Videogiochi > Resident Evil
Segui la storia  |       
Autore: FreddyOllow    08/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mentre Nick e Pete condussero Ben al distretto, Marvin sbrigò le pratiche dell'arresto nel suo ufficio. Aveva trovato il distretto quasi deserto. La morsa di terrore che cingeva Raccoon City aveva lentamente circuito le menti degli agenti. Chi aveva finito il turno, invece di andare al pub per una birra tra amici, sceglieva di andare a casa a stare con la propria famiglia. E chi non aveva una famiglia, rimaneva ugualmente dentro le quattro mura.
Ormai gli efferati omicidi erano all'ordine del giorno e continuavano a crescere di numero. Nel dipartimento nessuno aveva una pista valida da seguire. Alcuni, come Jonathan, dicevano che si trattava di un serial killer cannibale. Altri di una setta che aveva lo scopo di seminare terrore tra la gente. Quasi nessuno, però, associava l'Umbrella agli omicidi.
Marvin era seduto alla scrivania a scrivere un rapporto. Alzò lo sguardo verso gli agenti fuori dalla porta, "Che data è oggi? Ventisei?"
"Ventisette settembre, tenente" rispose una poliziotta, la stessa che aveva visto parlare con Nick.
"Ah, sì, ventisette. Sto iniziando a fare cilecca con le date. Forse è tempo per me di andare in pensione. Comunque, perché sei qui, Kate? Hai cambiato idea per il corso da sergente? Lo sai che metterò una parola con l'istruttore."
"No, tenente, ma la ringrazio. Volevo dirle che il capo Irons desidera al più presto il rapporto dell'arresto e tutte le prove rinvenute."
"Dovrei consegnarle prima al capitano Johnson" rispose Marvin, insospettito. "Ti ha detto il motivo?"
"No. Ha detto solo di darlo a lui. E che è un ordine."
"Va bene, lo farò."
"Buona serata, Tenente."
Marvin sorrise. "Anche a te, Kate." Posò lo sguardo sul rapporto e lo rilesse, soddisfatto.

 

Nella sala degli interrogatori, Nick e Pete erano stati cacciati via dal capitano Mike Johnson, che voleva interrogare da solo Ben Bertolucci. Erano seduti su una panca lungo il corridoio, di fronte alla stanza da cui erano stati scacciati. L'interno del corridoio era così tetro e silenzio, che a Nick gli venne un brivido lungo la schiena. "Tra mezz'ora finisco il turno."
"Quindi?" rispose Pete. "Vuoi un applauso?"
"Io, insomma... Era per parlare. Ti va una birra quando stacchi?"
"E dopo vuoi invitarmi a casa tua per farmi vedere la tua collezione di farfalle?"
"Ehi, rilassati. Volevo solo parlare, fare amicizia. Non volevo offenderti."
Rimasero in silenzio per un momento.
Pete sospirò. "Scusami, Nick. E solo che non mi va giù che Marvin si fidi più di te, che di me. Senza offesa, ma siamo amici da anni."
"Lo so, non preoccuparti. Il tenente vuole tenerti al sicuro da..." Si zittì, guardandosi intorno. Voleva essere sicuro di non essere ascoltato. "Dal nostro capo" sussurrò. "L'hai sentito cosa ha detto in macchina, no?"
"Perché sussurri? Non c'è quasi nessuno nel distretto."
"Non si sa mai."
"Beh, me la so cavare benissimo da solo. Ho le spalle larghe. E Marvin non è mio padre."
Nick non sapeva che dire.
Pete si alzò e bussò alla porta.
"Chi è?" rispose Mike Johnson dall'altra parte.
"Sto andando a pisciare, capitano."
Mike aprì la porta. "E quindi? Hai paura di pisciarti nei pantaloni? Vuoi che ti accompagni?"
"Molto divertente, capitano. Non volevo che poi dopo mi rompessi le palle, se non mi trovavi al mio posto."
"Sì, sì, vai pure. Sparisci!" Mike gli sbatté la porta in faccia.
