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Autore: Evola Who    08/02/2022    1 recensioni
Non erano più dentro alla nave, nel bel mezzo della galassia e diretti a Nevarro. Adesso erano davanti al maestoso ingresso di un palazzo in marmo, con due piccoli prati verdi ben curati, circondato da un portico colonnato e costruito con architetture esotice. Sopra di loro, il cielo azzurro brillante e il sole caldo, i cui raggi splendenti erano accompagnati da qualche leggero refolo di vento e dai dolci cinguettii di uccelli...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7
Il colloquio
 
 
La guardia scortò Mando davanti ad un'enorme porta di legno, aprendola e annunciando: “Il viaggiatore, vostra altezza.”

Il cacciatore di taglie entrò nella stanza: si ritrovò in una sala con le pareti gialle, il pavimento in marmo, il tetto di legno, un spesso letto a baldacchino dalle tende aperte con le coperte arancioni. E il principe era in piedi, davanti alla finestra del suo balcone, guardando l'ingresso della guardia e sorridendo della presenza di Mando.

Ringraziò la guardia e la congedò, rimanendo da solo con lui.

“Mando!” disse Oberyn entusiasta, riempiendosi un bicchiere di vino rosso dal tavolo e avvicinandosi a lui: “Grazie mille per aver accettato il mio invito.”

Si fermò davanti a lui, guardandolo con un sorriso. “Vino?”

“Mi è stato ordinato di venire qui.” rispose Mando secco: “E no.”

Oberyn rimase stranito da quell'atteggiamento così ostile nei suoi confronti. Pensava che fosse tutto sistemato tra di loro, ormai. Ma non si fece scoraggiare dal suo atteggiamento e mantenne il suo sorriso.

“Allora più vino per me.” E ridacchiò, dandogli le spalle e camminando verso alla sedia di legno con lo schienale imbottito, sedendosi con le gambe accavallate e le mani appoggiate sui braccioli.

Proprio davanti a Mando, mentre lui rimase in piedi, fermo e sotto il basker con aria incerta.

“Su si sieda, non faccia complimenti.” invitò il sovrano.

“Preferisco stare in piedi.”

“E io preferisco di più parlare con i miei ospiti, mentre mi siedono accanto.” rispose Oberyn con tono paziente.

Mando fece un altro sospiro paziente, e sedette a fianco a Oberyn.

“Peperoncino?” offrì lui, prendendone uno della ciotola sopra al soprammobile in mezzo a loro, dove c'erano anche la bottiglia con i calici.

“No” rifiutò Mando.

“Ne è sicuro?” chiese il principe invitando a mangiarlo: “Il peperoncino di Dorne è famoso per la sua piccantezza. Magari, le sarebbe d’aiuto a scogliere i nervi…” lo ingoiò intero con tranquillità.

Mando sotto al basker teneva gli occhi bassi, evitando di guardare quel volto con quel sorriso. Provava solo tensione e disagio.

Oberyn notò il mutismo del suo ospite. Lo guardò con incertezza.

“La sua amica aveva ragione, lei è un tipo di poche parole.”

“Rivoglio il cristallo.”

“Però è molto diretto.”

Oberyn si versò un altro sorso di vino, dicendo: “Ammetto che mi sento un po' offeso, per la sua mancanza di gentilezza verso alla mia ospitalità.”

“Voglio solo prendere ciò che è mio” ripeté Mando senza nascondere la sua impazienza.

Il principe lo fissò notando la sua tensione per come stava fermo dritto su quella sedia tenendo i pugni chiusi sopra alle ginocchia.

“Pensa che me lo voglia tenere?” chiese con sarcasmo.

“Se che se lo è tenuto per tutto in tempo, nonostante avessi già ribadito che è nostro.” spiegò Mando.

“Se pensa che la sto prendendo in giro, si sbaglia.” si giustificò il principe: “Io non prendo ciò che non è mio. Soprattutto davanti ai legittimi proprietari.” E prese un altro peperoncino, mangiandolo con gusto.

“Allora perché non me lo restituisce?” chiese il Mandaloriano duramente

“Beh, testuali parole: ‘vogliamo riprenderci il cristallo, e poi ce ne andremo via da qui’. Perciò, perché prima non si prende un attimo di respiro, per conoscerci un po' meglio?” e fece un sorriso ambiguo.

