Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    13/12/2021    5 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Direi che già il titolo vi avrà fatto venire almeno un dubbio… o no?
Leggete e poi saprete!
Ah dimenticavo una cosa importante… GRAZIE gente *_*
Eleonora

 
 
 
Cap. 13 Arriva il lavoro
 
Concordarono di vedersi con Ryo al Cat’s Eye, una mattina di quelle successive all’incontro nel tempio.
Non era necessaria la presenza di Kaori che, ritennero i tre, forse si sarebbe creata delle aspettative, delle false illusioni, e nel caso il socio avesse poi tergiversato o avesse rifiutato in toto la soluzione per infrangere la maledizione, lei ne avrebbe sofferto ulteriormente.
Preferirono che ne restasse al di fuori, e beneficiasse degli eventuali sviluppi a cose fatte.
 
Di malavoglia, Ryo aveva acconsentito a passare al locale per discutere la questione; del resto era cosa nota che lui stava bene così e non voleva cambiare, anche se il Ryo notturno era di tutt’altro avviso.
Ma cedette alle insistenze dei suoi amici, e con una scusa spedì Kaori alla stazione a controllare la lavagna.
 
Miki stava giusto dicendo:
 
“Allora, Saeba, il rimedio per fermare la maledizione c’è ed è semplice. Stammi bene a sentire: tu dovresti…”
 
“Ryo, Ryo! Finalmente un incarico!” urlò quasi Kaori precipitandosi all’interno del locale, esagitata e scalmanata, interrompendo Miki sul più bello.
 
Tutti si voltarono in direzione della ragazza: era scarmigliata e accaldata per la corsa sotto il sole, la camicia bianca di cotone sbottonata lasciava intravedere il seno sodo e generoso, la cravatta era allentata e ciondoloni, le maniche lunghe arrotolate fino ai gomiti.
La giacca del completo, invece, la portava negligentemente sulla spalla, appesa a due dita a mo’ di gancio, in un atteggiamento sbarazzino tipico suo e della giovane età; era comunque bellissima, il ritratto della gioia di vivere e dell’entusiasmo.
 
Ryo però l’aveva guardata con disapprovazione, e scuotendo la testa, pieno di sdegno, le disse:
 
“Kaori? Ma come sei conciata? Ricordi? Dicevamo che ci vuole decoro nel nostro mestiere… vedi di darti una sistemata”
 
I presenti furono immediatamente attraversati da una fredda ondata di antipatia per quella sottospecie di barboso individuo, e Kaori si affrettò a srotolarsi le maniche lungo le braccia.
 
E Mick, che aveva subito provato un moto di desiderio per la giovane, si era precipitato da lei per aiutarla, mettendosi ad abbottonarle la camicia fin sul colletto, ragionando che sarebbe stato infinitamente più interessante sbottonarle la camicia anziché chiudergliela; e stava giusto stringendo il nodo della cravatta, quando la voce di Ryo lo fece quasi sobbalzare:
 
“Angel, smettila di fare la balia asciutta alla mia socia, lei è perfettamente in grado di vestirsi e di sistemarsi una camicia!”
 
Il tono sembrava più scocciato che venato di gelosia, però Mick sorrise sotto i baffi ugualmente e pensò:
 
Stai a vedere che questo vecchio lagnoso, sotto sotto, è ugualmente geloso della bella socia come un tempo. Dovrei metterlo alla prova più spesso, magari ne verrebbe fuori qualcosa di divertente”.
 
Solo allora Kaori si accorse della potenziale ambiguità della situazione, perché candidamente lo aveva lasciato fare, ma soprattutto, tutta presa dalla notizia che stava recando, non si era minimamente soffermata sul fatto che Mick Angel le stesse usando tale carineria.
Avvampò di colpo, e scostandosi dalle mani dell’amico, che ancora indugiavano sul nodo della cravatta già bello che ricomposto in modo impeccabile, gli disse:
 
“Gra-grazie Mick, sei stato molto gentile, ma ora…è tutto a posto”.
 
“Non c’è di che, mia piccola Kaori” le sussurrò lui con sguardo accattivante.
 
Ma Ryo attirò l’attenzione di tutti sbuffando pesantemente:
 
“Allora, socia, di quale incarico mi volevi parlare?”
 
