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Autore: Ayumi Yoshida    11/12/2021    1 recensioni
“Era Natsu alla porta?”
“Sì.”

“Ancora?”
Il tono di voce di Kageyama era quasi rassegnato. Shoyo annuì di nuovo senza dare segno di averlo notato.
“Dovrebbero farla finita una buona volta.” butto allora lì Kageyama con un grugnito “Separarsi una volta e per sempre. Dovresti smettere di essere così disponibile e dirglielo.”

Una separazione che si ripete in una riunione riuscita a metà.
(Leggermente angst - Principalmente KageHina)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Natsu Hinata, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Sabato

Venerdì, sabato e domenica

 

 

 

2 – Sabato
 
Il campanello era suonato troppo presto per essere sabato mattina.
Con la felpa chiusa solo a metà, Shoyo sfrecciò verso l'ingresso mentre Aki continuava a lamentarsi per il sonno. L'aveva svegliata presto sperando di poter fare la spesa velocemente senza doverle comprare troppi snack di cui era ghiotta sfruttando il suo stato catatonico, ma un ospite inaspettato aveva deciso di fare capolino dietro la porta e scompigliare i suoi piani.
“Kageyama..!” disse, quasi senza fiato, quando vide il suo fidanzato in attesa sullo zerbino di casa. Ancora avvolto nella sciarpa, il ragazzo si richiuse la porta alle spalle e prese a togliersi le scarpe in silenzio.
“Potevi... Avvisarmi!” riuscì solo ad esclamare, fingendosi infastidito, Hinata, mentre il suo cervello sfrecciava dritto nello spazio felice per non tornare mai più “Avrei-”
“È stata una decisione dell'ultimo minuto.” replicò Kageyama alzando lo sguardo ed incrociando i suoi occhi solo per un momento prima di portarli nuovamente sui lacci delle scarpe da ginnastica “Ho preso il primo shinkansen[1] della giornata. Oggi la mia squadra ha il turno di riposo.”
“Non mi avevi detto nulla!”
Kageyama sospirò.
“Mi sembrava avessi altri problemi.”
Come se fosse stata invocata, Aki sbucò dal soggiorno, perfettamente sveglia, e gli sfrecciò incontro.
“Zio Tobioooooooo!” strillò lasciandoglisi addosso e strizzandolo in un abbraccio troppo forte che quasi lo spinse sul pavimento “Lo sapevo che saresti venuto!”
“Sì.” borbottò il ragazzo sommessamente, dandole delle piccole pacche sulla spalla, immobile tra le sue braccia “Eccomi qui.”
Gongolante, la bambina lo lasciò andare improvvisando un balletto sul gradino dell'ingresso per festeggiare. Con la coda nell'occhio, Kageyama notò che Hinata la stava guardando  sorridendo largamente.
Finalmente. La sera prima, quando avevano parlato, Shoyo gli era sembrato veramente abbattuto. Per quel motivo, dopo una notte trascorsa poco a dormire e troppo a pensare, alle prime luci dell'alba si era recato subito alla stazione con destinazione Mino, prefettura di Osaka, dove abitava Hinata.[2].
“Vieni anche tu a fare la spesa?” gli chiese all'improvviso Hinata mentre si stava finalmente liberando del cappotto e della sciarpa. “Volevo andarci stamattina perché oggi pomeriggio giochiamo alle cinque e mezzo e per le quattro deve essere al palazzetto a Osaka.”
“Va bene. Andiamo al kombini[3] qui vicino?”
Shoyo annuì, e Kageyama si riavvolse la sciarpa attorno al collo e indossò di nuovo il cappotto. Appena ebbe terminato, notò che Aki se ne stava immobile davanti a lui e lo stava fissando voracemente. In quei momenti somigliava più al suo fidanzato, che a sua madre.
“Cosa c'è, Aki-chan?” le chiese, già rassegnato.
“Zio Tobio, per favore mi aiuti a vestirmi? Fuori fa freddo e la mamma dice che devo coprirmi bene per non ammalarmi!”
Con un sospiro e sotto lo sguardo fin troppo divertito di Shoyo, Kageyama la aiutò ad indossare il piumino rosa, le calcò il berretto sbrilluccicoso in testa, le infilò i guanti e infine le scarpe. Soltanto quando Aki fu soddisfatta dei fiocchi dei suoi lacci finalmente uscirono di casa.
Tremando nella sua sciarpa, per tutto il cammino Shoyo sentì gelare la mano che, non affondata nelle tasche, teneva quella destra di Aki. Dall'altro lato, Kageyama stringeva  la mano sinistra di Aki, guanto grigio contro guanto rosa, in una presa troppo salda.
Probabilmente aveva paura di perderla nel dedalo di vie che separavano casa sua dal kombini più vicino, dato che lui stesso non riusciva ancora ad orientarsi bene in città. Era stato talmente poche volte e per poco tempo a Mino che spesso doveva chiedergli più e più  volte dove fossero i luoghi che frequentavano sempre.
C'era un solo posto dove Kageyama non si mostrava mai nervoso a Mino, l'immenso parco naturale alle pendici della città. Ogni volta che andava a trovarlo vi si immergevano per ore, principalmente a fare jogging, ma qualche volta anche a mangiare onigiri[4] sotto gli aceri.
Erano quelli i momenti più belli che ricordava di aver trascorso a Mino con lui, ma ormai risalivano a settembre[5], quando vi si era appena trasferito e avevano avuto qualche settimana libera per stare insieme prima dell'inizio della Lega V1.[6]
“Zio Shoyo, mi compri la cioccolata?” lo pregò all'improvviso Aki. Il ragazzo annuì senza pensarci mentre spingeva la maniglia della porta d'ingresso del kombini.
“Cosa vuoi mangiare stasera?” gli chiese Kageyama.
Shoyo scosse la testa.
“Voi mangiate pure, io non so a che ora finirò stasera. Quando torno mi accontento di quello che c'è.”
“E poi ti lamenti che non cresci.” Kageyama scosse la testa proprio come lui, rassegnato, e poi propose:  “Omurice[7]? La preparo dopo che torniamo dalla partita.”
“Verrai a vedermi?” esclamò Shoyo, incredulo. Kageyama annuì con la testa e l'altro gli sorrise largamente.
“L'omurice va bene! Però prendiamo anche dei croissant per la colazione di domani, l'ho promesso ad Aki. Quelli con il cioccolato!”
Kageyama annuì con aria assente mentre cominciava a mettere nel cestino tutti gli ingredienti necessari per il pranzo e per la cena di quel giorno, scalandoli man mano dalla lista che aveva in testa. Aveva ormai lasciato la mano di Aki che, più avanti, si stava incamminando con aria curiosa verso il reparto dei surgelati in fondo al negozio.
“Zio Shoyo, stai comprando i croissant?” trillò con troppo entusiasmo guardando il ragazzo smanettare con il braccio e la testa nel freezer.
“Te l'avevo promesso!” esclamò Hinata in risposta a voce troppo alta, sventolandole davanti agli occhi la confezione congelata.
“Evvivaaaaaaaaaa!”
Kageyama si portò una mano al viso per non guardare: Aki si stava esibendo ancora in uno strano balletto per il troppo entusiasmo, e lo stava facendo giusto nella corsia che portava alla cassa.
“Ti prego, falla smettere…” borbottò, imbarazzato, mentre la bambina ondeggiava le braccia e muoveva il bacino con uno strano broncio di concentrazione sul viso. Shoyo scoppiò in una risata che attirò ancora di più l'attenzione del signore che stava alla cassa.
“E dai, Kageyama, sei un mostro! Aki-chan si sta divertendo così tanto! Adesso lo faccio anch'io!”
Ma fece in tempo a mimare un'onda soltanto con il braccio che Kageyama glielo bloccò a mezz'aria bofonchiando: “Torniamo a casa!” in tono fin troppo imperativo e furono trascinati entrambi verso la cassa senza poter più osare muoversi.

