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Autore: Lady Franken    15/12/2021    0 recensioni
Una giornata uggiosa come le molte che si susseguono nella cittadina di Forks.
Edward Cullen, uno dei ragazzi su cui le chiacchiere non si risparmiano, è alle prime uscite con la nuova arrivata, Bella Swan.
Ciò che nessuno sa è che la sua famiglia nasconde un segreto, narrato di generazione in generazione dalla tribù dei Quileutes, leggende che anche Jacob Black ritiene "semplici favole".
I freddi sono di nuovo a Forks, ma non si tratterà di questo nella storia.
Sappiate solo che gira più di un pettegolezzo sulla famiglia dei freddi, uno di questi proprio sulla madre dei ragazzi.
C'è chi afferma che il dottor Cullen sia sposato, altri che non abbia interessi femminili, addirittura che sia rimasto vedovo alla sua giovane età.
Nessuno sa dell'esistenza di un'altra -non ancora- signora Cullen ed Eileen non è ancora pronta a rivelarsi.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Emmett Cullen, Nuovo personaggio, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Dell'incidente so quanto mi hanno detto, io ricordo di essermi svegliata in ospedale, una gamba rotta e diversi altri lividi. Avevo avuto davvero paura, ero in una stanza d'ospedale con un paio di infermieri che controllavano un monitor al mio fianco. La voce sembrava avermi abbandonata, intontita forse per la morfina, e non potevo voltarmi a causa di un collarino.
Quando sono entrati Edward e Jasper sono scoppiata a piangere, il sollievo che provavo era immenso. Odiavo gli ospedali, ci ero andata solo con qualcuno della mia famiglia per incontrare Carlisle, ma molto di rado, ed essere lì, allettata e ferita, era qualcosa di inconcepibile. Eddye mi aveva raccontato che una macchina non aveva rispettato lo stop e mi aveva travolto mentre stavo andando in moto verso il negozio dove Alice e Rose stavano aspettandomi. Lei non era riuscita a vedere in tempo cosa stava per succedere e quello mi aveva presa in pieno, facendomi rotolare per qualche metro sull'asfalto.
 
-Ci siamo quasi tutti, perfino Jasper è riuscito a non pensare al sangue tanto è preoccupato.-
 
-In realtà non sarei riuscito a stare con Emmett e Alice con i sensi di colpa.- disse divertito, seduto al mio fianco. -E poi sono abituato al tuo odore, è più semplice.-
 
Cercai di parlare, ma tra i singhiozzi e la morfina mi veniva parecchio difficile.
 
-Per quello sono qui io.- ridacchiò mio fratello. -A proposito, Carlisle è qui fuori. Vorrebbe vederti.-
 
Distolsi lo sguardo da loro, sapevo che sarebbe stato il primo a raggiungermi. Non era di turno quel giorno e aveva insistito per accompagnarmi lui dalle mie sorelle, ma avevo rifiutato per non disturbarlo. Il dottor Snow, il suo amico e collega, si era occupato di me e, al suo arrivo, mi ero rifiutata, non volevo vederlo. Dalle parole del vampiro, capii che quello doveva averlo ferito, tanto, ma i miei sensi di colpa erano peggiori della sua angoscia: avevo esposto tutti loro al sangue, ad un infarto (fossero stati umani lo avrebbero avuto!) e ai pettegolezzi. Essendo una piccola città quella in cui eravamo in quel periodo, le chiacchere si sarebbero subito sparse. Non volevo dovessero trasferirsi a causa mia.
 
-Non devi pensare a questo ora.- sussurrò piano. -Ti chiediamo solo se ti va di vederlo, Jazz rimarrà qui con te.-
 
