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Autore: Sia_    05/12/2021    1 recensioni
| A VigilanzaCostante |
“Questo casino non è colpa mia” ribatte Pansy, impegnata a limare l’unghia dell’indice destro.
“Signorine, se siete qui in punizione è colpa di entrambe.” La professa Burbage le silenzia a voce alta: l’occhio le è caduto sulle due studentesse al primo banco. “Prima finirete quel puzzle, prima potrete smetterla di incolparvi a vicenda. Su, al lavoro.”
“Ma sono diecimila pezzi, non lo finiremo mai.”
[Storia partecipante alla challenge "Tre tiri di dado" organizzata da Sia su Forum di "Ferisce un po' la penna"]
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Charity Burbage, Ginny Weasley, Pansy Parkinson | Coppie: Ginny/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Di domatrici di serpi, pezzi scomparsi e orecchini a forma di zanna


A Mati, tanti auguri di buon compleanno.
Ti voglio bene 

 

Ginny rompe il silenzio che si è venuto a creare nell’aula di Babbanologia. “É colpa tua! sentenzia acida, infilando la testa nella scatola di cartone per cercare un pezzo che deve essere sfuggito ad entrambe. 

“Questo casino non è colpa mia” ribatte Pansy, impegnata a limare l’unghia dell’indice destro. 

“Signorine, se siete qui in punizione è colpa di entrambe.” La professa Burbage le silenzia a voce alta: l’occhio le è caduto sulle due studentesse al primo banco. “Prima finirete quel puzzle, prima potrete smetterla di incolparvi a vicenda. Su, al lavoro.” 

“Ma sono diecimila pezzi, non lo finiremo mai.” Ginny si affloscia sulla sedia e le ciocche di capelli rossi, osserva Pansy, scappano dal suo viso. Così lo può studiare bene, si accorge della forma della mascella e delle lentiggini che si sono venute a posare persino vicino alle orecchie della ragazza. Le stanno bene però. 

La professoressa Burbage sorride e torna a correggere i temi dei primini. “Sono i più divertenti, non trovate anche voi?” 

 

Pansy non lo trova divertente, ma fa il possibile affinché la punizione finisca prima. E il suo possibile è appoggiare il mento al palmo e giocare con un pezzo di puzzle verdognolo. Le piace quel colore, le ricorda la Sala Comune dove vorrebbe tanto stare. 

“Mettilo nella pila dei verdi.” Ginny è intenta a smistare il viola. È stata lei a suggerire di dividerli per sfumature, ricordando un vecchio consiglio di suo padre. 

“Ci sto giocando.” 

La più giovane alza un sopracciglio e la squadra, mentre il polso rimane a mezz'aria. Pansy ha modo di osservare le lentiggini che riempiono il braccio di Ginny e poi le unghie un po’ mangiucchiate della mano. Sono tutte rovinate, tipico di una che non riesce a pensare a niente se non al Quidditch. 

“Allora smettila di giocarci” le suggerisce con una smorfia arrabbiata. 

La Serpeverde sorride, ammette che è persino divertente vedere l’altra tutta arrabbiata. È per quel motivo che adesso sono chiuse nell’aula di Babbanologia a comporre uno stupido puzzle. “Sei così noiosa” dice poi, alzando gli occhi al cielo e rilanciando il pezzo verde in mezzo al mucchio di quelli non ancora divisi. 

“Tu sì che sei divertente, invece” le risponde a tono Ginny, prendendo una manciata di quadratini per cercare quelli violetti. 

Pansy alza l’angolo sinistro della bocca e una strana luce le riempie gli occhi. “Cosa mi rende così divertente?” 

“Ero ironica.” Taglia corto Ginny, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e scoprendo un piccolo orecchino a forma di zanna di drago. Gliel’ha regalato Bill e lei lo tiene sempre con sé per ricordarsi che in fondo i Weasley non sono poi così lontani. Casa è a due passi se chiude gli occhi. La più piccola si accorge che Pansy non risponde ed è costretta ad alzare su di lei le pupille. “Cosa c’è? Ti ho ferito adesso? Credevo che non ce l’avessi mica un cuore.”

