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Autore: FairyCleo    14/12/2021    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AKIO
 
“È tutto troppo strano”.
“Già… Io non ci ho capito niente, Trunks. E tu, Tartaruga? Dov’è andato Vegeta? E Genio? E Goku? Che fine hanno fatto tutti?”.
 
C’era apprensione nella voce dei bambini. L’ultima scena che avevano visto nelle acque cristalline dello stagno li aveva confusi e spaventati. Non avevano avuto modo di contattare i genitori, per quanto ci avessero provato telepaticamente, e non c’era stato modo di far tornare indietro la Nuvola Speedy per recarsi nel luogo dello scontro.
Trunks era sull’orlo di una crisi di nervi. Sapeva che suo padre era morto e non aveva la benché minima idea di cosa fare per lasciare quell’isola e cercare di capire che diamine fare: Genio se ne stava lì a terra, immobile, e questo non lasciava ben sperare. Della creatura, invece, non c’era traccia.
 
“Che faremo, adesso?”.
“Non lo so, bambini… Forse, dovremmo solo metterci comodi e aspettare…”.
“Ma come sarebbe?”.
“Io… Io non credo che sia giusto, invece… Senti, Tartaruga, faresti una cosa per noi?”.
“Ovvero?”.
“Per piacere… Portaci alla caverna delle meraviglie”.
 
*
Poco prima…
 
Quando Vegeta era apparso nel nulla, per poco non gli preso un coccolone a entrambi. Come cavolo aveva fatto sua maestà a raggiungerli? E, soprattutto, come gli era venuta in mente un’idea del genere?
Rosso in viso e profondamente contrariato, Vegeta aveva cercato di spiegare senza troppi giri di parole il piano messo a punto da re Kaioh in persona, piano che lo aveva fatto sbraitare, bestemmiare e sputare ogni genere di improperio ma che, alla fine, aveva dovuto accettare passivamente senza ulteriori cerimonie.
 
“Urca! Non cosa dovremmo fare? Cioè, noi, che…?”.
“Senti, razza di babbeo, non pensare che la cosa mi faccia piacere! Fa più schifo a me che a te, ‘sta roba, ma sta di fatto che non abbiamo molte alternative, a quanto sembra. Io ho un corpo privo di poteri, tu sei un’anima senza corpo ma coi poteri. Il vecchio non ha un corpo e la sorella sì. Quindi…”.
“Quindi dovremmo fonderci per creare due esseri composti da un totale di quattro anime, ho ragione?”.
“TSK! Proprio così, vecchio. Pare che il bastardo sia tornato sulla Terra per prendere il corpo di questo imbecille e stia per venire a cercare proprio me. Che fortuna, eh? Dato che non abbiamo ancora capito come diamine fermarlo, contattare voi due sembrava l’unica mossa intelligente da fare”.
“Ma come avete fatto a trovarci? Non capisco!”.
“E quando mai capisci qualcosa, tu! È stata la vecchia. E siete stati voi che, in qualche modo, siete entrati in contatto con noi. Ma pensa tu cosa mi tocca dire!”.
 
Lo avevano guardato in silenzio per un tempo che era sembrato lunghissimo. Il principe dei saiyan, l’essere più orgoglioso mai nato, era venuto a recuperare il suo peggior rivale e a chiedergli di fondersi insieme in un unico corpo per sconfiggere un nemico comune. Chi lo avrebbe mai detto?
 
“L’idea è buona, ma non credo serva la forza bruta contro di lui”.
“TSK! E cosa, allora?”.
“La faccenda è più complicata di quello che credi, Vegeta…”.
“SENTITE, io non ho idea di cosa abbiate in mente, ma so che non abbiamo tempo. Ergo, muovete le chiappe e non fate storie. La faccenda disturba più me che voi, fidatevi”.
 
E si erano fidati, anche perché avrebbero avuto abbastanza tempo per spiegare a Vegeta e Baba quello che avrebbero dovuto fare per sconfiggere la creatura. Forse, per la prima volta nella vita, non avrebbero avuto bisogno della violenza per sconfiggere il nemico.
 