Non avrei mai chiesto che mio fratello rimanesse, sapevo quanto gli costava starmi vicino in un ospedale pieno di gente e gruppi sanguigni. Aveva già fatto tantissimo col mio umore, non potevo chiedergli di più. Fu giusto un minuto dopo la loro uscita che Carlisle entrò nella stanza, sedendosi al mio fianco e prendendomi la mano. Aveva fatto tutto con una strana calma, non umana di sicuro. Le lacrime rigavano le guance e mi stringevo il labbro inferiore tra i denti per fare smettere il tremolio, cercando di contenere il pianto.
Non riuscivo a guardarlo negli occhi, mi limitavo a fissare le sue mani che tenevano la mia, carezzandone piano il dorso. Ero fragile al suo tocco, lo aveva già dimostrato, ma lui era altrettanto fragile quando si trattava di me. Sfiorò piano il mio labbro e subito i denti mollarono la presa su esso. Mi sarebbe probabilmente sanguinato se avessi continuato a torturarlo.
-Ti amo.-
Lo aveva detto? Lo aveva detto. Ti amo. A me? Davvero? Si.
-Ti amo anche io.- era un sussurro, ma sapevo che lui lo avrebbe sentito da un chilometro di distanza. -Dovevo arrivare a tanto per sentirtelo dire?-
E la sua risata riempì la stanza, una risata di sollievo e felicità che quasi mai gli avevo sentito fare, non con quella nota di sollievo nella voce angelica. Fu presto sostituita da parole di conforto, poi da una musica leggera che proveniva proprio dalle sue labbra. Sapeva di fresco, accogliente, qualcosa di simile ad una melodia in un contesto completamente sbagliato, ma bello. 
Lui era bello, un angelo non accettato dal Paradiso che cercava la redenzione su questa terra e quello fu il canto che nessun umano mai udì, un canto che mi accompagnò finché non mi addormentai.
Fui dimessa una settimana dopo, un pomeriggio nevoso e buio. La Mercedes nera era riscaldata, Carlisle guidava piano e le poche luci che illuminavano la strada si susseguivano ritmiche, conciliando il sonno. Il vampiro era silenzioso, anche quando mi fece scendere dall'auto non disse nulla. I miei fratelli non c'erano e le pochi luce accese lasciavano le stanze in penombra, riscaldate anche dal camino acceso. Lasciai scarpe e cappotto all'ingresso, ringraziavo il pavimento di legno caldo in certi momenti. 
-Grazie.- sussurrai a Carlisle, che nemmeno mi guardò mentre mi aiutava a raggiungere il divano. 
Che fosse arrabbiato?
Invece che lasciargli la mano, però, la strinsi un po' di più, sapendo di non fargli male in qualsiasi caso. A quel gesto finalmente i suoi occhi si posarono su di me, occhi non più dorati, ma scuri come la notte. Non riuscii a dire nulla, ero spaventata perché mai avevo visto il vampiro biondo così rigido, le occhiaie ben marcate sotto lo sguardo cupo. Scosse appena la testa e i capelli seguirono quel movimento come fili dorati e morbidi.
-Scusa, è solo...- si fermò per un attimo, senza guardarmi. -Non mi nutro da un po'. Dovevo andare il giorno dell'incidente, ma poi...sai com'è andata.-
Era stato una settimana al mio fianco in ospedale e, nonostante il suo leggendario autocontrollo, sentire il sangue e i cuori intorno deve essere stato frustrante. Avere fame e non poter mangiare, non voler rubare vite.
Forse fu proprio quello che mi fece innamorare di Carlisle, la sua bontà, il mettere per prima cosa la salute altrui invece dei propri bisogni. Tutto ciò è umano, lui che di quello non ha nulla è colui che più ha conservato la propria umanità. 
Un bel giro di parole eh?
Passo le mani sul volto, ritornando alla confusione che si è da poco creata nella sala, Emmett infatti sta scommettendo con Jasper, come al solito. Probabilmente stanno cercando di indovinare le anticipazioni di Alice, immobile nel decifrare il futuro. Una visione di una partita a baseball? Riguarda forse Bella?  O magari...
Non faccio in tempo a finire il pensiero che un odore invade le mie narici, uno dei profumi più inebrianti per un vampiro. 
Non mi accorgo nemmeno dei miei fratelli, riesco ad uscire di casa prima che Emmett arrivi a me e posso contare sulla velocità, ho sempre battuto Edward e Jasper su quel campo. Evito un tentativo di fermarmi da parte di Rosalie, correndo il più velocemente possibile tra gli alberi, cercando di guadagnare terreno. Il sangue si fa più vicino, non lascia spazio a pensieri razionali, nemmeno il perchè mi attira così tanto. Sono dieci anni che sono stata trasformata e non mi sono mai sentita così... Inspiro ancora una volta, è dolce, tanto da far affiorare il veleno sulla lingua, tra i denti affilati. Qualcosa però non va. Mi blocco quasi di colpo e i piedi nudi pooggiano tra l'erba ghiacciata, ormai prossima dal venir ricoperta dalla neve.
C'è un incidente, l'odore infatti proviene dalla strada, dove due macchine sono quasi distrutte, e fanno presenza la volante dello sceriffo Swan, il padre di Bella, un'ambulanza affiancata dalla Mercedes nerache ben conosco. Carlisle è accanto a un uomo seduto sulla barella, sanguinante dalla testa, ma volta lo sguardo e lo posa su di me. 
Rabbrividisco e torno in me. 
Cosa penserà ora?
Sono debole, ho ceduto al richiamo.
I suoi occhi non sono sorpresi, i miei fratelli l'avranno avvisato con una chiamata, ma mi vergogno di aver ceduto, anche solo per poco, a quel dolce nettare.
Arretro di qualche passo, non posso farmi vedere e voglio scappare da quello sguardo, anche se so che mai mi giudicherà.
 
