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Autore: DarkSoul001    29/01/2022    2 recensioni
Destiel AU
Castiel ha sempre avuto una vita tranquilla e monotona, dedita allo studio e… bè, non molto altro. E così sarebbe continuata se suo fratello Gabriel non avesse deciso di organizzargli un’indesiderata festa a sorpresa, assumendo uno spogliarellista dai bellissimi occhi verdi, che l’avrebbe stravolta per sempre.
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Gabriel
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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“Cas davvero, non ce n’è bisogno”
“Sì invece”
“Avanti, non succederà di nuovo”
“Non puoi saperlo”
“Sono sempre stato… ahi!”
“Sta fermo”
Dean sbuffò, riportando il viso vicino alle mani dell’altro. Erano seduti sul divano, la luce arancione del tramonto che filtrava dalle finestre. Castiel gli teneva il viso fermo con una mano, mentre con l’altra cercava di disinfettare la ferita sulla fronte. Era passata qualche settimana da ‘l’incidente’, come Dean lo obbligava a chiamarlo (il moro credeva che ‘aggressione’ fosse molto più appropriato), il suo viso si era finalmente sgonfiato, i lividi erano ancora visibili, anche se in quel momento nascosti da un pesante strato di trucco. Stava bene, se non per quella stupida ferita che aveva deciso di infettarsi, ma questo ovviamente non lo aveva fermato dall’accettare una serata al locale. Avevano avuto una lunga discussione al riguardo, Castiel insisteva sul fatto che non fosse ancora guarito del tutto, e che non era un problema per lui anticipargli i soldi, ma l’altro non volle saperne.
Il moro aveva finito per cedere, ma su un punto era intransigente: non ci sarebbe andato da solo.
Aveva lo sguardo serio, e cercava veramente di mantenerlo mentre l’altro non faceva che sorridergli con fare provocatorio
“Credevo che uno il cui soprannome è ‘mani di fata’ fosse più delicato”
Castiel alzò gli occhi al cielo, maledicendosi ancora per aver lasciato Dean e Cox nella stessa stanza
“Forse se qualcuno fosse stato più attento ora non dovrei nemmeno occuparmi delle sue ferite, visto che dovrebbero essere già guarite”
Rimase concentrato sul suo lavoro, si impose categoricamente di non farsi distrarre da quei bellissimi e maliziosi occhi verdi, circondati di matita nera, che aveva scoperto essere la sua debolezza
“Oh avanti, tu adori occuparti di me”
Cas si fermò, la mascella serrata
“No… lo odio”
Dean sgranò gli occhi, lo vide irrigidirsi
Il ragazzo lo guardò con dolcezza, gli prese il viso fra le mani e lo avvicinò a sé per un lungo bacio
“Odio sapere che stai soffrendo, odio che tu sia in pericolo, odio che tu non sia felice…”
Dean sorrise, accarezzandogli il viso con le nocche
“Chi ha detto che non sono felice?”
E le loro labbra si unirono di nuovo, avvinghiandosi e cercandosi, come si cerca l’ossigeno, le mani che esploravano il corpo l’uno dell’altro. Anche quando si staccarono rimasero a fissarsi negli occhi per troppo tempo prima di tronare alla realtà. Cas finì di disinfettarlo per poi coprire la ferita con un cerotto (anche su quello avevano avuto una discussione, ma Castiel gli aveva impedito di coprire anche quella col trucco)
“Ok, allora io vado…”
Cas lo prese per un polso trattenendolo con forza. Non dovette dire niente, lui aveva già capito, infatti sospirò esasperato
“Cas…”
“Non ti lascio andare da solo”
“Me la sono sempre cavata bene da solo”
Castiel alzò un sopracciglio, uno sguardo di sufficienza
“Ok, quasi sempre”
“Bè, io sono qui per rimediare a quel ‘quasi’”
Dean sospirò di nuovo, evitava il suo sguardo. Cas sentì la paura riempirgli il petto, non lo avrebbe convinto così, non doveva sembrare che non fosse in grado di cavarsela da solo, doveva cambiare approccio
“Dean” spostò la mano che ancora gli imprigionava il polso, intrecciando le loro dita insieme. Finalmente quegli occhi verdi troppo sexy incontrarono di nuovo i suoi
“Ti prego… fallo per me… se andassi da solo passerei tutto il tempo a chiedermi se stai bene, se ti è successo qualcosa… accompagnarti non è un problema, davvero…”
Si sentiva un po’ in colpa, ormai lo conosceva bene e sapeva quali tasti premere per manipolarlo, ma del resto quello che aveva detto era vero, e se anche avesse dovuto mentirgli per assicurarsi che stesse bene non ci avrebbe pensato due volte.
Dean gli strinse la mano, sorridendo appena, e sospirando di nuovo, ma questa volta Cas ne fu felice, era un respiro di rassegnazione
Chi l’avrebbe mai detto? Sono stato finalmente più testardo di lui
“D’accordo” gli confermò infine “Ma sarà una cosa provvisoria! Solo finché non ti sentirai di nuovo tranquillo, non voglio che tu mi faccia da taxi per sempre”
“Mi preoccupa di più il fatto che tu voglia lavorare in quel posto per sempre”
Lo vide alzare gli occhi al cielo, per poi prenderlo dalla nuca e avvicinarselo per un altro bacio.
