Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: EleWar    04/02/2022    7 recensioni
Nel paese del Sol levante i tifoni sono quasi all'ordine del giorno, una cosa tutto sommato normale, ma potrebbero avere dei risvolti inaspettati. E ai nostri eroi, presi dentro la tempesta, cosa accadrà?
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Finalmente sono riuscita a postare il capitolo 3 e solo adesso mi accorgo che è un po’ cortino, ma tutta la storia non è lunghissima e il prossimo sarà il capitolo finale.
Che dire se non GRAZIE a voi tutti che leggete e/o commentate??
Buona lettura
vi adoro *__*
Eleonora





Cap. 3  A che gioco giochiamo?
 
Non appena si fu liberata di quel bozzolo, Kaori corse in bagno a darsi una rinfrescata, mentre il socio si ributtava lungo sul divano con un lungo sospiro.
Cosa stavano per fare? si chiese.
E perché lui le aveva fatto quella battuta su come immaginava di spogliarla?
Perché era la verità: lui non era in grado di impedirsi di sognare Kaori e di farci cose.
E più erano peccaminose e proibite, più le fantasticherie gli venivano bene.
Però che voglia aveva avuto di baciarla seriamente, in quel momento!
E se non fosse tornata la luce a sorprenderli?
Come sarebbe andata a finire?
 
Con la testa nascosta sotto un cuscino, si chiedeva anche se, in quel preciso istante, non fosse, forse, meno pericoloso passeggiare per le strade di Shinjuku, con un tifone pronto a scaraventarti contro a qualche muro, o col pericolo di essere investito da un cartellone pubblicitario – e si augurò che fosse almeno quello della pubblicità di Victoria’s Secret, che se proprio doveva morire schiacciato, che fosse sotto una bella donna – piuttosto che rimanere chiuso in casa con la tentazione fatta persona.
Con Kaori.
Ma il rischio e il pericolo non erano il suo mestiere? si disse orgogliosamente.
Certo! si rispose.
Ma di fronte a Kaori era sempre più difficile non cedere.
Che poi… ne aveva ancora voglia di combatterla?
Di combattere contro quel sentimento che, potentemente, lei sapeva suscitargli e che lo riempiva di gioia e terrore?
In fondo, quel giorno alla radura era stato chiaro, come può essere chiaro un tipo come lui; però lei aveva capito: aveva compreso che lui le voleva bene, che sarebbe vissuto per proteggerla, per lei … per la donna che amava.
 
Sospirò.
 
Quando riemerse dai cuscini Kaori era appena ritornata, e con un telo di spugna si stava asciugando i corti capelli.
 
No, non farlo!” le indirizzò mentalmente lui, perché con i capelli bagnati era così dannatamente sexy!
 
Nemmeno lei avesse letto nei suoi pensieri esclamò:
 
“Ma che li asciugo a fare, è così caldo qui, che non ne ho bisogno”.
 
Poi, con un rapido movimento rotatorio del capo, Kaori si ributtò indietro un ciuffo di capelli, spandendo intorno a sé minuscole goccioline d’acqua, brillanti come diamanti.
Ma la scena, per una strana alchimia del momento, Ryo la vide come al rallentatore, e si ritrovò ad osservare la socia a bocca aperta.
L’unica cosa che riuscì a pensare fu:
 
Dio, quanto sei bella!
 
Ma un’altra potente, rombante sferzata di tempesta, fece tremare e oscillare il palazzo, e i due si bloccarono in ascolto: il tifone era già arrivato, o questi erano solo i prodromi?
C’erano state delle volte che i tanto attesi tifoni, alla fine avevano perso di potenza avvicinandosi alla costa, e per fortuna non avevano fatto i danni paventati.
A volte si erano risolti in violenti temporali, fortunali, o tempeste di più o meno forte intensità.
Tuttavia lì così, isolati, senza poter accedere ai notiziari tv – che tanto angosciavano Kaori e che però li avrebbero tenuti informati sull’andamento del tifone – non sapevano in che preciso momento dell’evento atmosferico si trovassero.
Avrebbero potuto cercare di captare qualche stazione radio, con un vecchio apparecchio a batterie, ma Ryo era quasi sicuro che, in quelle condizioni, la recezione sarebbe stata altamente disturbata o nulla.
Forse aveva ragione Kaori, era meglio non sapere; tanto ormai dove sarebbero potuti andare?
Di certo non in centro a passeggiare, o a prendere una boccata d’aria.
Domattina all’alba avrebbero controllato la situazione, e contato i danni.
 