“Ah, sì!” si riscosse la ragazza “Stamattina sono andata alla stazione proprio come mi avevi detto tu, e finalmente c’era un bel xyz che campeggiava sulla lavagna!!! Dopo tanti giorni di inattività finalmente un incarico. E sì, è una donna che ci ha ingaggiato, una certa Misaki Aijin. Al telefono le ho dato appuntamento qui fra…” e si guardò l’orologio da polso “…5 minuti. Dovrebbe giusto arrivare fra breve”
 
“Bel lavoro, partner” la gratificò Ryo “Vediamo cosa ha da dirci la signorina” e incrociando le braccia sul petto, si mise in attesa.
 
La sopracitata non tardò a giungere.
Varcò la soglia del locale sicura di sé, con passo deciso, fasciata in un elegante vestito alla moda orientale: su uno sfondo di sfavillante seta color smeraldo, si inseguivano ricami di diversi colori a dar vita a draghi e a fiori in rilievo; lo spacco laterale della gonna mostrava una lunga gamba levigata, mentre il colletto alla coreana, aperto, metteva in risalto un decolleté di tutto rispetto, strizzato nel busto attillato del corpetto.
Pur essendo ricercatamente elegante, la nuova venuta emanava un non so che di sfacciato, che rasentava il cattivo gusto: forse era dovuto al trucco pesante, ai capelli innaturalmente gonfi, o all’impressione che dava di sé, evidentemente una donna navigata e abituata a frequentare certi ambienti.
 
Per certi versi era la tipa ideale di Ryo, colei che avrebbe potuto scatenare i suoi ormoni ribelli.
Tutti, per la forza dell’abitudine, si aspettarono il solito teatrino con lui che provava, sbavando, a saltarle addosso, lei finta ritrosa che tentava di difendersi, Kaori che lo disinnescava a suon di martellate e via discorrendo.
Ma quando tutto ciò non avvenne, gli altri quasi ne rimasero delusi, perché avevano dimenticato che Ryo non era più lo stesso e che stavano giusto brigando per riportarlo a come era prima, anche se… di un tale atteggiamento ne avrebbero fatto volentieri a meno.
 
La presunta cliente si guardò intorno, facendo un giro veloce sui volti degli astanti, e individuato Ryo gli si fece dappresso, sfoderando un sorriso da gatta predatrice, gli occhi socchiusi a valutare l’avvenenza dell’uomo che, al contrario, la guardava come si guardasse un cartellone pubblicitario di un medicinale per la stipsi.
Quando gli fu ad un passo, la donna l’interpellò:
 
“Dunque lei è il famoso City Hunter…!” e gli porse mollemente la mano, con fare voluttuoso, aspettandosi che lui le facesse il baciamano.
Ma, stringendogliela formalmente, Ryo precisò:
 
“Veramente siamo in due. Anche la mia socia” e la indicò con un cenno della testa “è City Hunter”.
 
E gli amici dovettero ammettere che, nonostante quell’atteggiamento scostante verso le donne e verso Kaori in particolare, almeno era stato onesto e le aveva dato la giusta importanza.
 
La donna, dal canto suo, si voltò in direzione di Kaori, leggermente seccata da quello che evidentemente considerava uno spiacevole intermezzo nel suo piano di seduzione.
La sweeper, poco distante ma defilata, si fece avanti ridacchiando a disagio e disse:
 
“Io sono Kaori Makimura, ci siamo sentite prima al telefono” e le regalò comunque un sorriso amichevole.
 
Ma quella mormorò un secco:
 
“Ah, è vero”
 
Poi la fatalona tornò a guardare Ryo, e passandosi sensualmente una mano fra i capelli tinti di rosso mogano, lo guardò intensamente; e calcando sulle parole esalò:
 
“Ho bisogno del vostro aiuto!”
 
Miki, inconsapevolmente, si portò una mano alla fronte pensando: “Eccone un’altra!” mentre Falcon grugnì tediato dalla scena.
Mick invece valutò che a fare il mestiere di sweeper s’incontravano solo donne fatali, e aveva ragione Ryo ad accettare solamente richieste d’aiuto da parte di giovani in difficoltà.
Ma il Ryo attuale, totalmente indifferente alle mossette leziose della qui presente giovane in difficoltà, che, a guardarla bene, era molto più matura di quello che voleva dimostrare, le disse semplicemente:
 
“Allora parliamone. Si accomodi qui” e nel dirlo si diresse verso uno dei tavolini dai divanetti imbottiti tutt’intorno, presso l’angolo più raccolto del locale.
 
