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Autore: EleWar    10/12/2021    5 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Altro capitoletto corto, ma ormai avete capito(lo) che sta storia va avanti a piccoli passi! XD
Grazie comunque per la vostra attenzione e simpatia.
Eleonora

 
 
 
Cap. - 12 Al tempio
 
Di lì a qualche giorno, Miki, Falcon e Mick si recarono al tempio scintoista dove erano stati Ryo e Kaori ormai due settimane prima.
Cercarono la sacerdotessa e si fecero annunciare da un custode per non risultare ulteriormente importuni, vista la suscettibilità della venerabile donna.
Erano consapevoli che si sarebbero trovati davanti una vera bellezza, perché altrimenti Ryo non si sarebbe preso la briga di insidiarla come aveva fatto, ma quando la videro, pensarono all’unisono che il suo fascino andava ben oltre le aspettative.
Ovvio, i pensieri non furono propriamente gli stessi: Mick valutò che quell’esemplare femminile sarebbe stato un bocconcino niente male e già una sottile bavetta si stava formando agli angoli della bocca, prontamente ringoiata dopo la poderosa sgomitata di Umibozu e gli occhiacci di Miki; Falcon, pur ammettendo che la sacerdotessa fosse gradevole alla vista, allo stesso tempo lo lasciava completamente indifferente, perché votatosi anima e corpo alla dolce moglie la quale, naturalmente, vinceva su tutte, non aveva occhi che per lei; e comunque, per Umibozu, l’aspetto esteriore era del tutto trascurabile e totalmente secondario.
Miki invece, senza invidia e gelosia, si disse che la donna era veramente affascinante, con quel suo portamento altero, ieratico; probabilmente era anche totalmente inconsapevole di tutta la sua bellezza e non vi faceva nemmeno caso.
Quello che le interessava veramente erano la preghiera e la spiritualità, e anche da ciò la barista iniziò a capire la reazione apparentemente sproporzionata avuta di fronte alle avances, indiscutibilmente odiose, di Ryo.
 
I tre postulanti, inginocchiati sugli zabuton[1] tradizionali, in atteggiamento di profondo rispetto, restavano ritti davanti alla sacerdotessa che, anch’essa fieramente accoccolata su di un cuscino color prugna, li osservava con sguardo limpido e allo stesso tempo indagatore.
Stavano in silenzio, in reciproca attesa: Miki e gli altri di aver quantomeno il permesso di parlare, mentre la donna aspettava di sentire quale fosse il motivo che aveva portato lì quei tre buffi, e bizzarramente assortiti, individui.
 
La vestale, che rispondeva al nome di Sakura Jundo, osservava i suoi ospiti: un gigante in tenuta da combattimento, un biondo occidentale impomatato e azzimato – un seduttore, sicuramente –, e una giovane donna molto graziosa, ma semplice nella sua fresca avvenenza.
Le rispettive aure erano benevole, molto potenti e, nemmeno a dirlo, molto diverse.
Conservavano tracce evidenti di dolore e sofferenza… morte, sicuramente; la parte più oscura aveva prevalso in loro, in passato, ma avevano combattuto anche contro quella, e vi erano venuti a patti, se non vinta del tutto.
Sakura vedeva in loro un cambiamento, una sorta di miglioramento, recente e progressivo: immaginò che avessero avuto un percorso lungo e doloroso e che, nel loro cammino, avessero incontrato qualcosa o qualcuno che aveva contribuito alla loro redenzione.
Per un instante si chiese quale ne fosse la causa.
Quando fu pronta ad ascoltare le loro richieste, Sakura parlò con voce calda e pacata, emettendo piacevoli vibrazioni: tutto era controllato in lei, spirituale, più immateriale che contingente:
 
“Cosa vi ha spinto a far visita a questo luogo sacro e a richiedere il mio ausilio?”
 
Rispose Miki, come concordato precedentemente:
 
“O venerabile sacerdotessa, abbiamo motivo di credere che potrebbe spezzare i nefasti effetti di una maledizione
 
“Sentiamo…” rispose conciliante la donna, socchiudendo appena gli occhi.
 
Miki allora trasse dalla borsa una foto di Ryo e la fece scivolare sugli intrecci del tatami, fino alle sue ginocchia.
Non appena l’altra la prese in mano, e rigirandola appuntò la sua attenzione sull’istantanea, le domandò:
 
“Ricorda quest’uomo?”
 