Forse era il caso di sfruttare al meglio quella forzata permanenza fra le quattro mura domestiche, anche se a ben guardare non era poi così forzata, ed erano pur sempre a casa loro.
 
Che ore erano?
Ryo si diresse verso la parete di fondo del soggiorno e, recuperata una candela, cercò di illuminare l’orologio sulla parete: le 23,01.
 
“Ryo, che c’è?” chiese con un filo d’ansia la socia.
 
“Niente, ero solo andato a controllare l’orario” rispose l’uomo senza inflessioni particolari.
 
Kaori temeva che lui si annoiasse, lì da solo con lei: aveva sempre questo sentore di pochezza nei suoi confronti, di essere sempre troppo poco interessante, bella, divertente, simpatica, brillante, femminile.
Se invece avesse saputo di come lui si trovava bene con lei, in ogni suo aspetto; di come fosse piacevole quella strana serata casalinga!
Ma anni di sottile violenza psicologica avevano fiaccato la sua autostima, e la tenace Kaori doveva sempre nascondere la sua insicurezza e fragilità dietro il mal garbo, le sfuriate, la pungente ironia a volte, o la causticità di certe risposte.
 
“Vuoi andare a letto?” gli chiese, indecisa se sperare in un prolungamento di quella particolare serata a due, o in una più prosaica fine giornata, comunque lunga e stancante; ma la risposta che gli diede lui, la pungolò come una zanzara:
 
“È un invito, il tuo?” e la guardò sornione.
 
“Ma smettilaaaa!” rispose lei spazientita, chiedendosi al contempo che effetto avrebbe fatto a Ryo se lei gli avesse risposto, anche solo per scherzo – ma fino a che punto? – che sì, era un invito!
 
La scrivente crede che ad una risposta del genere, Ryo ci sarebbe rimasto secco, ma… non è delle mie convinzioni che stiamo parlando, quindi proseguiamo con la storia.
 
“Piuttosto, se non hai ancora sonno, ho un altro gioco da proporti” esordì la ragazza, mettendosi in posa da maestrina.
 
“Lo sai che sono abituato a fare le ore piccole, e solo perché sono chiuso in casa, non vuol dire che debba andare a letto con le galline! Anche se a volte ci sono certe gallinelle che…”
 
“Non pensi ad altro?” l’interruppe lei, spazientita.
 
“Eh eh eh eh, no” ridacchiò l’uomo che, ricordiamolo, era ancora in mutande dopo lo strip poker.
 
“Vedi di infilarti almeno i pantaloni, però!” gli ingiunse, infatti, la socia “Che per questo gioco, non servono appendici ingombranti” e lo fulminò con lo sguardo.
 
“Ricevuto” obbedì lo sweeper, e, mentre seduto sul bracciolo della poltrona s’infilava i calzoni della tuta, le chiese distrattamente:
 
“Che gioco è?”
 
Twister!”
 
Twist, cosa? Non sarà uno di quei giochi dove si balla, o cose del genere, spero!” protestò debolmente Ryo.
 
Ma Kaori, che era già mezza scomparsa nello sgabuzzino – a rovistare nelle cianfrusaglie ivi ammassate alla ricerca delle sue vecchie cose, quelle che si era portata dietro quando era andata ad abitare con lui – gli rispose scocciata:
 
“Ma no! È un gioco divertentissimo! Possibile che non ci abbia mai giocato almeno una volta, quando eri bambino?”
 
Non appena si rese conto della gaffe fatta, Kaori si bloccò e, voltandosi lentamente, lo guardò con aria colpevole e piena di vergogna:
 
“Scu-scusa, io non volevo… Perdonami”
 
“A parte che io da bambino avevo tutt’altre cose con cui giocare, ma non ci avrei giocato lo stesso, anche se avessi potuto” le rispose, senza dar peso al suo imbarazzo e alla sua apparente uscita infelice.
 
Forse non se ne era accorto nemmeno, o forse voleva dare alla sua socia l’opportunità di trarsi d’impaccio da quella situazione spinosa.
Non amava raccontare dei suoi trascorsi, e non voleva essere compatito, meno che meno da lei.
Ma non voleva nemmeno che lei si sentisse a disagio con lui, e con il suo passato ingombrante.
 
