6.
Si svegliò di scatto, in una stanza
piccolissima. Sarebbe stato completamente buio se non ci fosse
stata una torcia, dalla flebile luce blu, agganciata alla parete.
Si
alzò dal pavimento di pietra e si guardò attorno, era
evidente che era un'altra stanza del tempio, c'era la stessa roccia
grezza alle pareti e alla volta del soffitto.
Nessuna finestra,
solo la traccia di una porta, murata, alle sue spalle. Non c'era via
d'uscita.
Il panico la prese e cominciò a cercare una
fessura o uno spiraglio per aprirsi un varco, chiamava aiuto e
batteva i pugni, nella speranza che qualcuno la sentisse, ma sapeva
già che era inutile.
Cercò di calmarsi e di
ragionare, doveva esserci un motivo se era lì. Non potevano
averla ingannata a quel modo.
Si passò una mano sul volto,
ricordando la sensazione calda e viscida del sangue sulla pelle del viso e
quello che era successo immediatamente dopo.
Controllò il
palmo, pulito. Tra le dita non aveva sentito nessun residuo, né
fresco né secco. Guardò il mantello che ancora
indossava e anche quello era pulito, controllò anche le
proprie vesti, pulite anch'esse.
Che avesse sognato? Che fosse
un'allucinazione?
Ricordava il dolore che le zanne le avevano
procurato, eppure sulla sua pelle non c'era nemmeno un segno.
Non
c'era proprio nessun segno. Nessuno, nemmeno le cicatrici ottenute
durante gli anni di viaggio...E anche la spossatezza era
sparita.
-Cosa diamine sta succedendo...?- Mormorò tra sé e sé.
-Sei morta.- Disse
una voce alle sue spalle.
Si voltò di scatto e riconobbe
immediatamente il suo interlocutore, l'Arcangelo Michele.
-Cosa
ci fai qui? E cosa vuol dire? Non posso essere morta! Io...-
-Sei
stata divorata dai leoni di Hecate...Assurde le vostre divinità
pagane.- Disse con sufficienza. -Tuttavia...Non sei realmente morta,
tranquilla. Ha mantenuto la sua parola, avrai possibilità di
ritorno.-
-Perché sono qui dentro? Non dovrei essere sulle
sponde dello Stige?-
-Dovevo parlarti. Gli Elisi sono caduti,
mentre i tuoi Dei perdevano tempo...Avrai bisogno di
difenderti.-
-Caduti? E Xena?!- "E Solan, e Joxer...?"
Avevano perso tanti amici.
-E' stata portata nel Tartaro,
strettamente sorvegliata. E' solo questione di tempo prima che mangi
o beva qualcosa.- Disse duramente l'angelo -Sferreremo un attacco
simultaneamente al tuo ingresso, in modo da impegnare le truppe
infernali e recuperare le anime degli Elisi non ancora deportate. Tu,
dovrai recuperare Xena. Sai bene quanto sia pericolosa tra le loro
fila- Era pericolosa anche tra le truppe angeliche, impossibile da
gestire. Se non fosse stato per la guerra scatenata da Lucifero,
l'avrebbero subito rispedita tra i mortali.
-Michele- Si ricordò
all'improvviso di una cosa importante, per Xena -Se la riporto in
questo mondo, cosa ne sarà delle 40.000 anime di Higuchi?-
-Quando lei è diventata Arcangelo tutti i suoi peccati
sono stati purificati. La loro pace non è mai stata collegata alla sua sorte.- Rispose, infastidito dalla banalità
della domanda.
Gabrielle annuì, dispiaciuta, ma stando così
le cose Xena non avrebbe avuto alcun motivo per rifiutarsi di
seguirla. Per quanto fosse tragica la situazione, provò
sollievo.
Dei sai si materializzarono legati ai suoi calzari -Ma
se colpissi un demone, la mia anima si corromperebbe.- Obiettò
la bionda.
-Sì, ma ci sono molti spiriti inferiori che
lottano per diventare demoni e ucciderti o consegnarti andrebbe a
loro favore. Contro questi puoi combattere.-
Esaminò le
nuove armi, erano simili in tutto e per tutto ai suoi pugnali, ma
poteva sentire una sorta di energia vibrante
percorrerli.
