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Autore: Xine    07/02/2022    5 recensioni
Hinata Hyuga avrebbe dovuto essere felice. Terribilmente, irrimediabilmente felice. Si odiava perchè era riuscita ad avere tutto e, nonostante ciò, si sentiva sola.
Sasuke Uchiha era stanco. Era stanco di quella vita che non gli apparteneva, di quel Villaggio opprimente, di quegli occhi verdi che chiedevano di più. Era stanco e voleva stare da solo.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Hinata/Sasuke, Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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I.

 

Hinata Hyuga osservò il soffitto.
Non avrebbe teso il braccio verso l’altro lato del grande letto matrimoniale nella speranza di trovare il corpo caldo e rassicurante di Naruto. Non quella mattina.
Sarebbe stato sciocco persino per un'inguaribile sognatrice come lei. 

 

“Hina-chan” 
Un respiro caldo si abbattè contro la pelle chiara delle sue spalle, lasciata scoperta dalle sottili spalline della camicia da notte. Mugugnò infastidita, finché una risata familiare non le fece aprire gli occhi di scatto.
"Naruto-kun?" 
Il biondo sorrise teneramente, accarezzandole la guancia con la mano fasciata. 
Hinata abbassò lo sguardo, incapace di trattenere un sorriso euforico, sollevato. Non voleva che notasse gli occhi lucidi non certo per il sonno, né il rossore che ogni volta la sua vicinanza provocava.
Sospirò contenta, finalmente capace di respirare di nuovo. I polmoni quasi facevano male per l'improvvisa quantità d'aria che il fidanzato aveva portato con sé.
Ad un tratto aggrottò le sopracciglia, sollevando il capo e guardandosi intorno. La stanza era completamente invasa dal buio, non una luce sembrava penetrare dalle sottili tende bianche. 
"Che ore sono?" 
"È presto" rispose lui, sistemandole dietro l'orecchio una ciocca di lunghi capelli scuri. 
Hinata lo osservò. Aveva l'aria stanca, gli occhi azzurri, cerchiati da prepotenti occhiaie violacee, sembravano velati da una patina lucida, e le spalle, così come la sua postura, erano rigide.
"Sei arrivato ora?" sussurrò, lasciando una lenta carezza sull'avambraccio abbronzato del ragazzo. 
"No" scosse il capo, afferrandole la mano e posandovi sopra un bacio leggero. 
"Non ti ho sentito tornare, mi dispiace" abbassò lo sguardo, mortificata.
"Lo so. Come pensi di essere arrivata al letto?" ridacchiò divertito. 
In effetti, ora che glielo faceva notare, ricordava di essersi adagiata sul divano nella speranza di rimanere sveglia fino al suo rientro. Doveva averla portata in braccio, come faceva ogni volta che poteva con una scusa improbabile.
"Potevi svegliarmi…" 
"Naa, eri così carina 'ttebayo" le pizzicò la guancia.
Hinata arrossì, facendolo scoppiare in una fragorosa risata. Quando  Naruto la tirò a sè, stringendola tra le sue braccia forti, chiuse gli occhi, rannicchiandosi contro il suo petto ed ascoltandone il battito regolare del cuore. 
Era felice, di nuovo. 
Come ogni volta bastava la sua presenza per cancellare tutti i dubbi. 
"Com'è andata la giornata?" 
"Kakashi-sensei e Baa-chan mi faranno detestare quel lavoro…" 
Hinata scosse il capo divertita. Come lui, sapeva che i due cercavano di assicurarsi che fosse pronto a diventare Hokage. I compiti di un leader erano innumerevoli, dalla burocrazia agli incarichi diplomatici, e, per quanto Naruto fosse animato da un'enorme forza di volontà, era necessario che facesse esperienza, che costruisse legami solidi con i suoi futuri collaboratori. 
"Andrà bene, Naruto-kun" sussurrò incoraggiante. 
Lo sentì annuire convinto ed il suo braccio strinse la presa su di lei, portandola più vicina. 
Rimasero in silenzio a lungo, beandosi della reciproca vicinanza. Il tepore dei corpi, il cuore colmo di felicità, l'amore, erano così forti, così intensi da rendere le palpebre pesanti e il respiro regolare. Incapace di trattenersi, sbadigliò coprendosi la bocca con la mano. 
"Hinata" 
"Mh?"
Dopo diverso tempo senza risposte, la ragazza si sollevò sugli avambracci voltandosi verso di lui. Aveva un’aria dispiaciuta e… colpevole.
“Stai bene?” gli domandò preoccupata.
I suoi occhi azzurri si fecero improvvisamente cupi ed un sospiro sfuggì dalle sue labbra.
“Si, non preoccuparti. Torna a dormire…” annuì accarezzandole il capo dolcemente.
“Naruto-kun” lo richiamò lei, per niente convinta.
“L’hai detto tu, Hina-chan. Andrà bene!” 
Forse fu il fatto che lo disse con quella sua voce piena di energia e di ottimismo, forse perché accompagnò le parole con il suo sorriso determinato, o forse ancora perché voleva disperatamente crederci anche lei, Hinata annuì convinta e si adagiò nuovamente sul letto.
Naruto, alle sue spalle, le circondò protettivo la vita con un braccio, affondando il viso tra i lunghi capelli indaco e respirandone a pieni polmoni il profumo fresco di gelsomino. 
Intrecciò le dita alle sue e sorrise chiudendo gli occhi, improvvisamente preda delle lusinghe di Morfeo. 
Stava ancora sorridendo quando con un ‘puff’, il calore alle sue spalle si dissolse.

