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Autore: Gaia Bessie    11/12/2021    1 recensioni
[tw: bullismo]
Hogwarts è tutta da ricucire.
Strappata lungo i bordi, una smarginatura impossibile da ricamare come un centrino, con punti invisibili. No. In Hogwarts è visibile ogni inutile cicatrice, ogni graffio cicatrizzato male, è tutta una mappa punteggiata da ago e filo.
Hogwarts è tutta da ricucire – di Draco Malfoy rimane un brandello di tessuto stracciato: quando torna a scuola, s’aspetta domande, grida, improperi. Non ottiene niente di tutto ciò e, quando finalmente apre gli occhi per cercare quell’attenzione venefica che dovrebbe sbocciargli attorno come pianta velenosa, trova Hermione Granger con le mani in fianco a gridare.
Siete impazziti? È solamente una bambina!
Partecipa al "Calendario dell'avvento" organizzato da Cora Line sul Forum "Ferisce più la penna".
Partecipa alle iniziative "Regali di inchiostro" e "A corde di Acquaviola" indette sul gruppo Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta".
Per Marti L.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Astoria/Fred, Draco/Astoria
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per Marti.
In attesa del prossimo mega abbraccio, ti mando una Drastoria "scritta decentemente" (spero).



Hogwarts è tutta da ricucire.
Strappata lungo i bordi, una smarginatura impossibile da ricamare come un centrino, con punti invisibili. No. In Hogwarts è visibile ogni inutile cicatrice, ogni graffio cicatrizzato male, è tutta una mappa punteggiata da ago e filo.
Hogwarts è tutta da ricucire – di Draco Malfoy rimane un brandello di tessuto stracciato: quando torna a scuola, s’aspetta domande, grida, improperi. Non ottiene niente di tutto ciò e, quando finalmente apre gli occhi per cercare quell’attenzione venefica che dovrebbe sbocciargli attorno come pianta velenosa, trova Hermione Granger con le mani in fianco a gridare.
Siete impazziti? È solamente una bambina!
Draco si guarda indietro – intravede una macchietta che corre a tutta Burrobirra nei corridoi, bagnata di sole riflesso, non si ferma mai: Astoria Greengrass corre come se avesse Voldemort alle calcagna. Qualche volta inciampa, cade, ma non ha il tempo di sentire il dolore.
C’è sempre qualcuno che le corre dietro e Draco non ne comprende il perché.
 
Punto croce
 
Go easy on me, baby
I was still a child
Didn't get the chance to
Feel the world around me
I had no time to choose
What I chose to do
So go easy on me
(Adele, Easy on Me)
 
[Ricucire]
 
Le urla della Granger non servono a niente – Astoria Greengrass continua a correre nei corridoi, inseguita da un manipolo di ombre: qualche volta riesce a farla franca, altre volte la prendono per il mantello o per i capelli e lei non si lascia sfuggire un suono (ammutolita). Opaco, lo sguardo con cui la ragazza amaramente si guarda in giro per la Sala Grande, spento.
Draco Malfoy lo apprende così: che i figli di Mangiamorte non lo cercano tra i corridoi perché sono troppo occupati a fiutare la scia di quella ragazzina bionda come un tramonto (e altrettanto morente) che si spegne negli angoli bui dei corridoi.
Hermione Granger non sa tenere le redini della scuola – durante la ronda dei Caposcuola, glielo confessa sottovoce, in un momento di intimità che deve essersi cavata a forza con le unghie dalla gola: non so come aiutarla, Malfoy, dovresti pensarci tu.
A chi, domanda Draco illuminando il corridoio deserto con un Lumus e scoprendone i muri sfregiati da scritte.
La Granger sospira, tocca le pareti come se colassero ancora il sangue (la camera dei segreti è stata riaperta) della guerra e, calma, gli fa cenno di leggerne il contenuto.
«Sta a Serpeverde, Malfoy» constata, pacata. «Dovresti sentirla come una tua responsabilità».
Draco spalanca gli occhi, colano il rosso della vernice e qualche parola che gli si blocca in gola – nemici dell’erede, temete.
Lo confessa così, a Hermione Granger, che finalmente ha compreso: Daphne ha mollato tutto quanto, ha rinunciato ai M.A.G.O. per sposarsi con un damerino francese e imparare a essere una brava moglie. Sua sorella è rimasta seduta, composta e con la schiena dritta, nell’occhio del ciclone.
È tutto sbagliato, le dice, tutto da ricucire.
Ma quanti punti serviranno a cancellargli dalla mente il muro squarciato di quelle parole – Greengrass troia.
 