Solo che l’uomo si sedette sul bordo esterno del divanetto, e a meno che Kaori non si fosse messa vicino alla cliente – cosa questa altamente improbabile, vista l’evidente antipatia che costei dimostrava per la ragazza – sarebbe dovuta rimanere in piedi, perché Ryo non diede segno di volersi spostare per farla entrare.
Spazientita, la sweeper allora s’infilò nello spazio esiguo restante fra le ginocchia di Ryo e il tavolino, sgomitando e faticando non poco, visto che il socio non l’assecondava minimamente, e anzi, quasi infastidito, aspettava che lei si sistemasse.
Però così facendo Kaori transitò letteralmente sopra le gambe di Ryo, di fatto strusciando il suo sederino a pochi centimetri dall’inguine del partner.
 
Mick trattenne il respiro, e un pizzicorino ben noto si fece sentire: quanto avrebbe voluto essere al posto di quell’idiota patentato???
In condizioni normali dubitava che perfino Ryo sarebbe riuscito a trattenersi e a non dimostrarsi, come dire, interessato, perché lui era fortemente attratto dalla ragazza e non sempre era in grado di nasconderlo.
Ma ora era totalmente anestetizzato, un’ameba asessuata che non valeva una cicca; certo di notte era tutta un’altra musica, però adesso…
Scacciò quei pensieri oziosi, e si ricompose.
 
Piuttosto si soffermò a fare un’altra constatazione: il lavoro era lavoro, si disse, però quella maliarda, con un tempismo perfetto, era giunta proprio nel momento in cui finalmente avevano trovato il modo di infrangere la maledizione, e finché quei due sventurati non fossero riusciti a risolvere il caso, proprio non se ne parlava di mettersi giù a fare gli scongiuri e di tornare alla normalità.
L’americano sospirò frustrato e rassegnato, e voltandosi in direzione di Miki, dallo sguardo che gli rivolse capì che anche lei stava pensando le stesse cose.
Si strinsero nelle spalle.
 
Discretamente la barista si avvicinò al tavolo, e dicendo: “Offre la casa”, vi depose delle tazzine fumanti col suo migliore caffè; poi, così come era venuta, se ne andò silenziosamente, dileguandosi dietro il bancone e riprendendo le sue faccende.
Non perse di vista, però, per un solo istante, i suoi amici sweeper e la loro eccentrica cliente, la quale stava giusto dicendo:
 
“Ho chiesto il vostro aiuto perché ho un problema… o meglio, più specificatamente, è mio fratello che lo ha…”
 
Ops…” si disse a quel punto Kaori “per fortuna Ryo non ha più questo attaccamento morboso nei confronti delle donne, altrimenti a quest’ora avrebbe strepitato come un matto, dicendo che lui lavora solo per la clientela femminile e che i maschi non hanno nessuna attrattiva per lui. Forse è un bene che adesso sia… sia così. Eppure mi manca così tanto, com’era prima…!” e suo malgrado sospirò.
 
Gli altri due al tavolo non se ne accorsero nemmeno, o comunque non ci fecero caso, perché non volsero neanche gli occhi verso di lei.
 
La cliente proseguì come niente fosse:
 
“Mio fratello è il socio fondatore del Dirty Talk…
 
“Ah, sì, del famoso e lussuoso night club Dirty Talk!” l’interruppe Ryo.
 
“Oh, ma perché chiamarlo night?” si difese la donna con un sorriso tiratissimo “Quella parola è, come dire, volgare! Preferisco definirlo un locale, un locale di divertimento e svago, di piacere insomma, ma non necessariamente in quel senso” e gli lanciò un’occhiata significativa e ammiccante.
 