La ragazza, in qualche modo, afferrò al volo il suggerimento del socio e, ripresa la sua solita verve, trascinando fuori dallo stanzino una vecchia scatola polverosa, gli disse:
 
“Non fare tante storie, vedrai che è divertente. E poi ha pochissime e semplici regole, che anche uno come te può imparare”.
 
Uno come me?” le berciò dietro l’uomo, che quando ci si metteva sembrava più il bambino che non era mai stato, che l’adulto che era “Guarda che anche se ho perso a poker, qui farò faville. Hai mai sentito parlare della fortuna del principiante?” e le andò incontro dandosi delle arie.
 
“Vedremo” gli rispose la ragazza srotolando, con un movimento secco e deciso, il tappeto bianco con i bolli colorati, per terra “Vedremo, caro socio: la notte è giovane!”
 
Spiegategli le poche regole di base, a piedi nudi sul tappetino, fecero girare a turno la ruota che avrebbe decretato il colore da coprire e si misero giù a giocare.
Contrariamente a come aveva strepitato all’inizio, Ryo lo trovò subito divertente, e non smetteva più di ridere: era buffo vedere il suo enorme corpo massiccio contorcersi, con i muscoli del torace e della schiena in tensione, ed eseguire complicate rotazioni pur di raggiungere il bollo giusto.
Per Kaori era altrettanto facile, flessibile come un giunco, sembrava una contorsionista nata, e fino ad un certo punto la lotta fu alla pari.
Poi però, nell’impossibilità di avere altre mani o piedi, iniziarono i problemi.
 
Ryo, per raggiungere il suo colore, s’insinuò con il braccio destro attraverso il varco creato dal corpo della socia e il pavimento, e passando sfiorò inavvertitamente il seno della donna.
E fu come se si fosse scottato toccando il fuoco!
D’improvviso provò un’emozione così intensa, come non gliene aveva mai dato nemmeno la più soddisfacente palpatina intenzionale rifilata a chissà chi.
E l’aveva solo sfiorata!
Enormemente turbato, le chiese debolmente scusa, ma se era prevedibile ed inevitabile un contatto del genere – e infatti la socia non si preoccupò della cosa – per lui fu talmente sconvolgente che non smise più di pensarci, continuando a percepirne il calore, lì sul braccio con cui l’aveva toccata.
In un certo senso Ryo perse un po’ della sua innocenza, a giocare con quel gioco infantile ma divertente, e quando lei, sempre per raggiungere il suo colore, infilò la gamba attraverso quelle del partner, e la coscia nuda e levigata di lei andò a strusciarsi contro il suo inguine, lui per poco non perse la testa.
Di colpo realizzò che quel gioco era più pericoloso di una roulette russa, e più stuzzicante ed erotico di un banalissimo strip poker.
Si rianimò tutto e anzi, maliziosamente, si disse che da adesso in poi avrebbe giocato con tutt’altro animo, e che gli si offriva su un piatto d’argento la scusa per potersi strusciare alla sua bellissima partner, senza essere per questo preso a martellate.
 
Kaori, dal canto suo, aveva percepito benissimo il momento esatto in cui Ryo le aveva inavvertitamente toccato il seno, ma, proprio perché era un gioco, non si era arrabbiata né vergognata, anche se dentro di sé aveva sentito come una scossa, che si era propagata dal punto esatto di contatto attraverso tutto il corpo, fino a morire nel basso ventre, rendendola languida.
Che lo avesse nascosto alla perfezione, non sminuiva la potenza di quella sensazione.
E tutti quei contatti e strusciamenti, braccia e gambe intrecciate, le risvegliarono voglie mai sopite, e scacciò subito quel senso di colpevolezza che la spingeva a rifiutare i messaggi che le stava inviando il suo corpo.
Che lei desiderasse Ryo era un fatto assodato, e solo perché lui non era altrettanto attratto da lei, non cambiava le cose.
Se un gioco innocente come il Twister le permetteva di stare avvinghiata a lui, senza vergogna o imbarazzo, perché no?
Anche in quel momento Ryo era uno spettacolo: senza la maglietta, con i muscoli in bella vista, le braccia che sembravano tronchi intagliati, le gambe due pilastri ben saldi che terminavano in piedi altrettanto poderosi, con il viso rivolto al soffitto, i capelli neri spettinati che ondeggiavano dalla nuca in giù, era una specie di ragno sexy, si ritrovò a pensare la giovane ridacchiando.
Sarebbe bastato fargli il solletico in quale parte del corpo?
C’era l’imbarazzo della scelta, e lui sarebbe caduto e lei avrebbe vinto.
Ma Kaori, distratta dai suoi stessi pensieri, mise male il piede e scivolò pesantemente addosso al socio sbattendo il viso sul suo petto, e lui, pericolosamente in bilico e stupito da quella mossa repentina, perse l’equilibrio, cadendo sulla schiena trascinando Kaori sopra di sé.
 
