese preoccupato Mick.
 
“Sì-sì…è stato solo un attimo, poi passa” rispose lo sweeper più per rincuorare sé stesso che l’ex-compare, perché in realtà non stava bene per niente, né quelle sensazioni spiacevolissime sembravano destinate a passare, tanto che più ci pensava e più stava male.
 
Cosa gli era preso per comportarsi così?
Cosa gli era successo?
Finalmente qualcuno dei suoi nemici più astuti era riuscito a trovare il modo di neutralizzarlo?
Se non come killer e professionista, almeno era stato capace di screditarlo come playboy, come seduttore, rovinandogli la piazza.
Pensavano così di poterlo indebolire?
Eppure, a ben guardare, l’unica cosa che erano riusciti ad indebolire era il suo rapporto con la socia, che evidentemente stava perdendo progressivamente fiducia in lui, l’affetto, e si stava spegnendo a poco a poco accanto ad un uomo vecchio e legnoso, uno scorbutico misogino che non le dava la giusta considerazione.
Non c’era da stupirsi se, ogni volta che ci provava con Kaori, lei era esitante, all’inizio, ma anche ad un certo punto: doveva combattere con l’incongruenza di un uomo che, se fino a qualche giorno prima l’aveva dileggiata e respinta, ora era arrivato al punto da allontanarla anche fisicamente da lui, e che poi si presentava nel bel mezzo della notte, voglioso e innamorato, a chiedere e dare attenzioni di un certo tipo.
Anche se la volta dopo non si fosse dimenticata di tutto facendo tabula rasa, era comprensibile il suo turbamento, la sua confusione.
Chi non lo sarebbe stato?
 
Ryo si passò stancamente una mano sul viso, sbuffando.
 
Quello era veramente un bel casino.
Ma come aveva fatto a finirci dentro?
 
“E adesso?” gli venne da chiedere, a Mick, a sé stesso, in generale.
 
Ma Mick, più pragmatico, rispose deciso:
 
“Per prima cosa dobbiamo scoprire cosa ti è successo, ricostruire i tuoi movimenti, cosa hai fatto, cosa hai detto, chi hai incontrato negli ultimi, diciamo, quindici giorni. Se hai frequentato locali particolari dove potrebbero averti somministrato una droga strana, e capire quale sia. Non ti viene in mente niente?”
 
“Mmmm, fammi pensare” rispose l’altro; e poi, dopo una pausa: “No, non direi, non mi viene in mente niente. Quindici giorni fa io e Kaori eravamo impegnati in un caso, abbastanza semplice, che ci aveva affibbiato Saeko, e che avevamo accettato solo perché a corto di liquidi e la polizia non voleva, o poteva, occuparsene. Dovevamo smascherare un ciarlatano, che si spacciava per guaritore illuminato e, spillando soldi ai malati, aveva costruito la sua fortuna. Pensa che viveva nei pressi di un tempio, scintoista, se ricordo bene, e per questo riusciva a fregare i numerosi fedeli che andavano lì a pregare, inventandosi cure miracolose, preghiere da recitare durante riti astrusi, cose così. E tutti ci cascavano e pagavano fior fiore di yen. Kaori si era finta malata, lo abbiamo avvicinato, e insomma gira e rigira è stato un gioco da ragazzi scoprire i suoi stupidi trucchetti. Aveva anche dei complici, e tutti li abbiamo consegnati a Saeko. Tutto qui”.
 
“Non è che per caso hai bevuto, o mangiato, qualche intruglio strano preparato dal santone?”
 
“Ma vuoi scherzare??? Erano tutti maleodoranti, con un aspetto orribile. Credo che bisogna essere davvero disperati per credere che robacce del genere ti possano salvare. Ecco perché odio queste persone, per me sono dei criminali, come chi spara e uccide. Approfittarsi così del dolore della povera gente, è da malvagi…. e vanno puniti. Kaori mi ha fermato in tempo, perché avevo già pensato ad una pena esemplare. Ma in fondo è stato giusto così; ci sono schiere di vittime che esigono giustizia, ed è bene che venga tutto fuori al processo, che abbia una risonanza anche mediatica, affinché non ci siano altre persone che si fidino di questa gentaglia”.
 
