Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: EleWar    18/12/2021    8 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Arf arf arf eccomi, ^_^’ scusate il ritardo, ma ho avuto problemi tecnici e una RL parecchio impegnativa ultimamente. Manco a farlo apposta, per farmi perdonare, vi propongo questo capitoletto che è un po’ più lungo degli altri, quindi…. Per voi!
GRAZIE
Eleonora

 
 
 
Cap. 14 Dirty Talk
 
Diverse ore dopo, in casa Saeba-Makimura, i due soci si stavano dando da fare per prepararsi alla serata.
Ma mentre a Ryo era bastato indossare un completo qualsiasi dei più eleganti per apparire come l’uomo affascinante che era, per Kaori le cose erano leggermente più complicate perché le sembrava di non avere niente di adatto allo scopo, e non voleva ricorrere come sempre alla sua amica Eriko per un prestito o un consiglio.
E quando il socio, stranamente, la raggiunse in camera sua, quella che usava prima quando ancora vivevano nello stesso appartamento e dove teneva ancora tutte le sue cose nell’armadio – rifiutandosi di fare un trasloco totale, con la segreta speranza che lui prima o poi cambiasse idea – quasi trasalì trovandoselo sulla porta.
Era già pronta a sorbirsi i suoi rimproveri perché stavano facendo tardi, e si era messa sulla difensiva, farfugliando che non sapeva decidersi, quando lui la stupì dicendole:
 
“Posso darti una mano?”
 
Kaori rimase a mezzo di una scusa qualsiasi e, improvvisamente colpita dalla sua gentilezza, acconsentì di buon grado.
Ryo allora si mise a rovistare nel suo armadio, e quando vi trovò in fondo una scatola per abiti, lunga e stretta, fece per prenderla e aprirla ma lei lo bloccò:
 
“No-no, quella no, non aprirla…”
 
Kaori si mise a sudare freddo: non voleva assolutamente che lui vedesse il contenuto di quella scatola, perché dentro vi era il famoso vestito che aveva indossato la volta in cui si era finta Cenerentola, e che Eriko non aveva rivoluto indietro.
 
Ma Ryo non era dello stesso avviso, e dopo averla guardata interrogativamente per un attimo non capendo il motivo del suo divieto, procedette comunque all’apertura e scostò con delicatezza i leggeri fogli di carta velina che ricoprivano il completo, con tanto di scialle a frange e alta cintura.
 
Kaori trattenne il respiro.
 
Il socio tirò fuori pezzo per pezzo,ammirandolo, prima di appoggiarlo sul letto della ragazza, senza dire una parola.
Alla fine mormorò:
 
“Eri veramente elegante quella sera. Peccato che tu non lo abbia più indossato”.
 
E prima ancora che Kaori potesse dire qualcosa, lui era già sulla porta e, voltandosi appena, aggiunse:
 
“Direi che quello va benissimo. Ti aspetto di sotto” e scomparve.
 
Ripresasi dallo shock, Kaori si vestì in fretta e, dopo essersi passata un leggero velo di trucco sul viso, si decise a scendere al piano di sotto; se Ryo non le avesse chiesto o detto altro di quella strana serata che avevano passato insieme più di un anno fa, di certo non ne avrebbe parlato lei, con il rischio di impappinarsi o straparlare.
Con tutti i problemi che stavano affrontando in quel momento, ci mancava anche di dovergli spiegare il perché di tutta quella messa in scena e chiedergli il motivo per cui non le avesse detto di averla riconosciuta.
Certo era strano che lui lo ammettesse ora, ma adesso era così diverso, così… diretto nelle cose, e anche molto sincero, e non sapeva dire se la cosa le piacesse oppure no.
 
Comunque, quando Ryo la vide s’illuminò in volto e lei, istintivamente, gli sorrise: evidentemente era soddisfatto di ciò che stava vedendo, poiché le disse:
 
“Kaori, sei magnifica! Questo tuo travestimento ti è riuscito alla perfezione: sembri veramente una donna bellissima!”
 
Per poco la ragazza non inciampò e cadde, e non sarebbe valso prenderlo a martellate per la battutaccia che aveva appena sputato, perché quella per lui non era una presa in giro, ma qualcosa che pensava veramente.
Kaori si era scordata che Ryo era diventato un fottuto misogino bacchettone, e ingoiò il rospo a mala pena; la sua pazienza era al limite, e un misto di rabbia e disperazione l’invasero all’istante.
Il suo viso era una maschera di disappunto e frustrazione, ma Ryo non se ne accorse nemmeno perché, con nonchalance, si era già girato e, dopo aver ricontrollato la fedele Phyton e le munizioni, stava armeggiando con le chiavi della macchina.
Si poteva non odiare un uomo così?
Cinico, freddo e antipatico fino all’eccesso?
No.
 
