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Autore: Manto    09/01/2022    0 recensioni
(Sigma x Gogol')
Sigma lo sa da sempre: avere a che fare con Nikolai Gogol' vuol dire vedere qualsiasi piano andare in frantumi e dire addio alla pazienza, guadagnandoci pure un mal di testa clamoroso.
E mettendo in discussione anche il cuore.
Lievi toni di angst, qui è la commedia a regnare.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fyodor Dostoevsky, Nikolai Gogol, Sygma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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{ Passato La Materia dei Sogni }


Is it still me who makes you sweat?
Am I who you think about in bed?

When the lights are dim and your hands are shaking
As you’re sliding off your dress?

“Lying Is The Most Fun A Girl Can Have Without Taking Her Clothes Off”,
Panic! At The Disco



 

Don’t try to sleep through the end of the world
And bury me alive

Cause I won’t give up without a fight
If you love me let me go
If you love me let me go
Cause these words are knives that often leave scars
The fear of falling apart
And truth be told I never was yours
The fear, the fear of falling apart

“This Is Gospel”, Panic! At The Disco



 

«Sigma-kun?»
«Dimmi, ti serve qualcosa?»

«Esprimi tre desideri.»
Sigma alza lo sguardo dalla sua scrivania, sorpreso.
Dagli ambienti intorno si sta levando una canzone dai toni delicati: qualcuno canticchia, nei corridoi, e segue il ritmo come può. Va a tempo, a dire il vero, e ha anche una bella voce.
Natale ha già bussato da tempo alle porte dello Sky Casino, e qualcuno gli ha risposto.
«Cosa vuol dire?»
Questa volta è Gogol’ a rispondere con un’occhiata sorpresa, per poi sorridere. Sposta su un lato della scrivania i preziosi documenti che ha portato al manager e si protende verso di questi. «Non dirmi che non vuoi nulla! Qualcosa che non possiedi, a cui guardi da tempo…»
«Ho capito che cosa intendi», replica Sigma mentre si ritrae un poco, «ma perché una simile richiesta?»
«Avanti, Sigma-kuuun, non desideri un regalo?»
Il giovane spalanca la bocca, quindi abbassa gli occhi. Cala il silenzio, ma non per molto. «Vorrei una farfalla. Viva.» Lo dice con tono fin troppo sicuro, come a voler lanciare una sfida o mettere a tacere. D’altra parte, è la prima cosa che gli è venuta in mente e l’ha detta senza rifletterci molto.
Nikolai ride di cuore, quindi spalanca le braccia con fare teatrale e gira su sé stesso. «Un’ottima richiesta, davvero! Ma la lasciamo un attimo in sospeso, in attesa di tempi migliori.»
«Già. In questo periodo è più facile trovare la neve… si dice.»
Anche tale termine non ha necessitato di tanti ragionamenti, ma è sorto nella mente ed è stato subito pronunciato. La neve… a sapere davvero che cosa sia. La descrivono come fredda e bianca, capace di portare il silenzio; solamente questo?
La sua bellezza, la magia che tutti vantano, si ferma qui?
«E si dice il vero.» Il giullare fa sparire una mano sotto il candido Cappotto e fruga per qualche attimo; quando la ritrae, le dita stanno stringendo qualcosa di rotondo e voluminoso.
«Cos’è?», domanda Sigma, a stento capace di trattenere la curiosità, mentre Gogol’ appoggia una palla di vetro sulla scrivania. All’interno di quella c’è una piccola casa dal grazioso tetto rosso e con le finestre dalle imposte smeraldine, mentre il piano su cui poggia è tutto bianco.
Il manager sfiora l’oggetto e lo guarda, e subito spalanca gli occhi: appena l’ha toccato, dalla base si è alzato un pigro sfarfallio di minuscole sfere bianche; una lieve, elegante onda che presto si acquieta senza un rumore.
Nikolai osserva il volto del giovane, quindi prende il regalo e allarga il sorriso. «Preparati a vedere una piccola magia», sussurra, per poi scuoterlo con vigore.
Un turbine di candore si sparge per tutta la sfera e circonda la casa, per poi arrestarsi lentamente e diventare una placida discesa che imbianca il tetto, le imposte, i pensieri di Sigma.
Questi non respira più, rapito e portato lontano dal tumulto di ciò che sente agitarsi nel cuore; è pura meraviglia quella che lo ha agguantato e non lo lascia andare, complice il fatto che il clown ha dato una nuova scossa e lo spettacolo è ricominciato. «Questa è… neve?», domanda il manager allungando la mano verso la sfera e protendendo le dita come se, una volta avuta, non volesse più separarsi da essa.