“Credevi bene.” Si limita a dire la Serpeverde, spostando lo sguardo dall’orecchino e, di conseguenza, allontanando la vista anche dalla linea della mascella e del collo di Ginny. S’è fatta più bella dei suoi fratelli, si ritrova a pensare. Incredibilmente bella. 

“Allora mettiti a lavorare, mi piacerebbe tornare in Sala Comune il prima possibile. Lì le persone un cuore ce l’hanno.” 

Pansy sorride maligna ora, ripescando il pezzo di puzzle verde dal mucchio. “Harry Potter ce l’ha?” 

 

La professa Burbage le lascia andare alle ventitré precise, quando loro sono arrivate a mettere insieme circa un centinaio di pezzi. La promessa, che alle orecchie di Ginny suona tanto come una minaccia, è quella di tornare ogni sera finché non avranno finito l’intero puzzle. Poco serve a dirle che ci si potrebbe mettere anche otto mesi con l’aiuto di Pansy, perché Charity è irremovibile e le spinge fuori dall’aula con un largo sorriso. 

Pazze. Le persone a cui piacciono le cose babbane sono pazze.” Sentenzia la Serpeverde, lisciandosi la gonna nera e piegandosi poi verso il basso per tirare fino alla coscia una delle sue calze nere. 

“A mio padre piacciono e non è pazzo.” 

Pansy si mette a ridere e sposta le mani dalla gamba alla pancia, “Ti prego, Weasley, smettila di renderti ridicola.” 

Ginny arriccia il naso, punta i piedi e poi prende la decisione di andare a letto senza salutarla. “Così ti rendi solo più antipatica” le urla dietro l’altra. Poi l’urlo diventa un eco e la Grifondoro non sente più nulla. 

 

La sera dopo la situazione non cambia: Ginny tiene serrate le labbra e passa e dal violetto al blu cobalto. Pansy rimane a torturare il suo pezzo verde, “Morirò di noia.” 

La più giovane non la degna d'uno sguardo e lei alza gli occhi al cielo, infastidita. Appoggia poi il mento al banco e si incanta a guardare la fiamma della lampadina che va a destra e poi a sinistra a causa di uno spiffero d’aria. Come vorrebbe essere lei quell’aria per scappare via, per sentirsi meno ingombrante. “Sei arrabbiata?” domanda poi, mentre sta ancora studiando il movimento del fuoco. Non riceve risposta. “Weasley, io mi sto sforzando per…” 

“Sono arrabbiata, .” 

Pansy ha fatto arrabbiare un sacco di persone nella sua vita. Prima di tutto i suoi genitori e poi i professori e alla fine Draco. Il compagno di classe è quello che più se la prende, mentre Blaise solitamente alza le spalle e gira il capo dall’altra parte quando qualcosa lo infastidisce. “Perché non mi urli contro, allora?” chiede ancora, “Almeno la risolviamo e la smetti di essere così noiosa.” Può sentire il tintinnio dell’orecchino a forma di zanna, mentre la giovane scuote il capo. 

“Guarda che non funziona così.” Ginny adesso le sorride – deve provare pena per lei – e la smette di nascondere il naso in mezzo a quella distesa blu. “Funziona che mi devi chiedere scusa.” 

“Per?” 

“Per mio papà, lui non è pazzo” le dice, tirando su i capelli in una coda alta e scoprendo il prezioso gioiello. 

“Chi te l’ha regalato?” domanda presto Pansy, dimenticandosi dell’ultimo patto, ma aggiungendo uno scusa appena sussurrato quando s’accorge che Ginny non le vuole confessare niente. 

“Mio fratello Bill, ne ha uno simile anche lui: in questo modo è come se fosse sempre con me.” non le dice che il bracciatello di pelle ha una simile storia, ma che la lega a Charlie invece e che deve fare molta più fatica per accorciare le distanze tra l’Inghilterra e la Romania. 