In ogni caso, quando furono al Dirty Talk, consegnarono la Mini nelle mani guantate di un parcheggiatore in divisa, e si diressero all’entrata.
Kaori, messi da parte i suoi sentimenti personali, cercò di calarsi nel personaggio e prese a braccetto il socio, che trasalì a quel contatto.
Si stampò in viso un sorriso annoiato e altezzoso, e ancheggiando sui tacchi alti fece il suo ingresso trionfale sul corto vialetto d’accesso.
 
Il PR controllò i loro nomi nella lista stilata da Misaki Aijin, e a quel punto i due partner ebbero finalmente accesso al Tempio del piacere e del divertimento vero e proprio, così come recitava lo slogan posto sotto alla scritta al neon Dirty Talkche, in rosa shocking, che sovrastava un viso stilizzato con una mano davanti alla bocca e l’espressione maliziosa, facendo così il verso al nome del locale, realizzato con lo stesso materiale.
 
Buona musica aleggiava in sottofondo, e già c’era un discreto movimento di persone e personaggi vari nelle diverse sale e salette del locale elegante.
Camerieri anonimi e deferenti, in giacca e cravatta, sfilavano zigzagando tra la folla con maestria, sorreggendo vassoi carichi di bicchieri, mentre clienti bellissime e svagate prendevano al volo i drink senza neanche guardare.
Donne ingioiellate, o pesantemente truccate per sopperire a ciò che madre natura non gli aveva donato, sfoggiavano abiti all’ultima moda, e per un attimo Kaori si chiese se quello che reputava il suo più bel vestito avrebbe potuto reggerne il confronto.
Mascherò il disagio e strinse più forte il braccio del suo socio: che fosse o meno un cretino, aveva bisogno del suo appoggio, e averlo comunque accanto le era di gran conforto.
 
I due si guardarono discretamente intorno: se le donne erano fintamente annoiate, eleganti e in cerca, gli uomini non erano da meno; ma mentre il make-up migliorava l’aspetto delle une, gli altri non potevano di certo far nulla per nascondere la loro poca avvenenza, perché nemmeno gli abiti costosi riuscivano a coprire i corpi sgraziati o sformati da anni di eccessi, che fossero in alcolici, droghe, o pantagrueliche mangiate.
In pochi potevano definirsi belli o anche solo carini, e le coppie, spesso malamente assortite, con le donne che di gran lunga superavano in fascino la controparte maschile, avevano tutte un non so che di bizzarro.
Kaori si chiese quante di quelle fossero autentiche e quante, invece, frutto di amori mercenari.
Un brivido le passò lungo la schiena: anche se erano anni che bazzicava quel mondo, o vi gravitava intorno, non si sarebbe abituata mai a certi ambienti e, pur non essendo una rigida moralista, valutò che lì ci fosse veramente poca felicità e tanto squallore.
 
Lo scoppio di un tappo di champagne saltato da un tavolino del privèe, attirò per un attimo l’attenzione dei due sweeper, sempre attenti e allerta, ma l’esplosione di grasse risate goderecce che ne seguì, confermò che non c’era nulla di cui preoccuparsi.
Del resto Ryo si sarebbe accorto subito se a provocare quel piccolo boato fosse stata un’arma da fuoco, anziché una costosa bottiglia di Dom Perignon: lì le più famose bollicine scorrevano a fiumi, come i milioni di yen, ed era tutto nella norma.
 
Comunque fosse, nel giro di pochi minuti, più o meno tutti si erano accorti della nuova bellissima coppia che aveva fatto ingresso nel locale: eleganti e distinti, si muovevano con disinvoltura fra la folla e sembrava che s’intendessero a meraviglia.
E mentre le donne si chiedevano chi fosse quel moro affascinante dall’aria selvaggia e misteriosa, e se ci fosse mai speranza di finire nel suo letto, le loro controparti maschili invidiavano quello stesso uomo e si domandavano se, con un po’ di fortuna – e il denaro giusto – sarebbero riusciti ad ottenere le grazie della meravigliosa donna al suo fianco.
 
A conferma di ciò, non appena Kenzo Maro li focalizzò, non ebbe occhi che per Kaori, della quale pensò:
 
Veramente notevole. Mia sorella non mi aveva detto che la socia di Saeba fosse un tale schianto. Starebbe benissimo nella mia scuderia, e ha tutte le carte in regola per diventare la mia favorita. Chissà se è libera o legata sentimentalmente a quel cretino del suo collega? Sarà uno spasso corteggiarla… e rubargliela”.
 