“Smettila di preoccuparti per me”
Cas gli sorrise, dandogli un bacio sulla punta del naso
“Mai”
 
 
 
Ovviamente Cas non si sentì più tranquillo, né dopo la prima settimana, né dopo il primo mese, né dopo il secondo. Era riuscito a incastrare i suoi orari in modo di avere sempre almeno un’ora libera nel momento in cui Dean iniziava e finiva il lavoro. Lui non glielo fece notare subito, credeva veramente che avrebbe lasciato perdere ad un certo punto, o che le esigenze dell’ospedale si sarebbero messe in mezzo. Quando capì che non sarebbe stato così cominciò a lamentarsi, poi a cercare di convincerlo e infine a sgattaiolare via senza farsi notare. Quest’ultima azione costò a entrambi più di quanto si sarebbero aspettati. Cas quando lo scoprì si fiondò al locale, gridandogli dietro tutti gli insulti che conosceva (i quali, ammettiamolo, non erano molti) di fronte a tutti senza farsi problemi, Dean cercò di farlo calmare, di dirgli che stava bene e che non doveva più accompagnarlo, ma l’altro non ne volle sentire. Fu il proprietario a interromperli, Dean dovette tornare al lavoro ma Castiel non aveva finito di parlare, quindi si prese un tavolo vicino al palco dove ballava, il piano era di continuare il suo discorso razionale con i suoi argomenti ragionevoli. Aveva dimenticato quanto fosse sexy il Dean versione spogliarellista.
Ovviamente quello stronzo lo faceva apposta, non perdeva mai il contatto visivo con lui, muovendosi in modo sensuale e provocatorio, toccandosi dove sapeva che all’altro piaceva toccarlo.
Castiel non aveva mai provato una frustrazione così grande, consapevole di non potersi nemmeno avvicinare a lui.
Quelle sei ore furono le più lunghe della sua vita, tornando a casa (con Dean sul sedile del passeggero ovviamente) infranse ogni limite di velocità, una volta arrivati non riuscirono neanche a raggiungere le scale che erano già persi l’uno nell’altro.
Dopo quella volta Dean non provò più ad uscire di nascosto, e Castiel non mise più piede al locale.
Alla fine il moro riuscì effettivamente ad essere più testardo di lui, e l’altro si arrese all’essere scarrozzato in giro ‘neanche fosse un bambino che viene portato a scuola’ come gli piaceva sottolineare.
I mesi passarono susseguendosi con naturalezza, le ferite di Dean erano ormai guarite, il lavoro di Castiel si faceva sempre più gestibile, e il dottor Cox rimaneva sempre uguale a sé stesso. Senza che se ne rendessero conto il clima tornò a farsi più pungente e le feste cominciavano ad avvicinarsi. Con feste si intendevano vere e proprie feste, con il ritorno del freddo Gabe era come se si risvegliasse dal letargo, trovando ogni occasione buona per organizzare qualcosa. La prima della lista era ovviamente Halloween.
“Sei sicuro che vada bene se ci presentiamo vestiti così?”
“Al cento per cento”
I due si stavano urlando da una stanza all’altra, Dean in bagno intento a truccarsi (non che ne avesse esattamente bisogno), Castiel in camera che aveva appena finito di indossare i vestiti che l’altro si era preoccupato di procurare, i pantaloni neri e la maglia azzurra con lo stemma della flotta stellare sul petto
“I costumi di Halloween non dovrebbero essere spaventosi?”
“Mmh… forse, ma ormai è diventata solo una scusa per travestirsi”
“Forse per te”
Lo sentì ridere, lui intanto continuava a guardarsi allo specchio dubbioso, non capiva perché proprio lui sarebbe stato perfetto per quel personaggio, non avevano praticamente niente in comune.
“Wow”
Dean fece capolino dalla porta, i capelli sistemati da una parte, il trucco che per Castiel era praticamente inesistente ma che modificava appena la forma del viso, la maglia gialla, anche lui con la spilla della flotta stellare
“Sei identico!”
“Senti chi parla” Castiel tornò a squadrare la sua figura allo specchio, cercando di appiattire i capelli sulla fronte (decisamente troppo lunghi)
“Aspetta, ti mancano queste”
Dean recuperò una confezione di orecchie finte. Palesemente finte
“Devo proprio metterle?”
“Sono la parte fondamentale”
“Sono orecchie da elfo”
“Come osi?! Queste sono fedelissime orecchie vulcaniane”
“Dean, è scritto sul cartoncino”
“Sì, bè ho trovato queste, quindi dovrai accontentarti”
Dicendo questo stava strappando il cartoncino che le teneva insieme, avvicinandosi a lui
“Perché non hai lasciato che prendessi io i vestiti?”
“Perché…” lo vide arrossire leggermente, non molto in linea con il forte e coraggioso capitano Kirk
“Perché mi diverte, ok? Mi piace travestirmi”
Cas addolcì lo sguardo, sorridendogli appena (anche quello decisamente non in linea con il suo personaggio)
“D’accordo, dammi quelle stupide orecchie”
Dean sorrise, ma non gliele diede, gli si avvicinò mettendogliele lui stesso, poi fece un passo indietro ammirando il risultato soddisfatto
“Ok, sei quasi pronto”
“Quasi?”
“Dobbiamo sistemare quelle sopracciglia”
Il ragazzo sgranò gli occhi, conosceva i film, conosceva Spock, e non aveva alcuna intenzione di farsi conciare in quel modo
“Dean…”
“Avanti, devo ripeterti quanto mi piaccia?”
“La tua passione per queste cose è finita improvvisamente in secondo piano”
“Sei crudele!”
“Non avvicinarti a me con quella matita!”
“Avanti, solo un po’”
“Dean!”