“Come sempre tutto questo ti fa onore” commentò Mick “però… purtroppo non chiarisce cosa ti sia successo. Non è possibile che il tipo si sia vendicato rifilandoti qualche robaccia delle sue?” domandò infine.
 
“No, lo escludo, e poi non saprei nemmeno come avrebbe potuto fare. Del resto Kaori gli è stata a contatto più di tutti, ma lei apparentemente sta bene…”
 
“È vero” dovette ammettere l’americano, e tacque meditabondo.
 
Poi, dopo una breve pausa, aggiunse:
 
“A proposito, va’ da lei. Potrà anche non ricordare cosa avete fatto ieri notte, ma ti aspetta da una vita e almeno per stanotte rendila felice” e gli sorrise con un misto di incoraggiamento e tristezza; Mick avrebbe sempre avuto, nel suo cuore, un posticino speciale per la dolcissima Kaori Makimura.
 
 
 
 
 
O.o.O
 
 
 
 
Non appena gli fu possibile, Mick si recò al Cat’s Eye per mettere a parte Miki e Falcon delle scoperte fatte e delle informazioni raccolte: lo strano ménage fra Ryo e Kaori, il cambiamento di Ryo che in piena notte si risvegliava apparentemente quello di sempre e anche terribilmente attratto dalla bella socia, l’amnesia della stessa, le riprese video… tutto, insomma.
E se gli sposini si dimostrarono stupiti, o meglio se Miki si dimostrò dapprima stupita e poi felicissima per quella sorta di storia d’amore a metà che stava vivendo la sua migliore amica, entrambi si dissero che dovevano assolutamente scoprire il modo di neutralizzare l’effetto di quella droga, sostanza, qualsiasi cosa fosse, che aveva alterato così la vita di Saeba e, indirettamente, ma manco tanto, quella di Kaori.
 
E se interrogare Ryo sui suoi spostamenti non aveva dato nessuna risposta, Miki pensò bene di ricorrere all’ipnosi e di sottoporvi l’amica: accedendo alla sua memoria inconscia, forse Kaori le avrebbe rivelato particolari che erano sfuggiti a tutti quanti, e che magari erano importanti.
Ma come convincerla?
Le avrebbe permesso di entrare nella sua testa e trovare le risposte che cercavano?
Si sentiva un po’ meschina a ricorrere ad una scusa del genere, ma in fondo era la verità: le avrebbe detto che per guarire Ryo non c’era altro metodo che andare a ritroso nel tempo e scoprire cosa avevano fatto, detto, non detto; quali persone avevano frequentato e da quanti erano stati avvicinati, per trovare il momento esatto in cui lo sweeper aveva assunto quella sostanza sconosciuta che l’aveva trasformato in ciò che era ora.
Miki avrebbe taciuto sul fatto che era a conoscenza dei loro incontri notturni, d'altronde Kaori sembrava dimenticarli appena sveglia, e che diritto aveva lei di parlargliene?
Certo, anche quello era un problema, ma Ryo era al momento più urgente: un problema alla volta, si disse la signora Ijuin, e chissà che, con un po’ di fortuna, trovando il rimedio per Ryo non lo avrebbero trovato anche per Kaori.
 
Quando le fu possibile rimanere da sola con Kaori, senza Ryo tra i piedi – che, per inciso, era ben contento di starle lontano, limitando la loro frequentazione solo ai momenti legati al lavoro vero e proprio – Miki l’avvicinò e, prendendola un po’ alla lontana, le parlò delle sue intenzioni.
Erano presenti anche Falcon e Mick, a sostenere Miki e la sua proposta; tutti uniti per il bene suo e di Ryo.
 
“Cosa? Ryo è stato drogato? E da chi? Quando?” scattò Kaori, non appena udite le parole dell’amica.
 