Pete si girò verso Nick. "Ecco come trattare con i superiori. Se ti mandano a fare in culo, allora saprai di aver guadagnato il loro rispetto." Fece per andare, quando si fermò. "Ah, quasi dimenticavo. Se viene Marvin, digli di aspettarmi."
"Perché?" domandò Nick, incuriosito.
"Lo capirai. Non voglio perdermi ciò che accadrà." Se ne andò con un sorriso.

 

Marvin aveva finito di compilare il rapporto, così come la pratica di arresto di Ben Bertolucci e li stava rileggendo per la terza volta. Sulla scena non avevano trovato nessuna prova, a parte i resti di un pc portatile sui binari. Apparteneva certamente a Ben, ma sapeva che qualunque prova ci fosse in quell'hard disk, ora era andata per sempre.
Si alzò dalla sedia e lasciò l'ufficio, dirigendosi dal capo Irons. Stringeva in mano i documenti e si chiedeva perché il capo aveva tutta questa fretta di leggerli. Non gli era mai importato nulla dei casi che aveva seguito, né si era interessato ai suoi arresti o alla serie di furti avvenuti giorni prima. Quindi perché voleva a tutti costi quei documenti?
Quando si fermò davanti alla porta dell'ufficio di Irons, esitò a bussare. Lanciò un'occhiata ai documenti, diede un ultimo sguardo nel corridoio e bussò.
Si aspettava di sentire la voce di Brian dall'altra parte, invece la porta si aprì da sola. Il Capo Irons gli gettò un'occhiata torva e gli strappò i documenti di mano. "Puoi andare, tenente." Gli chiuse la porta in faccia.
Era accaduto tutto così velocemente, che Marvin restò di sasso. "Ma che diavolo..?" borbottò. "Mi stava aspettando dietro la porta?"

 

Nel corridoio che conduceva alla sala degli interrogatori, Nick stava fissando la piccola finestra posta al centro nella porta. Scorgeva il capitano Mike Johnson urlare contro Ben, che sembrava molto tranquillo. Le voci erano ovattate, ma riusciva a sentirle.
Gli venne in mente di infilarsi nella stanza adiacente dove c'era lo specchio unidirezionale e assistere all'interrogatorio da lì, ma lasciò perdere. Non voleva essere beccato. Il capitano aveva intimato sia lui che Pete di tenersene alla larga e di stare seduti in corridoio.
"Marcirai in galera!" gridò Mike. "È questo che vuoi? Vuoi finire dietro le sbarre per tutto il resto della tua vita? Vuoi questo? Rispondi!"
Ben restò in silenzio.
Il volto del capitano diventò paonazzo dalla rabbia. "E va bene, Bertolucci." Si accarezzò il mento con fare nervoso. "Hai due scelte. Se mi dai tutto ciò che hai sul distretto, farò in modo che il giudice si ricordi che sei un uomo per bene. Ti farò avere i domiciliari. Non dovrai scontare nemmeno un giorno in prigione. Pensaci. È una buona offerta. Che ne dici?"
Ben non rispose.
Mike sbuffò, nervoso. Diede le spalle a Ben per un momento, poi si girò di scatto e si fiondò a un palmo dalla sua faccia. "Vuoi fare il duro, eh? Credi che questo sia un gioco? Bene, giochiamo." Sorrise beffardo. "Abbiamo l'indirizzo IP del tuo computer. Abbiamo diverse videoregistrazioni in cui ti intrufoli nella proprietà dell'Umbrella Corporation. Abbiamo prove di spionaggio, Bertolucci. E stai pur certo che troveremo le tue fonti. Ora capisci in che guaio ti sei cacciato?"