***
 
Arriva a lezione con un quarto d’ora di ritardo, ogni volta: Draco se ne rende conto quando, nella propria ora buca, la vede correre nei corridoi con la gonna messa al contrario e un asciugamano a tenerle insieme i capelli.
Lo scopre così – che Astoria ha provato ad alzarsi a ogni ora del giorno, per venire infradiciata con una secchiata d’acqua gelida dopo colazione e costringerla ad andare in dormitorio a cambiarsi, sacrificando la prima lezione della mattina. È sempre raffreddata.
La si vede sempre correre in Infermeria, alla sera, quando spera di trovarla deserta e, invece, le scritte cominciano già a far capolino sui muri (Greengrass zoccola) e lei nemmeno può fermarsi a cancellarle. Chiede una pozione per la tosse e finge di ascoltare Madama Chips quando le dice che sarebbe anche ora di indossare una sciarpa, se è così cagionevole.
Non dice una parola – Draco la prende una parte, un giorno che sa di inverno precoce, e le domanda se non abbia voglia di raccontargli cosa le stia succedendo: Astoria Greengrass ride, mascherandolo con un sincero colpo di tosse, e scuote il capo.
«Non succede niente, Malfoy» commenta, coraggiosamente (voce incrinata). «Va tutto a meraviglia, no?».
Lui alza un sopracciglio, pensa all’urlo di Hermione Granger nei corridoi, mentre le ombre fuggivano via: è solamente una bambina.
Astoria Greengrass ha quindici anni – nessuna idea del mondo: voleva una storia d’amore, l’ha avuta, ne ha accettato le conseguenze.
È stata la prima cosa che gli hanno detto, quando ha cominciato a esplorare le cuciture di quell’Hogwarts rimessa a nuovo: hai tradito il Signore Oscuro, Malfoy, ma comunque meno di lei – traditori, i suoi genitori, Traditrice lei (del proprio sangue): Herbert Greengrass è morto per mano di Rabastan Lestrange, la minore delle sue figlie ha avuto la presunzione di sognare l’amore. E lo ha avuto, per un po’.
«Non va tutto a meraviglia, Greengrass» sibila Draco, sdegnoso. «Pensi che non me ne sia accorto?».
«Penso che non dovrebbe importarti» risponde lei, pacata. «Come al resto della scuola, d’altronde».
«Daphne è fuggita, tu sei rimasta a raccogliere i cocci» suona come un’accusa. «Pensi che la gente dimenticherà solo perché sopporti in silenzio?».
Astoria Greengrass scrolla le spalle, si allontana a grandi passi, senza dire una parola: ha i capelli umidi che le scivolano come acqua sulle spalle, le punte gonfie per l’umidità e le lunghezze cariche di elettricità statica. La divisa di Serpeverde, sì, e finalmente la sciarpa che Madama Chips le ha consigliato: con un brivido di orrore, in quel pezzo di tessuto Draco Malfoy vi scopre la silenziosa resistenza combattuta da Astoria – è una sciarpa di Grifondoro, che fa a pezzi con la divisa di Serpeverde che, nonostante le dicano giornalmente che non la meriti, continua a indossare con fierezza.
«Le persone non dimenticano, Malfoy» sussurra, prima di correre via. «Anche io non lo faccio mai».
Ma, mentre corre via, il rumore dei suoi passi scandiscono le frasi cancellate dai muri, le cui cicatrici sono ancora lì, sotto l’incantesimo lanciato da Hermione Granger per pulirle – Greengrass troia, Greengrass puttana.
 