Finì per cedere, come sempre, si sentiva incredibilmente ridicolo, avrebbe voluto dire che il sorriso dell’altro lo ripagava di tutto, ma immaginava già le prese in giro del fratello e quelle decisamente lo battevano
“Possiamo andare ora?” non solo gli toccava sorbirsi una festa piena di gente sconosciuta, o ancora peggio che aveva già incontrato ma non ricordava, gli toccava anche andarci conciato in quel modo perché il suo fidanzato era segretamente uno dei peggiori nerd mai esistiti. Dean sembrò notare il suo malumore, gli si avvicinò, prendendolo per la vita e portandoselo più vicino
“Grazie angioletto”
Lo baciò lentamente e con delicatezza, e Cas si fece rapire da lui, prendendogli il volto fra le mani e portandoselo più vicino. Quando si staccarono il biondo aveva un sorriso malizioso sulle labbra, l’altro aggrottò la fronte, piegandola leggermente di lato
“Ammettilo”
“Cosa?”
“Dà una certa soddisfazione vedere questi due baciarsi” dicendo questo fece un segno con la testa verso lo specchio nel quale venivano riflessi entrambi, ancora abbracciati. Castiel non poté fare a meno di sorridere, appoggiando la testa sulla spalla dell’altro, continuando a fissare la loro immagine
“Ok, su questo non posso darti torto”
 
 
 
La casa di Gabe… bè, non era una casa, piuttosto una villa. L’enorme giardino era pieno di zucche intagliate, ragnatele finte che coprivano ogni albero, scheletri appesi e abbandonati per terra, vicino a delle lapidi incredibilmente realistiche. Al cancello era appeso un contenitore in plastica, sempre a forma di zucca, pieno di caramelle. Nessun cartello, nessun avviso, era solo abbastanza vicina al campanello perché l’altro fosse sicuro che i bambini non lo avrebbero disturbato, non che ci fosse pericolo, la musica si sentiva fino a fuori, la casa straripava di invitati, le luci intermittenti illuminavano le finestre a tratti, mostrando la gente che ballava e beveva
Almeno quest’anno si è limitato al piano inferiore
La casa-villa aveva due piani più la soffitta, e Cas era convinto ci fosse anche una cantina ma il fratello si era sempre rifiutato di mostrargliela, e se era qualcosa che metteva in imbarazzo persino Gabriel di sicuro non era il caso di indagare oltre. La parte frontale non sembrava troppo pretenziosa, giardino escluso ovviamente, ma era sul retro il vero spettacolo: un gazebo, terrazze dalle ringhiere riccamente decorate che davano su un’enorme piscina. Castiel non vedeva l’ora di mostrarla a Dean, era praticamente l’unico motivo per il quale aveva accettato l’invito del fratello. Si voltò nella sua direzione, ma con sua grande sorpresa il ragazzo non stava fissando ammirato la casa, solo lui. Si sentì arrossire, prima di distogliere lo sguardo
“Perché mi guardi in quel modo?”
“Nessun motivo in particolare”
Cas si voltò di nuovo verso di lui, questa volta divertito
“Cos’è, hai una cotta per Spock per caso?”
Il suo volto offeso lo fece ridere ancora di più
“Come…? No! Chi si prenderebbe mai una cotta per Spock?!” cercava di ridere, ma era terribilmente imbarazzato, Castiel dovette trattenere le risate. Dean cercò di tornare il playboy sicuro di sé che gli piaceva far credere di essere, fece passare un braccio intorno alla vita dell’altro, avvicinando le labbra al suo orecchio
“E poi preferisco i dottori”
Cas aggrottò la fronte, sinceramente confuso
“Intendi McCoy?”
Si voltò verso di lui, solo per vederlo alzare gli occhi al cielo
“Intendo te, idiota”
“Oh…”
Lo sentì ridere, prima che prendesse il suo viso per farlo voltare nella sua direzione e dargli un lungo bacio. Lo teneva ancora per la vita, Cas si accoccolò al suo petto, accarezzandolo, per poi sfiorargli il collo, sentì un gemito bloccarglisi in gola.
“Hey! Non statevene impalati davanti al cancello! Andate ad amoreggiare altrove”
I due, presi alla sprovvista, si staccarono, spostandosi dall’entrata e facendo entrare un gruppo di ragazzi vestiti da Ghostbusters.
“Forse dovremmo entrare”
“Sai, sto prendendo in considerazione l’idea di tornare a casa”
Cas gli sorrise, stampandogli un bacio sulla guancia e trascinandolo dentro. Attraversarono velocemente il giardino prima di entrare in quella che sembrava la bocca dell’inferno. Musica a tutto volume, gente che si scatenava, ballava o si scolava bottiglie intere di birra in un sorso, incitata dagli amici. Castiel si pentì immediatamente di non aver accettato l’offerta di tornare a casa.
“Cassy!”
Non sapeva come ma la voce del fratello era sempre in grado di sovrastare anche la musica più alta. Indossava una lunga giacca nera, con decorazioni verdi e dorate, e tanto di mantello, in testa aveva una parrucca nera incredibilmente realistica (forse troppo realistica, che avesse tinto i capelli?) e sopra ad essa un elmo con due enormi corna dorate che si ripiegavano all’indietro.
“Sei venuto davvero! E indossi un costume! Immagino di dover ringraziare il tuo Deano per questo”
“Non chiamarmi così”
“Entrate pure, divertitevi!”
Girò su sé stesso, senza nemmeno fare caso se gli altri due avessero accolto l’invito, per tornare dal gruppo con cui stava parlando poco prima, dal modo in cui si mossero i suoi capelli Cas capì definitivamente che non si trattava di una parrucca. Il ragazzo sperò che il fratello avesse usato una tinta non permanente, c’era qualcosa di profondamente sbagliato nel vederlo con i capelli così scuri.
“Lo sa come mi chiamo, vero?”
