Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Segui la storia  |       
Autore: Europa91    10/01/2022    2 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 


 


 

Tornare alla propria realtà, quella originale era sempre strano, come risvegliarsi da un sogno più lungo e profondo del solito. Questa volta Dazai non si stupì di trovarsi di fronte i volti di Ango e Murray sempre con le medesime espressioni preoccupate a distorcerne i lineamenti. Avvertiva su di sé il peso loro sguardi e poteva facilmente intuire quali fossero gli interrogativi che i due uomini non vedevano l’ora di porgli.

«Avrai il resoconto di questo secondo mondo alternativo per domattina Ango, ora ho solo bisogno di riposare» Decise di liquidare entrambi, avviandosi verso l’uscita con un breve cenno del capo, dopo aver incrociato le braccia al petto, anticipando in questo modo qualunque altra possibile richiesta. Non era dell’umore per sostenere una conversazione.

I due agenti si limitarono a fissare la sua figura, incapaci di replicare.

«Cosa pensa che sia successo?» si azzardò a mormorare Murray, non appena Dazai scomparve dal loro campo visivo entrando nel vano dell’ascensore.

«Deve aver fallito.» Concluse l’impiegato governativo dopo essersi sistemato meglio gli occhiali sul naso con un movimento sbrigativo, che tuttavia tradiva la propria preoccupazione.

«Per ora penso sia il caso di lasciarlo da solo. Manderò qualcuno domattina, per sicurezza. Non dovrebbe compiere gesti estremi, ma con Dazai non si può mai sapere».

Murray deglutì. Avrebbe voluto chiedere altro, ad esempio chi fosse realmente quel individuo che l’ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia voleva a tutti i costi salvare. Aveva già ottenuto qualche sporadica informazione al riguardo, ma sentiva che c’era qualcosa in tutta quella faccenda che ancora gli sfuggiva. Qualcosa di importate. Non poteva accontentarsi di quelle briciole, non quando c’era la sua vita in gioco. Ango sembrò intuire i suoi pensieri, infatti si affrettò ad aggiungere;

«Non si preoccupi Murray-san sembra che dovremo usufruire ancora dei suoi servigi. Ovviamente tutte le sue spese sono a nostro carico. Stia tranquillo»

Non era affatto semplice. In cuor suo, Murray non vedeva l’ora di finirla con tutta quella storia. Meno aveva a che fare con Osamu Dazai e meglio era per i suoi poveri nervi. Ad essere sinceri, non si fidava nemmeno di Sakaguchi Ango, con quella sua aria da intellettuale aveva tratto in inganno fin troppe persone. Avrebbe continuato con quella collaborazione, riscosso il generoso compenso e poi si sarebbe allontanato per un po' da Yokohama. Con questo pensiero si infilò il cappotto.

 

***

 

Dazai passò l’ennesima notte in bianco nel freddo appartamento che Ango e gli agenti governativi avevano messo a sua disposizione. Era un bilocale arredato in modo semplice ed essenziale. Appena entrato si era subito spogliato e aveva fatto una doccia, lavandosi via il sangue dell’amico che ancora gli macchiava pelle e vestiti. Anche quella stava diventando una spiacevole routine. Mentre si frizionava i capelli umidi aveva gettato uno sguardo distratto al calendario, appoggiato al frigorifero della cucina. Non era trascorsa nemmeno una settimana dalla morte di Odasaku, anche se per lui era passato molto di più. Nelle realtà create dall’Abilità di Murray, il tempo scorreva diversamente e Dazai iniziava ad avvertirne il peso.

Aveva preso una decisione e non ne era pentito, se ne avesse avuto l’occasione avrebbe rifatto le stesse scelte, senza esitazione. In fondo aveva visitato solo un paio di mondi, era ancora troppo presto per gettare la spugna. Da qualche parte ci sarebbe pur stata una realtà in cui poteva salvare Odasaku, doveva solo trovarla.

Ancora mezzo nudo si sistemò scompostamente sul divano, dopo aver recuperato un vecchio pc, ottenuto sempre per intercessione di Ango. Hackerò senza problemi i file della Port Mafia sul caso Mimic e tutti quelli inerenti in qualche modo a Odasaku.

Sorrise tra sé pensando a come fosse stato fin troppo facile e a come si sarebbe divertito nello spulciare gli archivi dell’Organizzazione. Decise di leggere e memorizzare tutto ciò che riguardava Oda, dai suoi primi incarichi a quello che si era rivelato essergli fatale.

Rimase qualche secondo di più sul file riportante il “Conflitto Testa di Drago”.

Dazai ricordava benissimo quegli ottantotto giorni.

Era stato letteralmente un bagno di sangue.

Una carneficina che tuttavia era stata capace di annoiarlo.

Fu a seguito di quell’occasione che lui e Chuuya vennero conosciuti e temuti come Soukoku o Doppio Nero, un appellativo di cui non era mai andato particolarmente fiero.

Per contro Odasaku adottò cinque bambini rimasti orfani. Dazai ripensò per qualche istante a quelle vite innocenti, a come il Boss avesse venduto al nemico quell’informazione sapendo perfettamente cosa avrebbe comportato. Non poteva perdonarlo eppure sapeva che anche lui in passato sarebbe stato in grado di fare lo stesso.