 

Hinata sospirò, coprendosi il viso con il leggero lenzuolo. 
Naruto stava facendo i salti mortali per riuscire a realizzare il suo sogno e, al contempo, essere un buon fidanzato. Non era la prima volta che mandava un clone al suo posto perché ancora chiuso in ufficio a studiare o intrappolato in qualche cena diplomatica. 
Era giusto sentirsi così… sola? Come un oggetto dimenticato da tutti, come se la vita degli altri fosse andata avanti e la sua si fosse cristallizzata in un limbo. A volte le sembrava di correre verso Naruto fino a perdere il fiato, e, quando lo raggiungeva, magicamente si volatilizzava in un ‘puff’.
Scosse il capo e scostò il lenzuolo, arrendendosi all’idea di doversi alzare. Lasciò il letto e si rifugiò in bagno, immergendosi sotto il getto dell’acqua bollente nella speranza che lavasse via quella sensazione sgradevole che le impregnava le ossa: il senso di colpa.
Dopo diverso tempo chiuse il rubinetto ed uscì, avvolgendosi in un telo ed asciugandosi il corpo ed i capelli. Si pettinò e si vestì, poi andò in cucina e preparò la colazione per due. Era un’abitudine che non avrebbe mai perso. D’altronde qualche volta - tre - era capitato che Naruto rincasasse perchè dimentico di documenti o per una doccia veloce. 
Tuttavia non accadde niente nemmeno quel giorno.
Sospirando, guardò il piatto vuoto davanti a sè. Improvvisamente le era passato l’appetito. Una lacrima le rigò la guancia, ma ben presto fu cancellata dal gesto nervoso della sua mano. 
Cucinare. Pulire. Cucinare. Fare spesa. Pulire. Cucinare. Aspettare. 
Così Hinata Hyuga passava le ore, le giornate, trascinandosi qua e là, imprigionata in una routine da cui non era in grado di uscire indenne. Si teneva impegnata per non pensare al problema, tentando di ignorare la sensazione di perdere il controllo della propria vita. Era come se si fosse tuffata in un mare azzurro, cristallino, ma incredibilmente profondo. Lei non era capace di nuotare così bene da contrastare le correnti, lei le assecondava, ma ogni volta la portavano più lontana dalla riva. E non aveva le forze per tornare indietro, aveva paura. Ma stava zitta, perché avrebbe dovuto essere felice.
Finalmente venne sera, il momento che preferiva della giornata. Certo il sole si nascondeva lasciando spazio all’oscurità della notte, ma Naruto sarebbe tornato, portando con sé l'unica luce di cui davvero aveva bisogno. Quel giorno, però, non lo avrebbe aspettato a casa, poichè Ino aveva riunito il vecchio gruppo, cosa alquanto difficile negli ultimi tempi a causa dei numerosi impegni di tutti. D’altronde solo lei avrebbe potuto riuscirci: una minaccia qua e là, qualche occhio dolce ed il gioco era fatto. 
Hinata si guardò allo specchio: aveva indossato un abito grigio, con una sottile maglia bianca a maniche lunghe di sotto. Non le piaceva mettere in mostra troppa pelle. Il rapporto con il suo corpo era ancora piuttosto complicato, nonostante avesse imparato ad amarsi di più grazie a Naruto.
Fai sapere a Naruto che se prova a dare buca lo farò pentire amaramente di essere nato
Sospirò e scosse il capo, tentando di scacciare quella sensazione di vuoto che si faceva largo all’altezza del petto al solo pensiero del biondo. Lasciò la camera da letto e si fermò in cucina, afferrando la torta che aveva preparato nel pomeriggio e lasciando sul tavolo da pranzo un biglietto per Naruto, nel caso in cui tornasse. Era certa che tra i mille impegni avesse dimenticato la cena con gli amici. Uscì di casa percorrendo le vie del Villaggio nel più completo dei silenzi, in netto contrasto con il chiacchiericcio euforico proveniente dai locali. Un sorriso triste si allungò sulle sue labbra nel constatare che, a differenza della maggior parte dei suoi amici - e di Naruto - non sarebbe mai stata quel tipo di persona a cui piace la confusione.
