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Autore: FairyCleo    06/12/2021    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tre padri
 
Era finita?
Era realmente finita?
Vegeta, Re Kaioh e la strega Baba avevano assistito alla scena dalla superficie lucida e nitida della sfera di cristallo: una serie di mosse micidiali avevano trovato il culmine in quell’esplosione di energia che aveva fatto tremare persino il piccolo pianeta su cui si trovavano.
Poi, il nulla.
 
Il principe dei saiyan aveva avuto bisogno di un momento per elaborare passo dopo passo quello che aveva visto come semplice spettatore, e non era certo di essere riuscito a venirne a capo.
Il vecchio pervertito aveva sfoderato una potenza e un’agilità che non pensava potessero appartenergli. Che avesse sempre nascosto qualcosa lo aveva sospettato sin dall’inizio, ma quello era veramente troppo anche per uno come lui. Cosa c’era sotto? Perché non aveva mai mostrato a nessuno le sue reali capacità? Vegeta era certo che neppure la vecchia e il re mentecatto fossero a conoscenza di quello straordinario potere, era sicuro che non ne avesse idea neppure quel decerebrato di Kaharot.
Già… Kaharot. Quanto gli aveva fatto male vederlo spazzare via non avrebbe saputo spiegarlo. Non perché gli importasse qualcosa di lui, ovviamente: il suo astio nei riguardi dell’idiota di terza classe era risaputo, ma in quel caso c’era ben altro a esser entrato in gioco. L’orgoglio saiyan di cui il principe era tronfio gemeva per le ferite riportare. Il decerebrato si era fatto manovrare come un imbecille da qualsiasi cosa si trovasse in quel maledetto quaderno, e non solo non era riuscito a reagire come avrebbe dovuto, facendosi battere in quello scontro mentale, ma si era anche fatto battere fisicamente da un essere umano, anche se non si trattava di un umano comune. Certo, aveva visto benissimo la sagoma evanescente dai capelli a palma comparire all’improvviso accanto alla sua fotocopia in carne e ossa, ma non riusciva ad accettare in ogni caso di aver assistito alla sua sconfitta. Perché sì, anche quello era uno dei problemi: era stato un altro a sconfiggere l’idiota e non lui.
 
“Tsk! So che non dovrei pensare a queste cose, adesso, ma proprio non riesco a non ribollire di rabbia! Sembra sempre che siano tutti un passo avanti a me, dannazione! Il vecchio ha sconfitto Kaharot e non io! Quel vecchio! Io… Io… Bah! Sta di fatto che la cosa mi puzza, e non poco… Quel mostro ha fatto tutto questo casino per poi arrendersi così? Le cose non tornano… Per niente!”.
 
“Non riesco… Non riesco a crederci… Genio ha-ha…”.
“MIO FRATELLO NON C’É PIÚ!”.
 
Il lamento disperato dell’anziana Baba aveva fatto sì che re Kaioh lasciasse in sospeso quel suo ragionamento fin troppo evidente. La donna era disperata, il suo viso si era mutato in una maschera di dolore, un dolore acuto, profondo, incapace di placarsi. Gli occhi grondavano lacrime amare, di delusione, sconfitta, perdita e rabbia, e a niente era servito nascondersi tra le ampie maniche della sua tunica nera. Sembrava che nulla avrebbe mai potuto porre fine a quel tormento.
Perdere suo fratello era stato come perdere un pezzo di sé. Erano cresciuti insieme, avevano vissuto centinaia di anni con la consapevolezza che l’altro ci sarebbe sempre stato, e sapere di non poter più fare affidamento su una parte del proprio cuore era stato devastante anche per lei che, solitamente, stentava a mostrare emozioni e affetto.
Genio si era sacrificato per il bene dell’intero pianeta. Suo fratello aveva pagato con la sua stessa vita lo scotto di un errore compiuto in gioventù e lei non lo avrebbe mai più rivisto. Mai più.
 
“Si è- si è sacrificato per noi! Per salvarci! Non posso credere che non ci sia più! Non posso, non voglio, io…”.
“TSK! MA LA VUOI PIANTARE!” – delicato come al solito, Vegeta aveva interrotto quello che per lui non era altro se non uno strazio per i suoi regali timpani – “Per la miseria! Se ha davvero sconfitto quella mostruosità significa che il Supremo è tornato dove sarebbe sempre dovuto stare e che possiamo usare le sfere del drago per riportare in vita quel vecchio pervertito! Per cui… TSK! Dovrà darmi un po’ d spiegazioni al suo ritorno, o giuro che lo rispedisco da dove è venuto!”.
 