Per poter vincere una partita delle volte si rendevano necessari sacrifici, in questo caso, Mori aveva semplicemente scelto quali pedine immolare sulla propria scacchiera.

Suonò ipocrita persino alle sue orecchie, ma questi erano gli insegnamenti che aveva ricevuto.

Generalmente Dazai era il primo a non farsi scrupoli ma questa sua linea di pensiero era destinata a fallire quando si trattava di Odasaku.

Era una verità con cui stava imparando a fare i conti, giorno dopo giorno. Non importava quale fosse la realtà o piano che Dazai avesse in mente, lucidità e lungimiranza crollavano come un castello di carte quando Oda Sakunosuke entrava a fare parte dell’equazione.

In qualsiasi mondo o universo in cui l’aveva incontrato, Odasaku finiva sempre con il cercare di aiutare il prossimo. Quella era una costante. Fu allora che Dazai ricordò con una punta di nostalgia di come fosse sempre stato così, sin dal loro primo incontro. Quello era l’Oda Sakunosuke che aveva perduto e rivoleva nella sua vita.

Circa tre anni prima, Oda lo aveva raccolto. A quel pensiero, un sorriso comparve spontaneamente sulle sue labbra. Dazai pensò a come in un certo senso, già allora, con la forza della sua sola presenza, Odasaku avesse iniziato ad innescare un cambiamento nella sua vita. Il se stesso quindicenne era un vero demone senza sentimenti; Oda lo aveva salvato, in tutti i modi in cui una persona può essere salvata. Non esistevano altri modi per spiegarlo. Non si era trattato di un contatto fisico o tangibile, come il fatto di ospitarlo o medicargli le ferite, ma un qualcosa in grado di provocare dentro di lui un cambiamento più intimo e profondo. Odasaku aveva toccato la sua anima, lenito le ferite del suo spirito. Quel qualcosa che condividevano era iniziato in quel giorno e si era concluso solo quando Oda aveva esalato l’ultimo respiro tra le sue braccia. Le sue ultime volontà erano state la ciliegina sulla torta, l’ultimo atto di un cambiamento che era già in corso.

La sua mente correva liberamente sul viale dei ricordi; l’immagine del Odasaku scrittore si sovrapponeva a quella del detective, mischiandosi anche con quella dell’Oda originale. Dazai stava per mettersi a piangere. Odiava questi sentimenti, queste emozioni che non riusciva ancora bene a comprendere e controllare.

Sapeva di essere infantile. La morte era sempre stata una compagna fedele, soprattutto per chi viveva in un ambiente come il loro. Era anche per quel motivo che aveva abbracciato l’oscurità della Port Mafia. Dazai stesso aveva ucciso e provocato direttamente o meno la morte di un numero imprecisato di persone. Una volta però, che la nera signora era arrivata per Oda, ogni suo desidero o curiosità era di colpo passato in secondo piano. Dazai avrebbe volentieri scelto l’oblio del sonno eterno, se questo fosse servito a privarlo di tutto il dolore che lo stava accompagnando da quel fatidico giorno di inizio gennaio. Suicidarsi era stato il suo primo pensiero. La scelta più facile, per un individuo come lui, che non amava soffrire. Se non lo aveva ancora fatto, era stato solo per il provvidenziale intervento di Ango e la soluzione che il quattrocchi gli aveva proposto. Era solo uno il desiderio che spingeva Dazai ad andare avanti, che muoveva ogni suo passo, riportare Odasaku nella sua vita.

Si asciugò le lacrime tamponandosi il volto con le bende che gli fasciavano il braccio. Ricordandosi solo in quel momento, di come dovesse ancora preparare il rapporto per Ango. Sbuffò accomodandosi meglio sul divano, stiracchiando le gambe intorpidite. Non aveva la minima voglia di ricordare quanto successo nelle ultime ore, ma sapeva quanto l’agente del governo avrebbe insistito al riguardo. Nella peggiore delle ipotesi il quattrocchi avrebbe persino potuto impedirgli di partire. Così, dopo aver recuperato l’ennesima bottiglia dal contenuto alcolico, comprata poco prima in un kombini, Dazai si mise al lavoro.

Mettere nero su bianco le informazioni riguardati le varie realtà in fondo poteva tornargli utile. In quel modo avrebbe analizzato non solo le differenze tra i vari mondi, ma anche le similitudini con il proprio, imparando attraverso l’esperienza accumulata. L’Abilità di Murray era incredibile, quasi quanto pericolosa, non si stupiva del fatto che quell’uomo fosse stato reclutato dal Governo. Dazai non voleva immaginare cosa sarebbe successo se altre Organizzazioni avessero saputo dell’esistenza di un potere simile; Port Mafia in primis.

Una parte di lui non vedeva l’ora di ripartire e scoprire cosa gli avrebbe riservato la prossima realtà. Le possibilità d’altronde erano infinite.