Mando non capì nulla di quelle parole, soprattutto non riuscì a comprendere che cosa volesse e che intenzioni avesse.

“In fondo, due viaggiatori estranei riescono a ‘invadere’ il mio palazzo, per cercare un bambino dalla pelle verde e le orecchie lunghe e un pezzo di minerale. Ma riescono a guadagnarsi l’ammirazione delle mie figlie e la mia fiducia.” spiegò. “Non so da dove venite, o dove state andando. Senza sapere nulla del cavaliere misterioso…”

“Non sono un cavaliere” ripetè Mando duro: “Non lo sono mai stato.”

“Ah, no?” disse Oberyn con una leggera sorpresa: “Eppure, si comporta come tale, ha un suo codice morale, la sua lealtà e si è dimostrato autoritario ma non duro. Senza nascondere la sua preoccupazione per il bambino. Che, a quanto pare, nonostante la sua età, mostra molto attaccamento verso di lei.”

Mando non sapeva che cosa dire, pensava solo al ricordo di prima, quando il piccolo si stava agitando con le braccia rivolte a lui, con l’intenzione di raggiungerlo. E questo, diceva molto del loro rapporto.

“E scommetto che lei protegge chiunque sia indifeso o le chieda aiuto. Ma soprattutto, sa mantenere la parola data” continuò il principe: “E io ho conosciuto uomini che erano o si definivano cavalieri. Che indossavano la loro armatura predicando valori di giustizia e lealtà. Ma poi, la usavano per i loro vantaggi e per i loro sporchi comodi” e, mentre lo diceva, guardava la finestra con aria inespressiva, ma si poteva notare dai suoi occhi, la furia che provava.

“E la cosa peggiore, ci sono ancora sovrani che indossano con orgoglio le loro preziose armature con le loro corone per nascondersi dai loro orribili crimini, compiuti mentre predicavano la pace e la libertà.” Il braccio era appoggiato sul bracciolo, con il pugno sulle labbra. Chiuse gli occhi per un istante.

Per la prima volta, si guadagnò l'ammirazione di Mando. Forse, da quelle parole, riusciva anche a comprenderlo.

“È per questo che la definisco ‘cavaliere’.” continuò Oberyn “Perché anche se non lo è, si comporta meglio di ogni presunto tale che ho incontrato.” E bevve un lungo sorso di vino.

Mando abbassò la testa, riflettendo sulle sue parole. Si domandò in che strano e ingiusto pianeta fosse capitato. La galassia era piena di gente che sfruttava la loro carriera da imperiale o quella criminale. Ma sentire di gente che giurava lealta al popolo, per poi sfruttarlo per i propri vantaggi, era inaccettabile per lui. Nessuno del suo clan, avrebbe mai fatto una cosa del genere. Per loro i giuramenti erano sacri valori. Inviolabili.

E questo valeva anche per lui.

Ma nonostante tutto, non voleva ancora essere considerato un cavaliere.

“E poi, ho notato un’altra cosa, che mi ha incuriosito molto…” disse Oberyn appoggiando il calice vuoto sul piccolo tavolo.

Mando alzò la testa, vedendo che il principe stava ritornando sempre più calmo.

“Ovvero, che per tutto questo tempo, non si è mai tolto l’elmo.”

Oberyn appoggiò le mani sulla bocca, guardando il cacciatore di taglie con curiosità: “Capisco il suo senso dell'onore, ma potrà togliere l’elmo, giusto per prendere un po' d'aria alla testa.” E ridacchiò.

“È una regola del mio clan. È vietato togliersi l’elmo.” rispose Mando impassibile.

Oberyn alzò le sopracciglia per lo stupore, rimanendo colpito da quella dichiarazione.

“Aspetti, vuol dire che lei non si è mai tolto l’elmo, davanti a qualcuno?”

“No”

“Nemmeno davanti alla sua amica o al bambino?”

“Nemmeno a loro.”

Il sovrano di Dorne era stupefatto da quella dichiarazione. Accavallò le gambe con la schiena dritta verso di lui, incuriosito ancora di più
“Perché?”