Lo spettro della Polvere degli Angeli aleggiava sempre sopra i membri della banda, e tutti sapevano quali effetti distruttivi avesse sugli esseri umani.
Se Ryo prima, e Mick poi, potevano ancora raccontarlo, era solo una felice eccezione, e comunque nessuno aveva la sicurezza che i due non avrebbero accusato, più in là negli anni, spiacevoli effetti collaterali e a lunga scadenza.
Come se non bastasse, Kaori amava il suo partner e saperlo in pericolo, anche solo intossicato, o avvelenato, la faceva sragionare.
 
“Calma Kaori, non ti agitare!” cercò di tranquillizzarla l’amica “Hai visto anche tu che Saeba ultimamente si comporta in maniera strana e… insomma io, Umi e Mick siamo convinti che ci sia sotto qualcosa. Lo chiedo anche a te: ricordi se, mentre eravate insieme, Ryo possa aver assunto cibi o bevande in locali particolari, fuori dai soliti giri, o abbia accettato qualcosa offertogli da qualcuno che non conoscevate? Insomma, cose così…”
 
“Mah, che io sappia no…Però io non ho il totale controllo sui suoi appetiti, anche sessuali” e fece una smorfia “Insomma, lo sai com’è. È sempre esagerato, eccessivo nelle cose. Potrebbe benissimo mangiarsi un bue ripieno quando è affamato, o scolarsi un’intera bottiglia di birra senza battere ciglio. Va a capire cosa ha combinato quel debosciato, perennemente affamato di tutto, quando non c’ero, o non appena gli ho voltato le spalle. Riesce sempre a farmela sotto il naso!” concluse stizzita.
 
“Lo so, hai perfettamente ragione. Però… senti, avrei pensato, se per te va bene, di provare ad ipnotizzarti, per ricostruire i vostri spostamenti degli ultimi quindici giorni. Magari salta fuori qualcosa. So che vi siete occupati di quel ciarlatano, come hai detto che si chiamava? Il Maestro del Lago, mi pare di ricordare…” Kaori annuì. “Be’, magari ha trovato il modo di rifilargli qualche intruglio dei suoi, e se ha fatto effetto, allora non era poi quel gran ciarlatano che sembrava!”
 
Kaori, a quella proposta, dapprima s’impensierì: naturalmente timida e restia ad aprirsi volutamente, pensare di farsi controllare mentalmente da qualcun altro la metteva in agitazione; temeva che venissero scoperti i suoi segreti anche se, in questo caso, tutti li sapevano.
La ragazza era un libro aperto, e se gli amici erano a conoscenza dell’amore che provava per il socio in affari, che lo desiderasse ardentemente lo immaginavano, perché l’amore vero ha bisogno anche della fisicità, e lei era una giovane donna, sana e perfettamente normale.
E Ryo, nonostante tutto, era un bellissimo uomo, fascinoso e attraente.
Niente di strano quindi.
Ma Kaori temeva che Miki scavasse a fondo; si convinse solo quando capì che ciò che le proponeva era un modo per cercare di aiutare l’uomo di cui era innamorata e per il quale avrebbe dato la vita.
Se così l’avesse potuto salvare e guarire, si sarebbe sottoposta suo malgrado a questo viaggio nella sua mente inconscia.
Chiese, tuttavia, di poter essere analizzata solo dall’amica senza altri intorno, e Umibozu fu ben contento di smaterializzarsi.
Mick, invece, ne rimase segretamente deluso, poiché aveva abbastanza malizia per desiderare di conoscere a fondo Kaori e i suoi misteri.
 
Rimaste finalmente sole, si diressero in un salottino appartato, nel piano di sopra, a casa di Miki e Falcon. La padrona di casa le offrì una tisana rilassante, e si intrattennero in chiacchiere leggere mentre predisponeva l’angolino che aveva scelto per la seduta.
Spense tutte le luci, tranne una piccola e discreta lampada, che schermò con un tessuto semitrasparente: la luce divenne calda e accogliente, intima, e Miki fece accomodare Kaori su di una comodissima poltrona.
Quando la sweeper disse di essere pronta, l’altra diede il via all’ipnosi.
 