C’era anche da mettere in conto la possibilità che Odasaku non vivesse nemmeno a Yokohama, in fondo nel primo mondo loro due non si conoscevano. Allo stato attuale era inutile cercare di formulare delle ipotesi, doveva semplicemente continuare ad avanzare giorno per giorno, affrontando qualsiasi ostacolo di sarebbe parato sulla propria strada.

Ciò che poteva fare al momento era cercare di prepararsi al meglio.

Quando arrivò al punto di dover descrivere lo scontro con Gide, sentì il bisogno di fare una pausa. La prima bottiglia era ormai terminata, così si era diretto svogliatamente verso la cucina per recuperarne un’altra.

Se chiudeva gli occhi, Dazai poteva rivedere quel folle puntare la pistola contro di lui.

Si era svolto tutto nell’arco di una manciata di secondi.

Un attimo prima, poteva specchiarsi nello sguardo rigido e incolore dell’ex soldato, mentre quello dopo, la schiena di Odasaku si trovava a fare da scudo a lui e Chuuya.

Dazai non avrebbe mai potuto prevedere nulla di simile.

Secondo i suoi calcoli, Chuuya si sarebbe dovuto riprendere dal veleno, ma c’era la concreta possibilità che Gide lo avesse drogato. Erano parecchie le cose che aveva lasciato in sospeso in quella realtà. Cose che Dazai aveva preferito non approfondire, come il misterioso accordo tra il Boss e il Presidente di quella strana Agenzia. Si appuntò mentalmente di chiedere ad Ango se esistesse un’organizzazione simile anche nel loro mondo. Più per curiosità che altro. Ormai erano dettagli che non avevano importanza, Oda era morto di nuovo davanti ai suoi occhi e lui non era stato in grado di impedirlo.

Una volta terminata la stesura del rapporto si accorse che era quasi l’alba.

Provò a dormire qualche ora ma ogni volta che tentava di chiudere gli occhi rivedeva Odasaku spirare tra le proprie braccia. Il divano dell’appartamento era scomodo e troppo piccolo, ma non voleva alzarsi per raggiungere il letto. Si rigirò per un paio d’ore cercando di trovare una posizione confortevole ma senza successo. Dazai non riusciva a smettere di pensare. A spegnere il cervello.

Come era già accaduto più volte, l’immagine del suo Odasaku si sovrapponeva a quella del Oda scrittore, per poi lasciare il posto al detective. Ogni scenario però giungeva sempre alla medesima, tragica, conclusione. Faceva male. Troppo.

Alla fine, Dazai aveva riposato solo per una mezz’ora.

Aveva cercato inutilmente nello sportello dei medicinali in bagno un qualche tipo di sonnifero o farmaco che lo potesse aiutare ma Ango questa volta aveva saputo giocare d’anticipo. Sicuramente non voleva ripetere l’esperienza di qualche giorno prima.

Così si era trascinato sul divano del soggiorno, solo in compagnia dei propri pensieri. Fu in quella posizione rannicchiata che lo avrebbe trovato l’impiegato governativo incaricato di controllarlo, qualche ora dopo.


***

 

«Sei una perfetta mamma chioccia Ango» furono le prime parole che Dazai rivolse al ex amico una volta messo piede nell’edificio. Perfettamente vestito e pettinato, non mostrava alcun segno della difficile notte appena trascorsa.

«Conoscendo il soggetto con cui abbiamo a che fare, certe precauzioni sono d’obbligo non credi?» sorrisero entrambi, mentre Murray faceva timidamente capolino dietro la spalla del impiegato.

La tensione nell’aria era palpabile ma sembrava essere l’unico a preoccuparsene.

«Non avevo alcuna intenzione di togliermi la vita, volevo solo trovare qualcosa che mi facesse dormire» ammise l’ex dirigente cercando di suonare il più convincente possibile. In fondo non stava mentendo, la ricerca di un suicidio perfetto avrebbe aspettato, la sua priorità in quel momento era sempre e solo una: Odasaku.

«Provvederemo a farti trovare dei farmaci adatti una volta che sarai tornato dal tuo prossimo viaggio» Dazai sorrise, se fosse andato tutto bene, avrebbe salvato Oda e non avrebbe fatto ritorno in quel mondo. Lo sapevano entrambi.

Ango non disse nulla, si limitò invece a sfogliare il rapporto che Dazai gli aveva svogliatamente consegnato poco prima, non appena si erano trovati faccia a faccia.

«Troverai molte cose interessanti» furono le ultime parole che l’ex mafioso gli rivolse prima di dirottare tutta la sua attenzione all’altro dotato di Abilità presente in quella stanza. Con una piroetta prese Murray sottobraccio, rivolgendosi a lui con il solito fare fintamente amichevole.

«Hai un’Abilità davvero meravigliosa Murray-kun. Non vedo l’ora di partire per il prossimo mondo» l’uomo si voltò terrorizzato per cercare lo sguardo di Ango. Non poteva farci nulla, la presenza di Dazai gli faceva venire la pelle d’oca. A prima vista poteva sembrare solo un ragazzino di diciotto anni ma Murray sapeva benissimo quanto potesse essere pericoloso. Dopo il suo ingaggio aveva svolto delle ricerche, quello che aveva trovato sul conto di Osamu Dazai era anche peggio delle voci che circolavano sul ormai ex più giovane dirigente della storia della Port Mafia. Non doveva abbassare la guardia.