La foto, un primo piano, ritraeva lo sweeper con sguardo da seduttore, l’uomo affascinante che era: gliel’aveva scattata Miki, alla sua festa di compleanno, un secondo prima che provasse a saltarle addosso e Umi lo scaraventasse sul muro.
Ma la sacerdotessa, dopo averla scrutata a lungo, scosse la testa e, posandola nuovamente in terra, la fece scivolare in senso inverso, in direzione di Miki.
Questa, per niente scoraggiata, trasse dalla borsa un’altra foto, e seguendo quella stessa sorta di cerimoniale, gliela porse.
E a quel punto, visionandola, Sakura Jundo esclamò:
 
“Empio, sacrilego! Il maledetto!”
 
Anche in questa foto c’era Ryo, ma stavolta in atteggiamento da maniaco, con la bava alla bocca, il viso deformato dall’espressione più maialesca che potesse assumere; effettivamente sembrava un altro, malgrado la foto fosse stata scattata pochi secondi dopo l’altra, durante lo stesso compleanno e sempre dalla stessa Miki, ovviamente prima dell’epilogo finale.
 
Miki era sicura che, in quest’altra versione, la donna l’avrebbe riconosciuto, e non si scompose.
Umi grugnì appena e Mick sospirò forte.
 
Ecco: erano arrivati al dunque.
 
Miki, Mick e perfino Falcon, si alternarono a raccontare l’enorme cambiamento avvenuto sul loro amico, e di come e quanto questi avesse avuto la vita sconvolta.
La Jundo ascoltava con sguardo altero, leggermente infastidita, ma aspettò che loro terminassero, esponendo i loro racconti; poi parlò, spiegando:
 
“Il vostro amico, a cui vedo, nonostante la propensione al sacrilegio e alla lussuria, siete molto attaccati, ha avuto la sua giusta condanna. Ha fatto del sesso e dei bassi istinti il suo unico stile di vita: insidia tutte le donne che gli capitano a tiro e soprattutto non tiene in nessun conto quella giovane che gli sta accanto, peraltro non so a che titolo. In ogni caso ho visto subito quanto lei gli sia affezionata: probabilmente la lega un sentimento d’amore; ma lui la denigra e la insulta, e questo è troppo per me! Le donne non sono oggetti, né, tanto meno, oggetti sessuali, e tutte, dico tutte, vanno rispettate! Se di giorno si comporta come un odioso misogino, è proprio perché finora ha vissuto solo per conquistarle! E se di notte, dopo essersi addormentato, si risveglia come l’uomo che era e cerca la compagnia della ragazza, è perché in realtà è di lei che è innamorato… e deve dimostrarglielo”
 
“Ha ragione” s’intromise Mick, che più di tutti conosceva la storia, soprattutto per quanto riguardava i rapporti notturni fra i suoi due amici City Hunter “ma ogni volta Kaori, la nostra amica, dimentica tutto, sia di giorno che la notte successiva; questa maledizione sta ricadendo anche su di lei. E non è giusto!”
 
“È il tuo cuore, quello che sta parlando” gli rispose Sakura “Vedo che tieni molto a lei, e questo ti fa onore. La maledizione, se c’è sulla ragazza, è solo quella di essersi innamorata di un tipo come lui”
 
“Ma Saeba non è solo un maniaco!” esclamò Miki “È vero, a volte esagera, è importuno, e perde la testa di fronte alle belle donne. Però è anche un uomo giusto e buono, una persona che ha sofferto tantissimo in passato, più di tutti noi messi insieme, e che eccede nel lato frivolo della vita, forse per scrollarsi di dosso tutto il male che ha dovuto fare e sopportare. Con Kaori non si comporta benissimo, anche questo è vero, ma solo perché la ama profondamente e non vuole che lei si leghi a lui”
 
“Ragionamento contorto il suo…” commentò la sacerdotessa a mezza voce, in tono scettico.
 
“Ryo è un idiota, ma è innocuo” inaspettatamente saltò su Falcon “Ha i suoi motivi per non volersi legare alla sua socia, ma la rispetta e non le farebbe mai del male”
 
“Vedo che tutti lo difendete e che siete affezionati ad entrambi” disse Sakura “E se della ragazza ero sicura, confesso che mi state facendo ricredere sulla vera natura dell’altro…” concluse leggermente perplessa, per aggiungere poi “Forse non è quel pessimo elemento che credevo che fosse, anche se… ha comunque commesso sacrilegio, cercando di abusare di me, molestandomi!”
 
