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Autore: EleWar    07/12/2021    6 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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… e poi arrivo con un altro capitolino piccino piccino. Non mi ‘maledite’ anche voi! E’ anche per questo che cerco di aggiornare presto :D
Buona lettura e ancora GRAZIE

 
Cap. 11 - Un piano d’azione
 
La sera stessa, in casa Ijiun, si riunì il consiglio di guerra: Miki, Umibozu e Mick sedevano silenziosi intorno al tavolo della cucina, ognuno perso a rimuginare sulla questione.
Miki aveva spiegato ai due uomini quello che aveva scoperto e le sue perplessità.
Nessuno dei presenti in cuor suo trovava la cosa assurda: del resto, Ryo e Kaori una volta erano stati assoldati da un fantasma, lo stesso che aveva pure posseduto la sweeper per un breve momento.
Avevano dimestichezza con il crudo mondo reale, ma anche con l’effimero soprannaturale, e sembrava che i City Hunter potessero destreggiarsi nell’uno e nell’altro, senza problemi.
Anche la loro intesa sul lavoro aveva del fantastico, del magico, e non andava ben oltre l’umana ragione? Inoltre, sia il terzetto lì riunito che il duo in contumacia, non erano così navigati da aver visto e vissuto praticamente di tutto?
 
Fu la padrona di casa a parlare per prima:
 
“Bene ragazzi, direi che c’è solo una cosa da fare: andare nel tempio in questione, rintracciare la sacerdotessa, e farci spiegare cosa esattamente intendeva per maledizione; e cosa eventualmente dobbiamo fare per spezzarla”
 
“Cosa Ryo deve fare per spezzarla!” precisò suo marito.
 
“Ha ragione” intervenne Mick “Per quanto vogliamo aiutare quei due, il danno l’ha fatto Ryo, e visto che è su di lui che si sta manifestando la maledizione, probabilmente è solo lui che può spezzare l’incantesimo… o quello che è”
 
“… e magari ritorna una zucca… vuota!” rincarò Falcon.
 
“Tesoro, non scherzare” lo redarguì bonariamente Miki, facendolo arrossire fin sulla pelata “Se anche Ryo se la merita questa lezione – a parte che non è consapevole di ciò che gli sta succedendo, di giorno – è Kaori che, in ultima analisi, ne sta facendo le spese. Basta vedere che la volta dopo non ricorda i momenti intimi che ha trascorso con lui! Quella poverina davvero non ha mai una gioia”
 
“Anche tu hai ragione” disse in tono conciliante l’americano “A me interessa solo il benessere di Kaori, per quanto mi riguarda Ryo potrebbe rimanere così per sempre: a quel punto sarei io il nuovo stallone di Shinjuku!” concluse con gli occhi che gli brillavano di malsana aspettativa.
 
“Frena, puledro!” lo smontò il gigante “Quando, e se, andremo dalla sacerdotessa, che sembra essere bellissima, vedi di non fare il cretino anche tu, che già è complicato occuparsi di Ryo e della sua maledizione, figurarsi perdere il tempo anche dietro a te!”
 
“Ehi, pelatone! Per chi mi hai preso? Io sono un gentleman non ricordi? So stare al mio posto! Inoltre vuoi mettere il fascino dell’esotico, di un biondo naturale dalla carnagione perfetta?” disse Mick lisciandosi i capelli all’indietro.
 
“Puah!” masticò l’uomo infastidito.
 
Fra lui e Ryo non si sapeva chi fosse peggio: entrambi preda delle fregole e, a causa di queste, sempre nei guai.
 
“Allora è deciso!” s’impose la padrona di casa “Noi tre andremo al tempio scintoista e parleremo con la sacerdotessa, sperando che ci dia udienza e non sia così tanto suscettibile da lanciarci dietro un altro anatema”
 
“Be’, se dovesse mandarci la pioggia, noi abbiamo già il nostro mastodontico teruterubōzu[1] che la terrà lontana” finì per sghignazzare il biondo naturale di cui sopra.
 
“Falla finita, idiota di un americano!” sbottò Umibozu battendo violentemente un pugno sul tavolo, mentre Mick non smetteva di ridere, per niente impressionato dalla reazione dell’altro.
 
Miki, esasperata, portandosi una mano alla fronte, invece pensò che forse sarebbe stato meglio andare da sola.
 
 
 
o.O.o
 
 
 
 
In un’altra parte del quartiere di Shinjuku, nello stesso momento, quei due sventurati di Ryo e Kaori avevano appena consumato la cena e Ryo si era buttato sul divano col dire che avrebbe guardato un po’ di televisione.
 