“Yo, Hinata” 
Hinata si voltò nella direzione da cui proveniva la voce. Shikamaru Nara, con la solita espressione annoiata e le mani in tasca, le si fece incontro.
“Konbanwa, Shikamaru-kun” salutò educatamente con un lieve cenno del capo.
“Alla fine è riuscita a convincere anche te…”  il ragazzo scosse il capo, alludendo alla compagna di squadra con un mezzo sorriso.
Hinata annuì, sorridendo dolcemente. Proseguirono in silenzio per il resto del tragitto, camminando serenamente uno accanto all’altra, fino a quando Shikamaru toccò il tasto dolente.
“Naruto non viene?” 
I passi della ragazza si fermarono. I suoi occhi bianchi trovarono quelli neri del Nara fissi su di sè, incuriositi dalla brusca interruzione. 
“Arriverà più tardi” Hinata distolse lo sguardo ed abbassò il capo riprendendo a camminare.
Non era una bugia, era una speranza. La stessa che coltivava ogni sera.
Shikamaru fu sufficientemente intelligente da far cadere la conversazione, e di questo gli fu grata. Arrivarono a casa di Ino senza scambiarsi parole, suonando al campanello e salendo le scale una volta invitati ad entrare.  Sulla porta trovarono ad attenderli la biondissima padrona di casa con un sorriso abbagliante.
“Hina-chan! Che bello che sei venuta!” esclamò euforica Ino, tirandola in un abbraccio.
“Come se ci avessi lasciato molta scelta…” borbottò Shikamaru.
“Hai detto qualcosa?!” lo fulminò lei.
Il moro alzò gli occhi al cielo e la superò entrando in casa senza molte cerimonie. D’altronde ci era praticamente cresciuto a casa Yamanaka.
“Il solito rompiscatole!” scosse il capo Ino.
Hinata sorrise divertita, porgendo all’altra kunoichi la teglia che aveva tra le mani. 
“E’ una torta al cioccolato, Ino-chan” 
“La mia preferita! Grazie infinite! Vieni dentro, Hina-chan, mancavate solo voi!” si spostò di lato per farla passare.
La Hyuga entrò timidamente, venendo guidata dalla bionda all’interno di un luminoso salotto gremito di gente. 
“Hei! E’ arrivata Hinata!” urlò attirando l’attenzione di tutti.
Hinata arrossì, facendo a malapena in tempo a salutare con la mano prima di venire travolta dall’abbraccio di Kiba. Un volta liberatasi, scambiò due parole con Shino, complimentandosi con lui per l’incarico di insegnante all’Accademia da poco conferitogli, e chiacchierò con Tenten. Ben presto fu ora di cena ed il gruppo prese posto a tavola. Fu soltanto allora che notò la figura di Sasuke Uchiha, l’ex compagno di squadra di Naruto.  Stava seduto accanto a Sakura, con un’espressione vuota ed un bicchiere di sakè nell’unica mano. Non scambiò una parola con nessuno per l’intera serata, rispondendo a monosillabi alle richieste della rosa.
Sospirando guardò la porta, nella speranza che Naruto arrivasse. 
“Non preoccuparti, Hinata! Sono certa che verrà!” 
La voce di Sakura le fece distogliere lo sguardo dall’ingresso per portarlo su di lei. Sul suo viso riluceva un sorriso abbagliante e fiducioso. Si ritrovò ad annuire automaticamente, tentando di zittire la voce che gridava di non crederle.
In quell’istante Ino sgusciò accanto a lei, riempiendo il suo bicchiere di sakè. 
“Allora, Hina-chan, a che punto sono i preparativi per il matrimonio?” domandò la bionda. 
“Raccontaci tutto!” batté le mani entusiasta Sakura.
“Voglio sentire anch'io! Spostati Lee!” sgomitò Tenten, sporgendosi sul tavolo.
Hinata desiderò sparire. Parlare del matrimonio era come versare sale su una ferita aperta. 
Tentò di accontentarle, rispondendo vagamente alle domande e nascondendosi il più possibile dietro gli impegni incessanti del fidanzato. Fortunatamente, dopo diverso tempo, l’attenzione di Ino, e di conseguenza di tutti, si spostò sulla nuova fiamma di Kiba, reso alquanto loquace dall’alcol. 
Hinata ne approfittò per sgattaiolare sul balcone, chiudendosi la porta alle spalle. 