Anche Misaki li aveva avvistati; li aspettava già da un po’ e, mascherando il crescente nervosismo, non aveva smesso di controllare discretamente l’entrata.
Ma se appena li vide riconobbe subito Ryo, per un attimo si chiese chi fosse quella splendida creatura al suo fianco.
Un senso di disappunto la assalì: i due soci le avevano assicurato che sarebbero venuti entrambi… ma dannazione, allora chi era quella?
Al disappunto si aggiunse la gelosia, perché quella giovane era davvero affascinante.
 
La trasformazione avvenuta in Kaori la rendeva irriconoscibile, e da ragazza indifferente, quale l’aveva giudicata la cliente, passò in un attimo a rivale; Misaki aveva molto successo con gli uomini e nessuno le resisteva.
E poi aveva già messo gli occhi su Ryo, di cui conosceva la fama di playboy, e non le sarebbe dispiaciuta affatto un’avventura con lui, una liaison senza pensieri, che erano il suo passatempo preferito.
D’altronde Mr. Saeba era abbastanza frivolo per intrattenersi con lei, aveva questa nomea, e quindi perché non approfittarne?
Aveva anche sentito dire che lui pretendeva pagamenti in natura per risolvere i casi, e a lei andava più che bene, nonostante ancora non ne avessero parlato.
 
Nel pomeriggio, quando aveva conosciuto i due City Hunter, non aveva degnato di un solo sguardo quella sottospecie di donna che era la sua socia, paludata in un ridicolo completo da uomo, ma adesso non riusciva a credere ai suoi occhi: la ragazza era a dir poco superlativa e, passata la piccola fitta di gelosia, valutò che nel suo locale avrebbe fatto faville.
Già s’immaginava schiere di clienti chiedere di passare anche solo un’ora con lei, e ben presto sarebbe diventata una celebrità al Dirty Talk… sempre che avesse accettato, e che il socio l’avesse lasciata andare, però.
Ma sapeva come convincerli; se non c’era un sentimento d’amore a legarli, tutto era possibile.
Con un po’ di complimenti e lusinghe, quale donna sarebbe rimasta indifferente?
E poi la paga, gli extra, i bonus e soprattutto i benefit, anzi no, i regali, che gli uomini sarebbero stati disposti ad elargire, l’avrebbero convinta.
E mentre lei, Misaki, si sarebbe dedicata a quel bel tenebroso del suo socio, tutti avrebbero trovato il modo di distrarsi piacevolmente.
Del resto quello era il posto giusto, no?
 
Gli andò incontro, da buona padrona di casa, e li accolse così:
 
“Benvenuti! Vi stavo aspettando!” e si frappose fra i due, dividendoli, e prendendoli entrambi a braccetto.
 
Sfoderando un sorriso esageratamente ostentato, se li portò dietro fino al tavolo d’onore e li fece sedere sul basso divanetto di pelle rossa, trapuntato con fili d’oro.
Kaori sedette sul bordo, troppo tesa per lasciarsi andare, col rischio di rovinare l’impressione di donna di classe che aveva assunto; Ryo invece vi sprofondò, e con disinvoltura appoggiò le braccia sullo schienale.
 
“Davvero carino, qui” esclamò guardandosi intorno.
 
“La ringrazio, questo è il frutto di anni di duro lavoro”
 
“…immagino…” aggiunse Ryo con un sorrisino beffardo.
 
“Mio fratello vi raggiungerà fra breve, intanto che ne dite di ordinare qualcosa? Avete qualche preferenza o… faccio io?”
 
“Direi che per il momento faremo un salto giù in pista: ci confonderemo meglio alla clientela e potremo osservare da debita distanza chi vi ruota attorno, da semplici spettatori. Non daremo nell’occhio, e quando arriveranno i soci di tuo fratello ce ne accorgeremo” spiegò lo sweeper.
 
“Non c’è problema: siete voi i professionisti” esclamò Misaki per niente disturbata dalla cosa.
 
E con una strizzatina d’occhio, si allontanò verso altri facoltosi avventori.
 
Kaori non si era fatta illusioni sul fatto che Ryo volesse veramente ballare con lei, e lo seguì con finto entusiasmo: erano sotto copertura, stavano lavorando, stavano semplicemente recitando.
Lo avevano fatto altre volte, giusto?
 