«Quando vuole possiamo partire» disse con un filo di voce.

Dazai sorrise un’ultima volta a entrambi prima di svanire.

 

***

 

Il viaggio non fu particolarmente diverso dai precedenti.

Quando aprì gli occhi il moro fu sorpreso di trovarsi disteso sopra un enorme letto a baldacchino. Ci mise qualche secondo per mettere bene a fuoco l’ambiente circostante.

Fu l’orrenda carta da parati che ricopriva le pareti a dargli la conferma che stava cercando.

Quella era la camera da letto del Boss.

L’ultima volta che Dazai vi aveva messo piede era la notte in cui Mori-san aveva ucciso il proprio predecessore. Era accaduto quasi quattro anni prima. Quante cose erano cambiate da allora.

Prima che potesse pensare ad altro, un movimento sospetto accanto a lui lo fece scattare come una molla. Dopo qualche secondo, emergendo dalle lenzuola fece la sua comparsa una figura fin troppo familiare. Akutagawa spostò il lembo di stoffa che gli copriva parzialmente il viso e dopo essersi stropicciato gli occhi, si ritrovò ad osservare il proprio superiore con uno sguardo assonnato che mal s'addiceva al feroce mastino della Port Mafia.

Dazai come prevedibile ebbe un mezzo infarto nel ritrovarselo accanto, completamente nudo.

«Non torna a dormire?» chiese il ragazzino con la voce ancora impastata dal sonno.

Se non fosse stato per l’imbarazzante quanto assurda situazione, Dazai lo avrebbe trovato quasi divertente. Non aveva mai visto Akutagawa così indifeso, nemmeno quando si erano incontrati la prima volta gli era parso tanto vulnerabile. Ciò non toglieva il fatto che il suo alter ego di quel mondo se la facesse con i ragazzini. Storse il naso disgustato dalla sola idea. All’inizio aveva pensato di essere lui stesso l’amante di Mori, ma la verità di quel mondo era stata ancora più incredibile e difficile da digerire.

«No. Credo di aver riposato a sufficienza» rispose forse troppo velocemente, mettendosi a sedere tra i cuscini.

L’ex dirigente sembrò notare solo in quel momento di essere a sua volta nudo, ad eccezione dei bendaggi che gli ricoprivano come di consueto, la maggior parte del corpo. Si sentì stranamente sollevato. Era solo un piccolo particolare ma significava che il suo alter ego non riponeva ancora abbastanza fiducia in Akutagawa. Forse era solo un amante occasionale. All’improvviso la sua mente traditrice gli ricordò di Chuuya e di come non si fosse mai fatto problemi a mostrarsi nudo davanti a lui.

Non ebbe modo di pensare ad altro che si ritrovò il sottoposto a pochi centimetri dal viso. Il ragazzino si era sporto quel tanto che bastava per baciarlo ma Dazai con un rapido scatto era riuscito ad allontanarlo bloccandolo con entrambe le braccia.

«Che diavolo stai facendo?» urlò prima di riuscire finalmente a scrollarselo di dosso.

Akutagawa fece un’espressione confusa, simile a quella perennemente corrucciata del Akutagawa del suo mondo. Dazai intuì come si stesse arrovellando per cercare di dare un senso a quelle parole o al suo comportamento. Anche in quella realtà, l’unico desiderio del possessore di Rashomon sembrava essere quello di compiacerlo ed il fatto di aver commesso qualcosa di sbagliato non sembrava dargli pace.

Gli fece pena.

Non era mai stato bravo con i ragazzini, Odasaku avrebbe sicuramente fatto di meglio.

«Perdonatemi. Io ecco credevo…» Dazai sbuffò divertito cercando di salvare entrambi quell’assurda e imbarazzante situazione.

«Ora non ho voglia di fare sesso» spiegò con tranquillità. Anche se avrebbe voluto aggiungere “soprattutto con un ragazzino” ma si trattenne.

Per prima cosa, doveva trovare quante più informazioni possibili su quella realtà, poi avrebbe pensato al resto. La presenza di Akutagawa poteva essere sfruttata a proprio vantaggio.

Il giovane mastino della Port Mafia però, dopo aver udito quelle parole, si alzò dal letto e si affrettò a recuperare i propri vestiti sparsi per la stanza. Doveva fermarlo.

«Non mi sembra di averti detto che potevi andartene» Akutagawa si bloccò di colpo, terrorizzato dall’idea di aver fatto nuovamente qualcosa di sbagliato e contrariato il proprio superiore. Il tono di voce utilizzato da Dazai si era fatto più profondo ma allo stesso tempo aveva assunto un carattere freddo e distaccato. Per un breve istante, durato solo una manciata di secondi, era tornato ad indossare le vesti di Demone Prodigio della Port Mafia. Per Dazai era difficile abbandonare del tutto la sua parte oscura ma ci stava lavorando. In quel caso, era stata la forza dell’abitudine ad averlo guidato. Akutagawa a suo modo era un cucciolo fedele, doveva solo imparare ad ascoltare gli ordini senza fare troppe domande.