«Aspetta solo di vederla realmente», risponde Gogol’ mentre scivola alle sue spalle e gliela mostra da vicino, mentre gliela posa tra le mani e tutte le luci paiono attenuarsi fino a scomparire, «e poi potrai davvero innamorarti di lei.»
«Avrei potuto rischiare anche di più.»
«Ah, quindi ora hai ripreso a parlare?»
Sigma e Nikolai hanno il tempo di lanciarsi una sola, breve occhiata che vale per mille discorsi e al medesimo tempo non esprime tutto quello che dovrebbe, che il corridoio che hanno appena percorso sbocca nella prima delle sale da gioco.
Per quanto la strada sia stata breve, a Sigma è parsa un’eternità: con le dita di Gogol’ ad artigliargli il braccio e a incendiarlo, la presenza di questi a pochi passi da sé e il suo respiro sottile, non si è aperta una sola possibilità di fuga; e non ci sarà per vario tempo, visto che il piano è lontano dall’essere completo.
La finzione dovrà reggere ancora.
Intanto, gli ospiti interrompono i giochi e si fanno da parte per farli passare, i commenti e le domande incastrate nei loro occhi e bocche; ma non una voce si alza per esprimerli, nessuno viene a soccorrere il giovane e dissipa il disagio che quel silenzio sta portando e il peso che gli si addossa sulle spalle ― che in verità non svanisce neppure quando l’aria si riempie di voci e l’allegro gruppo di politici acclama l’arrivo della coppia con modi troppo allegri per sembrare lucidi.
«Ripassa la parte, si va in scena. Ah, mi sono dimenticato di dirti che è la terza bottiglia che ho fatto ordinare e tutti loro hanno fatto onore al calice… è una compagnia abbastanza divertente», sussurra Gogol’ con un ghigno divertito mentre si stacca dal braccio di Sigma e si sistema appena la veste.
«Bene! Ora dimmi anche a chi devo addebitare il costo dei brindisi», replica questi con un sorriso affettato.
Il giullare non risponde se non con un piccolo inchino e un’occhiata eloquente, per poi raggiungere il suo ambasciatore con un perfetto ancheggiare e il tono squillante, detestabile.
Sigma trattiene a stento una maledizione capace di uccidere tutti i presenti, lui compreso, e si dirige verso i primi che lo chiamano, direttamente dall’altra parte della stanza. Come sempre quando è infastidito e incerto, opta per una sfrontata sicurezza capace di andare in frantumi in un attimo e riversa tutto sé stesso in una conversazione che prende subito il largo; ma una parte di lui si è staccata dal resto e lo guarda da un punto lontano, tra le dolci luci di un Natale che sembra irraggiungibile, tanto lo ha lasciato indietro.
Quella parte, forse la più profonda e di certo l’unica che non si fa ingannare, lo fissa senza mai distogliere lo sguardo, silenziosa come tutto ciò che la circonda: tra le mani, nascosta eppure ancora visibile, una palla di vetro.
La neve non ha tardato molto a cadere, dopo quel giorno.
E la notte non è giunta per essere passata a occhi chiusi; oh no, è stata creata per un altro scopo, da una mano diversa, è arrivata e…
«Se il padrone di casa dà il suo consenso, perché no?»
Sigma distoglie l’attenzione dalla propria ombra e ritorna al presente; lancia un’occhiata agli uomini che lo circondano, che a loro volta lo fissano in attesa, e gira lo sguardo per incontrare il viso di Gogol’ a qualche metro dal suo, quasi appiccicato a quello dell’ambasciatore.
L’uomo, nota Sigma, non si è mai avvicinato a lui così tanto: dev’essere qualcosa d’importante quello che ha detto…
E lui se l’è appena lasciato sfuggire. Fantastico.
«Si tratta solo di un breve spettacolo, una canzone, che il mio angelo vuol dedicare a tutti noi. È possibile avere l’approvazione per l’esibizione?», giunge tuttavia in soccorso il diplomatico, ripetendo la richiesta e svelando l’arcano; e a stento il manager riesce a soffocare una risata per la più che appropriata ― e allo stesso tempo esilarante ― scelta lessicale del politico. Attende però un secondo prima di rispondere perché lancia uno sguardo a Gogol’, il quale lo fissa di rimando con gli occhi che scintillano con la malizia di chi ha appena formulato un sinistro proposito. Se ci ha visto giusto, e Sigma spera tanto che sia così, Nikolai ha trovato la via per il pieno successo della missione. «Ma certamente, è possibile. Avanti, fate portare tutto il necessario, la signorina propone un’esibizione in nostro onore!», risponde infine il cuore dello Sky Casino, battendo le mani e facendo scattare sull’attenti i dipendenti, che immediatamente eseguono ciò che il re ha comandato.