-Tuttavia...- Riprese l'angelo -Avrai bisogno anche
di questo.-
Un guerriero, in un' armatura femminile completa, di
metallo nero, si materializzò nella stanza e cadde a peso
morto sul pavimento, facendo un fragore orrendo.
Gabrielle non
sapeva come reagire, mentre la guerriera cominciava a muoversi e ad
alzarsi, lentamente e con goffaggine.
La bionda la aiutò a
rimettersi in piedi e, quando ne incrociò gli occhi, unica
parte riconoscibile del volto, nascosto nell'elmo corinzio dal lungo
cimiero rosso, capì -Einai?!-
-E' un abominio, ma non ha
un'anima e può combattere i demoni. Inoltre, saprà
guidarti da Xena, visto che ne contiene le ceneri.- Il disprezzo era
ben visibile sul volto dell'Arcangelo. Era una blasfemia.
-Stai
bene?!- Anche se indossava l'armatura, aveva preso un brutto
colpo.
-Sì...Dove siamo?!- Ricordava di essersi coricata
alla fattoria, prima che il legame con Gabrielle si spezzasse e lei
sprofondasse nel nulla.
-Michele, non può venire con
me. Non sa combattere, e non è qui per sua volontà!-
-Sa
ciò che sai tu. Ed è solo un'aberrazione, non ha
diritto di scelta. Deve ringraziare il fatto che ti serva, o l'avrei
già distrutta.- L'odio traspariva potente nella sua
voce.
Einai si strinse nelle spalle, come se avesse ricevuto un
colpo sull'elmo, sentendo quelle parole.
-Fate presto, o tutto
sarà stato inutile!- L'Arcangelo si smaterializzò,
sparendo in un bagliore di luce che si trasformò nel
passaggio per gli Inferi.
Si avvicinarono titubanti. Potevano
vedere le sponde dello Stige, attraverso il varco.
-Einai
aspettami qui, non occorre che tu venga.-
-Ma Michele ha
detto...-
-Non importa cosa ha detto. Questo viaggio è una
mia scelta, non è necessario che sia anche la tua.-
-Voglio
venire.-
-Non sentirti obbligata...-
-Le alternative non sono
allettanti, Gabrielle.- Aveva paura, ma poteva solo finire distrutta,
o tornare all'oblio.
La guerriera la guardò per qualche
secondo, incapace di ribattere. -Cerchiamo di fare presto.- Si
inoltrarono nel passaggio.
Le sponde dello Stige, tra
nebbia e penombra, erano affollate.
Centinaia di persone si
accalcavano sulla riva e schiamazzavano, lamentandosi
dell'attesa.
Non era come al tempio, la folla non era serena. Qui
le persone sbraitavano, adirate o disperate. Avevano le vesti
macchiate di sangue, ferite evidenti o chiari segni di malattia.
Si
fecero largo nella calca, cercando di capire quale fosse il problema.
Raggiunta la riva videro la barca di Caronte, vuota, ormeggiata
ad un palo nel terreno.
-Nessuno ci porta!-
-Ho le
monete!-
-Sono stanco!-
Queste erano le voci che la bionda
riusciva a distinguere, tra il brusio generale. Si strinse di più
nel mantello, per non farsi notare.
Sembrava bastasse salire sulla
barca e attraversare il fiume. Era ampio e le acque nere e melmose,
ma le correnti non sembravano particolarmente forti. Non vedeva il
problema.
Si avvicinò all'imbarcazione, seguita rapidamente
da Einai. Non pareva più muoversi con difficoltà,
doveva essere stato solo il brusco risveglio.
Guardò
dentro al piccolo natante e afferrò la situazione.
Oltre
al traghettatore pusillanime, mancava anche il remo e, su quella
sponda desolata, non c'era niente che potesse essere usato per
sostituirlo.
Se fosse stato un normale fiume avrebbe provato ad
attraversarlo a nuoto, ma per un mortale, toccare le sue acque
equivaleva ad una tortura eterna.