Subito dopo pranzo, in ritardo mostruoso Hinata era scappato ad Osaka per la partita, scusandosi più del dovuto per non avergli potuto dare una mano a rimettere in ordine e con Aki. Mentre la bambina dormiva beata sul divano, Kageyama lavò i piatti, pulì la cucina e riordinò la tavola. Alle tre e mezzo si avviarono per andare in stazione, che distava circa venti minuti di cammino da casa di Hinata. Tra il viaggio in treno di mezz'ora, che passarono a giocare agli indovinelli, e la strada a piedi fino al palazzetto, arrivarono appena in tempo per vedere il riscaldamento delle due squadre.
I Suntory Sunbirds di Hinata si stavano sistemando proprio nella metà campo di fronte a loro. Mentre entrambi prendevano posto e Aki si sbracciava dagli spalti per farsi notare dallo zio, Hinata aveva già effettuato le prime schiacciate di riscaldamento. Ne aveva messe a segno due che non avevano né particolare potenza né particolare precisione, ma non era tutta colpa dell'alzata che aveva ricevuto. Sembrava  proprio lui stesso ad essere fuori fase.
Kageyama se ne accorse immediatamente, ma ne ebbe la certezza durante la partita.
La squadra contro cui i Suntory Birds giocavano era molto più forte, ma Hinata non sembrava avere animato da quella forza trascinatrice che metteva in ogni cosa. Sbagliò il primo servizio al salto, mandando la palla dritta al centro della rete e alla fine del primo set, indietro di dieci punti rispetto agli avversari, non era riuscito ancora a fare punto con le sue schiacciate, che erano state sempre murate.
Era anche un po’ colpa dell'alzatore con cui giocava, che non sembrava così navigato, ma Hinata sembrava proprio rallentato. Non saltava in alto al suo massimo, non era preciso nelle ricezioni e nelle schiacciate, non era il solito Hinata.
Preoccupato, Kageyama seguì ancor più attentamente il secondo set, i pugni strettissimi e gli occhi ridotti a fessure ad ogni pallone perso. Ma, quando mancavano solo dieci punti per la vittoria degli avversari, qualcosa si ribaltò.
Era il turno di Hinata alla battuta, e, urlando come un ossesso, egli riuscì a mandare a segno otto ace di fila nella metà campo avversaria. Il sudore gli colava a rivoli sul volto, ma lui se lo asciugò con il braccio e si rimise in posizione per il nono servizio. Effettuò due palleggi sul pavimento, poi bloccò per un secondo il pallone tra le mani e fece un respiro profondo. Erano 12 a 15 per gli avversari, e segnare un altro punto avrebbe significato non soltanto portare il morale della squadra alle stelle, ma aver quasi raggiunto gli avversari dopo aver perso il primo set e aver cominciato male il secondo. Doveva fare un altro ace.
Lanciò la palla sopra la sua testa con la mano sinistra e si preparò al salto sentendosi i piedi ancora ancorati forte al parquet.
Mentre l'intero palazzetto tratteneva il fiato e Aki urlava: “Vai, zio Shoyo!” il ragazzo colpì forte la palla con la mano destra. E la palla sfrecciò, dritta sopra la rete nella metà campo avversaria, finendo proprio nell'angolo più lontano all’interno delle due linee bianche che delimitavano il campo.
Il palazzetto esplose in un ruggito di gioia. In campo, Shoyo aveva cominciato a replicare con i suoi compagni il buffo balletto che Aki gli aveva mostrato nel kombini.
In piedi contro la ringhiera che separava la prima dalla seconda sezione di posti, Kageyama si immobilizzò: all'improvviso tutto tacque, e lui si sentì solo, l’unico a guardare quella partita in un palazzetto buio e vuoto.
Hinata, nel mezzo del campo, ormai sorrideva largamente dando cinque a tutti.
Quando tutte le luci del palazzetto si spegnevano, l'unico faro che rischiarava la notte restava sempre puntato su di lui, come in quel momento.
Quel campo era il suo palco, il palco giapponese da calcare che si era impegnato tanto a conquistare giocando all’estero.