***
 
Astoria non si spezza.
Ma, il giorno in cui iniziano a circolare le sue fotografie al funerale dei caduti, qualcosa s’incrina – l’hanno immortalata nel momento in cui ha pianto tra le braccia di George Weasley, nascondendogli il viso nel petto, lei, minuscola come una briciolina di pane. Non che si veda niente, in quella fotografia, le hanno scritto sopra con l’inchiostro rosso e nemmeno si capirebbe che è lei, non fosse per quei capelli oscenamente biondi.
Troia.
Quel giorno, Draco Malfoy trova Astoria Greengrass sepolta in un campo di pioggia e fango, vetro soffiato, quando alza la mano e si taglia con un frammento d’acqua che crolla giù dal cielo (a pezzi). La ragazza guarda il cielo come se le potesse crollare in testa, in un sussurro.
Pensa che stia singhiozzando alla pioggia i propri tormenti ma, quando finalmente la raggiunge, Astoria è fradicia ma ha gli occhi gloriosamente asciutti: non trema nemmeno un po’, anche se l’acqua gelida le si insinua sotto la camicia, ormai zuppa d’acqua piovana, e lo sguardo che rivolge a Draco è così dolcemente pacato da togliergli le parole di bocca.
«Dovresti essere a lezione».
«Non mi andava di ricevere la secchiata d’acqua del buongiorno» esala lei, divertita. «Ho pensato che la pioggia fosse un giusto compromesso».
Lui si siede accanto a lei, sul terreno fangoso, fregandosene della divisa macchiata e sporcata (come lei).
«I compromessi non esistono» sussurra, scuotendo il capo. «Ti sei arresa e lo sai anche tu».
Ma Astoria scrolla le spalle, con un sorriso che le taglia la faccia – controluce: l’ennesima cicatrice.
«E tu? Tu non ti sei arreso?».
Draco pensa a tutte le stracciature che la sua vita ha conosciuto e, di tutte quelle, quante non ne ha riparate mai: Astoria lo guarda con curiosità ma, dietro quel velo con cui caparbiamente maschera lo stravolgimento doloroso dei lineamenti, la piccola Greengrass è ferita quanto lui.
Hogwarts è tutta da ricucire – anche lei.
Anche loro.
«Non sono io che…».
«No, a te non chiamano troia o zoccola o puttana, immagino» commenta lei, amaramente. «A te non dicono che hai amato troppo».
«A me dicono che non ho amato affatto» risponde Draco, scrollando le spalle. «Ci prendiamo le colpe che meritiamo, Astoria: se non reagisci, vuol dire…».
La fa ridere – un suono amaro e infranto che crepa il cielo in altra pioggia scrosciante: e, quando ride, Astoria Greengrass lo fa come se quel gesto potesse spezzarle il cuore (un po’ di più).
«Non ho avuto la possibilità di poter scegliere» sussurra, quieta. «Mi è piombato tra capo e collo, ho potuto solamente accettarlo».
«Anche io» risponde Draco, calmo. «Io…».
«Non paragonare il fatto che io mi sia innamorata a tredici anni al tuo Marchio, Draco» commenta lei, scrollando le spalle. «Entrambi non ci meritiamo una punizione ma…».
«Tu la meriti anche meno di me».
«Io non ho potuto scegliere per davvero» mormora lei, stringendo le mani a pugno. «Se avessi scelto di lasciarlo perdere, mi sarei spezzata a metà».
«E adesso?» domanda lui, sfiorandole il dorso della mano (e scoprendo le mezzelune rossastre che le decorano i palmi). «Adesso non sei spezzata?».
Astoria sorride – ha gli occhi azzurri come un fiordaliso ma, quando sorride, Draco scopre che a masticarne i petali rimane solamente l’amaro in bocca: e lei sorride, con la linfa che le cola come veleno tra i denti, sorride per non dirgli una verità altrettanto velenosa. Che lei non si spezza.
Che Astoria non è carta, che basta un goccio d’acqua per sfaldarla, che Astoria non è nemmeno foglia incrinata dalle intemperie – ha imparato a ricucirsi le ferite, la minore delle Greengrass e, adesso che Malfoy cerca d’intuirne il bordo sfrangiato dei cocci che la compongono, afferma d’esser ancora integra.
«Io non mi spezzerò mai, Draco» sussurra lei, quieta. «Non ho avuto il tempo di scegliere da chi farmi ferire, vuol dire che non mi ferirà mai più nessuno».
Lui non riesce a dirle che non è così che funziona – Astoria Greengrass non ha paura di chiamarlo per nome, né di guardarlo negli occhi, lì dove si mormora che sia in grado di risucchiarti via l’anima al pari dei Dissennatori.
Astoria Greengrass corre per i corridoi, come Draco Malfoy viene circondato da un muro di silenzio: non timore, né riverenza – è che è vivo e non importa a molti, il fatto che il rampollo di Lucius e Narcissa sia sopravvissuto all’infamia della sua famiglia.
Malfoy è un fantasma che s’insinua tra le pareti della Sala Comune di Serpeverde: ignorato, di certo non amato, ma nemmeno temuto.
«Sei ancora una bambina» si lascia sfuggire lui, a disagio. «Dovresti avere il tempo di crescere».
Pensa alle grida della Granger, nei corridoi, mentre i passi di Astoria divorano il silenzio: cosa fate? È ancora una bambina – lo è per davvero.
Ma lei ride, inclinando la testa, offrendo la pelle al sottile taglio della pioggia: ma, in ogni caso, non c’è lacrima che trovi spazio in quegli occhi d’un azzurro irreale (un po’ sbavato, fuori dai contorni della matita che le contorna lo sguardo), non c’è sofferenza che le scavi il petto in un solco più profondo di quello lasciatole da Fred Weasley.
«C’è spazio per una sola favola, in ogni vita» commenta lei, alzandosi, facendo leva sulle ginocchia. «Io la mia l’ho avuta. E tu?».
Draco la osserva mentre s’allontana, saltellando sotto la pioggia scrosciante, i capelli che grondano le lacrime che le rimangono dentro gli occhi: Astoria Greengrass corre in mezzo al fango, con le impronte che le disegnano dietro una scia silenziosa.
Lei, la sua favola, l’ha avuta: ce l’ha dipinta nello sguardo pulito di bambina, nel momento in cui corre per i corridoi e, sulla scia delle grida di Hermione Granger, sorride amaramente. I muri le urlano insulti e, tutto quello che lei riesce a dire è: io, la mia favola, l’ho già avuta. E tu?
Draco rimane a scrutarne l’assenza fangosa, nel cortile, con quel silenzio che gli scava le ossa in un sussurro.
E tu?
E io?
 