Ben sapeva che, con il suo portatile distrutto, il dipartimento non aveva prove sufficienti per incriminarlo. Aveva fatto l'errore di usare il suo computer per accedere ai file segreti dell'Umbrella, tramite le password e gli accessi forniti dalle sue fonti interne. Quindi non correva nessun pericolo, tranne per quella videoregistrazione. Se il capitano Johnson diceva il vero, poteva essere accusato di violazione di domicilio e di altre accuse che ora non gli venivano in mente. Glielo avrebbero accollato per farlo restare in prigione per una decina di anni. E con l'Umbrella di mezzo, forse là dentro ci sarebbe persino morto. Per fortuna aveva perso la valigetta con i documenti, ma non sapeva in quali mani fossero finiti. Questo lo preoccupava più di un eventuale carcerazione.
"Hai deciso di restartene in silenzio?" domandò Mike Johnson. "Allora ti..."
Nick si girò alla sua sinistra, attirato dai passi che echeggiavano nel corridoio. "Tenente" disse.
"Che ci fai qui fuori?" chiese Marvin, perplesso. "Dov'è, Pete?"
"In bagno."
"In bagno? Gli avevo detto di interrogare Ben."
"Il capitano ci ha cacciati. Ha detto che voleva interrogare Bertolucci da solo. E ci ha intimato di restare nel corridoio."
"Che quell'uomo sia dannato" sbuffò Marvin. "Ora mi sentirà!"
"Aspetta, tenente."
"Che c'è? È successo qualcos'altro?"
"Pete ha detto di aspettarlo."
"Aspettarlo? Non sto mica ai suoi comodi. Doveva pensarci due volte prima di andare in bagno."
Quando fece per aprire la porta, Pete girò l'angolo del corridoio e corse verso di loro. "Aspetta, aspetta!"
Marvin lo fissò accigliato e aprì la porta. Nick corrugò la fronte, confuso.
"Che ci fai qui, tenente?" chiese Mike, sorpreso. "Non vedi che ho da fare."
Marvin era irritato. "È il mio interrogatorio. Perché li hai cacciati?" Indicò Nick e Pete con un accenno della testa. "Dovevano interrogarlo sotto la tua supervisione!"
"Primo, modera il tuo tono, o sarò costretto a metterti in congedo forzato" aggiunse Johnson in tono rabbioso. "Secondo, questo caso ora è mio. E terzo, sono un tuo superiore, tenente Branagh. Quindi, togliti dalle palle!"
Marvin sentì la testa pulsare dalla rabbia. "Parlerò con il Capo Irons."
"Sì, fai pure. Vai" rispose Mike con un ghigno di vittoria. "È stato proprio Irons a passarmi il caso."
Ben cercava di non ridere. Tutte le voci che riguardavano l'astio tra gli agenti e il capo Irons nel distretto non erano solo dicerie. Erano vere, ora ne aveva la conferma. Il capitano Mike Johnson doveva essere in combutta con Irons. Chissà se anche le voci riguardanti l'insabbiamento di ogni indagine che riguardavano l'Umbrella erano vere? Certo, che lo erano. Doveva solo trovare delle prove concrete.
Mike si voltò verso Ben. "Che cazzo hai da ridere, tu?"
Ben non riusciva a smettere. Voleva, ma non ci riusciva.
Johnson serrò gli occhi, arrabbiato, e gli tirò un pugno in faccia, facendolo cadere dalla sedia.
"Ehi, capitano" rispose Marvin, chinandosi su Bertolucci. "Non puoi trattarlo così."
"Io posso fare quello che voglio!" gridò con la faccia paonazza dalla rabbia. "Ora sparite dalla mia vista! È un fottuto ordine!"
Pete e Nick furono i primi a sgattaiolare fuori. Quest'ultimo capì perché Pete gli aveva detto di aspettarlo. Non voleva perdersi il litigio tra Marvin e il capitano.
"Stai bene?" domandò Marvin.
"Sì... mai stato meglio" Rispose Ben, con labbro superiore spaccato e sanguinante.
Marvin lo aiutò a sedersi, lanciò un'ultima occhiata malevola al capitano Johnson e chiuse la porta alle sue spalle.
Mike prese un pacco di fazzoletti dalla tasca e, con strafottenza, lo lanciò sul tavolo.

 

Una volta fuori, Nick, Pete e Marvin si diressero verso l'ufficio del capo Irons. Durante il tragitto, Pete sembrava preoccupato del fatto che Marvin potesse sbottare davanti a Brian.