All’unisono, Sigma e Nikolai fanno un passo indietro e si danno la schiena per prepararsi alle prossime battute del vero spettacolo, prendendo tempo fino a quando nella sala non viene portato un piccolo palchetto e un microfono, subito ceduto alle mani della “dama”.
È questo il momento in cui il viso di Gogol’ si apre in un sorriso raggiante, e per un attimo il manager teme che la copertura salti a causa dell’entusiasmo del compagno; aggrotta le sopracciglia quando lo vede estrarre gli orecchini ― e di conseguenza le microspie in essi contenute ― dalla tasca della giacca dell’ambasciatore e rimetterseli con un piccolo verso di trionfo, per poi scuotere appena la testa e attendere quello che verrà dopo. Sperando che non sia nulla di imbarazzante, pensa con un brivido mentre guarda il giullare salire elegantemente sul palchetto e riversare la luce del suo sguardo su tutti loro per poi soffermarsi su di lui, al quale fa un impercettibile segno d’intesa e un sorriso appena accennato, prima di prendere fiato.
«Squisiti ospiti, gentili signore e rispettabili signori, quale onore per me essere tra voi!», esclama Gogol’ con tono dolce, modulando alla perfezione la voce e scandendo le parole con calma, attirando l’attenzione di ben più di quella sola sala; e quasi spinto da una componente nascosta nell’anima, Sigma risponde al sorriso di prima con un altro uguale.
«Non nego che sia eccentrica, no, ma la sua voce è divina. Sono contento che lei abbia l’onore di sentirla, è il miglior dono che potevamo offrirle», ode commentare l’ambasciatore, rivolto a lui e con gli occhi fissi sulla cantante, distogliendo l’attenzione dal discorso di presentazione di Nikolai e tacendo unicamente quando questi abbassa le palpebre e inizia a pronunciare parole diverse: una sottile melodia lascia la sua gola, zittendo ogni altro suono.
Immediatamente, Sigma quasi ferma anche il battito del proprio cuore, e lo Sky Casino con lui: s’interrompono i giochi e si alzano le teste, le quali seguono il cammino di una voce simile al suono di un dolce violino; e questa, con una maestria struggente, intreccia parole che parlano una lingua antica e delicata come le ali che stanno portando la sera. Un canto malinconico e intenso, infuso della stessa magia del sole quando sale e spegne il buio, irraggia dalla figura di Gogol’ e bussa al petto dei presenti nella sala, sempre più numerosi e ammaliati da un incantesimo che rapisce per portare da ciò che è stato dimenticato… o impossibile da scordare.
Ben pochi, fra loro, sono ignari della storia che il clown sta narrando: un’antica fiaba di amore impossibile e promesse mai mantenute, dove non manca la crudezza di una sorte decisa da altri e l’infinita speranza che in futuro qualcosa possa mutare, che non sarà sempre come è stato scritto da mani astiose e gelose, che i pianti avranno fine, un giorno.
La neve non ha tardato ad arrivare quella notte.
Scosso dalla storia e sinceramente colpito dalla formidabile abilità che il clown gli ha sempre tenuto nascosto, Sigma si ritrova immobile, incapace di agitare anche un solo dito: lo sguardo non vuole staccarsi dalla figura di Gogol’, sospesa in un tempo che non appartiene all’uomo; le gambe non obbediscono alle richieste di fuga, di lasciare quel luogo e di dirigersi altrove, mentre le mani non si alzeranno mai ad asciugare la lacrima che già scorre lungo le guance e crea una strada sulla pelle, rendendola viva.
Gli occhi del giovane sembrano divenire più grandi, delle stesse dimensioni della luna, e mentre contemplano ciò che non è di questo mondo non si accorgono di quelli di Gogol’, i quali si riaprono e incontrano i suoi, non si spostano fino a quando la tenera poesia non incontra fine e la voce del giullare si spegne in un’ultima, soave nota che non trova seguito per lunghi attimi.
Il copioso scrosciare degli applausi e le alte lodi scuotono a malapena Sigma e tanto meno Nikolai, che ha voltato di un poco il capo e accetta i complimenti con un inchino e una quieta smorfia, presagio di un’altra sorpresa in arrivo. Non passa molto tempo prima che tutti colgano quanto stia per accadere e facciano cadere il silenzio in attesa di un’altra splendida performance, e da parte sua la star non fa attendere il pubblico:

I promise that you’ll never find another like me

I know that I’m a handful, baby

I know I never think before I jump

And you’re the kind of guy the ladies want

And there’s a lot of cool chicks out there

I know that I went psycho on the phone

I never leave well enough alone

And trouble’s gonna follow where I go

And there’s a lot of cool chicks out there

But one of these things is not like the others

Like a rainbow with all of the colors

Baby doll, when it comes to a lover

I promise that you’ll never find another like

Me-e-e, uh, uh, uh

I’m the only one of me

Baby, that’s the fun of me

La situazione muta rapidamente: se prima nessuno sembrava in grado di fare un passo, ora il ritmo della canzone, completamente opposta alla precedente per stile e testo, spinge al movimento sfrenato e all’allegria, così che per gli ascoltatori è ben difficile trattenersi e in un batter d’occhio l’intera sala sta ballando; tutti tranne Sigma, che preferisce allontanarsi di un poco e cedere lo spazio a coloro che vogliono impegnarsi seriamente nelle danze ― si sta muovendo anche lui, ma in un’altra dimensione.
La neve giunge di notte, pacifica e lenta, e porta il freddo pungente delle cose nuove, della realtà intoccata.
Davanti alle finestre dello Sky Casino, Sigma ne segue la caduta con lo stupore di un bambino e la stessa calma con cui il suolo va imbiancandosi: non c’è fretta e non ha sonno, lui e il mondo possono restare così per ore e ore.
«Fai attenzione a non congelarti, i corridoi non sono più molto caldi», commenta Gogol’ alle sue spalle, apparso da pochi istanti. Non si avvicina, preferisce rimanere a breve distanza; ed è il manager a fare un passo indietro e quasi a raggiungerlo, lo sguardo fisso sullo spettacolo oltre il vetro.
«Certo che qui sapete bene come divertirvi!» Ma la voce di nessuno, nemmeno dell’ambasciatore, può competere con quella dei ricordi. Non c’è altro suono che meriti risposta.
«Il tuo terzo desiderio, Sigma-kun?»
«Ehi, va tutto bene? State ansimando, volete sedervi?»
«Tutto a meraviglia. Non badate a me.»
«Sigma-kun?»
Il giovane non risponde, non a parole; in compenso, la sua mano si allunga, trova quella di Nikolai e la stringe ancor prima che questi se ne renda conto e possa sottrarsi alla presa. Ed è veloce: lo scambio d’informazioni e la visione, la consapevolezza, la certezza che esonda da quel contatto e non è ciò che Sigma si aspettava.
No, non è così che…
La mano si ritrae, rigida e intirizzita nonostante il calore che la pervade; ma è il bruciore del ghiaccio sulla pelle, un fuoco che non ha nulla di confortante e curativo. E a pochi metri di distanza, nello studio di Sigma, una crepa solca e s’imprime a fondo nella palla di vetro, rovinando per sempre il biancore che riposa al suo interno.
Per una seconda volta, gli occhi del manager piangono per qualcosa che solamente lui può conoscere e allo stesso tempo rimane sconosciuto. “Che menzogna!”, grida la sua parte più vera, “tu sai già ogni cosa, ma non lo vuoi più vedere.
No, tu non vuoi più saperne, ma la verità non ti ascolta.”
Il freddo è forte come un urlo, ora; e Gogol’ non fa che renderlo più intenso mentre indietreggia via da lì, lontano da lui, e si nasconde dietro l’espressione distante. «Desolato, Sigma-kun», mormorano e ripetono le pareti mentre il ragazzo lascia il luogo e Sigma si sente solo, davvero solo, «nessun legame potrà mai spingermi da te.»




 

NOTE

 

La canzone che Gogol’ canta è “ME!” di Taylor Swift e Brendon Urie, frontman dei Panic! At The Disco.

   
 
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