Lo Stige, detto "il fiume
dell'odio", intrappolava i malcapitati nelle sue acque scure e
fangose, costringendoli a rivivere ogni episodio d'ira avvenuto in
vita, trascinandoli nel suo corso perpetuo, senza via d'uscita.
-Ho
un'idea.- Esordì Einai, portandola in un angolo meno
affollato.
-Quale?-
-Saliamo e io remo con le mani. Se è
vero che non ho un'anima, non mi succederà nulla.- Si
sarebbero mosse lentamente, ma meglio di niente.
-Hai detto "se".
"Se non ho un'anima..."- Ripetè preoccupata.
-Non c'è tempo per
questi discorsi adesso.- Faceva così, Xena, quando voleva
evitare una discussione. Le dispiaceva sfruttare i suoi ricordi a
quel modo, ma non voleva proprio affrontare l'argomento.
Nonostante
i suoi dubbi, sia il suo creatore che quell'angelo avevano detto la
stessa cosa. Sicuramente ne sapevano più di lei, o a breve
avrebbe scoperto che si sbagliavano.
Tornarono accanto alla barca
ed Einai salì per prima, ma il legno scricchiolò
sinistramente e quasi tutto lo scafo sprofondò sotto al pelo
dell'acqua. Scese rapidamente, prima che l'imbarcazione cedesse.
-Sono troppo pesante...- Disse, scuotendo il capo e cominciando a
togliersi l'armatura.
-Che fai?-
-Nuoto e trascino la
barca. Non c'è altra soluzione.-
-No, è troppo
pericoloso. Cerchiamo qualcosa da utilizzare...-
-Credo che
l'avrebbero già trovato, se ci fosse qualcosa.- Tagliò
corto, sapendo che anche l'altra pensava lo stesso, ma comunque
apprezzando il suo tentativo.
Sfilò gli alti cosciali,
i bracciali e l'elmo e li depose dentro al pettorale, restando solo
con la corta veste di cotone bianco che portava sotto.
Gabrielle
notò che aveva ancora la benda al braccio destro, poco sopra
il gomito.
-Non ho avuto modo di chiedere.- Le rispose la mora,
sfilandola e consegnandogliela -Pronta? Meglio
sbrigarsi.-
Einai aiutò Gabrielle a salire sulla
barca, poi le passò l'armatura e la spada e tolse l'ormeggio,
legandosi la corda strettamente attorno all'avambraccio destro,
mentre la bionda la annodava saldamente alla prua.
Ad un passo dall'acqua la
mora esitò per un istante, poi, chiuse gli occhi e sfiorò
il nero liquido con la punta del piede, sentendo lo sguardo
preoccupato di Gabrielle su di sé.
Non successe
niente.
Prese coraggio e avanzò di un altro passo, e un
altro ancora. L'acqua ormai le arrivava alla vita e non stava subendo
alcun effetto. Oltrepassò la prua della barca e si tuffò,
sparendo immediatamente alla vista dell'altra guerriera.
Sott'acqua,
riaprì gli occhi. Migliaia di volti dai lineamenti distorti, contratti in grida acute, si
pararono difronte a lei.
Presa dal
panico cercò di nuotare, ma sprofondò sul fondo, come
un blocco di granito.
Si guardò attorno, cercando un via di
scampo da quei volti che continuavano ad assediarla, ma ovunque
posasse gli occhi trovava solo anime urlanti.
Iniziò ad
avanzare lentamente, con fatica, nell'acqua densa. Li scacciava con
le braccia ma, ad ogni passo, nuovi spettri la raggiungevano, come
polvere di ferro attratta da un magnete.
Le urla le perforavano i timpani,
il frastuono assordante la confondeva. Le grida dei dannati
penetravano nella sua mente, come un coltello rovente nel
burro.
Stava per impazzire.
Chiuse gli occhi accovacciandosi
su sé stessa e portando le mani a coprire le orecchie, mentre
le anime si accalcavano attorno a lei e sulle sue spalle, come avvoltoi famelici.
Fu
il lampo di un secondo.
"Dov'è...?" Il pensiero
di Gabrielle la raggiunse. La stava cercando, preoccupata, in
superficie. Lì c'era silenzio e la vista poteva spaziare fino
alla riva opposta. Nessuno le sbarrava la strada.