Il lungo momento di silenzio che aveva seguito il trambusto di poco prima sembrava essere servito: a Baba per ritornare in sé e ricordare che c’è una soluzione a tutto – sì, anche alla morte, evidentemente – e a re Kaioh per portare a termine le sue infinite elucubrazioni.
 
“Il punto è proprio questo, ragazzo: ha sconfitto per davvero quella creatura?”.
“Re Kaioh, ma cosa dice? Ha visto con i suoi stessi occhi il momento in cui mio fratello ha posto fine alla sua vita! Perché ha questi dubbi?”.
“Ecco, vedi, Baba, se fosse davvero come pensiamo, a questo punto le cose sarebbero dovute tornare così come sono sempre state, non trovi?”.
“In che senso?”.
“Prova a visualizzare quella che era la città dell’Ovest… Cosa vedi, lì?”.
 
Aveva avuto bisogno di qualche istante per “sintonizzarsi” sul luogo richiesto e far sì che le immagini prendessero forma e vita al di là delle lucidissime pareti della sfera.
Non aveva ancora ben capito dove il sovrano dell’Ovest volesse andare a parare, ma, dopo un paio di minuti trascorsi a ingrandire e rimpicciolire ciò che aveva chiesto di vedere, dopo una vera e propria prospettiva a volo di uccello sul panorama circostante, aveva finalmente raggiunto l’Epifania, comprendendo cosa c’era dietro quella richiesta.
 
“Tutto è identico a prima… Non è cambiato niente… Niente”.
“Proprio così…”.
“TSK! Ma andiamo! Io sono rinvigorito non appena mi sono allontanato dal decerebrato e da quello stupido quaderno ma ancora non ho riacquistato pieni poteri. Volete davvero farmi credere che sarebbe tornato tutto come prima in meno di un minuto? Che Bulma. Chichi e gli altri sarebbero ritornati a esistere immediatamente? Ma che idiozia…”.
“Il punto è proprio questo ragazzo: era quello che doveva succedere, e non è successo. E poi, non dirmi che tu non hai percepito nulla di strano, che anche tu non hai una sensazione, nel profondo del tuo cuore, che non riesci a comprendere, a cui non riesci a dare un nome”.
 
Lo aveva guardato con quei suoi piccoli occhietti, facendolo sentire microscopico e nudo come un verme. Come faceva quel nanerottolo a sapere a cosa stesse pensando, cosa stesse provando?
 
“Tsk!” – si era limitato a dire, incrociando le braccia al petto, indignato. Odiava essere continuamento sotto esame. Odiava tutta quell’empatia, tutto quel mistero. Odiava tutti!
“Ma questo cosa vuol dire?” – aveva chiesto Baba, ingenuamente.
“Temo che non sia finita, amica mia. Temo che quella creatura esista ancora, da qualche parte, e che possa ritornare. E credo che questo, purtroppo, lo temesse anche tuo fratello.
 
*
 
Fluttuava.
Era la prima cosa di cui si era reso conto non appena aveva ripreso conoscenza, questo ancor prima di aver riaperto gli occhi e aver compreso di essere nel bel mezzo del nulla cosmico, un nulla fatto di pece nera e densa che lo circondava.
Aveva provato a sollevare un braccio, ma muoversi all’interno di quell’oscurità sembrava un’impresa titanica anche per lui che, poco prima, aveva sconfitto il suo più antico nemico.
La fine della sua vita era dunque giunta, a quanto sembrava.
Era morto, morto per davvero, e forse – a causa dei mezzucci che aveva usato per mantenersi in vita – era stato punito in quel modo così singolare.
La sua destinazione era stata scelta con cura da chi lo osservava da anni, evidentemente. A chi sarebbe mai venuto in mente di punirlo in quel modo, altrimenti? Lui, che da secoli aveva beffato la morte, adesso si trovava avvolto dal suo manto lugubre e putrido, non di certo il miglior posto dove trascorrere l’eternità.
 
“Mi sta bene” – si era detto, ridendo beffardo – “Mi sta benissimo! Avrei dovuto fare quello che ho fatto all’epoca, non avrei dovuto giocare a ingannare la dea con la falce e non avrei dovuto fare quello che ho fatto al mio povero Goku. Quel ragazzo avrà mai la forza di perdonarmi?”.
 