*
 
Il piano era semplice, ma Vegeta (che avrebbe preferito tornare sulla Terra) era ancora un po’ restio ad accettare Goku in sé, e questo aveva complicato il legame mentale che avrebbe dovuto interconnettere i due.
Lo stesso non si era verificato per Genio e Baba che, dopo qualche minuto di imbarazzo provocato dai ricordi osceni del vecchio, si erano perfettamente sincronizzati, ed erano ormai pronti a fare ciò che avevano pattuito.
Vegeta non aveva intenzione di attaccare. Il suo compito – suo e quello di Goku – era quello di distrarre la creatura, far leva sui suoi ricordi, sui suoi sentimenti repressi e aiutare Genio a compiere l’atto finale.
Era assurdo per loro osservare la scena da quell’angolazione così insolita e privilegiata, ma non era quello il momento per fermarsi e porsi domande esistenziali inutili.
Ormai non c’era più tempo, non ci sarebbero state altre occasioni. Vedevano stampato sul suo viso il sorriso della vittoria. Era evidente che il nemico non sospettasse minimamente quello che era accaduto, né quello che sarebbe successo a breve. Speravano solo che le cose non sarebbero degenerate in maniera imprevedibile.  A quel punto, dubitavano che avrebbero avuto altre occasioni.
 
“Sembra che, alla fine, io abbia vinto” – aveva detto con la voce di Goku. Era incredibile vedere come, alcune cose, si ripetevano in maniera quasi ossessiva. Quell’episodio aveva riportato alla mente di entrambi i saiyan il momento in cui Genew aveva preso possesso del corpo di Goku. I “cattivi”, a volte, riproponevano le stesse azioni in maniera abbastanza schematica. Roba da non credersi – “Alla fine, hai deciso di venire a me, principino”.
“Tsk! Se è questo quello che credi, sei completamente fuori strada!”.
“Vegeta, per favore!”.
 
Goku lo aveva redarguito senza troppi convenevoli. Non era il momento di fare sciocchezze, quello. Perché si comportava così?
 
“TSK! Dannazione, quanto odio tutto questo!”.
“Lo so, ma pensa a Trunks e Goten! Pensa a Bulma e Chichi. È per loro che lo stiamo facendo”.
“TSK! Ti odio Kaharot, veramente!”.
 
“Sono fuori strada, Vegeta? Veramente? Non lo avrei mai detto…”.
“Ascolta, figliolo… Qui sei al sicuro. Noi non ti faremo del male” – aveva detto re Kaioh.
“Al sicuro? Del male? Io, quindi, sarei in pericolo? IO? Ma siete seri?”.
 
Era odioso. Insopportabile. E temevano che presto Vegeta avrebbe perso la pazienza.
Se così fosse stato, avrebbe mandato all’aria il loro piano, e quella era l’ultima cosa che doveva accadere.
 
“Non cedere alle sue provocazioni. Non farlo. Per favore”.
 
Avrebbe voluto dirgli di tacere, avrebbe voluto dirgli che nessuno può dargli ordini ma non lo aveva fatto. Vegeta aveva preso un respiro profondo e aveva sorriso, cercando di portare a termine la missione che si era autoassegnato: cercare di resistere all’impulso di uccidersi per fare fuori anche Kaharot.
 
Il nemico aveva messo entrambe le mani sui fianchi e rideva beffardo.
 
“Ho come l’impressione che non abbiate capito. Non sono venuto qui per parlare, ma per prendermi quello che è mio di diritto. E ho deciso di iniziare da dove sono stato interrotto. Purtroppo il tuo sacrificio è stato vano, principe. Ma non preoccuparti. Da questo momento in poi, sarò io a prendermi cura di te”.
 
*
 
Trunks aveva un orribile presentimento, ma forse, per la prima volta, aveva avuto un’intuizione giusta in merito a ciò che era accaduto a causa di quel coso che lo aveva ingannato. Aveva spiegato cosa voleva fare a Goten e a Tartaruga mentre stavano percorrendo gli abissi sulla groppa di quest’ultima, avvolti da una bolla magica che consentiva loro di respirare.
 
