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Autore: Ayumi Yoshida    19/08/2021    3 recensioni
“Era Natsu alla porta?”
“Sì.”

“Ancora?”
Il tono di voce di Kageyama era quasi rassegnato. Shoyo annuì di nuovo senza dare segno di averlo notato.
“Dovrebbero farla finita una buona volta.” butto allora lì Kageyama con un grugnito “Separarsi una volta e per sempre. Dovresti smettere di essere così disponibile e dirglielo.”

Una separazione che si ripete in una riunione riuscita a metà.
(Leggermente angst - Principalmente KageHina)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Natsu Hinata, Shouyou Hinata, Tadashi Yamaguchi, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Venerdi

Venerdì, sabato e domenica





 

 

1 - Venerdì
 
“Natsu!”
Sua sorella, i capelli legati malamente in una coda e il borsone in una mano, lo salutò dal ciglio della porta con un sorriso che sapeva di lacrime. La sua nipotina, invece, gli si lanciò addosso urlando eccitata nonostante si fossero visti solo qualche giorno prima.
“Aki-chan!” esclamò Shoyo lasciandosi stritolare con fervore dalla bambina mentre Natsu si richiudeva la porta d'ingresso alle spalle. “Che bello vederti! Ma cosa ci fate qui? Domani non hai una partita a Tokyo?” chiese, rivolto a sua sorella.
Ella annuì con la testa, in silenzio.
Entusiasta, Shoyo esclamò come un fiume in piena: “Potevi avvertirmi che sareste venute! Vi avrei fatto trovare qualcosa da mangiare! Sono appena tornato dagli allenamenti e non ho-”
“Io non resto, Shoyo.” lo interruppe Natsu in un mormorio sommesso, senza alzare lo sguardo “Sono qui per Aki.” E mentre l'altro la guardava, incuriosito, balbettò: “È che... Shinichi...”
Non di nuovo.
“Vedrai che tornerà tutto a posto!” esclamò Shoyo impedendole di continuare a parlare e tentando di sorridere, fiducioso. Natsu ricambiò il sorriso, incoraggiata, soltanto per un secondo, poi il suo viso si rigò di lacrime nere e gli si lanciò addosso, stringendolo talmente forte da lasciarlo senza fiato.
“Co-continuo a ripetermelo anch'io...” sussurrò contro la sua spalla, continuando a singhiozzare a bassa voce per non farsi udire da Aki “Speriamo torni davvero...”
Senza neppure pensarci, Shoyo le portò la mano sinistra attorno al collo per consolarla.
“Ma certo che tornerà!” esclamò in tono sicuro “Stai tranquilla, ad Aki-chan ci penso io!”
Natsu sollevò lievemente lo sguardo e finalmente gli sorrise sommessamente: ormai aveva smesso di piangere, e sul suo viso restavano soltanto le due righe nere del mascara sbavato.
“Ti ringrazio tanto! Mi raccomando non dire nulla a mamma! Ti chiamo appena posso!”
Carezzò la testa della bambina, lo strinse un'ultima volta in un abbraccio disperato e calzò in fretta le scarpe da ginnastica per andarsene.
Shoyo non riuscì a dire nulla guardandola mentre si richiudeva la porta alle spalle, insolitamente ricurve sotto il peso del borsone. Quella era la terza volta dall'inizio dell'anno che il compagno di sua sorella se ne andava di casa all'improvviso, lasciando Natsu da sola. La prima volta era accaduto quando sua sorella aveva scoperto di aspettare Aki, facendo andare sua madre su tutte le furie.
Shoyo non avrebbe mai dimenticato le due notti che Natsu, poco più che ventenne, aveva trascorso a casa sua dopo essersi presentata sull'uscio di casa con le mani a proteggere la pancia e gli occhi pieni di lacrime. Poi Shinichi aveva bussato alla sua porta e da quella volta non erano più riusciti a contare le volte che era andato via di casa.
Ogni volta sua sorella correva piangendo a casa sua, diceva che era tutta colpa della sua ossessione per la pallavolo, che giocare nella squadra le impediva di essere una buona moglie ed era compito di Shoyo starle accanto. A sua mamma non poteva dire nulla, perché ella non aveva approvato sin dall'inizio quella relazione che Natsu si ostinava a portare avanti, nonostante tutto ciò che era accaduto. E lui, lui voleva troppo bene a sua sorella per vederla ridursi ancora come in quelle due maledetti notti, per dirle qualcosa di diverso da ciò che lei voleva sentirsi dire, e si faceva in quattro per consolarla e per aiutarla tutte le volte che accadeva.