Cas gli prese la mano, divertito
“Non ne sarei troppo sicuro”
I due si fecero strada tra la folla, circondati da ogni tipo di costume, dai classici vampiri e zombie, a cose sempre più elaborate, alcuni Cas riusciva a riconoscerli, erano di film e serie televisive che Dean gli aveva mostrato, altri non gli dicevano assolutamente niente. Il biondo gli indicò altri due ragazzi, uno vestito di nero, una parrucca rossa e un paio di strani occhiali da sole, l’altro indossava un trench chiaro ed una parrucca biondo chiaro, un libro sotto al braccio
“L’anno prossimo dovremmo fare loro, potrei finalmente chiamarti angioletto”
“Lo fai già”
“Sì ma così saresti veramente un angelo”
Sembrava incredibilmente esaltato dall’idea, Cas non poté fare a meno di sorridergli. Si tenevano per mano, fino a ché Dean non iniziò a scolarsi sempre più bicchieri di birra (i quali si trasformarono velocemente in qualcosa di più forte). Il moro non volle fargli compagnia, aveva mantenuto la promessa fatta a sé stesso di non avvicinarsi più all’alcool, non che gli fosse risultato un grande sforzo, ma lo lasciò fare. Dean era decisamente più tipo da feste di lui, ogni tanto gli piaceva lasciarsi andare e divertirsi. A Castiel non dava fastidio, certo finiva sempre per stare un po’ in disparte, bevendosi una coca cola e guardando l’altro da lontano, ma ne valeva la pena, perché dopo un po’ Dean si accorgeva della sua assenza, lo divertiva un sacco vedere cercarlo tra la gente, il volto quasi disperato, finché i loro occhi non si incrociavano e lo vedeva fare uno dei suoi sorrisi più ridicoli e felici (sì, aveva iniziato a catalogarli mentalmente). Quindi gli si avvicinava, la voce strascicata, i movimenti più impacciati del solito, e se lo stringeva fra le braccia, come se non si vedessero da anni, lo baciava, lo accarezzava, e lo trascinava sulla pista per ballare.
Castiel aveva già capito che quella sarebbe stata una di quelle sere, per questo quando lo vide cominciare a socializzare con un ragazzo con una giacca marrone, un papillon ed un fez rossi, decise di allontanarsi, andando in una parte della casa dove la musica non gli perforasse i timpani. Si ritrovò sul retro, ricordandosi solo in quel momento che avrebbe voluto farlo vedere all’altro. Si segnò mentalmente di rimediare alla cosa la prossima volta che fossero andati da Gabe, quando notò con la coda dell’occhio una ragazza che gli si avvicinava.
Anche lei portava una parrucca, i capelli folti, castano chiaro, una divisa nera che il ragazzo riconobbe come quella di Hogwarts, una cravatta rossa e oro, ed una giratempo sopra di essa.
“Ciao! Pace e prosperità” lo salutò come se si conoscessero, alzando la mano formando una V fra il medio e l’anulare
“Ciao” la salutò lui, alzando la mano a sua volta, non sapeva se si sentiva più stupido a farlo o se sarebbe stato peggio far finta di niente
“Che ci fai qui?”
“Ehm… questa è casa di mio fratello… scusa, ma ci conosciam-”
“Cosa?! Quell’idiota è tuo fratello? Wow, non vi somigliate per niente”
“Già, ce lo dicono spesso…” Cercava di evitare il contatto visivo, anche se quel sorriso gli sembrava familiare
“Credo che non ci siamo ancora presentati ufficialmente, io sono Charlie” gli porse la mano, l’altro la strinse, ancora senza indizi su dove l’avesse già vista
“Castiel…”
“Quella faccia corrucciata è per rimanere nel personaggio o non ti ricordi di me?”
Cas aprì la bocca per parlare, voleva dire che non era così, che se la ricordava perfettamente, ma la curiosità prese il sopravvento
“Io… no, non ricordo, mi dispiace”
“Oh, non preoccuparti, quella sera eri piuttosto ubriaco”
Il ragazzo sgranò gli occhi, cercando di tornare con la mente a quella sera, quella in cui suo fratello li aveva portati fuori a bere, l’unica sera durante la quale lui si fosse veramente ubriacato
“Tu… lavoravi in quel locale?”
“Ci lavoro ancora tecnicamente”
Cas si ritrovò a sorriderle, più per l’imbarazzo che altro, aveva ricordi frastagliati di quella sera, ma sapeva di non essersi presentato decisamente al suo meglio
“Io… mi dispiace, non ero esattamente in me-”
“Oh, ti prego, non scusarti, ho visto gente ridotta molto peggio, ero solo preoccupata che quello stronzo se ne approfittasse”
Cas corrugò nuovamente la fronte, stava parlando di Dean?
“Quello seduto al bar” continuò lei come se gli avesse letto nel pensiero “Che ti ha offerto da bere e stava per trascinarti via con lui, stavo per intervenire ma il tuo amico mi ha battuta sul tempo”
Il moro distolse lo sguardo, riusciva a percepire le sue guance che si arrossavano. Quella sera era stata l’inizio di tutto, era stato grazie a quello che era successo che poteva riferirsi a lui non più come ad un amico
“Già, lui… in realtà ora è il mio fidanzato”
Cas si irrigidì appena, non era ancora abituato a parlare tranquillamente di queste cose, soprattutto dopo quello che era successo a Dean, cercò di rilassarsi ricordandosi che si trovava ad una festa organizzata da suo fratello, difficilmente ci sarebbero state quel tipo di persone, e ne ebbe la conferma quando, alzando di nuovo lo sguardo, vide gli occhi verdi dell’altra illuminarsi
“Ah, lo sapevo! Vi ha fissati per tutto il tempo, sembrava volesse dargli fuoco con lo sguardo”
Cas non riuscì a trattenere una risata.