Da che era diventato un mezzo monaco medievale usciva di rado, e di sicuro non per andar per locali dietro alle donnine.
Controllava il suo territorio, gli informatori, teneva sotto controllo l’andamento e gli umori di quel mondo sotterraneo che sfuggiva agli occhi dei più, quello sì… ma nient’altro.
Almeno in questo era rimasto tale e quale, ma più spesso rimaneva in casa, impegnato nella lettura o in tardive sessioni di tiro al poligono; si ritirava nella sua stanza molto presto, e in ogni caso fuggiva la compagnia della socia che, percependo tutta la sua freddezza, aveva rinunciato ad imporre la sua presenza, e si dileguava poco dopo aver consumato il pasto serale, in un’atmosfera strana e surreale.
 
Quando lui non c’era Kaori si riappropriava della sua casa, e ne approfittava per fare ciò che faceva prima: prima, quando erano comunque una famiglia; sui generis, ma pur sempre una famiglia, composta da due persone che si volevano bene, a modo loro, certo, ma che si rispettavano e tenevano uno all’altra.
 
Quella sera però, Ryo evidentemente aveva deciso non solo di restare a casa, ma di guardare la tv, e Kaori non si sarebbe permessa di chiedergli di potergli fare compagnia.
Non che lui l’avrebbe scacciata, ma la ragazza aveva una sua dignità e il comportamento del partner andava ben oltre le solite prese in giro, gli sfottò, le illazioni, tutte provocazioni fatte col solito sorriso beffardo.
Ryo, quando le parlava, era serio; e le sue parole la ferivano profondamente, molto di più delle altre volte.
Quindi Kaori, vedendolo sprofondato sul divano a fare distrattamente zapping, pur di restare in qualche modo in sua compagnia, aveva rallentato nel riordinare la cucina: così avrebbe avuto una scusa, e lui non avrebbe potuto protestare o dire alcunché.
Mentre asciugava le stoviglie e le riponeva nei vari cassetti, l’osservava con sguardo triste, pensosa; si chiedeva cosa gli fosse successo e dove sarebbero andati a finire loro due: se avesse ancora un senso rimanergli accanto come sweeper, e come… come cosa?
Amica, confidente, fidanzata?
Da sempre innamorata di lui, aveva continuamente sognato un futuro insieme, e c’erano stati dei momenti in cui aveva visto le sue speranze giungere ad un passo dal realizzarsi…
Ma poi era arrivato quell’improvviso cambiamento, e non sapeva più cosa pensare.
Miki e gli altri erano preoccupati per lui, per lei, per loro, e si stavano dando da fare.
Si era sottoposta all’ipnosi pur di trovare la causa del malessere di Ryo, nel caso fosse stato drogato o avvelenato; la sua migliore amica aveva detto che forse qualcosa aveva scovato, aveva un’idea… Kaori si fidava di lei e per Ryo avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche morire, e questo lui lo sapeva.
 
Sospirò.
 
Non c’era motivo di pensare che stavolta lui stesse male per causa sua, però sarebbe stata anche disposta ad allontanarsi da lui, lasciarlo, se ciò gli avesse salvato la vita; anche se… al solo pensiero il cuore le si contraeva e le mancava il respiro.
 
Scacciò quei pensieri atroci e riprese il suo lavoro lentamente e, quando tornò in soggiorno, si accorse che Ryo si era addormentato, con la testa riversa sullo schienale, a bocca aperta: il respiro regolare, il torace si sollevava appena.
Intenerita da quella scena, che avrebbe potuto intitolare “Il riposo del guerriero”, fu presa da un subitaneo moto di affetto: il suo adorato socio era totalmente abbandonato, indifeso, vulnerabile, ma era lì davanti a lei, in tutta la sua umanità.
Avrebbe voluto saltargli addosso e ricoprirgli il viso di baci, o anche solo rannicchiarsi accanto a lui, poggiare il capo sul suo petto, respirare con lui fino a scivolare nel sonno e sognare gli stessi sogni, sperare che il loro amore avesse un futuro, la strada spianata, anziché dover farsi trascinare in un gorgo di incertezze, di rimandi, di speranze frustrate e delusioni.
 
Si sedette comunque accanto lui, ma non fece nulla di ciò che desiderava: si limitò a recuperare il telecomando e a cambiare canale, cosicché mentre lui sonnecchiava, lei potesse guardarsi qualcosa che piacesse solo a lei.
Se si fosse svegliato, probabilmente avrebbe protestato o preteso di vedere altri spettacoli, magari le avrebbe fatto capire che doveva tornare di sotto, ma finché fosse restato nel mondo dei sogni, Kaori ne avrebbe approfittato.
 