***
 
La Granger cerca di imboccarle parole come fossero cucchiaini di miele: ma, quando il metallo del cucchiaio le sfiora le labbra, Astoria non dice mai una parola – non le domanda, non lo fa mai, perché Hermione Granger l’abbia presa come la sua missione di vita: è che la guerra ti ha tolto molte cose, le dice un giorno (disarmandola). Anche a me, sai?
La Granger rimane senza parole, quando lei gli rivolge quello sguardo azzurrissimo, domandandole con che coraggio si schieri in difesa di chi è senza peccati ma viene regolarmente preso a sassate tra una lezione e la successiva: Hermione inghiotte delle scuse inutili e, quando le domanda se non abbia bisogno di aiuto, Astoria Greengrass scoppia in una risata amarissima.
«Hai parlato con Draco, non è vero?».
Hermione non le domanda perché, in tutta Hogwarts, sia l’unica in grado di pronunciarne il nome come se fosse cosa dovuta, senza emozione a macchiarne la voce – né disprezzo, né rancore, nemmeno la tiepida indifferenza che Hermione stessa ha imparato a dedicargli. Ma Astoria ne pronuncia quelle lettere con calma dolceamara e, quando anche lui si sorprende di quel coraggio così poco Grifondoro (che è la sua eredità e lo sa anche lei), scrolla le spalle e sostiene che ognuno ottiene quel che si merita e, se è fortunato, anche qualcosa di più.
Draco Malfoy è fortunato – sopravvissuto alle intemperie con una scintilla che gli fuma dentro e, quando Astoria gronda acqua gelida nei corridoi e qualcuno la spintona, facendola scivolare sui propri passi, sembra dirlo: io, la mia fortuna, l’ho esaurita già da un po’.
«Perché non parli con i professori, non chiedi aiuto?» domanda Hermione, gli occhi castani pieni di speranze. «Tutti hanno bisogno di aiuto, in questo mondo».
Ma Astoria, che siede a lezione con i capelli arricciati e resi crespi dall’umidità e, alle interrogazioni, starnutisce su ogni formula, ride fino a graffiarsi la gola.
«E pensi che sia un segreto?» le domanda, alzando un sopracciglio. «Che nessuno ci va piano, con me, che non conta alcuna giustificazione, nessuna remora di coscienza: le persone hanno bisogno di un capro espiatorio, Granger. Anche quelle come te».
A lei soffocano le parole tra la gola e i polmoni, riempendoglieli di quella medesima acqua gelida che sgocciola dal maglione della minore delle Greengrass: Astoria scuote il capo, in un brandello di tempesta, e corre via.
Nel rumore dei suoi passi, qualcuno sembra seguirla – ma, quando Hermione si volta con aria battagliera, incontra solamente lo sguardo stremato di Draco Malfoy.
«Non puoi salvare tutti, Granger» commenta, lui, scuotendo il capo. «Penso che ci siano tante cose rovinate, qui, ma Astoria Greengrass è la più rovinata di tutte».
Perché è tutto sbagliato, pensa Hermione con sgomento, tutto da ricucire: Hogwarts è ancora ferita e, quando una ragazzina che ha malapena quindici anni si accascia sul proprio letto, nel dormitorio di Serpeverde, con il viso macchiato di esasperazione, vuol dire che non funziona più niente. Avevamo bisogno di un capro espiatorio, sussurra Draco Malfoy, sistemandosi i polsini della camicia: abbiamo scelto lei perché, di tutte le colpe che avremmo potuto condannare, era la sola ad aver amato troppo.