"Tenente" disse Pete.
"Tenente?" rispose Marvin, perplesso. "Ti sei finalmente ricordato il mio grado?"
"Non volevo che le cose finissero così."
"Così come?"
"È colpa mia se hai litigato con il capitano. Magari è meglio dormirci su, invece di andare da Irons, non credi?"
Marvin smorzò un sorriso. "E il tuo modo per dirmi che sei preoccupato?"
Pete lo fermò per un braccio. "Senti, Marv. Sarò franco. Non credo sia una buona idea andare dal capo. Non con queigli occhi."
"Perché? Come sono i miei occhi?"
"Sei arrabbiato. Irons lo noterà. E sai che..."
"Lo so, Pete. Non c'è bisogno che mi dici ciò che so già."
"Allora perché ci stai andando? Lo sai che non risolverai niente."
Marvin aggrottò le sopracciglia, deciso. "Voglio che sappia!"
"Sapere cosa?"
"Sai bene di cosa parlo." Cominciò a camminare, seguito da Pete e Nick.
"Oggi hai fatto di tutto per farmi capire che mi sbagliavo su di te. Su ciò che pensavi. Ora perché mi sembra che stai andando incontro a un suicidio? Se il capo Irons sospettava di te, ora avrà la certezza che in futuro gli causerai problemi. Non è meglio agire con più discrezione?"
"Sprechi fiato, Pete."
"Sto cercando di salvarti, cristo santo!"
Marvin si fermò. "Oggi però non ti importava di dar voce ai tuoi pensieri, Pete? Di ritrovarti licenziato o peggio. Come mai ora ti importa di me?"
"Perché siamo amici! Perché sappiamo entrambi di avere le mani legate con quell'uomo. Ha amici potenti. Ha la fottuta Umbrella dalla sua. Non puoi affrontarlo di petto. Non puoi."
Marvin non parlò subito. "Allora mi limiterò a lamentarmi."
Pete scosse la testa. "No, non non farai solo questo. Ti conosco bene. E se anche ti limitassi a lamentarti, Irons ti farà fuori dal distretto. Non gli importa dei tuoi anni, del tuo grado e della tua esperienza. Lui ti farà fuori. E se non ci riuscirà, chiederà aiuto ai suoi amici. Credimi, troveranno un modo di sporcarti, di congedarti con disonore. Pensa a tua moglie, a tua figlia. Pensa a loro."
Nick stava apprendendo molte cose. Non sapeva che Pete fosse così attaccato emotivamente a Marvin. Adesso capiva perché il tenente aveva fatto di tutto per non accomodarlo durante l'appostamento. E ora Pete stava facendo la stessa cosa.
Marvin si fermò nel corridoio, poco distante dall'ufficio del Capo Irons. Fissò negli occhi Pete per un momento, poi guardò Nick. "Buona serata, agenti." E li lasciò sul posto.
Pete sospirò, sollevato.
"Ce l'hai fatta, Pete. L'hai convinto" disse Nick.
"Già. Credevo che avrebbe fatto una cazzata."
"Non mi sembra il tipo."
"Non lo conosci bene."

 

Marvin non andò a casa, come avevano fatto Nick e Pete una volta finito il turno. Tornò alla sala degli interrogatori, pronto a cantarne altre al capitano,  ma si fermò, quando vide il Capo Irons svoltare l'angolo in fondo al corridoio. Aveva la testa china su una cartella piena di documenti su Ben Bertolucci e borbottava tra i denti.
Marvin si precipitò nella stanza adiacente alla sala degli interrogatori in cui si trovava lo specchio unidirezionale. Non aveva nessun motivo per nascondersi dal capo, ma voleva sapere dove stava andando.
Il capo Irons varcò la porta della sala degli interrogatori con un sorriso trionfante sulle labbra. Il capitano Mike Johnson appoggiò la schiena contro il muro, in un angolo.