“Cara amica mia, allora, iniziamo con la respirazione: chiudi gli occhi e fai dei bei respiri… così” e le diede l’esempio “Inspira ed espira, benissimo. Ora cerca di liberare la mente… non forzarti, quello no… ma cerca di non pensare a niente… lascia che i pensieri fluiscano senza trattenerli, senza angustiarti, tutto ciò che passa poi va, non preoccuparti di niente… lasciali andare…”
 
La voce di Miki si era fatta calda e suadente, molto più intensa delle altre volte.
Kaori si fidava ciecamente solo di due persone, fondamentalmente: di Ryo e di Miki; ed era sicura che nessuno dei due le avrebbe fatto del male o nociuto in qualsiasi modo.
Ecco perché non oppose resistenza e, nel giro di poco tempo, Miki riuscì a portare l’amica in uno stato di incoscienza attiva, per cui tutti i suoi sensi erano accentuati, nonostante sembrasse profondamente addormentata.
Le tecniche di manipolazione mentale apprese dalla ex-mercenaria sui campi di battaglia, le erano servite più volte per penetrare la mente dei prigionieri e scoprire i punti deboli delle armate nemiche: interi commando si erano mobilitati, seguendo le informazioni estrapolate da Miki ai nemici caduti nelle imboscate tesegli, costretti, loro malgrado, a rivelare notizie preziose.
Nonostante lei fosse comunque una combattente però, non aveva mai usato tali doti per fini malvagi; il nemico, secondo lei, andava affrontato a volto scoperto, in campo e ad armi pari; non avrebbe mai indotto un prigioniero a farsi del male da solo, né a nuocere ad altri, sotto effetto di comandi autoindotti.
 
La mente di Kaori, del resto, era meravigliosa: non c’era spazio per l’odio e il rancore, ma questo Miki lo sapeva già anche senza tentare di sondarla.
L’amica amava tantissimo, forse molto di più perché aveva sofferto parecchio, o forse perché amare era la sua dote innata.
Quando la mercenaria era apparsa all’orizzonte, nonostante avesse dichiarato di voler uccidere Ryo per provare al grande amore della sua vita, Hayato, che era degna di lui, Kaori si era schierata dalla sua parte, l’aveva aiutata a coronare quello che era, a tutti gli effetti, il sogno d’amore della bella combattente.
 
In ogni caso una sorta di pudore, spingeva Miki a fare domande precise e dirette, tralasciando di indugiare sui sentimenti o sulle impressioni della ragazza e concentrandosi sugli eventi, alla ricerca della causa dell’avvelenamento di Ryo, però ciò che più le interessava.
Erano andate a ritroso nel tempo: più che altro Miki aveva voluto sapere come si fosse svolto il famoso caso del ciarlatano del tempio, e Kaori, pazientemente, le aveva esposto tutta la storia.
La memoria di Kaori era normalmente prodigiosa, ma qui dimostrava di essere una vera sweeper, perché le spiegò con dovizia di particolari come lei e Ryo avessero congegnato il piano e come l’avessero messo in pratica.
Secondo la sua ricostruzione però, né Kaori, né tantomeno Ryo, avevano assunto sostanze di dubbia provenienza o cibi strani, nemmeno durante le lunghe ore passate dentro e fuori dal tempio.
A sentir Kaori, strano ma vero, quei due formidabili mangioni non si erano cibati affatto se non a cose fatte, o di sera tardi a casa loro: evidentemente quando lavoravano riuscivano ad andare oltre a tutti i bisogni fisiologici, e questo faceva di loro dei professionisti in gamba.
 
Miki stava giusto perdendo le speranze quando Kaori, al termine del racconto, corrugò la fronte, perplessa, come se fosse sul punto di ricordarsi qualcosa di importante, ma che le sfuggiva.
 
“Dimmi, Kaori” chiese conciliante Miki, che parlando si alternava all’amica, guidandola passo passo durante la ricostruzione degli eventi “cosa c’è che non va?”
 