Ma quando Ryo le prese la mano e l’attirò a sé posandole l’altra sul fianco, a dispetto del distacco professionale che avrebbe voluto provare, fu presa dal batticuore.
Maledizione, non si sarebbe abituata mai a stare così a stretto contatto con lui, senza finire per fantasticarci su… però, se prima intravedeva una lontanissima speranza per loro, adesso le sembrava davvero impossibile.
Mentalmente si rabbuiò.
 
Evitava comunque di guardarlo negli occhi, e faceva vagare lo sguardo tutt’intorno per raccogliere più informazioni possibili; trasalì appena, quando Ryo le sussurrò in un orecchio:
 
“Stai andando bene, socia!”
 
Si voltò a guardarlo stupita, chiedendosi cosa volesse intendere, e preferì non dire nulla.
 
“Ti sei proprio calata nella parte: sembri perfettamente a tuo agio, qui” aggiunse poi, con un leggero sorriso incoraggiante e sincero.
 
La socia lo maledì interiormente perché, se da un lato amava la sua sincerità, dall’altro odiava il suo cinismo e la sua freddezza per quanto riguardava i loro rapporti; però rispose al volo:
 
“Hai detto bene, sembri!”
 
“Vero, però questo fa parte del nostro lavoro, no?” puntualizzò.
 
Volteggiavano leggeri e non perdevano un passo, e sarebbe stato fantastico se fosse stato tutto vero; ma quando furono sul punto di scontrarsi con una coppia visibilmente alticcia, e resa frizzante dal troppo alcool, o da qualcos’ altro, Ryo la tirò velocemente verso di sé, evitandole l’urto con i due che piroettavano fuori tempo sbandando a destra e a sinistra.
Kaori, ritrovandosi a stretto contatto con l’ampio torace del socio, fu invasa dal suo dolce tepore, e colse subito l’occasione di stringersi di più a lui che, inaspettatamente, l’accolse senza protestare.
La ragazza allora appoggiò la guancia alla sua spalla e per un attimo chiuse gli occhi, divisa e turbata da mille pensieri: stavano lavorando, Ryo non la voleva, non erano lì come una vera coppia… eppure era talmente tanto bello, che quella disperata speranza per un amore mai sbocciato, le torturava l’anima.
Ma poi, inaspettatamente, si accorse che non era solo il suo cuore a battere all’impazzata: anche quello di Ryo aveva accelerato il battito!
E allora, lentamente, si staccò da lui per poterlo vedere meglio in volto.
Sembrava  guardare lontano, ieratico, distante, eppure il suo cuore lo stava tradendo.
Una folle idea l’accese di fiducia e ottimismo: lui era indubbiamente emozionato quanto lei, e il suo batticuore non poteva essere dovuto ad altro, nemmeno ad un ipotetico pericolo in agguato, altrimenti Ryo si sarebbe messo sulla difensiva e le avrebbe detto qualcosa.
 
Sentendosi osservato da quegli occhi di ambra fusa, Ryo abbassò lo sguardo ad incontrare il suo: si guardarono intensamente senza dire nulla, mentre le note scivolavano lente sui vestiti di seta, sul pavimento levigato di marmo policromo, sui velluti dei pesanti tendaggi, riempiendo calici vuoti e risuonando fin dietro i separé di carta di riso e raso, e fin dentro le salette private.
Se ci si dimenticava che quello era un night di lusso, si poteva pensare di essere ad un gran galà elegante.
 
Era bello ballare con l’uomo di cui era innamorata…
Ma poi, d’improvviso, si ricordò di come fosse Ryo, di come si comportasse da un paio di settimane a quella parte con lei, e volle rompere l’incanto di quel magnifico momento, perché sognare come stava facendo lei, le sminuzzava il cuore.
Stava soffrendo troppo, pertanto gli disse, con un sorriso sardonico:
 
“Anche tu stai andando bene, socio” rifacendogli il verso.
 
“Ti riferisci al fatto che conosco i passi di questo ballo?” le rispose lui.
 
“No, perché sembri davvero un uomo innamorato. Ti viene bene fingere, sei un attore nato” e gli fece la linguaccia, per convincersi che quella fosse solo un’enorme riuscitissima finzione; ma lui trasalì appena e fece una faccia strana: sembrava esserci rimasto male.
Non ribatté con un'altra battuta, e la guardò tristemente.
 