Irons chiuse la porta. "Signor Bertolucci... Ah, vedo che hai fatto amicizia con Mike." Indicò il labbro spaccato e sanguinante. "Ad ogni modo, sei stato una spina nel fianco per mesi." Gettò sul tavolo la cartella contenente le prove su Ben, che non aveva trovato Marvin. "Qui c'è un elenco dettagliato di tutti i capi d'accusa e..."
"Risparmiami i dettagli" lo interruppe Ben.
"Allora hai una voce?" ghignò Mike con fare irritato.
"Ti avevo detto di farmi parlare con Brian."
"Irons e io siamo la stessa la stessa persona" ringhiò Mike, staccandosi dal muro.
"Beh, Johnson" disse Irons. "La stessa persona non direi. Ricordati che esiste una gerarchia, qui. Ricordati chi comanda."
Mike piegò la testa. "Sì, capo."
"Vi succhiate anche il cazzo a vicenda?" Li sbeffeggiò Ben con un sorriso divertito.
Brian aggrottò le sopracciglia, arrabbiato.
Mike caricò il pugno per colpirlo, quando Brian lo fermò. "No! Non giocheremo al suo gioco." Si sedette di fronte a Ben. "Allora, signor Bertolucci. Ho saputo che volevi parlare con me. Sono qui. Parla pure."
"Forse prima, quando l'ho domandato tre ore fa." Lanciò un'occhiata a Mike. "Ora non mi va più."
Sul volto di Irons si dipinse un sorriso sinistro. "Credi di potermi irritare con questi trucchetti mentali da quattro soldi? Ho mandato in galera gente più furba di te. Ti conviene parlare."
Ben fece un mezzo sorriso, compiaciuto. "Non so se ti conviene ascoltare quanto ho da dire." 
"Ah, sì? Ti riferisci ai tuoi articoli da strapazzo? Nessuna ti crede o ti crederà. Pubblichi false notizie. La gente lo sa. Non ti prenderanno mai sul serio. Sei come una piccola mosca che ronza attorno alle orecchie. Prima o poi verrà schiacciata, lo capisci?"
"Gli articoli erano solo un modo per distrarre l'attenzione da altro. Ho altre informazioni. Informazioni delicate, molto delicate. Queste informazioni non le ho mai divulgate. Le tenevo da parte in caso finissi nei guai."
Brian si fece serio. "Quali sarebbero?"
"Quindi non ne sei a conoscenza?"
"Cosa te lo fa pensare?"
"Non avresti posto questa domanda" sorrise Ben. "Non sei così furbo come dici."
Gli occhi di Irons ribollivano di rabbia.
Ben se ne accorse e, con una manata, spazzò i documenti dal tavolo, che finirono ai piedi di Mike. "Questa è robaccia" disse con tono sprezzante. "Carte imbrattate d'inchiostro. Non hai nulla contro di me. Nulla."
Irons scattò in piedi, desideroso di prenderlo a pugni, ma esitò. Non si scompose.
Mike si posizionò alle spalle di Bertolucci.
"Ora mi prenderete a pugni?" aggiunse Ben. "E l'unica cosa che potete fare, visto che non avete un bel niente contro di me."
Irons si sedette. "Quali sono queste informazioni?"
Ben sorrise nel vedere il volto di Irons solcato dalla paura. "Tangenti. Hai ricevuto moltissime tangenti dall'Umbrella e intralciato tutte le indagini di cui erano sospettati. Credi sia poco?" In realtà non aveva la conferma che Irons intralciasse le indagine, ma le sue fonti non dicevano nemmeno il contrario.
Irons rimase in silenzio. Mike appoggiò nuovamente la schiena contro il muro.
Marvin era rimasto senza parole. Se ne stava in piedi a fissare Ben e Irons, e non capiva chi dei due era il criminale. Sapeva che il capo nascondeva qualcosa. Ultimamente si era comportato in modo strano, come lasciare le armi in posti diversi nel distretto, ficcare il naso nei casi in cui c'era di mezzo l'Umbrella. Ma non credeva che fosse invischiato così tanto. Aveva avvertito il fetore di corruzione quando Irons aveva cercato di depistare le indagini sugli omicidi sulle montagne Arklay, ma ora si aggiungevano anche le tangenti.
