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Autore: Europa91    09/02/2022    1 recensioni
Odasaku è morto e Dazai non riesce ad accettarlo.
“Mettersi a piangere e urlare non avrebbe risolto nulla, anche se l’avrebbe aiutato a sfogarsi. Tornò con la mente al libro di Mori, quello sull’esistenza di realtà alternative e fu colto da un’illuminazione: se fosse esistito anche solo un mondo, un universo in cui Oda era ancora vivo, lo avrebbe trovato. Non importava come, lui avrebbe riportato Odasaku indietro. Se c’era anche solo una minima possibilità di salvarlo l’avrebbe trovata.“
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Sakunosuke Oda
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'People Exist To Save Themselves'
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Quando Dazai riaprì gli occhi, riuscì a captare solo una gran confusione. I suoi sensi erano abbastanza intorpiditi e ci mise qualche secondo per mettere a fuoco l’ambiente circostante. Era di nuovo nella camera del Boss. La sua camera. Dalla stanza accanto, tra i vari rumori di fondo, riconobbe distintamente solo la voce squillante di Chuuya, impegnato a lanciare insulti coloriti a qualsiasi malcapitato avesse avuto la sfortuna di incrociare la propria strada con quella del vessillo di Arahabaki.

Avvertiva ancora un leggero cerchio alla testa, ma riuscì a mettersi seduto. Si prese qualche secondo in più, solo per osservare l’orrenda carta da parati che ricopriva le pareti, mentre cercava di fare mente locale su cosa fosse accaduto pochi istanti prima.

I cuscini di quel letto erano troppo morbidi, tanto che la sua spina dorsale cozzava continuamente contro la parete del mobile sottostante. Era scomodo, ma non aveva nemmeno la voglia di lamentarsi. Doveva solo pensare.

In quella realtà lui era il Boss della Port Mafia, Akutagawa era il suo amante (e a quel pensiero le sue labbra si contrassero spontaneamente in una smorfia di disapprovazione), mentre Chuuya occupava sempre un posto alla dirigenza. L’unica nota stonata, che Dazai non riusciva in alcun modo a comprendere, era perché quella Lumaca avesse fatto proprio il nome di Odasaku, ma non si era limitato a quello no, Chuuya l’aveva pregato di salvarlo. Si era addirittura prostrato ai suoi piedi. Non avrebbe mai potuto dimenticare una scena simile.

Era odio anzi disperazione, quella scintilla che aveva scorto negli occhi del proprio partner un attimo prima di perdere i sensi e finire con l’essere avvolto dalle sue braccia. Al solo pensiero, l’ex dirigente si ritrovò ad imprecare sottovoce. Era stato un attimo di debolezza che non aveva in alcun modo previsto. Ringraziò solo di trovarsi in un altro mondo o non avrebbe più avuto il coraggio di guardare l’altro negli occhi.

Lui e Chuuya avevano lavorato insieme per anni, erano abituati a coprirsi le spalle a vicenda (spesso controvoglia) e quella non era certo la prima volta che il rosso se lo caricava sulle spalle. Dazai al contrario, non lo aveva mai fatto, ma solo perché sollevare quel nanerottolo avrebbe significato, a suo dire, un inutile dispendio di tempo ed energie.

La situazione attuale però era completamente diversa dalle varie missioni alle quali il Doppio Nero aveva mai partecipato. Dazai era famoso per l’esercitare sempre un perfetto controllo della situazione. Il Demone Prodigio della Port Mafia era temuto persino dai veterani per questa sua incredibile capacità strategica. Ogni mossa e contromossa era sempre chiara nella mente del giovane dirigente, studiata e preparata con cura; come se si trovasse di fronte ad una scacchiera le cui pedine seguivano uno schema preciso, già calcolato. Non vi erano sbavature o errori nelle sue previsioni, o almeno non vi erano stati fino al giorno della morte di Odasaku. Durante lo scontro con la Mimic, Dazai si era accorto troppo tardi di essere finito proprio malgrado in una rete più complicata, tessuta da un manipolatore ancora più abile e pericoloso di lui, il Boss.

Solo in quel momento, aveva realizzato di aver commesso il più grave quanto banale degli errori, l’aver sottovalutato Mori. Strinse i pugni, ripensando all’ultima conversazione che aveva avuto con il proprio superiore, ma preferendo relegarla in un angolo della sua mente.

Ora si trovava a provare la stessa spiacevole sensazione. L’idea di non avere le redini del gioco non gli piaceva, non ci era abituato. Poteva raccontare a se stesso di come fosse normale, in fondo era da poco arrivato in quella nuova realtà eppure, la verità era che quello svenimento lo aveva colto del tutto impreparato.

Le persone vivono per salvare se stesse.