Ma ecco che la musica aveva già cambiato ritmo, e il ballo lento che avevano appena eseguito stava lasciando il posto ad una frenetica rumba.
Tacitamente si ritrassero dalla pista, e raggiunsero il tavolino che gli aveva riservato Misaki.
Sedendosi trovarono due drink, e sotto il bicchiere di Kaori c’era un foglietto ripiegato.
Incuriosita lo aprì e lesse:
 
Alla donna più bella che abbia mai visto, stasera e sempre. K. M.”.
 
Avvampò di piacere e imbarazzo, e Ryo, notando il suo turbamento, dapprima la guardò interrogativamente, poi, preso il biglietto che lei gli tendeva, lesse anche lui.
Serrò impercettibilmente la mascella, ma ciò non sfuggì alla partner che scrutava il suo viso con attenzione, aspettandosi una battutaccia, che comunque dal nuovo Ryo non sarebbe mai arrivata, o qualcosa di altrettanto offensivo.
Lui invece si limitò a sibilare:
 
“Kenzo Maro”.
 
Istintivamente, i due girarono lo sguardo tutto attorno per scovare il titolare del locale, evidentemente così galante e spudorato da esporsi in quel modo.
Non tardarono ad avvistarlo, lui che aspettava di essere notato: in piedi, appoggiato mollemente al bancone del bar, alzò il suo bicchiere in segno di saluto accennando una sorta di brindisi, e lo scintillio dei suoi occhi furbi riuscirono a vederlo fin da lì.
Si staccò dal bancone e fece per venire da loro, con calma e studiata eleganza, affettato nei modi: era perfettamente padrone di sé.
Indossava un completo estivo bianco in soffice tessuto, forse lino o cotone; le spalline rinforzate mettevano in risalto le già ampie spalle possenti; le lunghe gambe si muovevano dentro pantaloni larghi e comodi, ma impeccabili nella piega; mocassini di marocchino tirato a lucido erano calzati senza calzini.
Il suo stile fintamente casual, o da ricco magnate in vacanza sul suo yacht, non strideva affatto in tutto quel lusso: ogni singolo capo costava una vera fortuna, e le firme più in voga della moda internazionale, avevano prestato il loro nome al vestiario del bel Kenzo Maro.
In effetti, non solo economicamente poteva permettersi di spendere tanto, ma il fisico e la naturale avvenenza gli consentivano di indossare qualsiasi cosa, tanto gli sarebbe stata bene comunque.
I capelli neri corvini, lisci e lunghi, a ricadere morbidamente sulle spalle, sciolti, creavano un bizzarro connubio di ricercatezza e studiata trascuratezza, tale che non si avesse l’impressione di essere di fronte ad un damerino impomatato, ma nemmeno ad uno sciatto riccone.
La sua aura era potente, così come il magnetismo animale che sprigionava: inaspettatamente Kaori si sentì attratta e turbata da quell’uomo, e arrossì leggermente.
Il suo sguardo, sfacciatamente interessato, sembrava penetrarla fin nel profondo, e la ragazza si sentì come nuda sotto i suoi occhi.
Con la gola improvvisamente riarsa, si portò alle labbra il bicchiere con mani tremanti, e sperò che nessuno dei due uomini che la stavano osservando se ne accorgesse.
 
“Enchanté!” disse in perfetto francese e, presale la mano, gliela baciò.
 
Ryo si mosse a disagio.
 
“Pi-piacere di conoscerla” balbettò quasi Kaori “lei deve essere Kenzo Maro, giusto?” articolò alla meglio.
 
“Diamoci del tu, vuoi?” rispose fissandola con occhi cupidi e sguardo ammirato.
 
“Va-va bene” acconsentì la ragazza “Io sono…”
 
“Sì, so già chi sei. Kaori, un nome bellissimo: profumo; un nome adatto a te” e sembrò che fosse sul punto di avvicinare il naso e fare l’atto di annusarla.
Ma Ryo, che più che sentirsi escluso da quel corteggiamento sfacciato, provava uno strano pizzicore in tutto il corpo, come quando si indossano vecchi maglioni di lana, vedendo la sua socia cedere, in qualche modo, al fascino di quello che era a tutti gli effetti il loro cliente – e figurarsi a credere che ciò che stava provando in quel momento fosse pura e cristallina gelosia – si schiarì la voce, attirando l’attenzione dei due.
 
“Ah, sì” esclamò Kaori, riscuotendosi dalla malia che le aveva tessuto intorno Kenzo Maro “Ti presento il mio socio: Ryo Saeba” e distolse lo sguardo dall’uomo per voltarsi verso il socio in questione che, forse a causa delle luci del locale, sembrava aver un colorito leggermente verdognolo.
 