“Può chiamarlo come vuole, però quello è. Ma sentiamo cosa ha da dirci” precisò lo sweeper che, nonostante si fosse fatto paladino della moralità, non dimenticava chi e cosa trovasse posto in certi locali: che fossero di bassa lega o destinati all’alta società, non faceva differenza.
Nel primo si parlava di prostitute o donnine, nel secondo di escort o accompagnatrici.
Il sesso e l’alcool erano gli stessi, cambiavano solo le tariffe e i soldi che giravano, in questo caso moltissimi, e sporchi, come le chiacchiere dell’insegna.
 
La donna preferì non insistere e prese a spiegare:
 
“Dicevo che mio fratello è il socio fondatore, e insieme a lui ci sono altri due soci: Takeshi Zumo, detto La Mangusta, e Hato Miwa Lo Sfregiato, che, secondo noi, vorrebbero eliminare Kenzo Maro, che detiene la quota di maggioranza…”
 
“Kenzo Maro… ma suo fratello non ha il suo stesso cognome!” intervenne Kaori.
 
La cliente, che non amava le interruzioni, si voltò appena in direzione della ragazza che aveva bellamente ignorato tutto il tempo, e puntualizzò:
 
“Sì, infatti lui è il mio fratellastro, ma per me non fa nessuna differenza. L’affetto va oltre, non trova?” le disse con tono quasi tagliente, nonostante il senso delle parole appena dette.
 
Impressionata dal suo fare ambiguo, e toccata nell’intimo, Kaori si limitò ad annuire: sapeva molto bene di cosa stesse parlando la cliente, ma lei avrebbe usato un tono molto più affettuoso parlando del suo adorato fratellone Hideyuki; ma va be’, si disse, forse le scocciava soltanto di essere stata interrotta.
 
“Cosa dovremmo fare esattamente per lei?” tagliò corto Ryo che, stranamente, era intervenuto quasi a prendere le difese della socia.
 
Forse, nonostante tutto, ancora continuava a nutrire dell’affetto per il suo amico Makimura, e non gli era sfuggito quel botta e risposta e, soprattutto, il colpo accusato dalla ragazza.
O forse, molto più prosaicamente, si stava spazientendo, anche se, a ben guardare, era stato lui che non aveva dato modo alla cliente di spiegarsi.
 
Dominandosi a fatica, questa riprese:
 
“Dunque... Kenzo è il socio fondatore nonché principale, ma ha un modo di condurre gli affari che non piace molto agli altri due; questi non possono costringerlo a dimettersi, né avrebbero abbastanza soldi per rilevare la sua parte, quindi, sospettiamo, vorrebbero farlo fuori. Fisicamente intendo!” e piantò gli occhi prima in quelli di Ryo e poi in quelli di Kaori sperando di impressionarli.
Ma la donna non sapeva che ci voleva ben altro per farli trasalire o spaventarli: i City Hunter erano pronti a tutto.
Infatti non mossero un solo muscolo, nemmeno quel tanto per darle un minimo di soddisfazione.
 
Lei continuò:
 
“Ovviamente non ne siamo sicuri, perché con noi si comportano come sempre, ma lo abbiamo saputo per vie traverse e, comunque, loro due non hanno mai nascosto i malumori e le incomprensioni. Gli ottimi incassi però mettono a tacere sempre tutto, anche se… insomma i dissidi restano sempre, e tutto questo non ci fa vivere in tranquillità”
 
“Non vorrà chiedermi, spero, di eliminarli?!” esclamò Ryo, “Perché non ne ho la minima intenzione!” e stavolta fu lui a far trasalire la cliente, che forse non se lo aspettava.
 
Kaori invece ebbe un moto di affetto e stima per il socio, e si sentì confortata: Ryo aveva smesso di essere un killer professionista e non ricorreva quasi mai alla soluzione finale; lei sperava che, un po’, questo fosse dovuto alla sua vicinanza.
In ogni caso era pur sempre un giustiziere, un uomo buono e giusto, e lei lo amava tantissimo anche per questo.
Istintivamente si voltò a guardarlo e, per caso o per volontà, anche Ryo si girò verso di lei e le rivolse un impercettibile sorriso che le riempì il cuore di gioia: poteva anche essere diventato un barboso bacchettone, ma in fondo in fondo, un po’ di affetto ancora lo provava, per lei… forse.
 
La cliente, comunque, si affrettò a rispondere:
 
“No-no, certo che no!”
 