Non hanno condannato i Mangiamorte sopravvissuti (non esistono pentiti, Granger, forse nemmeno io riesco a esserlo), né chi ha ucciso, torturato, approfittato dell’alone di confusione che s’era impadronito di Hogwarts.
Hanno scelto di punire Astoria Greengrass perché, di tutto ciò che avrebbe potuto commettere, aveva scelto di amare un’ombra: mai fedele a nessuna causa, indifendibile da chi aveva amato Fred Weasley più di lei, indifendibile da chi s’era macchiato di oscurità e l’aveva trovata sempre insospettabilmente pulita sotto gli strati di cenere.
Hermione comprende: che non è solamente l’aver amato troppo, ma è il non aver sbagliato né fatto bene. Astoria Greengrass non si è schierata – né amore né famiglia – e, quando tutto le è crollato addosso come un inutile castello di carte, ha accettato le conseguenze che è convinta di meritarsi.
«Ma era solamente una bambina» mormora, lei, tormentandosi una ciocca di capelli. «Come avrebbe potuto scegliere?».
Draco sorride, il viso contratto in una smorfia piena di comprensione – e io? – mentre la Granger spalanca gli occhi, balbettando una scusa imbarazzata che lui finge d’accettare e di comprendere.
«Esiste davvero qualcuno che ha avuto possibilità di scelta, in questo mondo?» domanda, laconico. «Non farò di Astoria Greengrass una martire, non vorrebbe essere considerata così. Però…».
Hermione non lo dice – si mangia quelle parole, le beve come l’acqua che inghiotte Astoria ogni mattina, quando le scola il trucco e le si insinua sotto i vestiti: però vorresti essere quello che la salva, non è vero che lo vorresti?
Draco Malfoy la osserva, gelido come una rosa di neve, mentre lei cerca di trovare le parole: non siamo amici, Granger, ma se l’aiuti, forse. Forse sì.
Lei sorride, in testa il rimbombo di una corsa nei corridoi che non ha il coraggio di punire, mentre Draco si mette le mani in tasca e fa per allontanarsi.
«Malfoy?».
Si volta, in tralice, con gli occhi persi in chissà che pensiero sfuggente, imperfetto (ricucito): il giovane Malfoy ha scampato la propria punizione ma, e lo sa bene anche lui, niente è per sempre. Nemmeno la calma gelida con cui Astoria Greengrass strizza i propri vestiti alla mattina e inghiotte la pozione contro l’influenza, alla sera.
Alla Granger non lo dice – che non esistono crimini impuniti o dimenticati, è solamente frutto di un’incongruenza di occasioni: e forse lui non finirà di nuovo steso in un bagno con il sangue che gli scola via dal corpo, ma un giorno gli presenteranno il conto per il chiamarsi Malfoy.
«Quello che stai facendo è molto bello, ne sei consapevole?».
Lui china il capo, imbarazzato – non le dice che è un passaggio di testimone e, il giorno in cui i sopravvissuti si dimenticheranno del doppio tradimento di Astoria Greengrass, toccherà a lui.
«Smettila di essere così disgustosamente romantica, Granger» borbotta, avviandosi lungo il corridoio. «L’hai detto tu: è a malapena una ragazzina».
 