«Scusatemi Boss» mormorò abbassando il capo. L’ex dirigente sgranò gli occhi per la sorpresa.

«Come mi hai chiamato?»

 

***

 

In quel mondo, Osamu Dazai era diventato il Boss della Port Mafia.

La scoperta di aver dormito con Akutagawa aveva messo momentaneamente in stand by il resto dei suoi ragionamenti. Dazai si era risvegliato nella camera del Boss, a quel punto vi erano poche ipotesi possibili.

Avrebbe avuto tempo e modo per informarsi sulla sorte toccata a Mori o di come proprio lui fosse finito con il prenderne il posto. Per il momento una sola cosa gli era perfettamente chiara: in quanto suo leader avrebbe potuto utilizzare liberamente tutte le risorse dell’Organizzazione.

Trovare Odasaku non sarebbe stato difficile.

Scoppiò in una risata isterica. Boss della Port Mafia. La sola idea gli faceva ribrezzo, eppure paradossalmente, ora disponeva dei mezzi necessari per salvare Odasaku. Avrebbe potuto trovarlo ovunque, sia in Giappone che all’estero, come avrebbe potuto sbarazzarsi della Mimic con una sola mossa. Forse aveva finalmente trovato ciò che stava cercando.

In quel momento il telefono sul suo comodino iniziò a squillare con insistenza. Si scambiò una rapida occhiata con Akutagawa prima di decidersi a rispondere. Dall’altro capo della linea proveniva una voce sconosciuta, doveva trattarsi un sottoposto di poca importanza; una delle tante pedine senza volto o nome che poteva muovere a piacere nella propria scacchiera e di cui non si era mai curato troppo.

«Boss. I preparativi sono stati ultimati. Restiamo in attesa dei suoi ordini» Dazai non aveva né tempo né voglia di occuparsi dei piani del suo alter ego, per cui si limitò a liquidare in fretta la questione;

«Procedete» mormorò quasi annoiato prima di riattaccare.

Akutagawa lo aveva fissato per tutto il tempo. Dazai aveva avvertito quello sguardo su di sé ma aveva preferito fare finta di nulla. In quel momento la sua priorità era quella riordinare le idee pensando a come sfruttare al meglio la propria posizione, oltre che quella del sottoposto.

«Ho per caso qualcosa sulla faccia?» chiese dopo una manciata di minuti, quando l’insistenza di quelle iridi sulla sua figura aveva iniziato a turbarlo. Akutagawa tremò, facendo inconsciamente un passo indietro.

«Allora potresti smetterla di fissarmi» concluse il giovane Boss prima di decidersi ad alzarsi dal letto per recuperare i propri vestiti.

«Siete stato voi a chiedermi di restare» furono le uniche parole che uscirono dalle labbra del ragazzino. Akutagawa non si era mosso, era ancora in piedi accanto alla porta, ma aveva abbassato lo sguardo colpevole di aver dato l’ennesimo dispiacere al proprio superiore. Dazai sorrise con fare indulgente, dopotutto in quel momento c’erano questioni più importanti da risolvere. Il mastino era solo una pedina preziosa su di una scacchiera che andava ancora completata.

«Vero. Ho ancora bisogno dei tuoi servigi» concesse. Akutagawa fece per togliersi la camicia.

«No. Fermooo. Non intendevo quei servigi. Dannazione sei sempre il solito moccioso ottuso».

Era incredibile come quel ragazzo prendesse sempre troppo alla lettera le sue parole. Con il senno del poi Dazai riconosceva di non essere stato un buon mentore per Akutagawa, lo aveva ammesso anche di fronte ad Odasaku. Aveva semplicemente cercato di fare del suo meglio, di crescere quel moccioso e coltivare la sua Abilità in previsione ad una minaccia futura. Gli venne quasi da ridere.

In quel momento, non aveva voglia di pensare ad altro che non fosse Odasaku. Yokohama e tutto il resto potevano anche bruciare. Senza Oda non riusciva concretamente a pensare a nessun futuro possibile.

Se c’era una cosa che tramite quei viaggi aveva imparato, era quanto il fattore tempo fosse importante; prima rintracciava Odasaku e maggiori possibilità avrebbe avuto di salvarlo.

Akutagawa era ancora in piedi e lo fissava confuso. Gli ricordò un cucciolo fedele e ubbidiente in attesa di ricevere ordini.

«Recuperami un pc. Devo fare delle ricerche»

Senza indugio Akutagawa fece come detto, posando dopo qualche minuto il computer sulla scrivania del superiore, mentre questi finiva di rivestirsi.

Dazai-san era strano quella mattina, ma non più del solito. Era la sola cosa alla quale aveva pensato subito dopo aver ricevuto quel rifiuto. Forse l’incarico di leader dell’Organizzazione lo stava mettendo a dura prova. Il possessore di Rashomon scosse la testa per l’assurdità del suo stesso pensiero.

Dazai-san era perfetto come Boss. Sotto la sua guida la Port Mafia aveva prosperato e non aveva eguali. Doveva essere altro ciò che ne turbava i pensieri.