“Sentite, io ho come l’impressione che tutte quelle ombre che abbiamo visto in questo periodo non fossero nemici, ma che fossero venute fuori dalla grotta per cercare di avvertirci del pericolo in cui siamo andati incontro”.
“Ma veramente dici?”.
“Sì… Certo, erano spaventose, ma non credo volessero farci del male. Pensaci bene, Goten. Pensa a tutto quello che è successo e rifletti. Avrebbero potuto farci fuori un sacco di volte, se avessero voluto, Invece non è stato così. Hanno provato a metterci in guardia secondo me. Solo che non sapevano come fare”.
“WOW! Non ci aveva riflettuto. Tu che ne pensi, Tartaruga? Potrebbe essere?”.
“Be’, il ragionamento di Trunks non è del tutto insensato… Ma vi informo che andare lì sotto è sempre un rischio. C’è la possibilità che veniate sedotti da altri manufatti e dalle anime corrotte che contengono. Ve la sentite?”.
“Certo che ce la sentiamo! Vero, Goten?”.
“Sicuro. Vogliamo aiutare, Tartaruga, non fare altri danni. Io mi fido di Trunks, ciecamente. Forse, quelle anime potrebbero aiutarci. Ma perché pensi che siano lì?”.
“Perché apparivano solo sporadicamente, quindi penso che non riescano a slegarsi del tutto dalla grotta. Se fossero state in giro come cani sciolti, forse ci avrebbero già contattati di nuovo, no?”.
“Sei un bambino intelligente, piccolo saiyan, Degno figlio di tua madre e tuo padre”.
“Mi fai arrossire, Tartaruga…”.
“Accetta i complimenti e tieniti forte. Stiamo per arrivare a destinazione”.
 
E c’erano arrivati per davvero. La grotta era esattamente come la ricordava: ampia, follemente sottosopra, un mondo alla rovescia in cui ci si poteva perdere. Goten ne era rimasto letteralmente incantato. Quali meraviglie si nascondevano in quei meandri? Quali tesori inestimabili? Ma, dopo un’iniziale sorpresa, era tornato lucido, memore degli avvertimenti di Tartaruga e di quello che avevano subìto.
 
“Come faremo a capire se ci sono?” – aveva chiesto a Trunks.
“A dire il vero, speravo che si facessero vedere loro, ma mi sa che non sarà così…”.
“Temo proprio di no… Quindi?”.
“Quindi non lo so… EHI! C’è qualcuno qui?”.
“Tanto vale… CI SIETE? SIAMO AMICI! CHIEDIAMO IL VOSTRO AIUTO! PER PIACERE! SE CI SIETE, FATEVI VEDERE!”.
“Oh bambini, non credo che urlare serva a molto!”.
“E cosa proponi di fare?” – aveva domandato Trunks, preoccupato.
“Sedetevi, prendete un bel respiro e aprite i vostri cuori a loro. Sapranno ascoltare il vostro richiamo e venire a voi, se avrete la pazienza di aspettarli”.
 
La pazienza l’avevano persa ormai da un pezzo, ma ascoltare il consiglio di Tartaruga era l’unica cosa sensata che potessero fare. Dunque, avevano preso un bel respiro, avevano aperto i loro cuori e avevano atteso.
La prima timida ombra aveva fatto capolino poco dopo, materializzandosi davanti a un Trunks dalle palpebre serrate che non si era neppure accorto che ce l’aveva fatta.
 
“Tu mi hai chiamato… Eccomi… Sono qui”.
“OH PORCA MISERIA!” – era caduto sul piccolo sederino, terrorizzato, sbattendo contro la schiena di Goten.
“Ma che fai? Stai atten-OH MAMMA! SIAMO CIRCONDATI!”.
“State calmi, bambini… Era quello che volevate, no?”.
 
Erano tanti, non tantissimi, ma tanti. Erano attorno a loro, disposti a cerchio, e li osservavano con i loro occhi gialli e le loro movenze sinuose. Erano sinistri e divertenti insieme, spaventosi ma interessanti allo stesso tempo. E li aspettavano, li aspettavano da chissà quanto tempo.
 