Pansy appoggia un piccolo pezzo verde nel mucchio dello stesso colore e poi ne cerca altri in quelli ancora da smistare. “Ti sta bene.” Aggiunge alla fine, senza alzare la vista: non vuole sapere se Ginny sta sorridendo. 

 

La professa Burbage le lascia andare alle ventitré precise, quando loro sono arrivate a mettere insieme circa un migliaio di pezzi e hanno finito di smistare tutti i colori. Questa volta Ginny e Pansy sorridono, augurano la buonanotte a Charity e si chiudono da sole la porta alle spalle. 

“È stato divertente.” Ammette la Serpeverde, scrollando il capo e portandosi dietro tutto il caschetto nero. L’altra nota, in quel preciso istante, quanto quel taglio le doni: le accentua il volto e la linea sottile della mascella. 

“Mantieni questo entusiasmo ancora un paio di sere e saremo libere davvero.” Libere

Pansy alza l’angolo della bocca e inforca la via per tornare in Sala Grande. “Quanto sei noiosa, Weasley.” 

 

Ginny si prende il compito di riempire il lato sinistro del puzzle, mentre Pansy sceglie il destro: lo trova dominante, le dà l’idea di essere in vantaggio. Forse è un tentativo di nascondere il suo essere tanto impacciata con i puzzle. “Non si incastra niente!” sbotta ad un certo punto, appoggiando la schiena alla sedia e lasciando pendere le braccia nel vuoto. 

Ginny alza lo sguardo su di lei, abbastanza in fretta per osservare una cioccia della frangetta di Pansy cadere di lato. Le sorride e si sporge per guardare che sta combinando. “Ovvio che non si incastra, non vedi che questo è tondo?” le chiede, stringendo uno dei pezzi tra il pollice e l’indice. 

Pansy la studia con l’angolo di un occhio e sforza gli addominali per tornare su. Appena ci arriva, appoggia le dita sui lati del pezzo e sfiora anche la pelle di Ginny. Non rompe il contatto nemmeno quando va a cercare le iridi dell’altra e ci si specchia. 

“È come fare due più due.” Continua la Weasley imperterrita, sembra non accorgersi di quello che sta accadendo lì al tavolo. 

“Non sono mai stata brava in Artimanzia.” 

“C’è qualcosa in cui sei brava?” L’apostrofa Ginny con un sorriso, inclinando la mano per permettere alle dita della Serpeverde di scendere verso il suo polso. 

Pansy ride e scrolla un po’ il capo: non s’accorge che assomiglia tanto alla fiamma spinta dal vento così. E non s’accorge nemmeno d’essere lo spiffero d’aria, mentre studia e s’adagia sulla pelle diafana dell’altra. “Sono brava ad essere ingombrante.” 

 

La professa Burbage le lascia andare alle ventitré precise, quando loro sono arrivate a mettere insieme più della metà dei pezzi: concordano tutte e tre insieme che finalmente si riesce a capire quale sia il disegno che stanno componendo. 

“Ci vediamo domani allora, dovrebbe anche essere l’ultima volta.” Le incoraggia Charity, saggiando la consistenza del pavimento con due piccoli saltini entusiasti. Ha già intenzione di appendere il puzzle nella sua camera. 

Pansy si sbottona la camicia e allarga la cravatta appena esce dall’aula. “Concorderai con me, almeno, che lei è pazza.” 

Ginny sorride e s’avvia verso la Sala Comune dei Grifondoro, “Come sei noiosa, Parkinson!” 

 

Pansy apre la scatola, la ribalta e poi la scrolla nell’aula. “Non c’è!” dice tragica.

Come non c’è?” 

La Serpeverde la guarda, ha sul viso un'espressione un po’ isterica, “Come non c’è? Nel senso di non esserci, non esistere, è sparito.” La professoressa Burbage non è in aula, è andata a portare qualcosa a Severus Piton e non si è ancora accorta dell'inconveniente.