“Ma certo!” esclamò Maro “Lei è il grande Ryo Saeba!” e gli regalò un sorriso abbacinante da trentadue perfettissimi denti “Chi non la conosce in città? Mi sono sempre chiesto perché non avesse mai messo piede nel nostro locale” e gli rivolse un malizioso cenno d’intesa.
 
“Mr. Maro” iniziò Ryo seriamente “non sono mai passato da queste parti perché…” stava per dire che non se lo poteva permettere, di andare a gozzovigliare in un locale costoso come quello, perché nonostante ora fosse una specie di monaco eremita, si ricordava molto bene i suoi trascorsi nei soliti localini, e che preferiva certe donnine più abbordabili e con meno pretese delle affascinanti escort che invadevano il DirtyTalk, ma si trattenne.
Uno strano pudore lo invase e, alla recente sincerità acquisita, sostituì una più ragionevole diplomazia terminando con:
 
“… perché ho altre abitudini e altri giri”.
 
E tutto questo perché si sentiva sotto la lente d’ingrandimento di Kaori, e bizzarramente provò l’impulso di non ferirla, di non offenderla; non voleva deluderla, eppure sapeva perfettamente che la sua socia era a conoscenza delle sue passate scorribande.
 
“Naturalmente…” chiosò Kenzo Maro, e parve in qualche modo soddisfatto dalla risposta, perché non aggiunse altro in merito.
 
Però si vedeva che l’uomo teneva in grande considerazione Ryo Saeba e la sua fama di Stallone di Shinjuku; lo invidiava, forse, per le imprese amorose di cui si favoleggiava, e avrebbe voluto essere al suo posto, o semplicemente gli sembrava di essere di fronte ad un suo pari perché, a ben vedere, Kenzo non aveva nulla da invidiare a Mr. Saeba, in fatto di bellezza e fascino: entrambi piacevano alle donne, e le donne piacevano ad entrambi… almeno questo si poteva dire di Ryo fino a non molto tempo fa.
In ogni caso, Kenzo pensò che, visto che la sua partner era così avvenente, quello fosse un sintomo di successo e fortuna in campo amoroso.
Si chiese piuttosto se ci fosse un legame sentimentale solido fra i due, o se l’unione si fosse mai consumata… in breve, in che rapporti fossero, perché Kaori gli piaceva sul serio e, se non c’era una relazione fra i due, ne avrebbe approfittato.
 
Per un attimo mise da parte le sue brame personali e si risolse di parlare del caso con i City Hunter:
 
“Piuttosto, saprete già da mia sorella di cosa si tratta il mio problema” e sorrise di nuovo con quel suo fare accattivante.
 
“Sì, direi che è stata molto chiara in proposito” rispose Ryo, calandosi nei panni del professionista “Ha insistito perché noi venissimo qui a conoscere il locale e i suoi soci che, a dirla tutta, non ho ancora incontrato…”
 
“Sì” l’interruppe Kenzo “non sono ancora arrivati: si dovevano occupare di certi affari e arriveranno più tardi. Ovviamente, se dovessero trovarci insieme, fingeremo di esserci conosciuti al momento e che voi siete due semplici clienti”.
 
“Quello era scontato” puntualizzò lo sweeper con una punta di acidità di troppo “Non deve insegnarci il nostro mestiere”.
 
“Oh, sì, certo, mi scusi” si affrettò a dire Maro “È che ultimamente sono diventato molto sospettoso e paranoico e vedo complotti in ogni dove. Ho perso la fiducia in quei due che reputavo come fratelli, ed ora temo per la mia vita. Vorrei potermi sbagliare, e per questo ho chiesto il vostro aiuto. Se e quando riuscirete a farmi sparire per un po’, scoprirò finalmente le loro vere intenzioni, e agirò di conseguenza”.
 
“Fa bene a non fidarsi” gli disse Ryo “In certi ambienti non c’è mai da stare tranquilli”.
 
“Ma noi l’aiuteremo” intervenne Kaori “Vedrà, faremo un bel lavoro e tutto si sistemerà” aggiunse con il solito ottimismo.
 
Kenzo fu quasi intenerito dalla sua uscita: davvero questa ragazza era così ingenua da poter affrontare la vita e certi problemi con il sorriso sulle labbra?
Sembrava quasi fuori dal mondo.
Però questo candore le dava un tocco in più: sarebbe stato estremamente piacevole sedurla e conquistarla e già pregustava quel momento.
 