Si aggrappò
con ogni fibra del suo essere a quel filo d'Arianna e ricominciò
ad avanzare, ad occhi chiusi, concentrandosi su colei che era la sua
anima, concentrandosi sulla salvezza sempre più vicina,
cercando di ignorare il frastuono.
Incespicava sui massi che
ricoprivano il fondale, ma si trattenne sempre dal riaprire gli
occhi. Cercando di mantenere il più saldo possibile quel
legame luminoso che le dava sollievo, come il primo respiro dopo una
lunga apnea.
Sentì sotto i piedi il terreno risalire e
accelerò il passo, al limite della sopportazione, iniziando a
tirare la corda con entrambe le braccia. Poi, finalmente, sentì
il pelo dell'acqua accarezzarle il volto e le spalle. Riaprì
gli occhi, era a pochi passi dalla riva.
Diede un ultimo
strattone alla cima e fece avvicinare la barca alla sponda. La legò
all'ormeggio e si stese a terra, sfinita, nonostante non potesse
quasi provare fatica fisica.
Gabrielle sbarcò e corse da
lei, portando con sé l'armatura. -Einai, stai bene?- Chiese,
inginocchiandosele accanto.
-Credo.- Ansimava, nonostante non
avesse bisogno di respirare -E' stato orrendo-
-Cos'è
successo?- Chiese, mentre cominciava a ripulirle il viso dalla melma
nera che la ricopriva, con un lembo del proprio mantello.
-Non è
acqua...Sono anime urlanti.-
-Oh Dei...-Si volse
inorridita a guardare il fiume, per un istante.
-Ho dovuto
camminare sul fondale- Disse, mettendosi a sedere -Per fortuna la
corda era abbastanza lunga...- Si passò le mani tra i capelli,
togliendo quanta più melma possibile.
-Il braccio?- Chiese
preoccupata.
-Brucia, ma non sembra peggiorato.-
Gabrielle le
pulì il gomito col mantello e rimise la benda, avvolgendola
più volte sullo stesso punto, in modo che potesse attutire
meglio eventuali colpi. -Se ce la fai dobbiamo spostarci da qui,
siamo troppo esposte.-
Einai si rialzò e la seguì al
riparo di alcune rocce, prima di cominciare a rimettersi
l'armatura, mentre l'altra controllava che nessuno si avvicinasse
all'improvviso.
-Non riesco a chiudere le fibbie.- Non l'aveva mai indossata prima, di sua volontà.
-Faccio io,
tu tieni gli occhi aperti.- La bionda cominciò a stringere
le cinghie rapidamente, con mani esperte.
Quell'armatura era
splendida. Fatta evidentemente su misura, aderiva perfettamente al
corpo della proprietaria.
Gambali e ginocchiere erano riccamente
decorati con incisioni, mentre i cosciali, forgiati a forma di ali,
avvolgevano la gamba quasi fino all'inguine, senza limitarne il
movimento. Spianò alcune pieghe della veste che ancora
sgocciolava fanghiglia nera, e passò a stringere le chiusure
del pettorale e a sistemare gli spallacci, anch'essi decorati. Non
aveva mai visto un'armatura così bella, senz'altro opera
divina.
-Ti ringrazio.- Disse la mora, rimettendosi l'elmo e
sistemando le chiusure dei bracciali.
Si guardarono attorno,
sporgendosi dalle rocce. Potevano vedere il gigantesco portone
dell'Antinferno spalancato, ma di Cerbero, che avrebbe dovuto
presidiarne i battenti, non c'era traccia.
Si avvicinarono
rapidamente, armi in pugno, ma con circospezione. La bestia a tre
teste poteva saltare fuori da un momento all'altro e tra i massi e
gli alberi scheletrici che ricoprivano quella sponda, non avevano
molta visuale.
Si fermarono dietro a dei cespugli irti di rovi,
controllando nuovamente prima di attraversare il portale. Di Cerbero
restavano solamente i tre grossi collari, spezzati. Doveva aver
approfittato del caos per liberarsi. Ora, poteva essere ovunque.