Anche se ormai erano diventate davvero troppe: era appena febbraio, e gli sembrava che Aki fosse stata più con lui che a casa propria negli ultimi mesi.
“Zio Shoyo, dov'è lo zio Tobio?” gli chiese la bambina guardandosi intorno, mentre la prendeva per mano per condurla nel soggiorno.
“Lo zio Tobio è a Tokyo.” replicò Shoyo spingendola verso il divano. Accese la televisione. “Vediamo One Piece?” suggerì, ma la bambina scosse la testa vigorosamente.
“Voglio vedere Doraemon. E la zia Hitoka?”
“Poi la chiamiamo. Nel frattempo siediti.”
Ma Aki continuò l'appello, come faceva tutte le volte che arrivava a casa sua e la trovava stranamente silenziosa e vuota, al massimo disseminata di residui di dolcetti, pantaloncini e palloni da pallavolo lanciati dappertutto in allenamenti improvvisati quando si annoiava.
“E gli zii Tadashi e Tsukki?”
“Loro sono occupati in questi giorni.” cercò di tagliar corto Shoyo. Non poteva raccontarle che Yamaguchi e Tsukishima, a differenza sua e di Kageyama, alla fine ce l'avevano fatta a ricongiungersi e avevano preso casa a Tokyo, poco distante da dove abitava Kageyama. Gli avevano detto di essere impegnati con il trasloco e si parlava addirittura di matrimonio, anche se non sembrava proprio un'idea di Tsukishima. Hinata ancora non riusciva a crederci.
“Zio Shoyo, ma perché sei sempre da solo quando vengo a trovarti?” sì lamentò la bambina facendo uno smorfia e tuffandosi sul divano. Poi gli sorrise largamente: “Guardiamo Doraemon?”
Il ragazzo annuì con aria assente, cominciando a smanettare sui programmi della smart TV mentre si perdeva nei pensieri.
Da quanto tempo non vedeva Kageyama? Due mesi, se non considerava le videochiamate che facevano non appena avevano un momento libero. Da quando Kageyama era rientrato a giocare in Giappone, a Tokyo, a volte gli sembrava che vedersi e sentirsi fosse ancora più difficile di quando erano ai due antipodi del mondo[1], nonostante lui abitasse nella prefettura di Osaka, a tre ore e mezzo di shinkansen[2] da Kageyama.
Per Natale il ragazzo si era recato a casa sua e avevano passato insieme la settimana di pausa del campionato tra Natale e l'inizio dell'anno nuovo. Erano andati anche insieme al tempio il primo dell'anno, e Shoyo aveva pregato che sia la loro relazione che il lavoro andassero bene, ma forse quella preghiera stava funzionando solo a metà.
“Chiamiamo lo zio Tobio?” chiese Aki ad un tratto, distogliendo lo sguardo dalla televisione.
Shoyo annuì con la testa. Si stava sentendo con Kageyama proprio prima che Natsu gli piombasse in casa con Aki e sapeva che l’altro era a fare il solito jogging serale prima di cena, quindi non lo avrebbero disturbato.
Afferrato il telefono, cliccò sull'icona di Line[3] e, posizionato lo schermo davanti alla bambina, fece partire la videochiamata.
“Zio Tobioooooooo!” trillò la piccola non appena videro comparire il viso di Kageyama davanti ai loro occhi. Il volto nello schermo, avvolto in sciarpa e berretto pesanti, si lasciò andare ad un sorriso tirato, ma cortese per salutarla.
“Aki-chan. Come stai?”
Kageyama riusciva ad essere insolitamente gentile con Aki, anche se non riusciva mai a celare lo strano imbarazzo che provava al parlare con la bambina. Ma Aki lo adorava, e riusciva sempre a fargli fare cose che Shoyo considerava improbabili. Tipo sorridere o chiacchiere con lei per venti minuti degli unicorni multicolore molto in voga in quel momento tra le bambine.
“Sono triste perché non ci sei!” trillò la bambina mostrando nuovamente il suo solito broncio “Quando torni? Anche lo zio Shoyo è triste!”
“Aki-chan!” esclamò allora Shoyo togliendole freneticamente il telefono dalle mani.
“Scherza, qui tutto a gonfie vele!” puntualizzò con un sorriso a trentadue denti mentre lei gli mostrava la lingua, offesa, e Kageyama sospirava dall'altro lato della schermo.