Sembrava aver perso un po’ dello smalto, e la maschera di donna sicura e fatale sembrava sul punto di cadere; precisò:
 
“Noi pensavamo a qualcosa tipo una finta morte… Cioè di scomparire per un po’ dalla scena, per vedere come si sarebbero comportati: se avessero tentato di mettere le mani sulle sue proprietà, e quindi trovare il modo di incastrarli e metterli con le spalle al muro. E poiché io sono l’unica erede dei beni di mio fratello, dovrei sparire anche io con lui, così non solo non correrei rischi di sorta, ma effettivamente il patrimonio rimarrebbe intatto e quegli sciacalli vi si getterebbero a capofitto”.
 
Ovviamente tutto questo spiegava perché la donna si fosse rivolta ai City Hunter e non alla polizia: sia perché il tutto si basava su mere supposizioni, e un reale pericolo oggettivo non c’era tanto da scomodare le forze dell’ordine; ma soprattutto perché si parlava di beni e soldi di dubbia provenienza, non certo frutto di onesto lavoro, né la contabilità ad essi legata era sottoposta ai controlli fiscali governativi.
Questo era uno di quei casi legati al mondo parallelo, e nascosto, a quello normale e standard di tutta la popolazione retta del paese: un caso che solo degli sweeper potevano risolvere.
 
“Sta bene” disse infine Ryo Saeba al termine dell’esposizione “ce ne occuperemo noi. Vi faremo sparire e vi metteremo nelle condizioni di controllare la situazione dal di fuori. Il resto però, non è di nostra competenza, a meno che non richiediate specificatamente il nostro aiuto anche per quello. Direi che, come da prassi, lei e suo fratello Kenzo Maro, da stanotte vi trasferirete a casa nostra, e vi resterete per tutta la durata dell’incarico”.
 
“In realtà, io vorrei che voi prima veniste a conoscere Kenzo e il nostro locale, per vedere l’ambiente e le persone che lo compongono, la clientela, il nostro personale…” e lanciò un’occhiata languida al bel Ryo, che però cadde nel vuoto.
 
Kaori ringraziò mentalmente che Ryo fosse… in quello stato,altrimenti sai che impresa, tenerlo a freno?
E ammesso e non concesso che si fosse comportato bene, la sua sola presenza al club avrebbe attirato schiere di donne allegre e disinibite, sia stipendiate dal Dirty Talk che non, e lei avrebbe dovuto passare tutto il tempo a rodersi dalla gelosia.
Invece, così, lui si sarebbe comportato da monaco casto e puro, e per quel frangente a lei andava benissimo anche così.
 
La cliente, nel frattempo, si era già alzata e si stava dirigendo all’uscita quando si voltò, con studiata lentezza, sicura di essere ancora al centro della loro attenzione e, fingendo di ricordarsene solo in quel momento, disse:
 
“Ah, dimenticavo: ovviamente dovrete venire vestiti in abiti da sera, e non con… con quei completi frusti e ordinari! Soprattutto tu, mia cara” riferendosi a Kaori “Dovrete mischiarvi con i clienti, sembrare una coppia che, come dire, vuole svagarsi e passare ore in allegria, e non due seri professionisti quali apparite ora”.
 
Aveva usato un bel giro di parole e degli eufemismi per dirgli che non li voleva lì vestiti in quel modo e, soprattutto, con quelle facce.
 
“Non appena vi vedrò” riprese dopo una brevissima pausa ad effetto, “vi verrò incontro riconoscendovi come amici di lunga data, e vi introdurrò nel locale. Poi tutto il resto verrà da sé. Vi aspetto, allora. Buona sera” e se ne uscì sculettando.
 
Kaori impercettibilmente tirò un sospiro di sollievo e si grattò la testa: perché si venivano sempre a creare queste strane tensioni fra lei e certe clienti?
Ryo invece si guardò i vestiti, le braccia, le gambe e poi si voltò in direzione della socia a cui disse:
 
“Non capisco perché dovremmo cambiarci! Non va bene così?”
 
“Ryo! Ma l’hai visto come mi mandi in giro ultimamente?”
 
“Certo, sei molto molto elegante, socia” e socchiuse gli occhi compiaciuto per l’affermazione.
 
“Ma se mi fai indossare un completo da uomo!”
 
“Sì, ma… è misto lana!”
   
 
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