Era strano sapere di essere morti, di non esistere più come entità fisica fatta di carne, ossa e tutto quello che caratterizza gli esseri viventi. Era strano sapere di non avere più un corpo, di non sentire più lo stimolo della fame, della sete, di non poter più camminare, ridere, di non poter più sentire il tepore del sole sulla pelle, il fresco dell’acqua del mare che sfiora le membra stanche; era strano sapere di non poter più sbirciare sotto le gonne delle generose fanciulle dalle forme procaci, e di non potersi più deliziare con le immagini a colori delle sue riviste per adulti preferite. Era strano sapere di non esistere più.
Eppure, se la sua vita era realmente giunta al capolinea, perché avvertiva quella strana sensazione di dolore che dilaniava membra e anima?
 
“Non hai più un corpo, vecchio volpone… Come fai a sentire le ossa a pezzi?”.
 
Se lo era chiesto più e più volte, ma non era riuscito a darsi una risposta concreta. Sperare sarebbe stato un errore, sarebbe stato come credere all’esistenza degli asini volanti. Ormai, tutto era finito. Tutto. Per sua fortuna, e per quella dell’universo intero.
Ma, ora che aveva tutta l’eternità davanti, ora che aveva davvero tutto il tempo disponibile per potersi fermare a riflettere, Genio si rendeva conto di aver capito veramente molto poco di tutto quello che era successo dal giorno dell’esplosione e, prima ancora, dal giorno del tradimento del suo pupillo.
Perché aveva agito in quel modo? D’accordo le manie di supremazia, d’accordo la ricerca disperata di vendetta, ma cosa aveva realmente spinto un ragazzino prodigio a comportarsi come il peggiore dei criminali? Qual era la vera ragione che lo aveva spinto a portare il mondo sull’orlo della rovina?
Punizione peggiore non poteva essergli assegnata: trascorrere l’eternità a logorarsi, a pensare e ripensare agli errori commessi, ai rimpianti, ai rimorsi. Eppure, Genio sapeva che stava esagerando, perché tutto era finito e la Terra era salva, perché tutto era finito e le cose erano tornate al loro posto. Forse, se non fosse trascorso troppo tempo, i suoi amici sulla Terra avrebbero anche potuto decidersi di radunare le sfere del drago e ridare la vita al povero, ingenuo Goku. Sì, era proprio quello il punto: Genio non desiderava di tornare a camminare da vivo nel mondo dei vivi. Non era questo quello che voleva. Il suo più grande sogno era che il suo miglior allievo potesse avere un’altra possibilità, che Goku tornasse da sua moglie e dai suoi figli, in attesa di avere indietro quell’amore smisurato che meritava e di ricevere tutte le attenzioni che non aveva ancora ricevuto. La Terra aveva bisogno del suo eroe più grande, ma soprattutto, ne aveva bisogno la sua famiglia.
Sì, Goku sarebbe tornato indietro. Goku avrebbe riabbracciato i suoi cari. Se esisteva davvero una giustizia divina, quale momento migliore poteva esserci se non quello per manifestarsi?
 
“Sì… Tornerai a casa, ragazzo mio. Il Paradiso può attenderti. Chi ti ama, invece, no”.
 
Sperava con tutto il suo cuore che la forza di quella preghiera silenziosa raggiungesse chi di dovuto. Il prezzo di quell’errore era già stato sufficientemente ripagato.
 
“Vorrei solo sapere dove sei, adesso… Vorrei vederti sorridere di nuovo e…”.
“Ti odio”.
 
In un primo momento, aveva creduto di aver sognato. Poi, dopo un momento di sgomento, aveva ritrovato la fermezza che lo contraddistingueva e si era concentrato per capire da dove provenisse quella voce fin troppo familiare. Era certo di aver sentito una goccia di sudore freddo colare lungo il collo (com’era possibile, se era morto?). Come poteva essere? Come poteva, se quello era il suo inferno personale? Se quella tortura era stata escogitata appositamente per lui?
 
“Ti odio”.
 