“Ammettilo, lo stavi facendo apposta?”
Quella sera si era detto che non lo stava facendo di proposito, che non voleva testare la teoria di Hannah sulla sua gelosia, ma non riusciva più a mentire a sé stesso
“Forse un po’… ero arrabbiato e frustrato… e decisamente ubriaco”
“L’avevo notato”
I due si sorrisero
“Bè almeno ha funzionato”
Cas sentì le guance arrossire, mentre con lo sguardo andò istintivamente a cercarlo, c’era una grande finestra che dava sul cortile dove si era rifugiato, grazie a questo riuscì a intravederlo in mezzo alla folla, un bicchiere in mano, il volto sorridente mentre sembrava cantare la canzone che veniva sparata dalle casse
“Sì, direi di sì”
 
 
 
La serata proseguì in modo tranquillo, almeno dal punto di vista di Cas. L’interno della casa sembrava un vero disastro, la musica sempre più alta, le grida sempre più forti e la gente sempre più ubriaca, ma per lui quella festa si stava svolgendo in tutt’altro modo. Non aveva messo piede in quel marasma, ritrovandosi su una delle eleganti panchine del giardino a parlare per ore in compagnia di Charlie.
All’inizio la conversazione era un po’ imbarazzata (da parte sua ovviamente) ma più passava il tempo più si sentiva a suo agio, e più trovava la ragazza simpatica e alla mano. Mai avrebbe pensato di divertirsi in un ambiente del genere, e mai avrebbe creduto di trovare qualcuno più nerd del suo fidanzato. Lei gli stava facendo scoprire mondi completamente nuovi, che riteneva Dean nemmeno conoscesse, una piccola parte della sua mente continuava a distrarsi immaginando la sorpresa nel suo volto quando sarebbe stato lui a fargli conoscere questo genere di cose
“Stai dicendo che esiste una versione di Harry Potter dove Draco e Harry stanno effettivamente insieme?”
“Be, non proprio… insomma è un libro a sé, ma si parla sempre di una scuola di magia, di un prescelto, e di uno stronzo altezzoso che però qui finisce per aiutarlo e… per fare altro con lui”
A Castiel si illuminarono gli occhi, mentre si appuntava mentalmente il titolo del libro, e di tutti gli altri che la ragazza gli stava facendo scoprire. Si era sempre ritenuto un grande amante della lettura, ma non era assolutamente a conoscenza di quella grande quantità di libri LGBTQ+
“Non credevo ci fossero così tante persone che… insomma… non pensavo scrivessero storie su persone come noi”
La ragazza gli lanciò un sorriso comprensivo, appoggiandogli una mano sulla spalla
“Non ce ne sono tante, ma continuano ad aumentare, non siamo più invisibili”
Cas sorrise a sua volta, ringraziandola forse per la centesima volta. Stava per chiederle nuovamente il titolo della storia di quel mago e quel cacciatore tatuato di cui avevano parlato poco prima e che, nonostante i suoi sforzi, aveva già dimenticato, quando venne interrotto da un ragazzo con indosso una giacca dai colori sgargianti, un cappello con tanto di piuma, ed un liuto sulle spalle
“Hey, tu sei Spock”
Non era una domanda, quindi Cas si trovò in difficoltà su cosa rispondere, fortunatamente l’altro continuò prima che la cosa si facesse imbarazzante
“Il tuo Kirk è dentro che ti sta cercando, sembra disperato”
Fece uno sbuffo divertito, prima di ringraziarlo, e voltarsi in direzione di Charlie
“Credo che dovrei…”
“Oh sì, certo signor Spock, il suo Capitano la attende”
Si sentì arrossire leggermente le guance, prima di chinare appena il capo e alzarsi
“È stato bello conoscerti”
Cas si voltò con un sorriso sincero sulle labbra
“Anche per me”
Si allontanò che stava ancora sorridendo, finché non mise piede all’interno. Venne immediatamente sommerso dal rumore assordante della musica, l’odore di alcool gli penetrò nelle narici tanto che per poco non finì per tossire, la luce intermittente lo confondeva e lo faceva andare addosso alle persone, le quali sembravano sbucargli davanti dal nulla. Sì, era decisamente arrivato il momento di tornare a casa.
Cominciò a cercare tra la folla, non ci provò nemmeno a urlare il suo nome consapevole che nemmeno lui stesso avrebbe sentito il suono della propria voce. Pensava che sarebbe stato facile individuare una divisa gialla che si aggirava per la casa, ma non aveva tenuto conto del fatto che tutti gli invitati indossavano cose colorate che gli rendevano il compito molto più complesso, senza tenere conto delle luci ovviamente.
Aveva esplorato tutta la pista da ballo, o meglio la parte della casa adibita a quello scopo, i corpi degli invitati che si strusciavano contro il suo gli stavano facendo salire un senso di claustrofobia, fu molto felice di allontanarvisi, nonostante non avesse ancora trovato il suo fidanzato. Si rifugiò per qualche minuto in un angolo meno affollato per riprendere fiato, cominciava a sentire una strana sensazione al petto, come una pressione che gli rendeva difficile respirare. Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi, ma la musica e gli pulsava nelle orecchie gli rendeva quel compito incredibilmente difficile. Fu in quel momento che sentì un paio di braccia stringerlo alla vita, e una testa che si appoggiava sulla sua spalla col mento, lasciandogli un bacio sul collo.
Cas si sentì immediatamente più leggero, anche l’aria cominciò a sembrare più pulita. Non aveva bisogno di voltarsi o di sentire la sua voce per sapere chi fosse
“Dov’eri finito, angioletto?”