Quando Dazai fece capolino nella stanza era completamente vestito. Impeccabile come al solito.

«Se continui a fissarmi in quel modo tra qualche ora finirò con l’avere un buco in fronte ma non sarà per colpa di un proiettile» mormorò divertito. Akutagawa arrossì per essersi nuovamente incantato ad osservarlo.

«Scusatemi, Boss»

«Quanto sei noioso. Non essere così formale, dormiamo insieme no?» Dazai ghignò dopo aver assistito alla reazione provocata dalle sue stesse parole. Akutagawa stava per morire dalla vergogna. Non si era mosso di un millimetro, ma si era fatto rigido come una statua e rosso come un pomodoro. Forse aveva pure smesso di respirare, non ne era sicuro. Per Dazai era troppo divertente giocare a metterlo in imbarazzo. Il sorriso sul volto del giovane Boss si incrinò solo quando realizzò di come nel suo mondo non avrebbe più potuto fare niente di simile.

Dazai aveva scelto di abbandonare la Port Mafia e non sarebbe tornato sui propri passi. Non poteva.

Oltre a Chuuya, in quel luogo aveva lasciato anche Akutagawa. Non ci aveva ancora riflettuto. Non ne aveva avuto il tempo, concentrato come era su Odasaku.

Sicuramente quel moccioso sarebbe rimasto scioccato dal suo tradimento ma se ne sarebbe presto fatto una ragione. Aveva il carattere e il potenziale necessari per emergere e lo avrebbe fatto, con o senza di lui. Poteva brillare, di questo Dazai ne era certo. Akutagawa era una spada senza un fodero ma possedeva una lama affilata. Si sarebbe fatto strada in quell’oscurità, squarciandola con il proprio potere.

Chuuya al contrario se la sarebbe legata al dito. Non lo avrebbe perdonato. Tornò a sorridere.

In fondo non gli importava, potevano pensare ciò che volevano. Se n’era andato anche per esaudire l’ultimo desidero di Odasaku. Tutto il resto erano dettagli di poco conto. Grazie a questa opportunità Dazai poteva ripartire daccapo, salvare l’amico.

Una volta raggiunto il suo obbiettivo non sarebbe tornato indietro.

Non vi era nulla ad attenderlo al suo ritorno. Solo una fredda lapide in un cimitero. Per questo non poteva fallire.

Alzò di poco lo sguardo per cercare quello di Akutagawa ancora immobile in attesa di ricevere ordini. Fu allora che notò un curioso dettaglio che prima di quel momento gli era sfuggito; al collo del sottoposto vi era un nastro simile a quello di Chuuya. Allungò una mano fino a sfiorarlo. Akutagawa trattenne inconsciamente il respiro.

«Rilassati» mormorò Dazai ad una spanna dal suo viso «Stavo solo ammirando questo» concluse passando le dita affusolate lungo il lembo di stoffa.

«Oggi siete così strano Boss» Dazai si bloccò e l’altro temette davvero di aver parlato troppo. Contro ogni previsione però il moro scoppiò a ridere, prima di ritrarre velocemente la mano e allontanarsi.

«Può essere. Sono stati giorni difficili. Allora, vediamo se puoi essermi di una qualche utilità Ryuu-kun» lo sguardo di Akutagawa si illuminò nuovamente di fronte alla prospettiva di aiutare il proprio superiore;

«Sto cercando una persona» continuò Dazai mentre fissava lo schermo del pc; dopo aver raggiunto la propria scrivania.

«Se questa persona fa parte dell’Organizzazione avremo i suoi dati nel archivio» fu la risposta monocorde del sottoposto.

«mentre, in caso contrario, la Port Mafia tiene ancora una lista degli individui dotati di Abilità Speciali residenti a Yokohama?» domandò. Non poteva ancora escludere che quella realtà fosse come la prima, priva di dotati.

«Mori-san aveva iniziato la stesura di un progetto simile, ma non so se l’abbia mai completato» fu in quel momento che Dazai non riuscì a trattenersi dal porgere la fatidica domanda; staccando per una frazione di secondo gli occhi dallo schermo del monitor;

«Come sono diventato il Boss?» Akutagawa indietreggiò di un paio di passi, fiutando il pericolo nascosto dietro quelle parole. Se era un test non era affatto divertente.

«Un paio di anni fa avete ucciso Mori-san e preso il suo posto. Da allora la Port Mafia ha prosperato» ammise. Sintetico ed essenziale come sempre. Come lui gli aveva insegnato ad essere.

Dazai alzò gli occhi al cielo assumendo un’espressione meditabonda.

«Due anni fa. Intendi dopo il Conflitto della Testa di Drago?» mettere insieme i pezzi non era facile ma necessario per avere un quadro generale della situazione.

«Avete ucciso il Boss precedente proprio durante il conflitto. Non conosco altri dettagli. Sono entrato nella Mafia poco dopo»

Non avrebbe ottenuto altro da Akutagawa. Chissà quali potevano essere i motivi che avevano spinto il suo alter ego ad uccidere Mori.

Guidare la Port Mafia era una prospettiva che non lo aveva mai allettato. Nonostante il Boss più di una volta avesse previsto o meglio decantato, di come Dazai sarebbe diventato un giorno il suo degno successore.