Il rumore delle onde che si infrangono contro gli scogli, la leggera brezza che sfiora il viso e scompiglia appena i capelli sciolti, l'odore salino dell'oceano che brucia il naso...
La spiaggia, quasi al confine con quella di La Push, è il mio posto preferito, una piccola insenatura che si apre proprio alla fine della foresta, lasciando così il cielo aprirsi all'orizzonte.
Qui posso davvero smettere di pensare, lasciarmi andare a qualche singhiozzo che non vedrà mai lacrime. Piangere... No, non mi manca, anche se le gocce di pioggia non possono sostituire una cosa del tutto naturale come il pianto. Mi pento di non essere umana? Forse un po'.
Qualche minuto dopo mi accorgo di non essere sola, il suo profumo di unisce a quello dell'oceano e del muschio delle piante.
-Mi dispiace. Vorrei essere più forte.-
-Nessuno ha imparato senza rischi.- mi si avvicina piano. -E senza pratica, cosa che non hai ancora fatto.-
Sapete cosa ho sempre amato di più di Carlisle? La sua umanità. Capisce i limiti di ognuno, non ti fa sentire più o meno abile in qualcosa, dice solo che ci sono dei tempi diversi da vampiro a vampiro. Ogni volta che credo di averlo deluso, lui mi accoglie nel suo abbraccio con un sorriso.
-Ti penti mai di questa vita?-
-Mai.-
-Non ti manca la vita di prima?-
Mi volto, curiosa di vedere la sua espressione, che trovo però sempre serena: i capelli leggermente mossi dal vento, gli occhi dorati fissi sulle onde che, per quanto lambiscono la costa, vengono sempre respinte. E quando quello sguardo si posa su di me, Dio, mi chiedo perché lui non è tra i tuoi angeli. Un vampiro che va contro natura per non sentirsi un mostro, che aiuta chi non ha possibilità. Lui offre speranza, un piccolo barlume in una vita dannata. Sfioro la guancia che brilla leggermente, nonostante il sole coperto dalle nubi della sera, e scendo fino al petto, un poco lasciato scoperto dalla camicia mentre Carlisle si sofferma sulla cicatrice che ho sul collo, passando il segno dei suoi denti con le dita delicate.
-A te manca?-
-Il vederti dormire. La tua pelle calda e rosea. Il cuore che batte.-
-Cambieresti qualcosa?-
-Nulla. Niente potrà separarmi da te, finché lo vorrai.-
E con quelle parole so esattamente dove si trova il mio angolo di paradiso in questo mondo.
Le labbra si toccano appena, un bacio dapprima accennato, che poi si fa più bisognoso quando i nostri corpi si abbracciano.
Molto spesso credo ancora di sognare e se è così, vi prego, non svegliatemi.
Lasciatemi qui, dove posso finalmente amare un vampiro che vampiro non è.
Lasciatemi tra le sue braccia, vi prego, perché è il posto dove si trova la mia casa.
Lasciatemi lì perché è dove si trova il mio cuore.
Ed è esattamente con lui.
Con Carlisle.
 
 
   
 
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