Ben si fece serio. "Vogliamo parlare della tua segretaria? Quella sparita nel nulla."
Irons impallidì.
"So che sei immischiato nella sua scomparsa."
"Tu non sai niente!" urlò Irons. "Proprio niente!"
"Invece sono a conoscenza di molte cose. E ora ho la conferma che tu non hai niente contro di me."
Irons si alzò con un sorriso. "Violazione di domicilio, spionaggio. Fai un mix di questo, e vedrai come si gonfieranno i capi d'accusa in tribunale."
Ben fece un mezzo sorriso, soddisfatto. "Sei tu quello che deve avere paura, non io. Le mie informazioni porteranno a uno scandalo su scala nazionale. Immagina lo scalpore, l'indignazione." Allargò le braccia in un gesto plateale. "Corruzione nel dipartimento di polizia di Raccoon City. Ecco come sarà il titolo delle prime pagine dei principali giornali del paese. Chissà cosa diranno i tuoi amici dell'Umbrella? Chissà se ti supporteranno ancora?"
Irons gli lanciò un'ultima occhiata truce e lasciò la stanza, sbattendo la porta.
Mike si staccò dal muro e raggiunse l'altro lato del tavolo. "Bene, Bertolucci. Ciò non toglie che passerai la notte qui. Sai, possono capitarti molte cose spiacevole, nel frattempo" ghignò un freddo sorriso.
"Non puoi farmi nulla senza prove."
"A che servono le prove, se possiamo farti sparire. Sarà come se tu non fossi mai esistito."
Per la prima volta Ben venne colto dal terrore. "Non potete farlo. Gli agenti che mi hanno arrestato sono dei testimoni e..."
Mike posò le mani sul tavolo e lo guardò dritto negli occhi. "Ora non c'è nessuno. Immagina questa scena. Ti sto conducendo nella tua cella, quando improvvisamente mi attacchi. Nasce una colluttazione e riescimi a prendermi la pistola. In quel momento sopraggiunge un agente e ti intima di abbassare la pistola. Tu spari, e lui ti ferisce mortalmente. Hai bene in mente la scena? È quello che succederà se continuerai a fare ancora il coglione. Oppure, posso inventarmene un'altra. Sai, ho molta fantasia."
Ben deglutì, spaventato.
"Sai meglio di me quanto l'opinione pubblica sia volubile" continuò il capitano Johnson. "Un altro criminale che durante la fuga tenta di uccidere un bravo agente. A chi crederanno, secondo te?"
"Non..." balbettò Ben. "N-non puoi f-farlo. Ci s-saranno esami b-balistici e..."
"Non ci sarà un bel niente! Il caso verrà chiuso ancor prima che il tuo corpo si freddi. Ti sei messo contro le persone sbagliate, Ben!" Si staccò da tavolo. "E ora alzati! Ti porto nella tua comoda cella" disse con una risatina di scherno.
Marvin non aveva mai visto questa parte oscura di Johnson. Sembrava un'altra persona. Si sentiva stordito, stanco, la testa gli doleva. Aveva da sempre sospettato del capo Irons, ma di Johnson? Non riusciva a credere che fosse implicato, che avrebbe persino ucciso pur di non essere scoperto. Gli venne un mancamento e, cercando il tavolo con la mano per mantenersi in equilibrio, fece cadere una bottiglietta d'acqua dietro la scrivania. Un'ombra attraversò la piccola finestra sulla porta che dava nel corridoio.
Marvin si precipitò all'altra uscita, sperando di non aver attirato l'attenzione. Attimi dopo, Johnson aprì la porta e allungò la testa nella stanza. Aveva sentito qualcosa cadere sul pavimento. Osservò l'ambiente senza guardare nulla di preciso, poi chiuse la porta e diede una spinta a Ben, facendolo quasi ruzzolare sul pavimento.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Resident Evil / Vai alla pagina dell'autore: FreddyOllow