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Autore: EleWar    27/12/2021    7 recensioni
Si fa presto a dire "E' una maledizione!" ma stavolta credo proprio che qualcosa di strano sia successo veramente. Quali altri guai pioveranno sui nostri eroi? E come se ne tireranno fuori? Ennesima avventura per gli sweepers più belli e innamorati di sempre.
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Mick Angel, Miki, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Ebbene, ci avviciniamo inesorabilmente alla fine, e non posso che ringraziarvi per l’attenzione che avete riposto in questa mia storiellina. Questo è il penultimo capitolo, ma non temete che ho pronte almeno altre due ff, che con tempo e comodo vi propinerò. Intanto leggetevi questa e… spero che vi piacerà fino alla fine.
GRAZIE
Eleonora

 
 
Cap. 16 La maledizione
 
Poco dopo Ryo e Kaori erano già in macchina verso casa.
Se l’aria della notte li aveva ossigenati, nel piccolo abitacolo della Mini tornarono a sentirsi addosso gli odori grevi del locale.
Quasi sovrappensiero Kaori disse:
 
“Senti qui! Dovrò arieggiare questo vestito o mandarlo in tintoria”
 
“Sì” rispose Ryo “Direi che lì si fa largo uso di droga, soprattutto oppio e cocaina; me ne ha offerto un paio di strisce la stessa Misaki, ma io non sono tipo da droghe, mi è bastata la Polvere degli Angeli” e fece una smorfia a metà fra un ghigno e un sorriso sardonico.
 
Kaori, dal canto suo, pensò che allora era vero che la bella Aijin avesse approfittato della situazione, e che non era vero che volesse solo mostrare il locale a Ryo.
Si rabbuiò per un istante, poi però si riscosse e gli chiese, stupita di non averci pensato prima, troppo desiderosa di fuggire da quel paradiso:
 
“A proposito: perché Kenzo e la Misaki non sono venuti a casa nostra per stanotte?”
 
“Perché avrebbero dato troppo nell’occhio. Non potevano venir via con noi, e se qualcuno li avesse seguiti, avrebbe visto dove sarebbero andati. No, gli ho detto che domani devono acquistare un biglietto aereo per una località di villeggiatura, dirigersi all’aeroporto, fare il check-in e tutto il resto, e poco prima dell’imbarco andare in bagno e cambiarsi. Devono camuffarsi, travestirsi, e così conciati prendere ciascuno un taxi che li conduca qui da noi. I soci di Kenzo, e l’intero personale del locale, dovranno credere che i due fratellini sono andati in vacanza insieme da qualche parte, poi a noi spetterà il modo di fargli credere che sono morti, magari giunti a destinazione, per uno sfortunato incidente o qualcosa d’altro. Domani in tarda mattinata saranno da noi, poi qui faranno vita da reclusi, e non potranno uscire finché non concluderemo il caso”
 
Kaori sospirò.
 
La prospettiva di avere quei due tizi ambigui sotto il suo stesso tetto non la entusiasmava minimamente, e sperò che la permanenza fosse breve.
Mentalmente fece l’inventario delle scorte alimentari e si disse che, con i magri guadagni rimasti, avrebbe dovuto rifornire la dispensa e il frigorifero.
Tutta presa in questi ragionamenti, non sentì Ryo che le aveva appena fatto una domanda, tanto che fu costretto, bonariamente a ripetere:
 
“Dicevo: e tu? Scoperto qualcosa d’interessante?”
 
“Ah, sì. Ho avuto modo di conoscere i soci, Takeshi Zumo e Hato Miwa, e non so più cosa credere…”
 
“Cosa intendi?” volle sapere Ryo.
 
“Mah, che vuoi che ti dica? Takeshi e Hato mi sembrano due burloni giocherelloni. Stanno sempre a farsi scherzi a punzecchiarsi, sono due amiconi a cui piace divertirsi. Mi hanno invitato a ballare con le loro amiche” e qui si voltò a guardare il socio per vedere che effetto gli avrebbero fatto le sue parole.
 
Lui però non distolse l’attenzione dalla strada e non mosse un muscolo, e se tutto ciò gli avesse suscitato anche un qualsiasi pensiero, o gelosia, non fu dato saperlo.
Kaori proseguì:
 
“Insomma sono due tipi totalmente diversi da Kenzo Maro, ma anche dalla stessa Misaki, non so se mi spiego. Non sembrano far parte di quel mondo, un po’ come fossero estranei da ciò che li circonda… o comunque non ci fanno caso. Ho anche avuto modo di salire al piano di sopra, quello con la scritta To paradise, che infatti la dice lunga! Ci sono stanze, come dire, di piacere, dove i clienti… fanno quello che fanno” e arrossì della sua stessa vergogna nel parlarne. “Sembra più una casa d’appuntamenti, o un love hotel come tanti” e fece una piccola pausa.
Poi, rilassando la schiena sul sedile, riprese: “Ho anche visto Kenzo Maro, sulla porta di una di quelle stanze: era in compagnia di una donna, e sembrava che avessero anche fumato dell’oppio, oltre… oltre al resto” e tacque.
 