“Siete… siete amici, non è vero?”.
“Finalmente lo hai capito, giovane Trunks”.
“Non volete farci del male”.
“Non lo abbiamo mai voluto, Goten”.
“Allora perché vi comportavate in quello strano modo? Ci avete fatto morire di paura!”.
“Ce ne rammarichiamo, ma le nostre scuse serviranno a poco, se non verrà fermato”.
“Lo sappiamo… Ma come?”.
“Nel modo più improbabile”.
“Cioè?”.
“Dimostrandogli che può essere amato”.
 
*
 
Li aveva attaccati quando non erano ancora pronti. Vegeta aveva faticato a lasciare il controllo del proprio corpo a un Goku che, invece, aveva immediatamente preso familiarità con quelle membra non sue.
 
“URCA! Sei fantastico, lo sai? Sei piccolo e leggero, è una bellezza muoversi qui dentro”.
“MA LA SMETTI DI DIRE QUESTE COSE?”.
 
L’imbarazzo del principe era alle stelle, e sarebbe sparito volentieri se solo non fosse stato così determinante in quella fase della battaglia.
Era necessario che non si toccassero. Se fosse avvenuto, si sarebbe accorto della presenza di Goku, avrebbe capito l’inganno e non potevano permetterlo. Per questo, Vegeta non faceva altro che schivare i colpi saltando da una parte all’altra, in attesa di bloccarlo così come gli era stato indicato.
 
“SORELLA, non c’è più tempo”.
“Lo so… Ma non è così facile come sembra. Questo incantesimo è complesso”.
“Me ne rendo conto, ma non possiamo attendere oltre”.
“Non ho abbastanza potere, Genio. I tuoi ricordi non sono sufficienti, temo”.
“Come sarebbe?”.
“Non sarebbe, è come ti ho detto. E fabbricarne di nuovi è una vera impresa, fidati!”.
“Io volevo bene a quel ragazzo, Baba. Gliene volevo per davvero. Sono stato io a trovarlo, accudirlo, educarlo e crescerlo. Non sarò stato l’equivalente di un padre, ma lo amavo. Perché non basta?”.
“Non lo so… Ma non basta. Purtroppo non basta”.
“Siamo destinati a perdere?”.
“Non saprei dire… So solo che abbiamo bisogno di un miracolo”.
“Aspetta…”.
“Cosa?”.
“Non lo senti? Qualcuno mi chiama…”.
“Sì… Hai ragione… Ma chi è?”.
“Questa è la voce di Tartaruga”.
 
*
 
Re Kaioh osservava la scena al riparo, dietro la sua bellissima auto rossa che presto sarebbe stata vittima di quello scontro per ora evitato. Perché era così difficile fare quello stupido incantesimo? E perché Goku non riusciva a connettersi con lui? Il piano era troppo complicato, forse?
 
“Io so che sei buono” – aveva detto Vegeta, a un certo punto.
“Cosa?”.
“Lo so… C’è del buono in tutti. O, almeno, così dicono”.
“Quindi stai ammettendo anche tu di essere uno dei buoni, Vegeta?”.
“Oh, io non so cosa sono da un bel pezzo, sai? Ma non mi dispiace…”.
 
“VUOI RIMETTERTI NEL TUO SANTISSIMO CORPO O NO?”.
“Come se fosse facile. Non mettermi fretta! Sto cercando di combattere pilotando te e nel frattempo sto cercando di ritornare in me. Mica è facile!”.
“Pilotando! Ma sentitelo! Vuoi che ti spacchi la faccia?”.
“In questo caso, credo che tu debba spaccare la tua”.
 
“Ci sono problemi, Vegeta? Mi sembri pensieroso”.
“TSK! Affatto. Pensavo a te… Alla tua infanzia… Sei cresciuto da solo, vero?”.
“Se ti interessa saperlo, sì. Sono cresciuto da solo. Proprio come te”.
“Io ho avuto mio padre accanto sino all’età di cinque anni”.
“Già… E poi sei stato ceduto a Freezer, diventando il suo giocattolino. Non male, vero?”.
 