Poi Kenzo Maro si voltò giusto in tempo per vedere entrare i suoi famigerati soci, e rivolgendosi ai City Hunter disse:
 
“Toh, sono appena arrivati quei due” e ammiccò nella loro direzione “e devo andare da loro. Come detto ci siamo appena conosciuti, noi tre, e non c’è bisogno di dirvi di tenerli d’occhio. Ci vediamo più tardi” e non aspettò nemmeno di essere salutato, che si diresse a grandi falcate verso di loro.
 
Ryo e Kaori si presero del tempo per osservare i nuovi arrivati, e farsi un’idea dei presunti nemici del loro cliente.
Fra i due individuarono quello che era soprannominato Mangusta, forse per la rassomiglianza con il piccolo carnivoro, perché Takeshi Zumo aveva il viso leggermente appuntito, gli occhi di piccole dimensioni e le orecchie simili a quelle dell’animaletto; i suoi capelli erano tagliati corti, ma si vedeva che erano grossi e spessi, e nel caso li avesse lasciati crescere come Kenzo, ad esempio, avrebbe avuto una criniera ispida e disordinata.
Se fosse scaltro e opportunista come la bestiola in questione, di cui si diceva fosse l’unica in grado di attaccare un serpente per poi cibarsene, non era ancora dato sapere, perché il suo atteggiamento, al contrario, sembrava piuttosto aperto e cordiale, e aveva l’aria di un gaudente contento di stare al mondo: rideva e scherzava col suo compare, e non smettevano di punzecchiarsi e darsi pacche e spintoni in modo cameratesco.
E se i due City Hunter si aspettavano i classici balordi arrivisti, furono in qualche modo delusi, perché Takeshi Zumo e Hato Miwa non lo sembravano affatto.
Anzi, quest’ultimo era una vera bellezza: esile e slanciato, aveva un viso aggraziato, gentile, quasi femmineo; un lungo ciuffo ribelle che ricadeva in continuazione sull’occhio sinistro ad ogni movimento e scuotimento della testa – e prontamente rimesso a posto da una mano nervosa o da un colpo di capo – lo faceva apparire come l’eroe di troppi anime per ragazze romantiche, e davvero Ryo e Kaori stentavano a capire perché lo chiamassero Lo Sfregiato.
Forse il famoso sfregio era proprio sotto il ciuffo, sulla fronte o appena sopra l’occhio, perché altrimenti non si spiegava dove altro potesse essere.
 
Accortosi di essere osservato, rivolse un occhiolino malizioso a Kaori che, sentendosi in qualche modo scoperta, abbassò rapidamente gli occhi.
 
L’ideale sarebbe stato poter parlare con i due amiconi, ma non era ancora il momento: Ryo e Kaori aspettavano l’occasione giusta e non dovevano avere fretta; la serata era appena cominciata, e ce n’erano ancora di cose da verificare.
 
Kaori, con un sospiro, si rivolse al socio:
 
“Senti anche tu questo profumo di sottofondo? Nonostante il fumo di sigarette, di sigari, alcool e lozioni varie, aleggia uno strano sentore, non trovi?” chiese la ragazza, sia per intavolare una qualsiasi conversazione, sia per provare a dire qualcosa di interessante: non era molto avvezza a certi locali, se ne teneva bene alla larga e vi entrava solo se era costretta o per lavoro, ma lì tutto sembrava studiato nei minimi particolari e davvero quel tono soave aleggiava piacevolmente nell’aria.
 
Ryo inspirò profondamente:
 
“Sì, hai ragione, lo sento anch’io. Sembra odore d’incenso, una fragranza che dà un tocco in più al locale. Sicuramente ci sono dei diffusori nascosti da qualche parte, che spandono essenze costose. Bizzarra, la cosa, ma non mi stupisco più di tanto. Questo è un locale d’alta classe, e forse vogliono distinguersi anche in questo”.
 
Restarono in silenzio per un po’, però effettivamente quel profumo, che si faceva via via più inteso, donava un senso di rilassatezza e mollezza, e ad un certo punto Kaori si sentì languida: stava forse subendo il fascino di un tale locale?
Si guardò intorno per la milionesima volta, e si accorse, probabilmente perché prima era a caccia di altro e non ci aveva fatto caso, che le coppie ai tavoli come loro, chi più chi meno, stavano discretamente amoreggiando.
Le donne si strusciavano addosso ai propri uomini, e c’era uno scambio continuo di carezze più o meno furtive; qualcuna rideva forte o di gola, gettava la testa all’indietro e spesso i loro colli scoperti venivano assaliti da partner vogliosi che li coprivano di baci sensuali, per poi finire per ridacchiare entrambi.
Alcuni si baciavano senza ritegno, lasciando intendere che quello era solo il preludio a qualcosa d’altro, di ben più impegnativo e intimo.
In definitiva il piacere carnale si manifestava in molteplici modi, e la giovane donna si sentì la bocca riarsa: ingoiò a fatica.
Non che la mettesse particolarmente in imbarazzo vedere altri baciarsi o amoreggiare, ma esserne letteralmente circondata e ricordandosi in che razza di locale si trovavano, la mandò in confusione.
Inoltre la consapevolezza di essere l’unica coppia nei paraggi a non tenersi nemmeno per mano, e ben lungi anche solo dal pensare o immaginare di fare altro che non fosse una pacca fraterna sulle spalle, la fece sentire terribilmente fuori luogo, una sorta d’intrusa.
 