Aveva dovuto raccogliere tutte le energie che aveva in corpo per trovare la forza di “mettersi seduto” e guardare. E, quando lo aveva fatto, avrebbe desiderato di non averlo mai fatto.
Goku, il suo pupillo, giaceva a mezz’aria, addormentato, anch’egli stretto nella morsa di quell’oscurità che li avvolgeva ma in cui riusciva ugualmente a scorgere ciò che non voleva, e lì, su di lui, in piedi, incombeva la figura iraconda di quel fantasma del passato che era tornato per tormentarlo e che continuava a tremare di rabbia.
 
“Tu…” – non riusciva a parlare. Perché stava succedendo tutto quello? Perché Goku non era in Paradiso? E perché “lui” non si trovava all’Inferno?
 
“Io ti odio. Ti odio”.
 
Sembrava un disco rotto. Sembrava incapace di pronunciare altre frasi di senso compiuto, ma non era questo quello che aveva catturato completamente l’attenzione di Genio. Quanto tempo era trascorso da quando lo aveva visto l’ultima volta? Da quanto non si specchiava in quegli occhi capaci di trafiggerlo al primo sguardo? Era come se avesse dimenticato come si fa a respirare. Non sarebbe stato capace di andare oltre, sebbene avesse voluto farlo. Non sarebbe stato capace di raggiungerlo, di parlargli, di chiedergli una spiegazione e di dirgli che non riusciva proprio a capire cosa lo avesse spinto a tanto, quale fosse la ragione che lo aveva portato a ribellarsi a chi gli aveva teso una mano senza volere nulla in cambio.
La gola di Genio era secca, le membra erano diventate pesanti. Perché non riusciva a connettere il cervello alla lingua? Perché non riusciva a dire quello che avrebbe dovuto dire già allora?
 
“Tu non puoi fermarmi” – aveva proseguito con voce ferma, secca, che non ammetteva repliche – “Nessuno può… Men che meno un vecchio stupido e patetico come te”.
 
*
 
Vegeta non aveva staccato gli occhi dalla sfera di cristallo neppure quando avevano cominciato a bruciare per lo sforzo di non battere le ciglia, ma quella dedizione non era servita a individuare chi stava cercando con tanto zelo.
Aveva tentato di concentrarsi e di arrivare con la mente là dove i suoi occhi non riuscivano ad arrivare, ma non aveva ancora recuperato i suoi poteri e, in ogni caso, non credeva che sarebbe riuscito a raggiungere la Terra.
Stava di fatto che il cadavere di Genio era lì, a terra, immobile, e del decerebrato e del parassita che lo aveva posseduto non c’era alcuna traccia.
La strega continuava a singhiozzare, mentre quella sottospecie di mollusco con gli occhiali non faceva altro che sospirare. A cosa servivano le divinità non lo aveva ancora capito, ma stare lì a perdere tempo era fuori discussione, soprattutto ora che i bambini erano soli, su un isolotto sperduto in compagnia di una tartaruga rimbambita.
 
“Voglio tornare indietro”.
“Prego?”.
“Ha sentito bene, re Kaioh. Voglio tornare indietro. Sulla Terra. Devo capire che cosa è successo”.
“Ragazzo, non è così semplice…”.
“Tsk! Figuriamoci! Quando si tratta di un idiota di terza classe che deve partecipare a una stupida festa di compleanno non vi fate problemi a elargire permessi speciali, quando invece si tratta di capire se un pazzoide schizzato che voleva assoggettare il mondo dopo aver preso possesso del corpo del suddetto decerebrato sia passato a miglior vita o meno, dite che non è possibile. Ma certo, non fa una piega, vero?”.
 
La vena sulla fronte del principe aveva cominciato a pulsare inesorabilmente. Se avesse avuto i suoi poteri, probabilmente avrebbe faticato a trattenersi dal far saltare in aria il pianeta e i suoi improbabili abitanti.
 
“Non è un qualcosa che può concederti re Kaioh, principe Vegeta…” – Baba aveva parlato con la voce ancora rotta dal pianto. Era distrutta, e Vegeta non faticava a capirne la ragione.
“Tsk! E quale soluzione c’è? Andrete voi due a controllare? Mi direte voi due se quel bastardo è morto? Sto aspettando…” – e aveva incrociato le braccia, in attesa di ricevere una risposta che non sarebbe arrivata. Non subito, almeno.
“Io… Io… Lui è mio fratello… Era, mio fratello. Forse, dovrei… Sì, insomma…”.
“Oh, ma che damine! Così avremo due cadaveri da seppellire, dopo! Re Kaioh, cerchiamo di non perdere altro tempo! Se le cose non dovessero essere come speriamo, dovremo agire immediatamente, e… e…”.
 