Scivolarono dentro, silenziosamente, e cercarono un altro riparo.
Se le sponde dello Stige erano avvolte nella penombra, nettamente
diversa era l'atmosfera, in quella zona.
Non c'era nessun sole nel
cielo rosso, ma c'era decisamente più luce. Il vento vorticava
furioso, sollevando sabbia bruna, bruciata, e frustando ogni cosa si
parasse sul suo il cammino. Alberi morenti, rocce e rovine.
Quella distesa desolata si estendeva a perdita d'occhio e le loro
tracce sparivano rapidamente.
Sarebbe anche stato difficile
muoversi senza farsi notare, ma potevano provare.
-Einai, sai
dov'è Xena?- Chiese la bionda.
-No.- Michele aveva detto
che l'avrebbe guidata fino a lei, ma non aveva idea di dove potesse
essere -Proviamo ad avvicinarci al Tartaro. Forse sentirò
qualcosa, come con te.-
Studiarono rapidamente il percorso, per
trovare quanti più ripari possibili dietro cui nascondersi, e
cominciarono ad avanzare, costeggiando il sentiero che le avrebbe
portate fino agli Elisi.
Dovettero discostarsi molto dalla strada,
allungando il cammino. Delle sentinelle potevano essere in agguato,
nei nascondigli più prossimi al passaggio.
Camminarono a
lungo, correndo tra un riparo e l'altro, costantemente col cuore in
gola.
Non incrociarono nessuno. Forse, l'attacco angelico stava
sortendo gli effetti sperati.
Si fermarono dietro a delle rovine,
due monconi di parete che delineavano ancora un angolo.
Gabrielle
doveva riprendere fiato, avevano corso parecchio -Sono morta, non
dovrei stancarmi.- Esordì, con il fiatone, una volta sedutasi
a terra.
-Non credo...- Einai, accanto a lei, si tolse l'elmo e lo
passò a Gabrielle. Si asciugò il sudore e cominciò
a sbirciare oltre le mura che le riparavano, per evitare
sorprese.
-Non eri sicura, vero?-
Capì che si riferiva alla sua anima -Tutti mi hanno sempre detto
così...Ma speravo si sbagliassero.- Un campanello di allarme
suonò nella mente di Gabrielle, aveva usato delle parole
fuorvianti -No, non speravo di morire. Speravo di avere un'anima.- Si
corresse.
-Saresti morta se fosse stato così!- Non poteva
credere alla sua imprudenza.
-Ares e Michele devono avermi
studiata per bene mentre non c' er...Mentre dormivo.- Aggiunse
mestamente -Difficile che si sbagliassero entrambi.- Evitò di
dare voce alla successiva domanda di Gabrielle, che non poté
fare a meno di chiedersi se Ares le avesse messo le mani
addosso.
-Ora abbiamo la risposta, sono solo un oggetto. Niente
per cui valga la pena angustiarsi.-
-Non dire così...- Le
sembrava impossibile.
-Ti ringrazio.- Sentì le lacrime
salirle agli occhi e distolse lo sguardo, costringendosi a pensare ad
altro -Se sei pronta ci conviene andare.-
-Sì.- Prese
l'otre e bevve qualche sorso, per ristorare la gola asciutta, prima
di alzarsi e rimetterlo nella sacca. Il pane non era ancora servito,
ma avrebbero potuto incontrare Cerbero all'improvviso, meglio
continuare a portarlo con sé
Sollevò di nuovo il
cappuccio del mantello, pronta a partire.
-Dammi la bisaccia, ti
muoverai più facilmente.- Aggiunse la mora, reindossando
l'elmo dal lungo cimiero rosso.
***
Note
dell'autrice:
Buon giorno, buon sabato e...Buon Natale!
Grazie
per aver letto fin qui e grazie mille per le recensioni! Continuate a
farmi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole <3
Colgo
l'occasione per ringraziare oscuro_errante per essere ancora la mia
fedele Beta Reader. Grazie mille!
A sabato prossimo!
P.S.
Nella mia bio trovate il mio contatto facebook. Se volete
chiacchierare o fare domande, non esitate!