***
 
Un giorno, poi, l’equilibrio si spezza – non Astoria: per quanto Hermione Granger continui a pattugliare i bagni, aspettandosi di trovarla zuppa di lacrime tra le piastrelle, alla fine non la trova mai. In compenso, un giorno che ha il sapore di speranze carbonizzate, Hermione trova Draco Malfoy seduto sotto un lavandino, il capo incastrato tra la ceramica e il muro: s’è nascosto nel bagno di Mirtilla, con il fantasma che l’ascolta (ammutolita, che sia ormai abitudine?) e mugola, indignato, strillando a squarciagola quando Hermione muove un passo verso di lui.
(Ti lascio con la tua fidanzata, nessuno amerà mai la povera Mirtilla!).
«Malfoy?».
Lui sta ridendo, un suono raschiato e fischiettante per via di quell’aria che passa dal naso e compie un percorso sbagliato, innaturale: qualcuno gli ha fracassato il setto nasale e, al posto di andare in infermeria, Malfoy ha preferito stendersi sul pavimento del bagno per cantare vittoria – non a lei, commenta quando la Granger si siede accanto a lui, non è vero che la fortuna prima o poi deve girare?
Ma Hermione scuote il capo, con aria seria. Glielo dice così.
Che i Mangiamorte superstiti sono preoccupazione e tormento di chi ha combattuto e, per questo, Hogwarts è ferita riaperta: è una caccia al colpevole e, il fatto che un Grifondoro del quinto anno gli abbia piantato un pugno in pieno volto, come un Babbano, è solamente il sintomo di una cancrena inguaribile. Astoria Greengrass oggi ha smesso di correre.
S’è voltata e, facendo spalancare gli occhi di chi la stava inseguendo, l’ha detto: adesso basta, pensate davvero che io possa pentirmi di aver avuto quindici anni nel momento sbagliato?
«Si può sapere cosa vi è preso, a te e alla Greengrass?» domanda Hermione, forzandolo ad alzarsi. «Andiamo in infermeria».
Ma lui punta i piedi – la guarda negli occhi, con lei che storce il naso nel vedere la maschera di sangue secco che è il suo volto: Draco non accenna a pulirsi il volto e, allora, lei attende che parole gli rischiarino il volto.
«Cosa è successo ad Astoria?» domanda, stancamente. «Lascia perdere il mio naso, Granger, perché ti giuro che se me lo rovini te la farò pagare: cosa è successo ad Astoria?».
Hermione inghiotte una boccata d’aria – e soffoca in quel respiro forzato, mentre Draco le legge negli occhi quella consapevolezza dolorosa: cosa è successo ad Astoria?
«La trovi in infermeria» mormora, a disagio. «Oggi ha litigato con alcuni ragazzi nei corridoi e… io non c’ero, ma mi hanno detto che qualcuno ha lanciato una fattura di troppo».
Draco stringe i pugni – lei non fa in tempo nemmeno a prenderlo per un lembo della camicia, perché Draco Malfoy le volta le spalle e comincia a correre verso l’infermeria, il naso che sgocciola sangue sulle scarpe e, calpestandole, impronte rossastre sfregiano il corridoio.
E gli chiedessero il motivo per cui corre in quel modo, non saprebbe rispondere – ha uno squarcio nel cuore e ancora non sa come spiegarselo.
 