Era stato come se una scossa elettrica lo avesse attraversato da parte a parte, facendogli gelare il sangue. Non aveva ben capito cosa fosse accaduto, ma era stato doloroso, più doloroso del momento in cui aveva perso la vita.
 
“Che ti prende, ragazzo? Stai bene?”.
 
Vegeta non aveva sentito la voce di re Kaioh, e questo perché non si trovava lì, non con la mente, almeno.
 
“Sta per succedere di nuovo” – aveva detto, con la voce un po’ impastata, come se fosse ancora in trance – “Sta per succedere… Fatemi tornare indietro. Devo tornare indietro. E devo farlo adesso, maledizione!”.
 
Continuavano a guardarlo senza capire cosa volesse dire veramente. I suoi timori sembravano infondati, eppure, c’era qualcosa che avvertivano entrambi, una sorta di presentimento in merito a qualcosa di terrificante che sarebbe accaduto di lì a breve.
 
“Per la miseria, a che diamine dovete pensare, ancora? Lo volete capire o no che le cose non sono così come sembrano?”.
“Ti credo” – aveva sentenziato una Baba diversa, apparentemente imperturbabile – “Ti credo, principe dei saiyan. Mi chiedo solo come tu faccia a saperlo”.
 
Un momento di silenzio aveva seguito quella domanda. La strega e il principe si stavano guardando negli occhi, cercando di percepire ognuno cosa albergasse nel cuore dell’altro. C’era come una connessione, tra loro, qualcosa che avrebbero potuto comprendere solo ed esclusivamente loro due e, se per una non era difficile capirne il motivo, lo era un po’ meno per quanto riguardava l’altro.
 
“Tu lo senti ancora… Non è vero?”.
 
Sette parole, pronunciate da re Kaioh con troppa leggerezza, quasi senza pensare, sette parole che, però, avevano sicuramente colpito nel segno, ferendo nell’orgoglio chi avrebbe negato sino alla morte l’evidenza.
Vegeta si era irrigidito. Aveva serrato e rilassato i pugni ritmicamente, deglutito rumorosamente, sbuffato e si era morso le labbra, ma si era rifiutato di chinare il capo e distogliere lo sguardo da quello – seppur celato – del sovrano dell’Ovest.
 
“Tsk!” – aveva sibilato, alla fine, lanciando il più determinato degli sguardi – “Poi non ditemi che non ve lo avevo detto!”.
 
Non aveva neppure fatto in tempo a finire di pronunciare la frase che, grazie alle abilità che Baba aveva sfoderato durante quella sorta di dialogo avvenuto tra Vegeta e re Kaioh, l’immagine di quello che lei e il principe avevano avvertito aveva preso forma.
 
“OH MIO DIO”.
 
L’esclamazione piena di orrore della donna aveva attirato irrimediabilmente l’attenzione dei due che, preoccupati, si erano avvicinati a lei, inorridendo a loro volta davanti a ciò che avevano visto.
 
“Oh… Oh mamma…” – re Kaioh tremava, incapace di proferire ulteriormente parola.
Vegeta, al contrario, aveva digrignato i denti, furioso più che mai.
“Tsk! Adesso che mi dite, vostra maestà? Ho il vostro permesso per tornare sulla Terra o no?”.
 
*
 
“DANNAZIONE! NON DOVETE SPINGERE, AVETE CAPITO? NON SPINGETE! Ma perché diamine hanno tutti fretta! SIETE MORTI, CAPITO? MORTI! Avete tutta l’eternità, davanti, quindi NON SPINGETE? NON… Maledizione, ho bisogno di una vacanza… Ah, se ne ho bisogno! Faccio tutto io, qui! Faccio sempre tutto io! NON SPINGETE! NON-AH!”.
 
Re Yammer avrebbe avuto ben presto l’ennesimo crollo nervoso, e di sicuro era andato vicinissimo all’avere un infarto nel momento in cui si era ritrovato davanti l’ultima persona che avrebbe dovuto vedere.
 
“Ma che cosa ci fai TU qui?”.
 
Si era aggrappato alla scrivania per non cadere in avanti, preso dalla foga del momento. Che cosa ci faceva lui lì? Non era stato riportato in vita? Ah! Tutte quelle regole, tutte quelle eccezioni, lo avrebbero fatto impazzire!
 