“Urca. Non cedere alle sue provocazioni, ti prego”.
“TACI”.
 
“È stato tanto tempo fa. Ho perdonato mio padre per questo”.
“Oh, ma davvero? Lo hai perdonato? Perché credo che tu non sia affatto sincero?”.
 
Punto sul vivo, Vegeta aveva distolto lo sguardo, questo mentre Goku aveva evitato un altro pugno. Dannazione, suo padre lo aveva venduto a quella viscida lucertola, era vero, ma che altro avrebbe potuto fare? Aveva pensato e ripensato un altro miliardo di volte a quella decisione che aveva cambiato la sua vita, e sì, lo aveva anche un po’ odiato per quello, ma alla fine, ora che ci pensava, Vegeta si era davvero reso conto che, col tempo, aveva davvero perdonato suo padre, un uomo che era stato vittima del destino e del suo orgoglio pungente.
 
“TSK… Ma pensa tu…”.
“Vedi che ho ragione quando dico che non sei così male?”:
“TACI”.
 
“Sei in torto, invece… Io ho davvero perdonato mio padre. Ha fatto una cazzata, certo. Ma ha cercato di rimediare. Sarei morto comunque, invece mi ha dato un’opportunità. La stessa che è stata offerta a te”.
“Che vuoi dire?” – aveva detto, bloccandosi a mezz’aria e incrociando le braccia.
“Che sei stato accolto, amato ed educato. Peccato che non tu non sia stato capace di vederlo”.
 
Una crepa. Una minuscola, piccolissima crepa. Ma Goku l’aveva vista e ne aveva approfittato, ringraziando Vegeta per quell’opportunità.
 
“MA CHE SUCCEDE? CHE SUCCEDE?” – aveva urlato la creatura, mettendosi una mano sul petto.
 
“TSK! MUOVITI A SLOGGIARE, RAZZA DI PERVERTITO”.
 
E, alla fine, era successo: finalmente, Goku era di nuovo padrone del suo corpo.
 
*
 
“Sì!”.
 
Baba e Genio non avevano potuto fare a meno di esultare. Goku era ritornato nel suo corpo, e quello li avrebbe aiutati a svolgere il loro compito. Adesso, toccava a Genio, e il pizzico di aiuto di cui aveva così disperatamente bisogno non era tardato ad arrivare.
 
Vegeta era stremato, sfinito, ma anche se i suoi occhi faticavano a mettere a fuoco ciò che aveva davanti, aveva visto quel turbinio di ombre in procinto di schiarirsi provenire dal cielo.
E, come d’incanto, la creatura, Genio e le anime erano sparite, per poi riapparire dentro la sfera di cristallo guidata da una Baba concentratissima nel portare avanti il suo incantesimo.
 
*
 
Nella sfera…
 
Risate, urla, schiamazzi. Rumore di piedi sul parquet, musica, odore di buon cibo. La voce del maestro, le voci dei compagni. Le lezioni, gli abbracci, le confidenze. I premi, le punizioni, gli errori, le conquiste, le sconfitte e le vittorie. Tutto quello aveva preso vita in un secondo, quasi come se si trattasse di un vecchio filmato restaurato, un ricordo reso vivido e immortale dalle meraviglie della magia.
Baba aveva ricreato tutto esattamente com’era. Il tempio, i sapori, gli odori, i rumori. Tutto.
Quella era stata la sua casa. E lì, ad aspettarlo, c’erano un giovane Genio e i suoi compagni resi prigionieri dalle sue macchinazioni.
 
E sì, c’era anche lui, carne e ossa, il ragazzino che era stato e che non avrebbe mai più creduto di poter vedere riflesso nel piccolo specchio che custodiva nella sua camera insieme all’oggetto che per tanto tempo era stato la sua dimora.
Quelli erano i suoi zigomi, i suoi denti, i suoi occhi, quelle erano le sue mani, le sue sopracciglia, la sua pelle. Era lui. Era una persona, non un’entità. E tutti lo guardavano con gli occhi colmi di lacrime e un sorriso disarmante.
 