Improvvisamente il silenzio invase le orecchie, facendole fischiare per il brusco cambiamento. Si portò una mano alla testa, massaggiandosi le tempie nella speranza che il fastidio passasse il più velocemente possibile.
Era stanca delle domande di Ino, del sorriso incoraggiante di Sakura e del suo giustificare l’assenza di Naruto. D'altronde Sasuke era lì, accanto a lei, mentre Naruto l'aveva lasciata sola, ancora una volta. 
Era stanca, era arrabbiata, delusa. Ce l'aveva con sé stessa, poi con Naruto, poi di nuovo con sé stessa. 
Fuori era muta, ma dentro urlava. 
Strinse con forza tra le mani la ringhiera fredda, vedendo le nocche sbiancare pericolosamente. 
La portafinestra si aprì e si richiuse alle sue spalle. Avvertì dei passi lenti e cadenzati, e, incapace di associarli a quelli degli amici, sollevò lo sguardo per capire chi fosse. 
Una figura alta e longilinea, capelli corvini con lunghi ciuffi ribelli, impenetrabili occhi bicolore nero e viola, un'espressione indecifrabile. Sasuke Uchiha si appoggiò di spalle alla balaustra, non proferì parola, né la degnò d'uno sguardo. Se il balcone non fosse stato tanto piccolo avrebbe giurato che non l'avesse nemmeno vista. 
Hinata abbassò il capo, riportando gli occhi bianchi al contorno irregolare degli edifici di Konoha. Sperava ancora di vederlo arrivare. Dopo tutto era lì anche Sasuke, nonostante fosse evidente che non avrebbe voluto esserci. 
Non riuscì a trattenersi dal guardalo di nuovo, mentre un sorriso stanco si apriva sulle labbra rosee. Teneva lo sguardo fisso dinanzi a sè, apparentemente impassibile al mondo circostante. 
“Cosa?” 
La sua voce bassa, profonda, così lontana dal timbro caldo ed avvolgente di Naruto, palesò che la stava ignorando volontariamente.
Distolse lo sguardo imbarazzata, scuotendo il capo in segno di diniego.
Probabilmente avrebbe voluto stare da solo, proprio come lei. Si, perchè Hinata Hyuga desiderava, pregava, perchè Sasuke se ne andasse. La sua presenza era troppo da sopportare, era come un violento schiaffo in faccia.
Avrebbe potuto rientrare, ma l’idea di essere intrappolata nuovamente in un’euforia che non avrebbe condiviso le impediva di tornare sui suoi passi. Era stanca delle domande sul matrimonio, sull’assenza di Naruto. Era stanca di annuire alla sincera felicità di chi le sorrideva con tenerezza, come si fa davanti ad una bambina che la mattina di Natale ha visto il proprio desiderio esaudito.
Era strano: ogni giorno sperava di non essere lasciata sola, ed ora non desiderava altro. 
“Uchiha-san” 
Per la prima volta i suoi occhi magnetici si posarono su di lei. 
“Io… vorrei stare sola” 
Non appena pronunciò quelle parole si sentì terribilmente in colpa. Una morsa le attanagliò lo stomaco provocando una fitta dolorosa. 
Sasuke non rispose, né diede alcun segno di volersene andare.
Hinata si vergognò. Ultimamente non faceva altro, così pregna di pensieri egoistici e di ingratitudine. 
Si accucciò a terra con le spalle al muro, abbracciandosi le gambe e posando il lato sinistro del viso sulle ginocchia. Chiuse gli occhi sentendoli pizzicare, afferrando con le mani l’orlo della gonna dell’abito grigio per impedirsi di scoppiare a piangere.
Un'improvvisa ventata d’aria fresca si abbattè su di lei, provocandole i brividi. Si strinse tra le braccia, aspettandosi di sentire il rumore delle fronde degli alberi scosse dalla corrente. 
Silenzio.
Aggrottò le sopracciglia confusa, sbattendo le palpebre più volte e sollevando lo sguardo per capire se anche Sasuke avesse percepito quello strano spostamento d’aria. Sgranò gli occhi nell’accorgersi di essere rimasta sola.
Se ne era andato, alla fine. Come gli aveva chiesto.
Sorrise tristemente, nascondendo la testa tra le braccia. Pensava di sentirsi meglio, da sola.
Ma non successe.

   
 
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