“Allora? Vuoi dirmi che ci fai qui, o no?”.
 
Re Yammer stava per perdere la pazienza anche con lui che, da sempre, era il suo preferito. Il suo atteggiamento era così strano, poi… Goku se ne stava lì, in piedi, a guardarsi attorno come se avesse visto il suo ufficio per la prima volta. Aveva una strana espressione, di sorpresa, di curiosità, e il sorrisetto che aveva in viso non sembrava neppure appartenergli. E poi, adesso che lo guardava bene, anche il suo aspetto era diverso… Sembrava quasi che fosse ustionato su metà del viso. Che cosa cavolo gli era successo?
Con estrema lentezza, si era avvicinato alla scrivania, noncurante delle parole di re Yammer e degli schiamazzi delle anime che si trovavano dietro di lui.
 
“Ma cosa… Cosa fai?”.
“Volevo solo chiederle una cosa… Vegeta, è per caso passato da qui?”.
 
*
 
“Goku… Goku… So che mi senti, figliolo. Lo so. Apri gli occhi… Coraggio… Apri gli occhi… Su…”.
 
Genio non si dava pace: un momento prima, il suo antico allievo si trovava lì davanti a lui, poi, un istante dopo, non c’era più, e in quell’ammasso di nera desolazione erano rimasti solo lui, vigile ma distrutto, e Goku, inerme, perso in chissà quale sogno o incubo dal quale faticava a ridestarsi.
Per un istante, Genio aveva perso le speranze. Si era quasi del tutto convinto che Goku non avrebbe mai più dato cenni di vita, ma poi, improvvisamente, lo aveva visto rimettersi in piedi con uno scatto, in cerca di aria, con entrambe le mani alla gola e un’espressione che non avrebbe mai più potuto dimenticare. Il sibilo che aveva emesso gli aveva gelato il sangue nelle vene.
 
“Figliolo… Figliolo… Stai bene?”.
 
A fatica, si era messo in piedi – se così poteva definirsi quel fluttuare indefinito – e aveva cercato di avvicinarsi a lui. Era in ansia. Che avrebbe fatto? Lo avrebbe accettato, avrebbe capito, o lo avrebbe rifiutato, memore del comportamento che aveva avuto nei suoi riguardi?
 
“Ge-Geni-o…” – faceva fatica a parlare, e vederlo così indifeso faceva quasi pena – “Mi-mi disp- mi dispiace”.
“Oh, ragazzo! No! Ma cosa dici? Non è colpa tua… Non è colpa tua”.
 
Per la prima volta da quando aveva memoria, Genio aveva visto il suo allievo prediletto piangere lacrime amare. Goku piangeva per la rabbia e la frustrazione di non essere stato capace di resistere, di non essere stato in grado di impedirgli di prendere possesso del suo corpo, per non essere stato capace di accettare la realtà e fare quello che gli era stato chiesto per il suo bene e per quello di tutti. Si era lasciato manipolare, usare, e alla fine, il suo tentativo di impedire il peggio non era stato sufficiente. Si sentiva una nullità, e non aveva potuto non dare ragione a Vegeta quando lo chiamava “idiota, mentecatto, imbecille” e in altri milioni di modi che lo descrivevano alla perfezione.
Aveva nascosto il viso tra le mani, vergognandosi come un ladro. E sarebbe rimasto in quella posizione per sempre se due mani calde e nodose non avessero preso le sue, allontanandole da quel viso rigato dalle lacrime per fa sì che potesse trovare conforto nel più caldo degli abbracci.
 
“Ge-Genio…”.
 
Non se lo aspettava. Non se lo aspettava affatto. Ma dopo un attimo di esitazione, non aveva potuto fare a meno di abbandonarsi a lui e piangere a dirotto, liberandosi di tutte le tensioni e tutto il dolore che gli attanagliava il petto.
 
Era una situazione nuova anche per Genio, decisamente più avvezzo a mostrare quel genere di attenzioni al gentil sesso, ma a modo suo, piacevole. Per la prima volta nella sua vita, non si sentiva più il maestro, ma un padre intento a consolare il suo pupillo.
 