Nell’improvviso silenzio si sentì solo il rumore rombante della piccola Mini, e la strada scorrere a pochi centimetri sotto di loro.
 
Come ad intuire i suoi pensieri Ryo mormorò:
 
“Non pensarci. Loro… loro sono diversi da noi” e voltandosi verso di lei, le sorrise di sfuggita.
 
Kaori fece tesoro di quelle parole.
Ryo, il vecchio Ryo, avrebbe potuto dire, prendendola in giro, che lei era così ingenua e sprovveduta che non sapeva come andasse il mondo – un certo tipo di mondo almeno – oppure al contrario che, proprio perché lei ne era avulsa, seriamente e gravemente avrebbe potuto farle notare, per l’ennesima volta, che quel mondo non faceva per lei, mentre, evidentemente, per lui non c’era scampo, ce l’aveva dentro, e ne faceva irrimediabilmente parte.
Invece questo nuovo Ryo, molto più sincero, seppur più diretto e tagliente, le aveva praticamente detto che entrambi erano uguali: semplici spettatori di un teatro sordido e malato, depravato, anche se ammantato di lusso ed eleganza.
Lui e lei erano altro, e non solo Kaori era felice che Ryo l’equiparasse a sé, ma anche che, in qualche modo, si fosse redento e non pensasse più in maniera distruttiva alla sua vita, che avesse dato un taglio con il suo passato.
Pensandoci le idee si ingarbugliavano, però pur non sapendo spiegarselo, ne fu felice.
Si limitò a dire:
 
“Vero, e non sai quanto”
 
 
 
 
Giunti finalmente a casa, si salutarono impacciatamente sulla soglia dell’appartamento di sotto, dove Kaori avrebbe passato ciò che restava di quella lunga notte.
Poi lei si chiuse la porta alle spalle e, sospirando, si diresse alla camera da letto, spogliandosi.
 
 
 
Nemmeno un’ora dopo, non appena Ryo si fu addormentato, ecco che i soliti incubi erotici presero il sopravvento e, alla consueta sfilza di donne, si aggiunse la procace signorina Misaki che lo turbava non poco.
Ma, sempre, Kaori prevaleva su tutte, e svegliandosi di soprassalto in preda al tremore, madido di sudore, passandosi una mano tra i capelli, si disse a denti stretti:
 
“Questa situazione deve finire!”
 
Quasi barcollando uscì dalla stanza e, come sempre, dimenticandosi che la sua dolce partner dormiva di sotto, si recò nella sua stanza, trovandola invariabilmente vuota.
Si accigliò, ma poi si ricordò che era stata una sua decisione e si diede un cazzotto in testa.
 
Scalzo e stravolto per la mancanza di sonno, vagolò fino all’appartamento sotto al suo, entrò senza problemi e si diresse alla ben nota camera.
Kaori dormiva raggomitolata su sé stessa, in posizione fetale, le lunghe gambe scoperte, la maglietta raggrinzita, i capelli sparsi sul cuscino: era una visione celestiale quella che si trovava davanti, rischiarata appena dalla luce fioca proveniente dalla strada.
Se nel sogno bruciava di desiderio per lei, vedendola lì distesa sul letto ebbe un moto di infinita tenerezza; avrebbe voluto potersi stendere al suo fianco e non pensare a nulla, respirare il suo respiro, sentire il tepore del suo giovane corpo; anche senza toccarla, poterla sfiorare e bearsi della sua presenza, così viva e potente, rassicurante.
Non l’avrebbe svegliata, sarebbe restato così, quasi in muta adorazione tutta la notte.
Avrebbe voluto essere degno di lei.
Poi però, un pensiero fulmineo gli attraversò la mente, e da quel confuso ricordo della serata appena trascorsa, emerse potente un’immagine, una sensazione bruciante, una consapevolezza: Kaori lo aveva baciato!
 
Non resistette oltre: doveva svegliarla, doveva sapere, sapere se almeno di quello si ricordava!
 
Allungò una mano e la toccò sulla spalla.
Lei mugolò nel sonno, poi la chiamò a bassa voce, ma con un senso di urgenza di fondo; la chiamò aumentando ogni volta un po’ di più il tono, e la scosse fino a quando la ragazza non spalancò gli occhi allarmata:
 
“Ry-Ryo perché sei qui? Cosa succede?”
 