Essere il leader di un’Organizzazione era una responsabilità troppo grande che alla lunga lo avrebbe annoiato, come tutto il resto. Per questo aveva sempre evitato o dato corda a quel tipo di discorsi. C’era solo una cosa che Osamu Dazai bramava con tutto se stesso, ed era la morte; ma prima doveva salvare Odasaku. Era diventato lui la sua priorità.

Ricordò con una punta di nostalgia le innumerevoli riunioni passate al fianco di Mori. A come quell’uomo era solito posare la propria mano sulla sua spalla, sorridendo ed esibendo Dazai come un vanto e motivo d’orgoglio. Ripensò al pesante cappotto nero che gli aveva messo a quattordici anni sulle spalle e che era stato il primo oggetto del quale si era liberato dopo aver detto addio a quell’oscurità. In quella realtà, Dazai era riuscito a svincolarsi dall’ombra di Mori. Lo aveva fatto prima che l’uomo arrivasse a sacrificare la cosa più importante per lui. A tradire la sua fiducia.

Non che ne avesse mai avuta. Dazai in fondo sapeva che Mori era un diavolo sotto mentite spoglie, ancora più contorto e malvagio di lui. Quando lo aveva trattenuto nel proprio ufficio, impedendogli di correre da Odasaku, era stato in quel preciso istante che aveva osservato per la prima volta il vero volto del proprio benefattore. Mori aveva lasciato cadere per qualche secondo la maschera e Dazai aveva capito come non ci fosse più alcun futuro per lui nella Port Mafia. Il Boss non si era fatto alcuno scrupolo nel passare sopra la morte di bambini innocenti pur di arrivare al proprio obbiettivo.

Erano simili, ma Dazai non si era mai spinto così oltre; o almeno, non lo aveva fatto da quando Odasaku aveva fatto capolino nella sua vita.

Nel corso dei suoi diciotto anni di vita, anche Dazai aveva ucciso. Le sue mani erano lorde di sangue, la sua anima più nera di una notte senza luna, eppure, in quel momento, con insolita e rassicurante convinzione, sapeva che al posto di Mori non avrebbe mai svenduto delle anime innocenti. Era una delle poche certezze che gli rimanevano. Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.

Avrebbe tanto voluto conoscere i motivi che si celavano dietro l’assassinio di Ougai Mori. Sapere come il suo alter ego fosse giunto a quella soluzione estrema, ma una parte di lui, forse quella più razionale, gli ricordava come in realtà, quelli non fossero dettagli rilevanti. Doveva tornare a concentrarsi su Odasaku e non perdere di vista il proprio obbiettivo.

Non si era recato in quel mondo per una visita di piacere. Ricordare il passato e soprattutto il suo rapporto con Mori poteva rivelarsi insidioso. Non doveva dimenticare che quell’uomo era il maggiore se non il principale responsabile di tutta quella vicenda. Dazai era convinto che se il Boss lo avesse realmente voluto, avrebbe trovato un altro modo per ottenere quella stupida licenza dal governo, senza dovere arrivare a sacrificare proprio Odasaku.

Negli ultimi giorni, Dazai aveva iniziato a sospettare come quello fosse solo un tassello all’interno di un puzzle molto più articolato. Come se la morte di Oda fosse stato solo il preludio di un altro piano, del quale però non riusciva a venirne a capo.

D’altra parte stava ragionando sull’uomo che lo aveva “cresciuto”. Quando Dazai aveva incontrato Mori era poco più che un bambino. Se era diventato famoso come Demone lo doveva solo a quel ex medico militare che ad un certo punto lo aveva raccolto, preso sotto la propria ala e dal quale aveva appreso più di quanto volesse ammettere anche a se stesso.

Odasaku era stato un balsamo per la sua anima, capace con la sua sola presenza di lenire le ferite del suo spirito. Non poteva rassegnarsi alla sua perdita, aveva ancora bisogno di lui.

Riprese la ricerca sul pc e con gran sollievo vide comparire il nome di Oda Sakunosuke tra le fila della Port Mafia. Sorrise, tornando a respirare.

«Avete trovato ciò che stavate cercando Boss?» si intromise Akutagawa. Dazai si era completamente dimenticato di congedarlo.

«Certo, certo. Ti ringrazio ora puoi anche andare» lo liquidò con un rapido gesto della mano.

«Non volete che resti? Tra poco riceverete la visita di Nakahara-san» Dazai abbandonò controvoglia lo sguardo allo schermo. In qualche modo Chuuya doveva sempre intromettersi per rovinare i suoi piani.

«Non ho voglia di vedere quel tappetto isterico oggi»

«Siete stato voi a convocarlo» insistette Akutagawa.

«Non mi importa. Ho altro da fare»

Non gli interessavano i progetti del suo alter ego. Aveva l’occasione di rintracciare Odasaku e probabilmente salvarlo. Tutto il resto poteva tranquillamente passare in secondo piano. Soprattutto la visita di Chuuya.

«Puoi andartene anche tu. Se non ti fosse ancora chiaro, non voglio essere disturbato»

Akutagawa fece un inchino prima di eseguire l’ordine. Il Boss era strano ma non poteva ne voleva contrariarlo.