Mando raccontò che, da quando era stato scelto dal suo clan, era stato accolto come uno di loro, se ne erano presi cura e lo avevano addestrato. In cambio aveva giurato di rispettare il credo, e di non togliersi né di farsi togliere l’elmo davanti a nessuno.

Oberyn era sempre più ammirato dalla sua storia. Soprattutto dalla sua cieca fedeltà al rigido codice del suo credo.

“E da quanto tempo, ha prestato giuramento?”

“Probabilmente, avevo qualche anno in meno della sua figlia più grande.”

“Non si toglie l’elmo da quando era ragazzino?” disse il sovrano stupito.

“Esatto. Da allora, non mi sono mai mostrato a nessuno.”

“E vale anche per il bambino?”

“Soprattutto per lui.” disse Mando freddamente: “Ed è meglio così…”

Oberyn non sapeva che cosa pensare, non aveva mai sentito un giramento del genere. Fino a coinvolgere anche dei bambini. Nemmeno i guardiani della barriera – composti per la maggior parte da assassini, stupratori e figli bastardi - sarebbero riusciti a reggere a un giuramento così tosto. Soprattutto, se si doveva rinunciare a tanti piaceri, per un credo.

“E se un giorno, deciderà di togliere l’elmo davanti a qualcuno, che cosa le succederà?” domandò il sovrano.

“Se mi tolgo l’elmo, o qualcuno me lo toglie, avrò infranto il credo. E non avrò più il diritto di indossare l’armatura del mio popolo.”

“E non farà più parte di loro, solo perché qualcuno l’ha vista in faccia?” disse Oberyn stupito: “Sarà disonorato da tutto e da tutti, dopo che loro hanno chiesto di rinunciare a così tanto, per loro?”

“Questa è la via.”

Oberyn non ci credeva. Era quasi un estremo per lui. Un punto estremo che lui non sarebbe mai riuscito a rispettare.

“Un via un po' ingiusta, se mi permetto.” disse il principe, incredulo.

Si guadagnò uno sguardo irritato da sotto l’elmo di Mando, che trovò irrispettoso quel commento su tutto ciò in cui aveva sempre creduto e rispettato.

“E immagino che l’armatura non te la diano, dopo il giuramento.”

“Me la sono guadagnata” rispose il cacciatore di taglie duramente: “Mi sono guadagnato questa armatura, insieme ad abbastanza crediti e al rispetto del mio clan.” Abbassò la testa, non poteva raccontare tutta la storia della Gilda… ormai aveva raccontato fin troppe cose, e non doveva rivelarne altre.

“Capisco,” disse Oberyn. “In pratica, è un uomo che si è fatto da solo. E mi creda, non è poco…” e iniziò a versarsi un altro bicchiere di vino.

“E immagino che l’incisione sulla sua spalina, sia il simbolo del suo clan.” Indicò Oberyn con il bicchiere.

Mando guardò per un attimo il sigillo della sua armatura. Fissò il teschio del Mudhron, fatta dalla armaiola.

“È il simbolo del mio clan.” disse Mando. “Che è composto solo da me e dal bambino. Si guadagna solo dopo un degno gesto…”

“E ora siete solo voi due, come Clan? Soli contro il resto del mondo?”

“Precisamente. E finché non diventerà grande, o avrà trovato qualcuno che si prenderà cura di lui, sarò io a farlo. E nel bene e nel male, io lo proteggerò.”

Calò il silenzio. Oberyn era colpito da lui, dalla sua storia, dalle sue parole e anche dal quel tono distaccato e allo stesso tempo serio da parte sua. Non sapendo che cosa dire. Poteva solo essere ammirato da lui.

“Non so che cosa dire.” ammise il sovrano. “Vorrei avere avuto anche io, la stessa determinazione nel proteggere tutto ciò che amavo. Forse… forse…”  non riuscì a finire la frase, guardando la finestra e premendo le labbra sulle nocche delle mani, con il volto perso.

Mando aveva notato il cambio di atteggiamento arrivato così all’improvviso. Sembrava insolito per un uomo gelido ma allo stesso tempo sfacciato e estroverso. Ora sembrava un uomo chiuso in sé stesso e malinconico. Forse, stava ripercorrendo qualche evento dentro la sua testa.