Si mosse a disagio sul divanetto, cosa che non passò inosservata al socio che pazientemente roteava il suo bicchiere tra le dita e giocava con i restanti cubetti del drink, facendoli cozzare con il vetro.
Strano a dirsi, non avevano molto da dire, e per fortuna il nuovo Ryo non l’aveva lasciata lì a rodersi il fegato dalla gelosia, per andare a caccia di donne in modalità maniaco o, che era forse peggio, in modalità seduttore.
Era rimasto lì con lei, ma non accennava nemmeno ad un qualsiasi argomento; era quasi imbarazzante il loro silenzio.
Vedendo però la sua partner in difficoltà le chiese:
 
“Cosa c’è, Kaori? Qualcosa non va?”
 
“Sì… cioè no. Non lo so…”
 
Ryo non disse altro, si limitò a guardarla sperando che continuasse.
Da sempre alieno alle dinamiche femminili, sapeva che ogni volta che una donna rispondeva sì o no, era il contrario di ciò che pensava, e se questa diceva che non conosceva il motivo di una cosa, lo sapeva eccome.
In quell’istante Kaori avrebbe potuto dire tutto e il contrario di tutto.
Le sorrise incoraggiante e lei si buttò:
 
“Cioè… guardati intorno… tutti stanno facendo… stanno facendo qualcosa, e noi no. Voglio dire a parte ballare, che poi… non so, ti va di rifarlo ancora?”
 
“Sì, magari più tardi” buttò lì lui, ma immaginò che non fosse ciò che pensava realmente la socia, perché incalzò: “Avanti Kaori, sputa il rospo”.
 
Ma la ragazza avvampò al solo pensiero di mettere in parole le sue idee, e fu lì lì per impappinarsi; però si fece forza e sbottò:
 
“Qui tutte le coppie sono… sono coppie! Li vedi? Non saranno tutti fidanzati, o sposati, o che ne so? Però ecco, non stanno semplicemente seduti ad un tavolo ad ascoltare musica e bere drink come facciamo noi!” disse quasi tutto d’un fiato.
 
“Ah, intendi dire perché si baciano?”
 
“Anche!”
 
“E secondo te cosa dovremmo fare?”
 
Nella sua schiettezza era quasi disarmante: il vecchio Ryo non avrebbe risposto così, pensò fulmineamente la socia.
 
“Ma che ne so? Sei tu l’uomo di mondo! Forse… dico forse… dovremmo provarci anche noi… per finta eh?!” si affrettò a specificare.
 
Ryo si guardò intorno ancora una volta: effettivamente loro erano rimasti gli unici a non fare… quello che facevano gli altri.
E quella piacevole atmosfera, rilassante e inebriante insieme, gli infondeva un benessere strano, lo rilassava e, allo stesso tempo, gli acuiva i sensi.
 
“Mmmm, forse hai ragione…”
 
Non fece in tempo a parlare, che la socia gli si avvicinò così tanto che nell’impeto gli cadde quasi addosso, e col suo goffo slancio arrivò a baciarlo all’angolo della bocca, per poi ritrarsi quasi pentita.
Non era comunque sua intenzione mirare alla bocca piena, perché dovevano solo fingere, e ad un ipotetico spettatore quello sarebbe potuto sembra un vero bacio, forse… e poi temeva che Ryo la respingesse, e non si sentiva così sicura da osare tanto.
 
Ma quel bacio di sfuggita, dato quasi per finta, ebbe il potere di far vacillare il grande Ryo Saeba, il Monaco di Shinjuku, e le labbra di Kaori gli bruciarono la pelle e l’anima fino a farlo fremere.
Un potente brivido si riverberò lungo la schiena, e il cuore parve balzargli nel petto.
Sgranati gli occhi per la sorpresa, rimase senza fiato con un unico pensiero in testa:
 
Ancora!
 
   
 
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