Ginny si abbassa per guardare sotto il tavolo, una mossa che ritiene poi alquanto inutile: se hanno perso l’ultimo pezzo del puzzle nei giorni passati, è impossibile trovarlo. Troppe lezioni, troppe pulizie. 

“Perché hai fatto in modo che ci giocassi?” le chiede Pansy, appoggiando la scatola al banco con poca delicatezza. 

“Eri intrattabile!” 

La Serpeverde piega le labbra, “Sono sempre intrattabile.” Ginny fa per dirle che non è poi vero, ma viene interrotta dal rumore della porta e dai passi di Charity. La professoressa è raggiante, veste il suo miglior vestito. 

“Oh, siete ancora qui?” domanda incredula e alle due studentesse sorge il dubbio che si fosse dimenticata completamente di loro. 

“Ecco Professoressa…” si impegna a dire Ginny, alzandosi dalla seduta, ma viene interrotta dalla voce di Pansy, che è un po’ più alta e decisa della sua. 

“Ho perso un pezzo e non possiamo portare a termine la nostra punizione,” comincia fiera, “è tutta colpa mia, Ginevra Weasley non ha niente a che fare con il mio errore e la pregherei di punire solo me di nuovo e lasciarla libera.” 

“Punirla di nuovo?” la Professoressa Burbage sorride, appoggia la parte bassa della schiena alla cattedra e incrocia le braccia al petto. “Mia cara, quel pezzo l’ho tolto io prima di darvi la scatola del puzzle.”

“Se non avessimo detto niente, non avremmo mai potuto finirlo” Nota Ginny, piuttosto irritata. 

Charity sorride, con la bacchetta richiama il pezzo verdognolo e lo inserisce nell’ultimo buco mancante, “Ma avete confessato subito e non è da tutti: ho visto studenti attendere almeno due settimane prima di ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato.” Pansy boccheggia, finalmente qualcuno le ha tolto le parole di bocca. 

“E ora su, a letto! Non vorrei mai che la McGranitt si arrabbiasse con me per avervi tenuto in piedi fino a colazione!” 

 

Ginny rompe il silenzio impacciato che si è venuto a creare tra lei e Pansy. Si mette a ridere nel bel mezzo del corridoio e si appoggia al muro per evitare di cadere. “Hai ragione, è pazza.” Sentenzia, asciugandosi una lacrima. Gli addominali cominciano a farle male e vorrebbe smetterla di ridere, ma anche Pansy si fa contagiare ed è impossibile fermarsi. 

È bello così. È bello quando Ginny non è noiosa e quando la Serpeverde non è intrattabile. 

“Non avresti dovuto prenderti tutta la colpa.” dice poi, quando finalmente riesce a respirare. 

Pansy scrolla le spalle, “Il tuo coraggio da Grifondoro deve avermi infettato per via aerea.” Risponde prontamente, sistemandosi le maniche della camicia e portandole ai gomiti. 

“Ti dona la mia malattia.” 

“È un vero peccato che non sia stata io a installarti un po’ di veleno di serpe.” Pensa che se anche Ginny non avesse un cuore, allora non penserebbe a quello di Harry. 

Weasley piega il capo e alza l’angolo della bocca, “Sono una domatrice di serpenti, è impossibile che tu possa avvelenarmi” dice sicura di sé. “Ti lascerò provare comunque se vuoi.” 

È bello così. È bello quando Ginny tira fuori lo stesso spirito che ha sul campo da Quidditch e quando la Serpeverde è ingombrante. 

“Allora ci vediamo presto.” Pansy s’allontana, diretta verso la propria Sala Comune. “Vedi di non tornare noiosa nel giro di una notte, non lo sopporterei.” Ginny sorride, non vede l’ora che sia domani. 

 


Storia partecipante alla challenge "Tre tiri di dado" organizzata da Sia su Forum di "Ferisce un po' la penna". Lascio qui il prompt:
 

Personaggi: Ginny, Pansy

Scenario: Persona A e persona B finiscono un puzzle dopo giorni di lavoro, solo per rendersi conto che manca un pezzo.

Avvertimento (facoltativo): Enemies to lovers

   
 
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