“Possiamo parlare?” gli chiese in tono urgente. Shoyo annuì con la testa e, accertatosi che Aki fosse nuovamente rapita dalla televisione, si infilò gli auricolari senza fili.
“Era Natsu alla porta?”
“Sì.”
Ancora?
Il tono di voce di Kageyama era quasi rassegnato. Shoyo annuì di nuovo senza dare  segno di averlo notato.
“Dovrebbero farla finita una buona volta.” butto allora lì Kageyama con un grugnito “Separarsi una volta e per sempre. Dovresti smettere di essere così disponibile e dirglielo.”
Shoyo spalancò la bocca, incredulo.
“Ma non posso, Natsu lo ama!” protestò a voce troppo alta. Lanciò uno sguardo in tralice ad Aki, ma la bambina non lo stava degnando affatto di attenzione, troppo presa a canticchiare la opening di Doraemon. Santa riproduzione automatica.
“E lui? Sei davvero convinto che lui la ami?” gli chiese Kageyama con la voce piatta, riportandolo di nuovo a quella conversazione che non avrebbe voluto avere proprio con lui “È già la terza volta che se ne va di casa dall'inizio dell'anno, e ho perso il conto delle volte che l'ha fatto lo scorso anno.”
Shoyo abbassò la testa in silenzio, il telefono saldo nel palmo della mano. Anche loro due stavano più tempo separati che insieme, però la loro relazione andava avanti. Tra alti e bassi, discutendo di stupide gelosie immaginarie, senza poter vivere insieme i momenti più importanti, ma andava avanti.
Per quel motivo, non appena aveva saputo che anche Kageyama sarebbe tornato, aveva deciso di proporsi nuovamente come giocatore nella prima serie giapponese anche se l'unica squadra disponibile ad ingaggiarlo era stata la Suntory Sunbirds[4] di Mino, nella prefettura di Osaka, a circa cinquecento chilometri da Tokyo[5], dove Kageyama giocava nel FC Tokyo.[6]
“Non me la sento di parlare con Natsu di questo.” mormorò a voce talmente bassa che vide Kageyama corrugare le sopracciglia e spingersi l'auricolare destro a fondo nell'orecchio nello sforzo di udirlo meglio.
Il ragazzo si limitò a stringere le labbra e disse: “Ne parliamo un'altra volta, qui comincia a fare freddo e devo rientrare. Mi raccomando, prepara qualcosa per Aki-chan, non ordinare ancora da asporto!”
“Mi hai beccato, non ho nulla nel frigo!” esclamò Shoyo in tono nuovamente vivace, cercando di sorridere “Oggi non ho fatto in tempo a fare la spesa. Ma domani è sabato e-”
“Ho capito, ho capito.” tagliò corto Kageyama alzando gli occhi al cielo “ Ci sentiamo domani.” si congedò e riattaccò proprio mentre Aki strillava: “Voglio salutare lo zio Tobio!” tuffandosi sulle sue ginocchia per farsi inquadrare nello schermo.
“Nikuman[7] per cena?” le propose allora Shoyo con un sorriso forzato, ma lei improvvisò un'esultanza con le braccia al cielo che significava: “sì” senza accorgersi di nulla.
Smanettando sul telefono per ordinare la cena, i suoi pensieri andarono nuovamente a Natsu. Shoyo sperava che non avesse più pianto, in auto con la sua compagna di squadra, durante il viaggio che l'avrebbe condotta a Tokyo per la partita dell'indomani. Shoyo era certo che le continue fughe di Shinichi non dipendessero affatto da lei e o dalla sua carriera di giocatrice professionista nella Lega V2[8] come ella continuava a ripetere, ma, nonostante tutto, non riusciva a parlarle apertamente.
Ogni volta che la vedeva in lacrime capiva bene come dovesse sentirsi, la vedeva distrutta dalle continue separazioni, preda del senso di colpa, e non riusciva che a dirle: “Andrà tutto bene. Resisti. Sei forte.”
Era quello che lui stesso si ripeteva tutte le volte che le telefonate con Kageyama sembravano troppo corte, che le sue visite si facevano saltuarie, tutte le volte che, nonostante gli sforzi, risultava impossibile avvicinarsi.
Anche lui viveva costantemente una separazione, e sapeva che se ne poteva uscire. Che alla fine tutto tornava miracolosamente a posto, se ci si impegnava al massimo.
Però per tutta la notte non riuscì a spiegarsi quel senso di inquietudine che lo attanagliò mentre Aki, distesa accanto a lui, dormiva fin troppo placidamente per essere una bambina così lontana da sua madre.
 