La voce era leggermente strascicata e roca, anche il suo equilibrio sembrava più precario del solito. A Castiel scappò una risata
“Ti sono mancato?”
Dean annuì, strusciandosi contro di lui, questa volta affondando la fronte sull’incavo del collo e stringendolo più forte. Il moro gli accarezzò le braccia da davanti, appoggiando la testa su quella dell’altro e lasciandogli un bacio delicato
“Ero fuori a… fare amicizia”
Questo sembrò risvegliarlo dal suo torpore, finì per far scattare la testa in su, rischiando di dargli una testata sul naso
“Tu? Hai fatto amicizia?”
C’era un misto di sorpresa, ammirazione e preoccupazione nel suo tono. Cas si voltò nella sua direzione, cercando di guardarlo in volto nonostante si trovasse ancora dietro di lui
“Sì, con una ragazza. Si chiama Charlie, credo che andreste d’accordo”
Dean fece uno sbuffo di ammirazione, mentre lo guardava negli occhi a sua volta, ogni traccia della sua preoccupazione era sparita, Cas si chiese se quella non fosse l’ennesima volta che mancava nel riconoscere la sua gelosia
“Magari un giorno me la presenterai”
“Non ora?”
Dean gli portò una mano sul mento, avvicinandolo a sé e facendo unire le loro labbra, mentre quella si spostava sulla sua nuca, facendo intrecciare le dita fra i suoi capelli. Cas sentì il suo petto espandersi, gli strinse il braccio che ancora gli cingeva la vita, mentre con l’altra mano gli accarezzava il volto. I due si staccarono solo quando rimasero senza fiato, le mani che ancora si accarezzavano a vicenda, Castiel che ormai era accoccolato su di lui, l’orecchio appoggiato sul suo petto gli faceva sentire i battiti accelerati
“No, non ora”
Cas fece un respiro tremante, sentiva l’eccitazione crescergli dentro, quella serata non stava andando affatto come aveva previsto, e forse fu sull’euforia del momento che si girò completamente verso di lui, afferrandolo per i fianchi, portandoselo vicino e mordicchiandogli l’orecchio per poi sussurrargli
“Allora che ne dici di tornare a casa…”
Sapeva di non essere un maestro della seduzione, ma sapeva anche cosa piaceva a Dean
“… T’hy’la?”
Si allontanò appena da lui per godersi la sua espressione. Sul suo volto vi lesse lo stupore ed il desiderio in cui aveva sperato, anche se il divertimento che vi aleggiava lo contò come una sconfitta. Dean gli accarezzò la guancia col pollice, continuando a far viaggiare lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra
“Penso sia la cosa più sexy che qualcuno mi abbia mai detto”
Cas sorrise soddisfatto, avvicinandoglisi per dargli un bacio volutamente troppo corto, prima di prenderlo per mano e trascinarlo verso l’uscita.
 
 
 
Dove diavolo sei finito??
Cas fissò il telefono per almeno un minuto, prima di lanciarlo sul cruscotto, rassegnato. Era seduto in macchina da mezz’ora ormai e, ok in parte era colpa sua per essere arrivato prima rispetto alla fine del turno di Dean, l’idea che potesse decidere di tornare a casa da solo non vedendolo era come un fantasma che non voleva lasciarlo in pace, e se non fosse per il messaggio che l’altro gli aveva mandato prima dicendogli che stava per uscire starebbe già dando di matto. Aveva parcheggiato sul retro, come faceva sempre, perché era quella la porta che usavano i dipendenti (Cas cercava di evitare la parola “spogliarellisti” il più possibile), ed era rimasto dentro l’auto accesa ad aspettare. Il che, essendo novembre inoltrato, aveva perfettamente senso, se non fosse che l’aria calda aveva trasformato il veicolo in un forno, all’interno del quale era diventato difficile anche solo respirare.
Il ragazzo controllò un’ultima volta il telefono, non trovandoci ancora nessuna risposta, sospirò esasperato, si infilò il giubbotto e scese dall’auto per prendere un po’ d’aria.
Sentì il freddo pizzicargli la pelle, dando un po’ di sollievo al corpo accaldato. Fece un respiro profondo, facendo uscire dalle labbra una nuvoletta di fumo. Lanciò uno sguardo accusatorio alla porta che si ostinava a non aprirsi, prima di chiudere gli occhi e appoggiarsi alla macchina con la schiena. Era stanco, aveva avuto una lunga giornata, voleva solo tornare a casa e bersi un bel tè caldo
“Hey, sexy”
Cas aggrottò la fronte, prima di riaprire gli occhi e voltarsi in direzione di quella voce. Non era quella di Dean
“Stai tornando a casa?”
Il ragazzo si irrigidì sentendo il tono dell’uomo sempre più viscido e malizioso.
Gli si stava avvicinando dalla sua sinistra, prendendo un sorso di birra dalla bottiglia che poi venne lanciata contro l’edificio frantumandosi nell’impatto e facendolo sobbalzare appena. Aveva una barba grigia troppo cresciuta e una camicia logora. La voce era leggermente strascicata, sembrava non essere nemmeno in grado di camminare in linea retta, ma la sua presenza rimaneva possente, le spalle larghe e le braccia muscolose. Quando gli fu abbastanza vicino Cas riuscì a vedere il sorriso malcelato sulle sue labbra. Cominciò ad indietreggiare lentamente
“No, io… sto aspettando una persona”
Il cuore gli martellava nel petto, un ronzio alla testa gli impediva di pensare lucidamente.
“Oh, ma davvero?”
