5.
Avrebbe dovuto digiunare, fino alla fine del rituale,
potendo ingerire esclusivamente kykeón, un alimento a base
di
vino, segale e altri ingredienti a lei sconosciuti.
Si sentiva
debole e fiacca, le girava la testa, e già dopo quello che
le
sembrò un solo giorno, aveva cominciato a vedere cose che
non
c'erano.
Aveva costantemente l'impressione di essere seguita e, al
limite del suo campo visivo, ombre scure, umane, si agitavano
ingannandola. Appena volgeva il capo per guardarle, scomparivano.
Non
sapeva se stava impazzendo, se fosse la debolezza per la fame e i
rituali, il vino, o qualche erba disciolta nella bevanda.
Trovava
vago sollievo solo nella stanza che le avevano dato, poco
più
di una nicchia scavata nella roccia, senza finestre e con un
pagliericcio all'angolo.
Una volta chiusa la porta poteva restare
al buio, con gli occhi chiusi, e non vedere più quelle
ombre.
Solo la sensazione di essere osservata persisteva e si sforzava
di ignorarla. In fondo, era all'interno del tempio di una
divinità
straordinariamente potente, non c'era da stupirsi se continuava a
sentirne la presenza.
Seduta sul pagliericcio, con la schiena
appoggiata alla parete, continuava a sorseggiare il vino dall'otre
che le sostituivano periodicamente, appena lo svuotava.
Non aveva
idea di quanto tempo fosse passato, né di quanto avrebbe
dovuto ancora trascorrerne.
Bevve un altro sorso e appoggiò
la testa al muro, sospirando.
Combattere in quelle condizioni
sarebbe stato estremamente complicato, barcollava anche solo per fare
i pochi passi che la separavano dalla porta.
Forse non sarebbe
riuscita nemmeno a portare a termine la purificazione, forse sarebbe
morta lì.
Quella stanza sembrava già una tomba,
avrebbero solo dovuto murare la porta e le sue spoglie sarebbero
rimaste nell'oblio del tempo.
A parte gli Dei, nessuno sapeva dove
si trovasse. Non aveva stretto alcun legame, in vita, che avrebbe
spinto qualcuno a reclamare le sue spoglie, non era stata nemmeno una
buona madre...
Hope, la sua speranza nel futuro.
Aveva
riflettuto più volte sul suo agire con lei ed era
riuscita a perdonarsi: aveva fatto l'unica cosa possibile.
Hope
era malvagia già appena nata, non c'era altro che potesse
fare, ma Solan... Lui era innocente ed era morto per la sua
testardaggine, solo per la sua stupida ingenuità.
Xena
l'aveva perdonata, c'era voluto tempo, ma ci era riuscita. Lei,
invece, non si era mai assolta del tutto.
Spalancò gli
occhi di colpo, anche Solan si trovava negli Elisi! Anche lui era in
pericolo!
Come fare? La Pietra di Cibele era utilizzabile da un
sola anima per volta...
Era più giusto salvare Xena o
Solan...? Lui era innocente, ed era morto a causa sua...
La scelta
che le si poneva davanti era straziante e non era abbastanza presente
da riuscire a ragionare lucidamente.
Serrò le palpebre,
sforzandosi di pensare, quando all'improvviso avvertì
chiaramente una presenza nella stanza. Riaprì gli occhi e
cercò di capire chi ci fosse, ma non vedeva nessuno nel
buio.
Le pareti stesse sembravano vive, sentì la pietra a
cui era appoggiata respirare e si alzò di scatto. Era
circondata.
Si guardò attorno più e più
volte, avrebbe impugnato i sai, ma aveva unicamente l'oltre con
sé
La
porta si spalancò e la luce delle torce le ferì
gli
occhi, facendola sobbalzare all'indietro.
-Vieni.- Le ordinò
duramente una voce femminile, quella della prima divinità
che
aveva incontrato, la stessa che l'aveva torturata.
Si schermò
gli occhi con la mano e cominciò a seguirla.
Uscita dalla
stanza si ritrovò nel basso
corridoio, sorprendentemente
affollato. Gente che camminava in ogni direzione le ostacolava il
passo, creando una vera e propria calca.