Anche Kageyama si lasciò finalmente andare ad un urlo belluino per festeggiare il nono ace di fila. Aki sobbalzò.
“Lo zio Shoyo è troppo bravo! Vero? Vero?” gli chiese, eccitata, e lui non poté fare a meno di annuire con il capo.
Purtroppo, però, quello fu l'ultimo punto fatto da Hinata. La squadra avversaria riprese pian piano coraggio dopo il suo errore al decimo servizio e, punto dopo punto, conquistò anche il secondo set.
Mentre nel palazzetto scrosciava un applauso per vincitori e vinti e i Suntory Sunbirds davano la mano agli avversari, Kageyama afferrò Aki che tentava di correre sgusciando verso il campo e, la bambina tra le braccia, scese freneticamente i gradini degli spalti fino alla fila di sedili più vicina al parquet.
Hinata li notò quasi subito e si avvicinò per stringere forte Aki, che aveva cominciato a piangere.
“Vinceremo la prossima!” cercò di consolarla, ma la bambina non voleva saperne di staccarsi da lui, una perfetta, minuscola imitazione di sua madre il giorno precedente. Con un sospiro, cominciò a batterle una mano sulla schiena con fare protettivo per consolarla.
“Hai giocato bene.” mormorò Kageyama sentendosi stranamente nervoso: si sentiva a disagio a cercare di consolarlo quando la squadra aveva giocato una partita sotto tono ed era stato lui l'unico trascinatore che, però, non era bastato.
Hinata, tuttavia, gli sorrise, gli occhi inaspettatamente lucidi, più a disagio di lui.
“Grazie per essere venuto a vedermi.” gli sussurrò in risposta e abbassò lo sguardo per non incontrare ancora il suo.
“Che cos'hai?” gli chiese Kageyama in tono più duro di quanto si aspettasse.
“Natsu.” mormorò cercando di non farsi sentire da Aki.
“Non devi preoccuparti per lei, sono certo che abbia vinto.”
“La mamma ha vinto, vero?” li interruppe all'improvviso Aki tra le lacrime.
“Fa-facciamo il tifo per lei finché non ci chiama, va bene?” la rassicurò Shoyo cercando di sorridere “Però smettila di piangere.”
La bambina annuì e tirò su con il naso per fermare le lacrime, poi prese la mano di Kageyama.
“Zio Shoyo, fai presto e corriamo subito a casa, così chiamiamo la mamma!” disse cominciando a trascinarlo via.
“Ti aspettiamo all'ingresso.” concluse Kageyama voltandosi per seguirla.
Seduti nei sedili all'ingresso, mentre il palazzetto di svuotava lentamente ed i neon si spegnevano uno dopo l'altro, Aki si addormentò sulle ginocchia di Kageyama. Durante l’attesa il ragazzo si perse nei pensieri, gli occhi fissi sull'unico neon rimasto acceso nella sala di attesa all’ingresso. Ma non illuminava Hinata.
C'era qualcosa che turbava il suo fidanzato, oltre la questione di Natsu: non l'aveva mai sentito giù così a lungo dopo che la ragazza si era presentata a casa sua. Di solito la sosteneva sempre in quella storia d'amore senza futuro e lui e Hinata finivano per discutere come se fossero stati loro stessi i protagonisti.
Era forse preoccupato per la squadra? Gli aveva detto più e più volte di non accontentarsi della prima offerta ricevuta, di non tornare in Giappone, ma Hinata era più testardo di lui e aveva deciso comunque di portare avanti la sua decisione, anche se i Suntory Birds non erano così forti.
Gli stava venendo il mal di testa.
“Kageyama?” lo chiamò improvvisamente una voce conosciuta. Hinata era in piedi di fronte a lui, completamente avvolto nella sua sciarpa e il borsone sulla spalla, in attesa. “Andiamo?”
Kageyama annuì con il capo e prese Aki in braccio con delicatezza, cercando di non svegliarla.
“Si è stancata molto, oggi.” commentò Shoyo, intenerito “E non deve essere un bel momento per lei.”
Anche per te, vero?” avrebbe voluto chiedergli Kageyama, ma Hinata si addormentò non appena salirono sul treno per tornare a Mino, la guancia sulla sua spalla, stremato da pensieri a cui lui faticava persino a dar forma.
 