Era ironico, pensava che gli avesse mentito solo per allontanarlo, Cas si costrinse a respirare. Non stava mentendo, Dean sarebbe uscito da un momento all’altro, non doveva avere paura, sarebbe andato tutto bene
“Sì, io… forse è meglio che lo chiami”
Si rese conto solo in quel momento che, indietreggiando, si era allontanato dallo sportello dell’auto. Il suo telefono era rimasto al suo interno.
Cercando di sembrare più sicuro di quanto non fosse, vi si avvicinò, ma nel momento in cui mise una mano sulla maniglia l’uomo lo aveva raggiunto, bloccando la portiera. Cas alzò lo sguardo su di lui, due piccoli occhi grigi e divertiti lo stavano fissando da qualche centimetro più in alto
“Perché invece non ci divertiamo un po’ mentre lo aspettiamo?”
Cas aveva il respiro corto, il cuore batteva tanto forte che riusciva a sentirne il rimbombo nelle orecchie. Fece per voltarsi e correre via, ma l’altro l’aveva già afferrato per un braccio, trattenendolo per poi farlo sbattere contro l’auto
“No! Lasciami andare!”
Cas cercò di liberarsi dalla presa, ma lui lo imprigionava con entrambe le mani e con il suo stesso corpo, quel sorriso divertito e malizioso che non lasciava mai le sue labbra
“Sta fermo, vedrai che ti piacerà”
Il ragazzo si bloccò, per un secondo tutto il terrore che provava si trasformò in una rabbia furiosa e incontrollabile, tirò indietro la testa per poi farla scattare in avanti, colpendo quella dell’altro con tutta la forza che aveva. L’uomo gridò di dolore, barcollando e allontanandosi da lui di qualche passo, tenendosi il naso sanguinante con una mano.
“Non toccarmi”
Gli intimò con una voce che sembrava provenire direttamente dalle profondità degli inferi. L’uomo però non sembrava spaventato da lui, solo infuriato.
Cas si immobilizzò, non fu per molto tempo, una manciata di secondi al massimo, mentre vagliava le sue possibilità. Continuare a colpirlo, chiudersi dentro l’auto e chiamare la polizia, o correre via. Non riusciva a ragionare lucidamente, il cuore che batteva ancora troppo forte nel suo petto, il pensiero di Dean che usciva dal locale e si trovava faccia a faccia con quello stronzo. Furono quei pochi secondi, però, a impedirgli di prendere una decisione. L’uomo si era rimesso dritto, il naso ancora sanguinante ed una furia incontrollabile negli occhi. Cas finì per optare per l’unica opzione ancora disponibile: correre. O almeno ci provò. Ancora una volta l’uomo lo afferrò, questa volta da dietro, facendolo piegare sul cofano dell’auto e tenendogli le mani bloccate sopra la testa.
“Brutto pezzo di merda”
La voce si era fatta più roca, la presa sui suoi polsi più salda, tanto da fargli male. Cas continuava a cercare di liberarsi, ma il corpo dell’altro era sopra di lui bloccandogli ogni movimento. Il suo respiro si faceva sempre più veloce, sentiva il panico crescergli nel petto
“Non sarò più tanto gentile” gli stava parlando ad un soffio dal suo orecchio, Cas serrò gli occhi sentendo, il suo fiato sul collo, l’odore di alcool che gli penetrava nelle narici. Una sensazione di puro disgusto gli fece correre un brivido lungo la schiena.
No, ti prego…”
La voce era un sussurro, un nodo alla gola gli rendeva difficile anche respirare. Sentì di nuovo quel respiro solleticargli il collo in una risata
“Finalmente hai capito come comportarti, puttana”
Cas non riuscì a trattenere un singhiozzo, gli occhi ancora serrati. La sua mente non era più in grado di produrre pensieri sensati, la paura era l’unica cosa che riusciva a elaborare, la consapevolezza di quel corpo che lo bloccava, e di una mano che si era abbassata fino all’inguine, cominciando a toccarlo.
No, fermati. Ti prego…
Prima che potesse impedirlo le lacrime avevano iniziato a scendere dai suoi occhi. Lui ne era appena consapevole, ogni fibra del suo corpo che cercava di evadere da quella situazione, in ogni modo possibile. Non stava succedendo davvero, non poteva essere, non…
In quel momento il corpo che lo stava schiacciando si fece più leggero, fino a sparire del tutto, la mano che lo teneva bloccato lasciò la presa, e l’odore sudicio di quell’uomo non impregnava più l’aria. Sentì un rumore sordo, poi un tonfo e la voce dell’uomo che si lamentava per il dolore. Il ragazzo trovò la forza di alzarsi e voltarsi. Dean era come comparso dal nulla, emanava una rabbia quasi palpabile, gli occhi fiammeggianti, mentre continuava a colpire l’uomo a terra, prima con dei calci allo stomaco, poi si piegò su di lui, prendendolo a pugni in pieno viso.
Per Castiel quella scena sembrava andare al rallentatore, riusciva ancora a sentire quelle mani e quel corpo contro il suo, come una presenza che rimaneva agganciata a lui. I battiti accelerati gli rimbombavano fino in testa, si sentiva incredibilmente piccolo e impotente, il nodo alla gola che gli impediva di respirare, le guance bagnate dalle lacrime.
Dean
Quasi non riconobbe la sua stessa voce, come appartenesse a qualcun altro. Niente di quello che era sembrava appartenere a lui, quel corpo che rifiutava di muoversi, quella sensazione di costrizione che lo faceva sentire come se fosse ancora imprigionato.
Dean però sembrò riconoscerla quella voce, e si voltò immediatamente verso di lui, la rabbia completamente svanita, sostituita solo da paura e preoccupazione. Il ragazzo si alzò immediatamente, ignorando improvvisamente l’uomo ancora a terra, ormai privo di sensi.