Li osservò. Erano
tutti vestiti normalmente, come se si trovassero nel centro del
mercato cittadino, e nessuno faceva caso a lei.
Cercava di
seguire la Dea senza perderla di vista, cosa non facile in mezzo a
tutta quella folla.
All'improvviso le tagliò la strada un
uomo, che attraversò il corridoio e sparì nella
parete,
come se niente fosse.
La guerriera si fermò per non
sbattergli addosso e rimase terrorizzata alla vista di quella scena,
incapace di proseguire.
Toccò la parete: solida
roccia.
-Perché ti sei fermata?- La redarguì la
Dea.
-Cosa sta succedendo?- Chiese, incredula e preoccupata.
-Sei
sufficientemente pura da percepire altri piani di esistenza. Le
persone che ora vedi erano qui da principio.-
-Perché? Sono
morte qui dentro?- Si allarmò.
-No, stanno solo svolgendo i
propri affari. Loro non sono qui e noi non siamo qui, per loro. Posso
interagire, se voglio, ma per voi mortali non è
così.
Occupiamo solo lo stesso spazio, ma in dimensioni e tempi
differenti.-
Gabrielle non era certa di aver capito tutto e
continuava a guardarsi attorno, allibita, mentre la divinità
aveva ricominciato ad avanzare.
Dopo aver percorso lunghissimi
corridoi, la folla improvvisamente sparì e la luce delle
torce
cominciò ad affievolirsi, come se l'oscurità in
cui
avevano iniziato ad addentrarsi fosse materiale e densa.
Il
bagliore delle fiamme si rifletteva solo debolmente sulle decorazioni
dorate dell'enorme portone che si ergeva ora davanti a loro, mentre
tutto il resto era avvolto in un buio così fitto da rendere
impossibile vedere perfino le pareti.
Dall'eco dei loro
passi, che le ritornava all'orecchio, la guerriera ebbe l'impressione
che neanche esistessero e che quel varco, in realtà, fosse
sospeso nel nulla.
I battenti si spalancarono, in un silenzio
innaturale, ed entrarono.
La stanza era illuminata da pochissime
torce, ma la luce si rifletteva su ogni singola superficie della
stanza, riccamente decorata in avorio e oro.
Il pavimento era
lastricato in pietra finemente levigata e le pareti, adornate con
archi e colonne, sembravano estendersi all'infinito. Il soffitto era
poi altissimo, più dell'immenso portone che avevano appena
oltrepassato.
Si guardò attorno, incapace di trattenere lo
stupore, era la reggia più sontuosa che avesse mai visto.
Al
centro dell'enorme stanza, c'era anche un gigantesco trono,
crisoelefantino, con sopra un' immensa statua, raffigurante il corpo
di una donna seduta, avvolta nella stessa veste candida e dorata
delle due Dee gemelle che aveva incontrato e con la medesima corona
turrita.
La particolarità che la inquietò,
però,
fu che la scultura aveva tre volti, tutti perfettamente identici e ad
immagine e somiglianza delle sue ospiti.
Al loro avvicinarsi, due
leoni neri, enormi, alti tre volte lei, si affacciarono da dietro il
trono. Uno dei due teneva tra le fauci un capro, nero anch'esso,
ancora vivo.
Gabrielle si spaventò, se le bestie avessero
voluto le sarebbero saltate addosso in meno di una frazione di
secondo, ma la sicurezza con cui l'altra procedeva, la spinse a
continuare.
Raggiunsero i piedi del trono e incontrarono anche
l'altra immortale, la guaritrice, che le attendeva accanto a un
grosso recipiente in bronzo, finemente cesellato, e ad un altare in
marmo bianco.
-Finalmente, lieta di vederti ancora presente.- Le
sorrise.
Si sentiva spossata. Il lungo cammino fino a quella sala
era stato quasi troppo per il suo fisico, ma rispose al suo sorriso,
cortesemente.
-Sbrighiamoci a procedere, s'è già
perso fin troppo tempo.- Intervenne la sua accompagnatrice.
A
quelle prole il leone lasciò cadere il capro sull'altare e
il
rumore dello schianto riecheggiò assordante nella sala.