Capì che, probabilmente, anche lui aveva dovuto subire un forte trauma. Provò per un attimo empatia per lui. E per la prima volta, poteva capirlo per davvero. Anche senza il bisogno di raccontare nulla.

“Forse la mia vita, sarebbe ancora più allegra, più grande, più luminosa… più giusta”. Oberyn disse quelle parole con tono fermo, ma con l'accenno di un sorriso triste e un leggero luccichio negli occhi: “Ma non sarà mai dimenticata. E so che un giorno, avrà ottenuto giustizia. E gli farò pagare… devo solo, aspettare il momento giusto. Ma lei, sarà sempre una parte di me.” Chiuse gli occhi prendendo un sospiro profondo. Rimase in silenzio, per poi aprire gli occhi e guardare fuori dalla finestra.

Mando non disse nulla, abbassando la testa e condividendo questo momento.

Non durò molto, perché Oberyn si riprese, asciugandosi gli occhi velocemente con il pollice. Poi guardò il Mandaloriano, con il solito sorriso di prima, chiedendo: “Ma poi, oltre a tutti questi giuramenti e doveri… che cosa c’è di altro, in te?”

Mando alzò la testa, rimanendo confuso dalle sue parole, ma anche stupito dal suo cambio di umore così repentino, chiedendosi se quel sorriso e quell'atteggiamento così aperto e quella sfacciataggine non fossero tutta una maschera, per nascondere un dolore così profondo, che ormai sapeva conviverci.

Ma la cosa che lo turbava di più, erano quegli occhi perennemente puntati addosso, e quel sorrisetto chiuso, sempre dipinto in volto, che lo rendeva così ambiguo…

“Chi sei veramente?”
 
***
Il cacciatore di taglie non rispose, guardandolo con espressone incerta da sotto il basker.

Oberyn si aspettava almeno una parola da parte sua, che non arrivò, rimanendo chiuso in questo mutismo.

“Oltre la sua fede, che cosa le piace?” cercò di spiegare: “Quali solo le sue debolezze…”
Mando prese un sospiro e abbassò la testa, iniziandosi a sentirsi sotto pressione.

“Insomma, avrà pur qualcosa che la piace” continuò. “Come donne, uomini o entrambi?”

Il cacciatore di taglie girò la testa dall’altra parte, per non vedere quello sguardo.

“Niente?” insisté Oberyn incuriosito, alzando le sopracciglia in attesa di una risposta. A quel punto, iniziò a ridacchiare di gusto, iniziando a pensare che fosse una specie di pudico.

“Andiamo, tutti hanno una passione” continuò a ridere, finché non aggiunse: “Per caso, è un immacolato? Altrimenti, si spiegherebbero molte cose”

“Che cosa vuole?” disse Mando duramente, alzando la testa di scatto verso di lui
Oberyn smise di ridere, ma non fu irritato da quell'atteggiamento. Anzi, era tranquillo.

“Che cosa vuole da me?” ripeté.

“Solo conoscerla” ripeté il principe con tranquillità: “Voglio solo sapere la storia dell’uomo che salvò un bambino deforme. E quale sono i suoi desideri…” si avvicinò a lui, con la schiena leggermente piegata, con le gambe aperte e le mani unite, appoggiate sotto al ventre. Lo guardò con aria maliziosa. “Quali sono i suoi desideri?”

Mando non rispose. La sua irritazione dei confronti del principe era stata accresciuta da quelle inutili parole. Ma più non parlava, più si guadagnava l’interesse del sovrano.

“In fondo… non vorrebbe qualcuno che la guardi in volto, dopo una brutta giornata?”

Il Mandaloriano cercava di trattenere la sua pazienza. Sperando di capire come reagire con lui.
Oberyn attese ancora una volta. ma non arrivò mai una risposta. Cercando di capire il perché di quel silenzio, si chiese che cosa stesse pensando.

Ritornò seduto composto sulla sua sedia, sorridendo e dicendo: “Lo sai? Nonostante che tu sia un tipo di poche parole, sei un uomo di mondo. Hai viaggiato, hai i tuoi valori e la tua morale. E forse, siamo più simili di quanto…”

“Noi non siamo uguali!” disse Mando infuriato, alzandosi in piedi: "Lei non conosce la mia storia, la mia vita, il mio credo e la motivazione che mi spinge a fare tutto ciò che faccio!”