***
 
Madama Chips gli sistema il naso – ma, quando chiede di Astoria Greengrass, gli dice che la ragazza ha preferito andar via sulle proprie gambe: non ha fatto i nomi dei ragazzi che l’hanno aggredita, ma ha guardato il professor Lumacorno con un sorriso storto e gli ha detto. Ormai è tardi, non crede anche lei?
Il Direttore di Serpeverde ha perso le parole e, quando lei gli ha detto con permesso ed è andata via, Lumacorno è rimasto ad ascoltarne i passi, come se essi nascondessero la chiave di volta per comprendere le misteriose ragioni di quella ragazzina.
Lui la riscopre solamente all’alba del giorno successivo quando, avviandosi verso la lezione di Trasfigurazione, la trova che temporeggia fuori dalla Sala Grande – ha i capelli asciutti ma, lo sa, la staranno aspettando al varco: il perdono non si concede a piene mani, da quando la guerra è finita, nemmeno a chi potrebbe meritarselo.
Astoria Greengrass sorride, quando lui si ferma al suo cospetto – ha una corona in bilico sul capo chino, lei, che tentenna a ogni suo respiro (se cadesse, chi la raccoglierebbe?).
«Grazie» borbotta, lei, a disagio. «La Granger mi ha detto che hai chiesto di me, anche se eri in infermeria».
Draco non risponde – c’è un  momento preciso, nella storia del suo mondo, in cui tutto s’accartoccia per farsi cuore pulsante: Astoria Greengrass è ancora spaccata, un universo da ricucire ma, quando lui si china per sussurrarle qualcosa, lei sorride e gli cinge il collo con le braccia.
«Spero me lo saprai perdonare, sai?» mormora. «L’aver amato troppo».
A lui mancano le parole – non riesce a dirle che era (che è) ancora bambina e che, sebbene nessuno qui sappia perdonare, lui può fare a meno di portarle rancore per aver avuto quindici anni e la voglia di costruirsi attorno una favola (bella, bellissima). Perché Astoria finalmente sorride, per davvero, e gli sfiora la fronte con la propria.
Quel giorno sa di ricominciare – e forse alcune ferite non si possono chiudere con due punti incrociati ma, quando lei finalmente trova il coraggio di sfiorargli le labbra, forse va bene così. Astoria ha l’anima zuppa e il coraggio a riscaldarla.
Draco sente il dolore di quel brivido che le scuote il cuore: abiti bagnati e un po’ di freddo che soffia tra le costole. Ma, quando lei lo lascia andare, è la sua assenza a dolere.
Le loro sono ferite ricamate a punto croce – ma, quel giorno, quando Draco si sfiora il cuore alla ricerca di sangue essiccato, lo trova miracolosamente cicatrizzato.
Hogwarts è ancora tutta da ricucire.
Loro, però, non più.


 
Dovute spiegazioni: questa storia nasceva come missing moment della mia mini-long "Cuore Amaro", con cui condivide la tematica del bullismo ma, alla fine della fiera, purtroppo ha preso una strada diversa. Ma, ovviamente, se vi fosse piaciuto il tema, trovate i tre capitoli di Cuore Amaro sui miei profili EFP, Wattpad e AO3.
E niente. Questa storia, per quanto mi abbia fatta dannare (= l'ho scritta oggi, dopo essermi tirata una frase al giorno per due settimane), alla fine rappresenta ciò che sono: il mio percorso lo conosciamo tutti quanti, sono ancora Dracocentrica nonostante la sperimentazione per i regali di Natale. E, alla fine, dalla Drastoria ci torno sempre e comunque.
Spero vi sia piaciuta.
Gaia
   
 
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