“Hey, Cas”
Il suo tono era incredibilmente gentile, come se stesse parlando ad un bambino. Gli si avvicinò, ma senza nemmeno provare a toccarlo, gli occhi verdi che cercavano di incontrare i suoi, ma lo sguardo di Castiel era perso nel vuoto, lo stava guardando, era consapevole della sua presenza, ma era come se non lo vedesse, come se si trattasse di una presenza effimera, quasi inesistente
“Va tutto bene, è finita. Sei al sicuro adesso”
Anche le sue parole risultavano distanti, estranee, quasi incomprensibili. Cas era immobile, le braccia raggomitolate sul petto come per abbracciarsi o proteggersi, le dita che vi affondavano con violenza. Rimase così per un po’, Dean davanti a lui che ancora non si azzardava a toccarlo ma continuava a cercare di catturare il suo sguardo.
“Andiamo a casa”
Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare, sentì la sua stessa voce robotica e priva di emozioni, chiedendosi come fosse possibile che quella marea indistricabile che sentiva crescere dentro non avesse nessuna corrispondenza all’esterno. Dean annuì, facendogli segno di salire dal lato del passeggero. Cas riuscì a notare la sua rigidità, ogni muscolo teso, in contrasto con l’amorevolezza che leggeva nel suo sguardo. Avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi, che stava bene, ma non ne aveva la forza, non in quel momento. Non sarebbe stato in grado di mentire.
Il viaggio fu silenzioso, Castiel riusciva a sentire lo sguardo di Dean su lui quasi costantemente, ma la sua mente non era in grado di elaborarlo, in realtà non riusciva a farlo con niente. Ogni muscolo del suo corpo era in tensione, l’immagine di quell’uomo e la sensazione delle sue mani ancora addosso non lo lasciava un solo secondo, quando il ricordo si faceva troppo reale lui chiudeva gli occhi, stringendo le mani e pugno e facendo conficcare le unghie nei palmi. Si sentiva tremare appena, e la consapevolezza della presenza di Dean si faceva più pesante, ma nessuno dei due diceva una parola. Una volta arrivati Cas si fiondò all’interno del palazzo, sentì indistintamente la voce dell’altro che lo chiamava, ma lo ignorò. Prese le scale, correndo fino a rimanere senza fiato, le gambe doloranti già dopo le prime rampe, ma non si fermò. Il respiro corto, non solo a causa della corsa, e il nodo alla gola che si faceva sempre più insopportabile. Dean lo stava ancora chiamando, era più veloce e lo stava raggiungendo, ma non lo fu abbastanza.
Cas entrò in casa, percorrendo anche le scale che lo separavano dalla camera da letto, per poi chiudervisi dentro a chiave.
E finalmente crollò.
Le lacrime che fino a quel momento era riuscito a trattenere cominciarono a scendere copiose, i singhiozzi tanto forti che quasi non riusciva a respirare.
Era di nuovo nella sua casa, al sicuro, lontano da quell’uomo, o da qualsiasi altro, ma si sentiva ancora spaventato, ancora in pericolo, ancora con quelle mani che lo tenevano fermo, che lo imprigionavano, e poi…
Un urlo gli proruppe dalla gola, pieno di dolore, di frustrazione, di terrore, di rabbia. Si portò una mano al petto, stringendo forte la stoffa della maglietta. Il cuore sembrava esplodergli nel petto, un uragano di emozioni che gli vorticava dentro, combattendo per quale avrebbe dovuto avere la meglio. Continuò a piangere, il corpo intero che tremava come una foglia. Cercava di prendere fiato, ma non ci riusciva, piccoli respiri corti e veloci gli impedivano di riempire appieno i suoi polmoni, la paura che gli rendeva difficile anche solo pensare, ma in mezzo a tutta quella tempesta, una voce si fece largo nella sua consapevolezza.
“Sono qui”
Cas si era lasciato scivolare a terra, la schiena appoggiata alla porta chiusa, una piccola parte della sua mente era consapevole della voce dall’altra parte che non aveva mai smesso di chiamarlo, ma ora, finalmente, riusciva a sentirne le parole e a comprenderle
“Cas, sono qui, va tutto bene”
Le parole erano spezzate, tremanti. Per la prima volta Cas si chiese come l’altro si sentisse, cosa doveva aver provato nel vederlo in quello stato. Cosa stava provando ora.
Le lacrime rischiarono di riaffiorare ai suoi occhi
“Sei al sicuro, non può più toccarti” una pausa, un respiro tremante “Nessuno lo farà. Mai più”
Cas aveva ricominciato a respirare, nemmeno lui avrebbe saputo dire bene quando. Si voltò, mettendosi in ginocchio e appoggiò una mano sulla porta, immaginando l’altro fare lo stesso.
“Grazie…” riuscì a sussurrare. Il respiro di sollievo dell’altro fu tanto forte che quasi gli sembrò di percepirlo sulla propria pelle
“Va tutto bene, angioletto, ci sono io”
Altre lacrime scesero sul suo viso, il dolore al petto non lo abbandonava mai. Si rannicchiò su sé stesso, abbracciando le gambe piegate con tutta la forza che aveva, appoggiandosi alla porta, e immaginando di sentire il battito del cuore di Dean dall’altra parte
“Andrà tutto bene”
 
 
 
 
 
 
Angolo Scrittrice
Rieccomi con un nuovo capitolo… e con l’Angst che vi promettevo ormai da troppo tempo :’)
Spero di non avervi delusi, e spero di avervi fatti anche un po’ sorridere con la festa di Halloween :) Mi sono divertita un sacco a scriverla e a inserire tutti gli easter egg che mi venivano in mente.
Bè, che dire? A presto con il prossimo capitolo!
   
 
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