 
 
Note:
quando credi che la parte più difficile sia mettere l’idea che hai in testa per iscritto, poi ti rendi conto che la revisione è un momento ancora più difficile. Buongiorno a tutti e grazie della pazienza! Questa è la ragione del mio ritardo nell’aggiornamento! XD
Questo capitolo doveva cominciare a sviscerare molte cose, quindi ho dovuto rivederlo più volte per renderlo quanto più vicino possibile a ciò che vorrei comunicare. Spero, in ogni caso, di non essere andata OOC, soprattutto per quanto riguarda Hinata. In questo capitolo il suo dramma è ancora tutto dentro di lui, ma in qualche modo è riuscito a farsi forza durante la partita. Ho fatto arrovellare un po’ anche Kageyama, che non fa mai male XD
Chi ha letto le mie precedenti shot nel fandom sa che lo amo così tanto che il mio passatempo preferito è torturarlo, infatti adoro scrivere dei momenti in cui Aki “maltratta” lo zio Tobio, ma sempre con amore, eh! :D
Ultima cosa, il parco di Mino esiste davvero. Cercatelo su Google, il foliage degli aceri in autunno è stupendo!
Ringrazio di cuore i tre adorati lettori che si sono fermati a lasciarmi un parere, aki_penn, MoOny_ e Clau (appena possibile vi risponderò singolarmente, scusatemi se non l’ho ancora fatto! *si inchina*), tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite (Ar1anna, canyonmoon e Goodnightmoon) e le seguite (jazzy e Plxsdontcry) e che passano di qui e si fermano a leggere.
Sono felice che la storia vi stia piacendo e vi ringrazio per il tempo che le dedicate.
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo! Non disperate, ci siamo quasi! :D

 
Alla prossima!
Ayumi


 
[1] Treno ad alta velocità giapponese.
[2] Mino è la città dove ha sede la squadra dei Suntory Birds (https://it.wikipedia.org/wiki/Suntory_Sunbirds)
[3] Piccoli supermercati di quartiere in cui vendono un po’ di tutto.
[4] Polpette di riso.
[5] Il campionato di pallavolo giapponese, come quello italiano, va da ottobre a marzo. A partire da aprile si giocano play off (per la Lega superiore) e play out (per evitare la retrocessione). Per maggiori info, munitevi di traduttore! : )
https://www.vleague.jp/
[6] Prima serie del campionato di pallavolo giapponese, maschile o femminile.
[7] Omelette di riso fritto.

   
 
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