E gli ospiti ripensarono al racconto fatto da Kaori, quando aveva detto che la sacerdotessa aveva steso Ryo con un unico pungo in piena faccia; evidentemente era perfettamente in grado di difendersi, ma ciò non toglieva che effettivamente lei, lì dentro, era una figura venerabile, quello era un luogo sacro e Ryo aveva fatto… quello che aveva fatto.
Quindi era meglio soprassedere sulla questione e aspettare che la donna gli concedesse la remissione, altrimenti non ne sarebbero mai venuti a capo.
 
Sakura Jundo si raccolse in silenzio, e per un attimo i tre amici temettero che si sarebbe messa a meditare; a quel punto sarebbe stato quantomeno inopportuno sollecitarla, ma se si fosse chiusa in sé stessa senza dargli una risposta, loro cosa avrebbero dovuto fare?
Aspettare che si degnasse di ritornare nel mondo reale e concludere l’incontro con loro, o andarsene a casa con un pugno di mosche?
Per fortuna la sacerdotessa tornò subito sull’argomento, forse tediata dalla questione che le stava portando via tempo prezioso o, comunque, desiderosa di mettere pace in quella che sembrava una strana coppia, e negli animi di quelle persone lì riunite.
 
“Io non posso fermare la maledizione” esordì, infine, facendo trasalire i tre che si aspettavano ben altro dalla donna.
Già erano pronti a contestare la sentenza, nonostante temessero di essere redarguiti per aver osato tanto, o peggio maledetti per l’affronto; ma era, costei, veramente così vendicativa come sembrava?
In ogni caso, prevenendo, le loro proteste, la vestale continuò:
 
“Io non posso fermare la maledizione, perché deve farlo colui che ne è l’oggetto”
 
I tre trattennero a stento un “Oh!” sgomento.
 
“Ryo Saeba è causa del suo male,” proseguì la Jundo “e solo lui può emendare i suoi peccati e infrangere la maledizione. Dovrà dar prova di continenza e, soprattutto, dovrà essere sincero con la donna che ama, una volta per tutte. Sembra facile, e in generale lo è, ma visto il soggetto, non ci giurerei. Ricordate che la maledizione ha agito da sola su di lui, è andata ad intaccare i suoi aspetti peculiari. Se saprà dar prova di serietà e onestà, nei confronti delle donne in generale e di colei che veramente ha rapito il suo cuore, riuscirà a liberarsi. Altrimenti, la maledizione continuerà ad esistere e sarà sempre peggio. Saeba perderà la ragazza, e la sua vera identità, perennemente diviso fra il misogino diurno che è ora, e il vero Ryo che è solo di notte. Sta a lui decidere”
 
E con questo si alzò agilmente in piedi e, dopo un profondo inchino, sparì dalla vista senza far rumore.
I tre, ammutoliti, rimasero ancora un attimo inginocchiati sugli zabuton, poi anch’essi si alzarono, e in silenzio guadagnarono l’uscita.
 
Tornarono in macchina verso il centro città, immersi in un silenzio greve e fastidioso, consapevoli che convincere Ryo ad aprirsi una volta per tutte con Kaori e frenarlo nei suoi eccessi da maniaco, non sarebbe stato facile.
Inoltre parlargli di giorno sarebbe stato quasi inutile, visto che il Ryo bacchettone sembrava sereno e apparentemente ignaro della maledizione che gli si era rivoltata contro: stava bene in quelle nuove vesti e non aveva motivo di cambiare, al contrario del Ryo smanioso della notte.
Ma non avrebbero potuto aspettare che calasse il sole e che lui si addormentasse per parlargli, non c’era tempo da perdere.
Lo avrebbero invitato al Cat’s Eye, solo lui, e gli avrebbero fatto un bel discorsetto; magari Mick gli avrebbe fatto vedere le registrazioni ad infrarossi dei suoi movimenti all’interno della casa in piena notte, avrebbero insistito fino allo sfinimento, l’avrebbero tampinato senza tregua, l’avrebbero convinto a fare qualcosa.
 
Poco prima di scendere, Miki, sicura che i pensieri di ognuno fossero rivolti al suo stesso interrogativo, esclamò:
 
“Ci proveremo!”
 
E detto ciò si accomiatarono.
 
                                                   
   
 
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