“Ma cosa… cosa diamine è successo? Che cosa è successo?”.
“Stai tranquillo… Va tutto bene. Sei a casa, adesso. Con tutti noi”.
“STATE INDIETRO!” – aveva provato a usare uno dei suoi incantesimi, ma non c’era riuscito – “Che mi avete fatto? COSA?”.
“Ti abbiamo aspettato, figliolo… E, nel frattempo, abbiamo serbato il tuo ricordo. Quello di chi sei stato veramente, non quello che ci hai voluto lasciare di te”.
“Ma che significa, vecchio? Cosa?”.
“Che sei sempre stato uno di noi” – aveva detto uno dei suoi compagni, avvicinandosi e prendendolo per mano – “Solo che non lo hai mai voluto vedere”.
 
In quel momento, ogni singolo ricordo di ogni singolo momento trascorso nel tempio era riaffiorato alla sua mente, ed era riaffiorato per com’era stato realmente, non per come aveva voluto vederlo, e aveva capito. Aveva capito di essere stato lui a vivere le cose nel modo sbagliato, aveva capito di essere stato lui a fraintendere gesti, parole, attenzioni, e a desiderare quello che in realtà gli era già stato donato ma che non era mai riuscito a vedere. Aveva capito che dietro ogni rimprovero di Genio si nascondeva un profondo affetto, che dietro ogni parola di un compagno si celavano voglia di condivisione e di conoscersi, non invidia o repulsione, come credeva lui. Si era reso conto che, fino a pochi istanti prima, aveva visto tutto solo i suoi occhi, solo dal suo punto di vista di ragazzino emarginato, mentre adesso, finalmente, lo vedeva con quelli degli altri, vedeva le cose attraverso gli occhi di coloro che erano da sempre stati la sua famiglia.
Senza che potesse opporsi – e perché avrebbe dovuto farlo, poi? – uno a uno, i suoi compagni lo avevano stretto, scusandosi con una profonda emozione visibile al primo sguardo.
 
“Scusa se non ti abbiamo amato abbastanza”.
“Scusa se non abbiamo capito”.
“Scusa se ti abbiamo fatto soffrire”.
 
E, a ogni scusa, il suo cuore si riempiva di sentimenti contrastanti perché l’amore cresceva al pari della vergogna che provava per se stesso.
Poi, alla fine, era giunto il turno di Genio.
 
“Puoi scusarmi per non averti dato ciò che volevi?”.
“Oh… Maestro… Maestro… Io… Io…” – i suoi occhi si erano riempiti di lacrime.
“Va tutto bene… Ora, lascia che ti abbracci, Akio”.
 
In quel momento, sulla Terra, le pagine sparse di un quaderno nero come la notte si erano dissolte, sciogliendosi al vento come neve al sole. Questo mentre, all’interno di una sfera, un’anima ne abbracciava un’altra circondata da tante altre che, finalmente, dopo secoli, erano tornate a essere libere. Questo mentre, sul pianeta di re Kaioh, un turbinio di genti ritrovava la libertà dalla prigionia a cui era stata costretta nel corpo di Goku.
 
Continua…

 
Carissimi/e,
Eccoci qui, giunti alle battute finali di questo papiro tanto travagliato.
Mamma mia, che emozione! Abbiamo scoperto qual era il modo per fermare Akio: l’amore. So che qualcuno potrebbe storcere il naso: il suo comportamento sconsiderato ed egoista ha fatto soffrire tantissime persone, ma penso che il perdono – quello vero, quello che viene dal profondo del cuore – sia l’arma più potente, e questo nemico meritava di essere “sconfitto” con la sola cosa che non ha mai voluto, l’amore.
Resta solo da pubblicare l’epilogo (che arriverà la prossima settimana) e poi scriverò la parola fine a questa storia.
Grazie per avermi fatto compagnia sino all’ultimo: siete unici!
Ci rivedremo per i saluti finali tra sette giorni!
 
A presto!
Un bacino,
Cleo

 
   
 
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