Oberyn fu preso di sorpresa da quell'atteggiamento così duro e furioso.

“E non so che intenzione abbia con me o con i miei amici, non so che cosa voglia ottenere da me, con questi stupidi giochetti mentali! Qualunque cosa voglia, non la otterrà. Perciò, mi restituisca il cristallo! O la prossima volta, non lo chiederò con troppa gentilezza…”

Mando si era sentito davvero offeso, dal fatto che lui gli si fosse paragonato. Già era difficile ritrovarsi con il suo volto sulla faccia di quell'uomo. Così diverso. Perché lui non era un principe privilegiato.

Non aveva mai vissuto in un palazzo, e non aveva mai viaggiato per puro piacere personale. Ma per dovere e sopravvivenza. E non avrebbe mai posseduto… la sua stessa sicurezza che poteva assicurare al piccolo…

Quindi, non voleva essere paragonato a lui. E voleva solo che s ne andassero via da lì.

Oberyn lo guardò con perplessità. Come se quelle parole, non lo avessero toccato nemmeno. Si alzò in piedi, fermandosi davanti a lui, a soli pochi centimetri dal casco. Con un'aria impassibile, di fronte a cui Mando cercò di mantenere il suo sguardo.

“È una minaccia?” chiese semplicemente.

Questa volta, fu il sovrano a sospirare, guardando in basso rispondendo: “Mi dispiace che lei abbia avuto una brutta impressione su di me. Ma il mio scopo era solamente scogliere un po' la tensione. Ma, a quanto pare, è davvero un osso duro…”

Lanciò di nuvovo una occhiata a tutta la sua armatura, facendo un mezzo ghigno e aggiungendo: “Anche se, questo mi spinge a provarci di più.” E ritornò a guardarlo dritto, con quel sorrisetto ambiguo sul volto. Spingendo Mando ad allontanarsi da lui, con un passo indietro.
Oberyn iniziò a riflettere con gli occhi bassi e le mani dietro alla schiena.

“Le mie figlie, in questo momento sono con il piccolo?”

“Con Cara e le sue amante insieme a loro.”

“E presumo che era da un po', che il vostro pargolo non stava con altri.”

Mando sospirò, senza rispondergli. Ma facendo capire che aveva ragione.

“E sarebbe un peccato interrompere questo momento di tranquillità per lui, prima di ritornare al suo viaggio. Giusto?”

Il Mandaloriano non disse nulla. Capì le sue parole, e ricordò di quanto il piccolo era felice, in mezzo agli altri bambini su Soruan. E anche di quanto era triste, quando erano dovuti ripartire.

“Io le darò il cristallo. Ma prima lasci che i bambini giochino ancora un po' insieme. E si fidi delle mie parole. Può andare direttamente nei giardini con lui.” disse Oberyn: “E poi, se ne potrà andare, con tutto quello che è suo.”

Mando alzò lo sguardo, cercando di capire se potesse fidarsi di lui: “E che cosa mi dice, che lei manterrà la sua parola?”

“E che cosa ci potrei mai guadagnare infrangendola?” rispose Oberyn con tranquillità.

Il cacciatore di taglie sospirò capendo che non poteva farci niente. Almeno, l’aveva avvertito.

“D’accordo” rispose duro. “Ma se non rispetterà la sua parola, sa già quello che potrei fare” e lo indicò con il dito.

Oberyn guardò il dito senza dimostrare nessun timore per le sue parole.

“Le assicuro che manterrò la mia parola. In fondo, mi hanno dato della vipera e dell’assassino. Ma mai del bugiardo.” E ritornò a sorridere.

A quella uscita, Mando si irrigidì, non riuscendo più sopportare di vedergli quel sorriso stampato in faccia.

Non disse nulla, dandogli le spalle e camminando verso la porta a passo svelto e aprendo di prepotenza la porta per andarsene via.

Tutto sotto al sorriso divertito di Oberyn, che piano piano scomparve. Il suo viso divenne più serio e cupo, mentre lo guardava allontanarsi, capendo che era sempre più attratto da lui…
 
Fine capitolo
   
 
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