 

***


Lungo il corridoio incrociò Nakahara Chuuya.

«Ehm il Boss non vuole essere disturbato» fu tutto ciò che disse dopo averlo superato. Il rosso si fermò di colpo inchiodandolo contro muro con uno sguardo che prometteva tempesta.

«Non me ne fotte un cazzo. Non intendo prendere ordini dal suo nuovo giocattolino» concluse allungando la mano per sfiorare il nastro di stoffa che portava al collo. Akutagawa non fece nulla, anche se gli sembrò di comprendere quella velata allusione. Sapeva di non essere nella posizione di fermare Nakahara-san, era pur sempre un dirigente. Si fece da parte, sapendo di aver dato con quel comportamento, l’ennesimo dispiacere al Boss.

In pochi passi Chuuya raggiunse gli appartamenti di Dazai. Non bussò. Si servì della sua Abilità per aprire la porta.

«Buongiorno Boss» lo salutò cordialmente. Dazai richiuse lentamente il pc e lo sistemò sul tavolo. Si era aspettato qualcosa di simile. Akutagawa non sarebbe mai riuscito a fermare Chuuya, in nessuna realtà.

«Oggi non ho proprio voglia di vedere nessuno quindi, se non ti dispiace…» ed accennò alla porta;

«Smettila con le cazzate. Non so a che gioco tu stia giocando ma dovresti sapere che mi piace essere preso per il culo. Sai perché sono qui»

No. Dazai non ne aveva idea. Tuttavia qualcosa gli suggeriva di come non sarebbe stato facile sbarazzarsi della presenza molesta del ex partner.

«Allora, visto che ci sei. Accomodati prego» avrebbe sfruttato l’occasione per indagare.

Dazai non voleva sprecare più tempo del necessario. Tanto valeva ascoltare Chuuya. Il rosso si dimostrò stranamente collaborativo, prendendo posto su una delle poltrone del soggiorno.

«Non mi offri nemmeno del vino?»

«Sono le dieci di mattina»

«Fai proprio schifo come Boss»

«E tu come sottoposto» sorrisero entrambi.

«Allora, perché non volevi vedermi? Ho incontrato il tuo nuovo cagnolino nel corridoio. Stava per farsela sotto. Ti adora. Mi chiedo ancora il perché»

«Sei per caso geloso?» provocare Chuuya era sempre così facile, così divertente. Era un qualcosa che gli veniva naturale come respirare.

«Stavo solo cercando di sostenere una conversazione normale prima di arrivare al sodo»

«Lo supponevo. Allora Chibi, basta inutili preamboli. Dimmi chiaramente: cosa vuoi?»

«Lo sai. L’hai sempre saputo e anche ora ti diverti a torturarmi sadico bastardo. Vuoi che ti implori? Va bene. Sono anche disposto a inginocchiarmi. Però devi perdonare Saku»

Dazai fu certo di aver capito male. Il rosso intanto si era prostrato ai suoi piedi. Lo stava davvero pregando.

«Saku?»

Chuuya alzò il volto solo per sfidarlo. C’era odio nei suoi occhi. Dazai non lo aveva mai visto così prima. Conosceva quell’espressione sul viso del proprio partner, non gli era nuova, ma quella era la prima volta che tutto quell’astio veniva rivolto direttamente verso di lui. Non stavano più giocando.

«Odasaku. Devi salvarlo. Boss. Te ne prego» e chinò il capo.

Per qualche secondo nella stanza calò il silenzio. Dazai era come pietrificato. Era impallidito di colpo e Chuuya se ne era accorto. Sembrava essere sul punto di svenire.

Il Boss non si sentiva bene? Anche il rosso parve confuso. Dazai non si era mai mostrato così vulnerabile prima, qualcosa non tornava. Forse era una trappola.

«Che cazzo sta succedendo?» ma prima che potesse fare altro, Chuuya si trovò a sorreggere l’ex partner.

Dazai stava tremando e faticava a reggersi in piedi.

«Salverò Odasaku» furono le uniche parole che gli rivolse prima di svenire.


 


 


 


 


 


Note Autrice:

E con vergognoso ritardo aggiorno. In questo 2022 cercherò di essere puntuale ma l’universo si diverte a metterci sempre lo zampino e scombinare tutti i miei piani. Confesso che il capitolo era pronto da un po', ma per chi non lo sapesse oggi è l’anniversario della morte di Odasaku (io sono fissata su queste cose scusate) quindi ho voluto aspettare (e rischiavo pure di non farcela). Nel frattempo, in questi giorni è uscita una Novel sul primo incontro Odazai e quindi, ecco potrebbe esserci scappato qualche accenno qua e la (non lapidatemi che mi devo ancora riprendere dai feels). Grazie anche a chi continua a leggere questa storia nonostante gli aggiornamenti lenti e l’angst, come grazie a chi l’ha messa tra le preferite/seguite/ricordate (sono così contenta che i miei orrori piacciano a qualcuno). Ultima cosa, ci saranno delle gioie per Dazai, giuro.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: Europa91