Aver conquistato il diritto al televisore, però, si rivelò ben presto una vittoria effimera e senza senso: dover guardare qualcosa che in altri momenti le sarebbe piaciuto o l’avrebbe divertita, ora le lasciava uno strano amaro in bocca.
Si voltò nuovamente a guardare Ryo: non c’era gusto a starsene lì da sola in silenzio, col volume bassissimo, senza bisticciare con lui sulla scelta del programma, senza arrabbiarsi perché il socio sbavava davanti a tutte le donne che sfilavano in tv – anche se era consapevole che lui lo facesse apposta per farla imbufalire – senza ridere per le stesse stupidaggini, interessarsi alle stesse cose, condividere quel senso di suspance o terrore seguendo un film giallo… in poche parole, senza guardare la tv insieme.
 
Stava valutando l’idea di andare a dormire, quando sentì il socio muoversi nel sonno e mugugnare; un gemito più forte la fece sobbalzare, ma più di tutto quando, in preda ad una forte agitazione a stento trattenuta, Ryo proruppe con una specie di grido, chiamandola.
Sembrava stesse avendo un incubo.
Impressionata e incuriosita, si voltò a mezzo a guardarlo, cercando di immaginare quali visioni stessero scorrendo nella testa dell’uomo.
Ah, se avesse minimamente saputoche razza di incubi erotici stava sperimentando in quel momento il suo adorato socio!
Solo che stavolta lo stavano letteralmente terrorizzando.
A differenza delle altre volte, infatti, quando comunque Kaori emergeva prepotentemente su tutte le altre donne, questa volta lei lo guardava con espressione indecifrabile e, scrollando la testa, gli dava le spalle e si allontanava da lui.
Ed era un gesto, una sequenza, che Kaori, nel sogno, ripeteva centinaia di migliaia di volte, in maniera ossessiva, e lui ogni volta sentiva un senso di abbandono stritolargli il cuore.
Era come se, dopo tanto averla desiderata, avuta accanto, proprio perché non avevano mai consumato, non essere diventati una coppia e aver sancito il loro amore con un’unione ufficiale, lei decidesse di andarsene, di abbandonarlo.
E questa schiacciante sensazione di frustrazione, mista a disperazione, lo faceva smaniare, e al desiderio sessuale si sommava la brama di essere amato, stimato da lei, di essere suo… anche se lei gli stava sfuggendo dalle mani.
 
Con un ultimo singulto, Ryo finalmente si svegliò, di soprassalto, sudato, affannato; e ancora con gli occhi velati dal sogno, guardò la giovane, e le disse:
 
“Kaori, sei qui, non te ne sei andata?”
 
Il tono che aveva usato, più che le parole, fecero trasalire la ragazza.
Ryo era letteralmente terrorizzato, come non lo aveva mai visto: il suo sguardo perso, disperato, la colpì a tal punto che, senza pensarci, gli si buttò fra le braccia.
E accarezzandogli la testa prese a consolarlo:
 
“Sì, Ryo sono qui, non me ne vado, sono qui per te”.
 
Sentiva il cuore dell’uomo rimbombargli nel petto e riverberarsi nel suo; cosa mai aveva potuto sognare di così terribile, da svegliarsi in quel modo?
 
Sentì che le braccia del socio lentamente la stringevano, in un reciproco abbraccio consolatorio.
Kaori pensò che raramente avevano avuto di quei momenti così intimi e, seppur dispiaciuta ed impensierita dallo stato di Ryo, si crogiolò in quell’abbraccio da grandi, e si disse che non l’avrebbe mai dimenticato: sarebbe finito nel suo tesoro geloso, dove teneva tutti i ricordi dei rari momenti magici passati con lui.
Perché lei non serbava memoria alcuna degli approcci di tutte le altre notti, di altrettanti abbracci, carezze e perfino baci meravigliosi.
La maledizione la privava anche di quello.
E quando Ryo, sprofondato nel suo collo, le sussurrò, in tono esasperato:
 
“Io non resisto più, non ne posso più” Kaori spalancò gli occhi incredula e si sentì stringere più forte.
 
 
[1] Il teruterubōzu (てるてる坊主?) (letteralmente "splendere splendere bonzo") è una bambola - amuleto del folklore giapponese, che risale fino alla metà del Periodo Edo. Si tratta di una bambola fatta di carta o stoffa di colore bianco ed è tradizionalmente diffusa in ambiente rurale, dove veniva appesa dai contadini sotto la gronda del tetto. Fungeva da amuleto per allontanare la pioggia e richiamare il bel tempo. Attualmente l'uso del teruterubōzu è diffuso tra i bambini. Viene costruita ricoprendo un oggetto sferico (che costituirà la testa) con della stoffa o della carta bianca, che viene fissata con un nodo fatto sotto la testa. Di seguito, si disegnano occhi, naso e bocca. Va posizionato alla finestra, appeso all'ombrello o in altre maniere. Fonte Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Teru_teru_b%C5%8Dzu
   
 
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