 
 
Note:
buonasera a tutti e happy Haikyu Day!
Sono così contenta di aver scoperto questa opera e di essere parte di questo stupendo fandom, grazie a tutti coloro che l’hanno reso possibile! In primis, grazie a Furudate-sensei, per averci permesso di giocare a pallavolo con questi magnifici personaggi!
Per me Haikyu ha significato riavvicinarmi al mondo “manga, anime e fanfiction” dopo un periodo molto buio, quindi non posso che essere grata di poter vivere questa grande emozione ogni giorno!
Ringrazio di cuore chi si è fermato a leggere il primo capitolo di questa strana fic in tre capitoli, che ha visto la sua prima, forsennata stesura tra il 10 ed il 12 aprile.
Sono molto affezionata a questa storia, perché rappresenta un viaggio “interno” che mi sono ritrovata a fare più e più volte.
Capita a tutti di dover affrontare qualche difficoltà che ci sembra difficile da sormontare, una situazione che ci fa stare male, ma la cosa più bella è superare le difficoltà e poi guardarsi indietro e rendersi conto che tutto è risolto, in qualche modo.
Nel far vivere a qualcuno questa situazione così difficile, ho scelto senza indugio Hinata, che notoriamente non si arrende mai e cerca di arrivare dovunque con l’impegno. È una specie di test, perché, come ben sa chi mi legge anche su altri fandom, mi piace esplorare i lati dei personaggi che gli autori non ci fanno vedere. Questo è il mio primo approccio nel fandom di Haikyu con tematiche un po’ più tristi e meno fluff, spero di non essere andata troppo OOC.
Ho cominciato a disseminare un po’ di indizi qua e là per costruire un po’ di contesto intorno ai personaggi, il resto si scoprirà nei prossimi capitoli! Ma se avete qualche curiosità sono pronta a rispondere senza problemi! :D
Fatemi sapere cosa ne pensate! : ) Prometto che l’aggiornamento arriverà presto! : )
 
Ja ne,
 
Ayumi


[1] SPOILER! Alla fine del manga Kageyama gioca a Roma e Hinata a San Paolo.
[2] Treno ad alta velocità giapponese.
[3] Line è il Whatsapp giapponese.
[5] Dati reali presi da Google : )
[7] Ravioli ripieni di carne cotti al vapore.
[8] Seconda serie di pallavolo giapponese, maschile o femminile.
   
 
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