“Kaori, ho bisogno di parlarti”
 
“Del caso? Kenzo Maro, è successo qualcosa? Misaki, forse?”
 
“No, no, niente di tutto ciò”
 
Kaori lo guardò perplessa e si tirò su a sedere.
Ryo si sedette a sua volta sul bordo del letto, una gamba ripiegata sotto di sé.
Lei percepiva tutta la gravità del momento, sentiva che lui aveva qualcosa d’importante da dirle, altrimenti non l’avrebbe svegliata nel cuore della notte, poco dopo essere tornati da quella lunga serata al Dirty Talk.
Accese la lampada posta sul comodino e l’invitò a parlare.
 
“Stasera al locale… tu… ad un certo punto… mi hai baciato”
 
Kaori avvampò.
Possibile che in piena notte, fosse andato lì da lei per parlare di quell’inezia?
Inezia per modo di dire, perché lei per compierla aveva dovuto ricorrere a tutta la sua audacia.
Però non disse nulla.
Lui insistette.
 
“Allora?”
 
“Emmm… sì, cioè no…” farfugliò la sweeper.
 
“Sì o no?” incalzò l’uomo.
 
“Sì, sì, sì” sbottò alla fine quasi scocciata la socia.
 
Che diavolo voleva quell’idiota?
Era così importante il tutto?
Infatti, svogliatamente, aggiunse:
 
“… ma era per finta, ricordi?  E poi non era un vero bacio…” e Ryo non seppe dire se Kaori fosse più dispiaciuta che altro.
 
Ryo si disse che era comprensibile, per lei, minimizzare l’accaduto; del resto, lui aveva passato gli ultimi anni a farla sentire un’ingenua verginella che non è capace di avere una qualsivoglia relazione amorosa, mentre lui era un uomo di mondo, scafato, e aveva successo con le donne: cosa si sarebbe dovuto aspettare?
 
C’era comunque un’altra questione più importante da chiarire e, nonostante smaniasse dalla voglia di assaggiare nuovamente le sue timide labbra come poche ore prima, o perdersi nei baci voluttuosi di tutte le altre notti, si decise a parlare:
 
“Kaori, tu hai visto come mi comporto durante il giorno. Sono uno sciocco puritano che schifa le donne, tutto il contrario di quello che sono sempre stato”
 
La ragazza annuì.
Lui proseguì:
 
“Be’, io so perché è avvenuto questo cambiamento. Ricordi il nostro ultimo incarico? Quello del ciarlatano del tempio? Sì, bene… Appena concluso abbiamo fatto un giro, ed io, ad un certo punto, ho visto una donna bellissima… una sacerdotessa… e ho perso la testa…”
 
Kaori s’incupì; ricordava molto bene quel particolare frangente, e lui, pur vergognandosi della sua stupidità e temendo una punizione postuma, si affrettò a proseguire nel racconto:
 
“Dicevo… ho perso la testa, non ho capito più niente e le sono saltato addosso!”
 
La socia fece schioccare la lingua in segno di perplessa disapprovazione.
 
“Tu hai cercato di fermarmi, alla tua maniera, ma la sacerdotessa, all’improvviso, agitando la sua bacchetta, mi ha dato dell’empio e mi ha maledetto”
 
Tacque, aspettando che la socia recepisse il messaggio.
Quando fu sufficientemente sicuro che l’altra avesse capito, proseguì:
 
“Solo che il suo non era un puro modo di dire, lei mi ha maledetto sul serio, mi ha lanciato un incantesimo, mi ha ridotto così” e terminò quasi piagnucolando.
Kaori sgranò gli occhi incredula: non che si stupisse del fatto in sé, che sfiorava il paranormale o la superstizione, poiché era abituata anche a questo, ma del significato intrinseco di quelle parole.
 
Ryo proseguì dicendo:
 
“Mick, Miki e Falcon, che fin da subito hanno capito che qualcosa non andava e, correggimi se sbaglio, Miki ti ha pure ipnotizzato per saperne di più,” e qui Kaori sobbalzò “hanno voluto vederci chiaro e sono andati dalla sacerdotessa in persona, che ha ammesso di avermi lanciato il suo anatema”
 
“Ryo, ma che stai dicendo?” l’interruppe la ragazza, ma era una pura domanda retorica, perché il tutto aveva dell’incredibile e del verosimile insieme; doveva assimilare le informazioni per capirci qualcosa.
 