“Ho vinto, ho vinto!” proruppe esultante la ragazza, a quel punto.
 
“Eh no, bella mia. Sei tu che mi sei caduta addosso” protestò lui.
 
“E allora? Non vorrai mica dire che con il mio esile peso ti ho fatto cadere???” gli domandò con aria di sfida, preparandosi alla prossima scaramuccia verbale.
 
“No, solo che hai fatto apposta a farmi perdere l’equilibrio”
 
“Ma sentilo! Se sei un armadio a quattro ante, come puoi pensare che un fuscello come la qui presente possa riuscire ad atterrarti?” e nel dirlo si tirò su a sedere, a cavalcioni della gamba sinistra dell’uomo, con tanto di mani sui fianchi.
 
“Piccola impertinente, adesso te lo faccio vedere io!” le rispose lui.
 
E, afferratala con entrambe le mani, la attirò a sé.
Approfittando del suo temporaneo sbigottimento, si mese d’impegno a farle il solletico in ogni parte del corpo.
 
“Sme- ahahahhaha, smet- ahhahaha -tila” protestava ridendo la giovane, fra le risate indotte da quel sadico.
 
“No, che non smetto” ripeteva ridendo anchelui.
 
“Ti preg-hahahahaha-o. Bastaaaaaa-haahhahaha” provava a dire Kaori con le lacrime agli occhi.
 
“Smetto solo se dici che hai fatto apposta a cadermi addosso!”
 
“Ma-ma- hahahahahha! Non è verooooo- ahhahahaha” articolava lei, divincolandosi sotto quella tortura che sembrava non dover finire mai.
 
“Dimmi che hai fatto apposta, se no continuo!” intimò lo sweeper.
 
“Okay! Ahhahaah, okay, hahahahah sì, sì ho fatto apposta-hahahahaha” mentì lei, pur di farlo smettere.
 
E lui, come promesso, terminò di farle il solletico.
Ma la ragazza, ansante, rimase distesa, sfinita, addosso al corpo dell’uomo, ancora scossa dagli ultimi rimasugli di risata.
 
Lui si prese del tempo per osservarla: era adorabile tutta spettinata, accaldata, con le guance in fiamme e solcate dalle lacrime.
E, prima ancora che si rendesse conto di ciò che stava per fare, allungò una mano ad asciugarle una guancia.
Kaori gli sorrise, e a lui parve di annegare in quegli occhi ridenti e così pieni di vita e amore.
 
“Kaori…” sussurrò.
 
Sbam!
 
Un rumore metallico assordante, li fece sobbalzare: fu come se d’improvviso si ricordassero della tempesta che stava infuriando là fuori.
Tesero le orecchie e sentirono ancora il clangore di qualcosa che sbatteva con forza, e che unito al rombo del vento e della pioggia scrosciante, sembrava far tremare tutto il palazzo.
 
Quasi all’unisono proruppero con:
 
“La porta della terrazza!”
 
Di malavoglia Ryo fece per rialzarsi, e altrettanto svogliatamente Kaori si fece da parte per permettergli di tirarsi su: la realtà delle cose li stava richiamando al dovere.
Non avrebbero potuto lasciare la porta a sbattere per tutta la notte, senza contare che l’acqua sarebbe entrata a fiotti, allagando magari i locali immediatamente sotto il tetto.
 
“Devo andare…” mormorò Ryo.
 
“Ce-certo” sospirò la ragazza, passandosi una mano fra i capelli e sistemandoseli in qualche modo.
Quindi aggiunse: “Copriti, mi raccomando!”
 
E l’uomo, che si stava già infilando la maglietta, le rispose: “Va bene mamma!” facendole la linguaccia.
 
Lei mormorò uno “Scemo”, ma gli sorrise con affetto.
 
Afferrata la torcia elettrica, Ryo scomparve su per le scale.
 
   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: EleWar