“Niente, ma… ho come il sentore di una nota sbagliata…”
 
La signora Ijuin capì subito che c’era qualcosa da sapere sul dopo-caso, pertanto spinse l’amica a ricordare:
 
“Cosa avete fatto tu e Ryo, dopo aver consegnato i malfattori alla polizia?”
 
“Mmm, semplice” rispose la ragazza “visto che non eravamo stanchi, e il tempio in cui ci trovavamo era davvero bello e monumentale, pensammo di farci un giro, tanto più che fuori era caldissimo e lì si stava veramente bene al fresco. Ricordo che, come al solito, ci mettemmo a bisticciare per qualche sciocchezza… io lo so che lui fa apposta, quando fa così, ma è più forte di me, ci cado sempre, cedo alle sue provocazioni e non gliene passo una” e dicendolo fece spallucce, sempre restando ad occhi chiusi.
 
Miki sorrise benevola: Kaori era la sincerità fatta persona.
Ma non disse niente, aspettò che l’altra ripartisse spontaneamente.
 
“Ad un certo punto Ryo era assetato e, vedendo una fonte invitante, si precipitò per bere e, non contento, ci tuffò la testa dentro. All’improvviso sbucò fuori un monaco, chissà da dove, che lo prese a male parole dicendo che era uno scellerato, un empio, e che quella era l’acqua sacra destinata alle abluzioni rituali. Era così minaccioso che ci costrinse a darcela a gambe, e quello giù a sbraitare che lì era proibito correre… lo era anche urlare, se è per questo, ma evidentemente la regola non vale per i bonzi, eh eh eh eh” ridacchiò in chiusura.
 
“Comunque sia” riprese “effettivamente come ci muovevamo ci muovevamo male, ma il peggio doveva ancora venire. Quell’idiota di un porcello appena vide una bellissima sacerdotessa in un angolo appartato del tempio intenta a pregare, pensò bene di saltarle addosso. Fu così veloce quel bastardo, che non feci nemmeno in tempo a fermarlo con uno dei miei martelli! Per fortuna la donna gli assestò un potente destro in piena faccia un secondo prima che approdasse su di lei. Davvero strabiliante, ammirabili i suoi riflessi. Ma ovvio, Ryo non si era dato per vinto, e ripresosi aveva tentato di nuovo di molestarla, avvinghiandosi a lei; a quel punto però, una bella punizione non gliel’ha levata nessuno, e l’ho sprofondato sotto un bel martello” e sorrise evidentemente soddisfatta, sempre restando ad occhi chiusi.
 
“E poi…” ma qui il ricordo si era fatto confuso e stentava a ritrovare il filo.
 
“E poi?” l’incoraggiò Miki.
 
“Mmm… Ryo mi ha insultata, come fa sempre, con i soliti epiteti: mezzo uomo, travestito…cose così, non ricordo… E la sacerdotessa, ergendosi per tutta la sua altezza, e brandendo la bacchetta degli esorcismi, ha detto qualcosa a riguardo di una maledizione: che lui era un sacrilego, qualcosa del genere… ma io ero piena di vergogna, di fronte ai danni che aveva fatto Ryo. Lo afferrai per la giacca e cercai di trascinarlo fuori da lì e dal tempio, altrimenti saremmo stati cacciati o peggio… e insomma, avevamo già portato sufficiente scompiglio” e la sua fronte si corrugò in un’espressione di profondo rammarico e disagio.
 
“Ricordi altro?” provò a sapere l’amica.
 
“No, niente di particolare, oltre al fatto che abbiamo rapidamente raggiunto la macchina al parcheggio e poi siamo tornati a casa stanchi e affamati. Doccia, cena, a letto presto. Strano per Ryo, quello sì, ma non per me”.
 
Sembrava che non ci fosse più altro da sapere e Miki decise che era abbastanza.
Riportò lentamente indietro Kaori dalla sua regressione, e quando ritornò in sé le chiese se si era accorta di niente; l’amica scosse la testa, si sgranchì leggermente e chiese:
 
“Allora? È venuto fuori qualcosa di buono?”
 
“Credo proprio di sì, ma è solo un abbozzo d’idea, da verificare” e le sorrise ammiccando.
 
   
 
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