Era una sensazione piacevolissima per entrambi. Sembrava quasi che avessero trovato finalmente un po’ di pace, quasi come se avessero trovato il loro posto nel mondo, ed era stato in quel momento che, suo malgrado, Genio aveva capito. Tutto il male, tutta la rabbia, tutta la cattiveria e la sete di supremazia dimostrate dal suo vecchio allievo non erano state altro se non un grido di aiuto, un modo per attirare la sua attenzione, per fargli capire che lui esisteva, a prescindere dal suo talento e dagli insegnamenti che gli aveva impartito, mentre lui, cieco e ligio al dovere, non era riuscito ad andare oltre, a sollevare completamente quel velo che aveva appena sfiorato nel momento in cui lo aveva preso sotto la sua ala.
Era stato per quello che aveva scelto Goku come suo tramite: per punirlo, per far sì che morisse di dolore vedendo che il suo pupillo veniva corrotto dalla sua aura malvagia. Voleva fargli del male, voleva vendicarsi per le sue disattenzioni. Ah, se lo avesse capito prima! Se avesse compreso che quel ragazzo aveva bisogno di un padre e non di un maestro, se lo avesse accolto amorevolmente tra le sue braccia come adesso stava facendo con Goku, tutto questo non sarebbe mai accaduto. E, a quel punto, Genio non aveva potuto fare altro se non sentirsi tremendamente in colpa, se non sentirsi responsabile per ogni gesto compiuto in passato e anche nel presente. Era certo di aver provocato altro dolore, altra sofferenza in quell’anima straziata di cui non pronunciava il nome da quel fatidico giorno.
Aveva fatto un giuramento, ma adesso non era poi così convinto di averlo portato a termine nel modo corretto. Adesso capiva anche perché, alla fine, il suo antico allievo voleva che Vegeta fosse il suo ultimo pasto, la sua vittima finale: perché nessuno come lui aveva amato un figlio non suo, arrivando al punto di sacrificare la sua stessa esistenza per salvargli la vita.
E anche Goku aveva avuto modo di comprendere ancora meglio quanto la presenza di un padre fosse fondamentale per la crescita di un figlio. Aveva capito per davvero quanto fosse stato egoista e meschino nei confronti di Gohan e del suo piccolo Goten, che non aveva mai potuto godere di un abbraccio simile a quello che stava ricevendo lui.
 
“È tornato sulla Terra” – aveva detto Goku, tirando su col naso – “Si è ripreso il mio corpo. Lo sento… Sento che è lì! Io, invece, non riesco a raggiungerlo!”.
“Lo so, figliolo, lo so… E tutto questo, tutto quello che è avvenuto, è soltanto colpa mia”.
“No, Genio, non lo è! Abbiamo tutti delle responsabilità in questa storia! Non voglio che ti prendi la colpa per quello che è successo, non sarebbe giusto, tu…”.
“Ehi, ehi! FRENA, ragazzo. Da quando sei diventato talmente ansioso? Lascia quel ruolo a tua moglie!”.
 
Aveva cercato di dirglielo con il sorriso, ma era vero che quell’atteggiamento da parte di Goku era una novità, per lui.
 
“URCA! Hai ragione!” – aveva risposto, grattandosi la nuca con la mano.
“Oh, adesso sì che mi sembri tu! Figliolo, tu sei un ottimista nato! Non sei uno che si butta giù”.
“Hai ragione, Genio… Però, stavolta, la situazione è più grave del solito. Questo non è un nemico che posso battere con la forza, né con l’astuzia – ammesso che io sua abbastanza furbo. Il suo atteggiamento mi spiazza. Non riesco a prevedere nessuna delle sue mosse. Temo che persino Vegeta non sarebbe riuscito a capire che cosa ha in mente un pazzoide del genere, e lui è uno stratega nato! Quando ti ho visto arrivare, mi sono rilassato perché mi sono convinto che ce l’avresti fatta a batterlo, ma poi ho capito che qualcosa non andava. C’è un tale odio, in lui, Genio, un tale sentimento perverso che mi sono sentito male. Ancora ho in brividi…”.
“Oh, figliolo… Non sai quanto mi dispiace…”.
“Non saprei spiegartelo neppure volendo. So solo che se arriva al mio corpo siamo tutti spacciati. TUTTI. I bambini sono sulla Terra, poi, e sono soli… Chi li proteggerà? Urca… Mi viene da piangere…”.
“Ascolta, figliolo, ma fallo per davvero. Disperarsi non serve. Non è mai servito a niente, men che meno adesso”.
Goku aveva tirato su col naso un’altra volta, asciugandosi gli occhi con un lembo della tuta (era strano essere dei fantasmi e avere addosso i vestiti).
“Ora, figliolo, voglio che tu ti concentri, perché il tuo ruolo è molto più importante di quello che pensi”.
“Eh? Dici sul serio?”.
“Certo! FORSE, il destino è dalla nostra parte. Ma adesso ascoltami: chiudi gli occhi, svuota la mente e concentrati sui momenti in cui avete convissuto insieme nel tuo corpo. Lui era più forte di te e ha provato a mandarti a dormire, ma tu ti sei dimostrato altrettanto forte e ha resistito. Io lo sento, anzi, SO che lo hai visto, che lo hai sentito. Per cui ti chiedo, adesso, di provare a riconnetterti con lui, ma non con quello che ci ha mostrato, bensì con la sua parte più vera: quella che desiderava essere te”.
 