La
prima divinità le porse un pugnale, materializzandolo dal
nulla, mentre la seconda un mantello scuro.
Gabrielle prese
entrambi gli oggetti e indossò la cappa, confusa.
-Sgozza
il capro nero e versane il sangue.- Ordinò la prima,
indicando
il recipiente con lo sguardo.
Aveva già eseguito un rituale
simile, per entrare nell'oltretomba amazzone. Non le era piaciuto, ma
era stato necessario.
-Non separarti mai da questo mantello,
nasconderà il tuo essere ancora in vita ai demoni e agli
spiriti negli Inferi.- Si raccomandò la guaritrice.
La
ragazza impugnò il coltello, dalla lunga lama ondulata, e si
avvicinò al capro, ferito gravemente dalle zanne del leone,
che quasi non si muoveva.
Gli tagliò la gola, non senza un
moto di disgusto e dispiacere, e ne raccolse il sangue nel
recipiente, come indicatole.
La prima divinità lo raccolse
e lo alzò sopra la testa, mostrandolo alla gigantesca
statua.
-Hecate! Il sacrificio di sangue è stato compiuto!-
E
qualcosa che Gabrielle non si sarebbe mai aspettata avvenne: la
statua annuì.
La ragazza cercò di nascondere il
proprio terrore, mentre tutto diventava sempre più pazzesco.
Riuscì a stento a non svenire, tra la debolezza e lo
spavento.
-Atalanta!- Tuonò la guaritrice al secondo
leone, che si avvicinò e, spalancando la bocca, depose delle
forme di pane accanto alla carcassa del caprone, prima di arretrare
nuovamente, con deferenza.
-Intingilo nel kykeón e dallo a
Cerbero, si assopirà. Non ucciderlo, lui ci è
molto
caro.- Spiegò la Dea a Gabrielle. -Ricorda che non puoi
mangiare o bere nulla agli Inferi. Dovrai sostentarti con il solo
contenuto di questo otre, ma non preoccuparti, non si
esaurirà
mai.- Le passò un piccolo recipiente in pelle e
la guerriera
lo legò alla cintura.
-E non dimenticare la cosa più
importante, l'Ago di Cibele.- L'altra immortale le porse una
scarsella, presa dall'altare sui cui aveva appoggiato il contenitore
con il sangue, e con all'interno lo stesso involto che le aveva
mostrato Ares, in un tempo che le sembrava già remoto.
Fermò
anche quello alla cintura. Era pronta, aveva tutto ciò che
le
poteva servire...A parte delle armi. Forse le avrebbero concesso il
pugnale? Si domandò.
-Non ti occorreranno armi, non
potresti utilizzarle senza condannarti agli Inferi.-Esordì
la
prima Dea, leggendole la mente.
-Chi ti attaccherà sarà
certamente un demone e versarne il sangue, per un'anima ancora in
vita come la tua, comporterebbe la corruzione eterna.-
Spiegò
la guaritrice -Per questo ti ho dato il mantello, per passare
inosservata. Ma bada bene, non ti rende invisibile. Se te li troverai
davanti, ti vedranno. Agisci con circospezione.-
La situazione si
complicava sempre di più, ad ogni secondo che passava.
-Ora
sei pronta!- Le interruppe la divinità titanica, con voce a
malapena comprensibile nel frastuono che ne derivava. Sentì
quasi scoppiarle i timpani.
La prima immortale prese un calice
dall'altare e lo riempì di sangue, con fare solenne. La
guerriera aspettò che glielo porgesse, probabilmente avrebbe
dovuto berlo.
All'improvviso la divinità le svuotò
la coppa in faccia e i leoni si avventarono su di lei.
****
Note
dell'autrice:
Buon giorno e buon sabato!
Grazie
per aver letto fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensate, anche con
poche parole <3
Colgo l'occasione per ringraziare
oscuro_errante per essere ancora la mia fedele Beta Reader. Grazie
mille!
A sabato prossimo!
P.S. Nella mia bio
trovate il mio contatto facebook. Se volete chiacchierare o fare
domande, non esitate!