“È la verità!” rincarò il socio “E quella santa donna gli aveva anche detto come fare per neutralizzare la maledizione! E giusto ieri mattina, al Cat’s Eye, quando sei arrivata tu con la notizia del caso, loro tre mi stavano dicendo come avrei dovuto fare…”
 
“Mi-mi dispiace” si scusò la ragazza in automatico, anche se non era propriamente colpa sua, se era arrivata dicendo che c’era una richiesta d’aiuto alla lavagna.
 
“Ma non è colpa tua, sciocchina!” le rispose lui, allungando una mano a toccarle un ginocchio.
Le sorrise: “Concluso il caso avremo tutto il tempo di riparlare con il resto della banda, e loro mi diranno come fare. C’è solo una cosa che mi disturba in tutto questo…” si fece serio “Posso anche accettare di vivere come un monaco durante il giorno, e magari tu ne sei pure felice” e qui sorrise di nuovo, ma subito tornò cupo, “Ma non posso accettare che tutte le notti io vengo qui da te, parliamo, e quindi finiamo per baciarci, amarci un po’, e poi la mattina seguente dimentichiamo tutto! Anzi, tu lo dimentichi, anche da una notte all’altra… mentre io no!”
 
“Che-che stai dicendo?” balbettò la ragazza “Noi non ci siamo mai baciati come dici tu!E poi vuoi che non me ne sarei ricordata?” disse con veemenza, per poi portarsi una mano alla bocca nel timore di essersi troppo scoperta.
 
“È così, ti dico! Una sera mi hai lasciato in ricordo un bel succhiotto, ma nessuno dei due sapeva come me lo fossi fatto. Per caso, una di queste mattine, non ti sei ritrovata un labbro leggermente screpolato? Be’, quello era perché la notte prima, nella foga della passione, io te l’ho mordicchiato!”
 
Kaori a quelle parole si richiuse in sé stessa, piegò le gambe verso il petto e se le avvolse con le braccia; come poteva essere possibile che lei, Kaori Makimura, si trasformasse in una donna voluttuosa e passionale, e che Ryo Saeba, che da sempre l’aveva scansata, s’interessasse a lei e s’intrattenesse in giochetti amorosi come quelli che lui stava descrivendo, e che lei, per giunta, non ne portasse traccia in memoria?
Nel fisico sì, perché il labbro presentava veramente una piccola ferita, e al mattino si era trovata qualche strano altro segno lungo il corpo, cose di poco conto a cui non aveva dato peso.
 
D’improvviso fu assalita dalla rabbia: se era vero che Ryo era sotto l’effetto di una maledizione, e che in realtà di notte si amavano – fino a che punto aveva quasi paura di chiederlo – era davvero un’ingiustizia che lei non ricordasse nulla!
E nemmeno lui, almeno di giorno, stando a quello che lui le aveva appena detto.
 
Spalancando le braccia proruppe con:
 
“Ma questa è un’ingiustizia!” dando libero sfogo ai suoi pensieri.
 
“Sì, amore mio” scappò detto a Ryo “Perché io ti desidero davvero, e anche tu mi vuoi” e la guardò intensamente.
 
Pur avvampando, Kaori resse il suo sguardo: in fondo aveva ragione, era così!
E il fatto che non si ricordasse di cosa combinavano su quel letto di notte, non cancellava quella verità incontrovertibile.
 
Ryo riprese:
 
“E vorrei che ce ne ricordassimo il giorno dopo, la notte dopo, sempre. Non resisto più. Ogni notte, da che ho combinato il guaio, mi presento alla tua porta e ti corteggio, ti seduco, e finiamo uno nelle braccia dell’altra… Ma la volta dopo devo ricominciare tutto da capo…”
 
“Oh, Ryo, non mi avevi mai detto una cosa del genere… Sono così felice!” quasi singhiozzò Kaori.
 
“Per stanotte posso rimanere a dormire qui con te?” chiese Ryo inaspettatamente “Mi basta solo dormire, abbracciato a te”
 
Sembrava così scorato che Kaori ne ebbe compassione.
E comunque… come rifiutare un tale accorato appello?
 
“Certo!” rispose la giovane, con una sicurezza che non si aspettava nemmeno lei.
 
A quel punto lui le si stese accanto, e timidamente si avvicinò alla ragazza.
Kaori, indecisa se dargli le spalle per troppa pudicizia, o voltarsi verso Ryo, scelse di girarsi per poterlo guardare dormire: forse quello era già un sogno, un’avventura onirica frutto della sua immaginazione e del suo amore per lui…
Però, perché privarsene?
Quando furono uno di fronte all’altra, Ryo allungò un braccio e la strinse leggermente e, chiudendo gli occhi sfinito, le mormorò:
 
“Ti prego, Kaori, ricordati… ricordati di noi!” e sprofondò nel sonno.
 
   
 
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