*
 
Era arrivato sul minuscolo pianeta di re Kaioh in un battito di ciglia, memore del teletrasporto appreso quando condivideva quel corpo straordinario con il suo vecchio proprietario. Era arrivato lì e aveva trovato ad aspettarlo una strega, un vecchio basso e rotondo con l’aureola in testa e l’oggetto del suo desiderio in forma smagliante, neanche fosse appena uscito da un percorso S.P.A.
Lo guardava con una strana espressione, tra il disprezzo e la rassegnazione, e aveva avuto l’impressione che lo stesse aspettando. Che sapessero del suo arrivo lì? Poteva essere… La strega era la sorella del suo antico maestro, lo sapeva bene, così come sapeva quanto grande fosse il suo potere, ma lui non aveva paura. Era un guerriero esperto, uno sorta di potente stregone e aveva preso possesso del corpo del guerriero più forte mai nato. Cosa poteva volere di più? L’oggetto del suo desiderio, ovviamente. Vegeta era straordinario. Emanava un’aura che non aveva mai sentito provenire da nessun’altro prima, e sebbene avesse già assorbito la maggior parte del suo potere, era proprio la porzione più prelibata quella che desiderava avere tutta per sé. Quel saiyan era spettacolare: gli anni di sofferenze e di soprusi subiti lo avevano reso cinico e spietato, ma quello che aveva fatto per i ragazzini lo aveva reso un pasto perfetto per essere divorato per ultimo, il tassello mancante di quel puzzle che aveva costruito in decenni trascorsi in quell’inferno personale. In quell’anno aveva percepito in lui un cambiamento incredibile, e non c’era stato modo di far sì che il principe arrivasse a odiare i due marmocchi. Aveva fatto di tutto per renderli insopportabili, per far sì che il loro comportamento folle mandasse fuori di testa il principe e lo portasse a compiere qualche gesto estremo, ma nulla era servito. Anzi! Sembrava che quel loro atteggiamento non facesse altro che acuire le sue preoccupazioni, il suo spirito paterno. Quel sentimento che provava diventava ogni giorno sempre più radicato, sempre più forte, e a nulla serviva la consapevolezza che Goten fosse figlio del suo peggior rivale. Amava quel bambino esattamente come amava Trunks, e questo lo aveva reso ancora più appetibile.
Non era riuscito dal trattenersi e aveva passato la lingua sulle labbra, pregustando la vittoria. Dopo aver assorbito Vegeta, avrebbe ucciso quel pallone gonfiato già morto e avrebbe fatto fare la stessa fine a quella vecchia odiosa.
A quel punto, avrebbe avuto campo libero anche nel rendo dell’Aldilà! Chi avrebbe mai osato ostacolare un essere perfetto come lui? Sarebbe finalmente stato chi voleva sempre essere, e vaffanculo a tutto e tutti! Non avrebbe più avuto bisogno di cercare quello che non aveva mai avuto, perché finalmente avrebbe avuto ogni cosa
 
Continua…


 
Ragazze/i,
Come va?
Spero che il clima natalizio vi stia portando un po’ di gioia. E spero che possiate perdonarmi per il ritardo in merito pubblicazione. Era mia intenzione postare un unico lungo capitolo, ma sarebbe stato troppo pesante per chiunque leggere un malloppone infinito, per cui, ecco a voi le “prime 18 pagine” che ci porteranno alla fine. XD
È stato veramente un viaggio lungo, e sapere che siete rimasti con me fino a ora è stato veramente un onore.
Non voglio rubare altro tempo: il capitolo parla da sé!
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
 
A presto!
Un bacino,
Cleo

 
   
 
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