Di nuovo, la voce di Odasaku e le sue parole gli tornarono alla mente. Se non riusciva nemmeno a prendersi cura di sé come poteva sperare di salvare Oda. Pensando con maggiore lucidità, quel mancamento era solo una risposta fisiologica del suo corpo agli avvenimenti degli ultimi giorni. Non era certo la prima volta che Dazai trascurava la propria salute. Dalla morte dell’amico la situazione era solo peggiorata. Riposava poco e mangiava ancora meno, con il senno del poi era questione di tempo prima che crollasse.

Svenire tra le braccia di Chuuya era stato solo il primo campanello d’allarme.

Dazai ricordava solo di essersi ritrovato con il viso ad una spanna da quello del rosso, mentre questi lo scuoteva con forza, prima di venire sollevato e portato di peso in quella stanza. Tornò ad osservare il soffitto sospirando per l’ennesima volta, prima di voltarsi e affondare il volto tra i cuscini.

Chuuya in fondo era sempre lo stesso. Nonostante il proprio passato, in qualsiasi realtà si trovassero, il rosso restava il più umano fra tutti loro. Poteva urlare di odiarlo un giorno sì e l’altro pure, e Dazai era certo che quella fosse la verità, ma allo stesso tempo era sempre il primo a correre in suo aiuto. A preoccuparsi per lui. Uno strano nodo lo colpì alla bocca dello stomaco e non fu affatto una sensazione piacevole.

Tu hai lasciato la Port Mafia, hai abbandonato Chuuya.

La voce nella sua testa, che parlava sempre con lo stesso tono di Odasaku, era tornata a tormentarlo ricordandogli quel particolare che gli era momentaneamente sfuggito. Nella sua realtà non sarebbe più tornato alla Mafia. Chuuya non aveva colpe, era una questione che non lo riguardava, tuttavia rappresentava una fetta importante di quel mondo oscuro che Dazai aveva tutta l’intenzione di lasciarsi alle spalle.

Lui e il Chuuya erano diversi. Dazai si era unito alla Port Mafia perché alla ricerca costante di un qualcosa che colmasse il vuoto che sentiva dentro. Chuuya era stato reclutato con l’inganno, ma era rimasto, perché per la prima volta aveva provato un senso di appartenenza a un luogo, aveva trovato una casa.

Dazai non aveva esitato un secondo ad abbandonare Mori e il resto, questo perché non gli era mai importato veramente. Odasaku aveva ragione, buono o cattivo, per lui erano termini vuoti che non avevano alcun significato. La sola cosa che ne avesse mai avuto era ciò che aveva perduto.

Chuuya al suo posto non se ne sarebbe andato. Era un cane fedele e la Port Mafia era la sua famiglia, non l’avrebbe mai tradita. Ogni volta che un suo sottoposto perdeva la vita quel piccolo isterico era capace di piangere per giorni, trincerandosi nelle sue stanze.

Dazai aveva pianto per Odasaku. Solo per lui.

Per questo motivo reputava Chuuya un essere umano. Lo aveva capito sin dal primo istante e forse era stato anche per questo che Mori li aveva costretti a collaborare.

Dazai aveva scoperto di avere un cuore nel petto solo nel momento in cui gli era stato strappato via con forza. Quando Oda era spirato tra le sue braccia per la prima volta si era reso conto di possedere dei sentimenti. Faceva male, era un dolore che non avrebbe mai pensato di poter o voler sperimentare, e che ancora gli dilaniava il petto.

Se il suo piano avesse mai funzionato, se fosse riuscito a riavere Oda, non sarebbe più tornato nel suo mondo. Non avrebbe più incontrato quel nanetto iracondo che aveva odiato sin dal loro primo incontro. Dazai sapeva di doverla smettere di pensare a lui ma gli era impossibile.

La sua mente traditrice lo riportò indietro nel tempo, nel quartiere di Suribachi, il giorno in cui Nakahara Chuuya era entrato rumorosamente a fare parte della sua esistenza, sconvolgendola. Erano trascorsi tre anni da allora e molte cose erano cambiate. Lui per primo.

A quindici anni, Osamu Dazai non aveva ancora incontrato Oda Sakunosuke. Il cambiamento che quell’uomo avrebbe inconsciamente provocato dentro di lui non aveva ancora iniziato a verificarsi.

A quei tempi, Dazai era appena entrato nella Mafia e stava aiutando il Boss a rimettere in piedi l’Organizzazione. Era solo un ragazzino che giocava con la morte tutti i giorni, divertendosi a sfidarla e rincorrerla. Poi era avvenuto il fatidico incontro con Odasaku. Un semplice tuttofare che però nascondeva grandi capacità. Oda Sakunosuke avrebbe potuto intraprendere una brillante carriera ma aveva preferito assumersi il ruolo di galoppino. Dazai era arrivato a comprendere l’amico solo dopo averlo perso. Paradossalmente aveva scoperto più cose su Odasaku dopo la sua morte che quando era in vita.

Era ancora perso nei suoi ragionamenti quando la porta della stanza si aprì con violenza e le urla di Chuuya lo riportarono alla realtà.

«Il Boss è vivo. Alleluja» sbuffò con fare palesemente ironico facendo qualche passo nella sua direzione. Dazai tornò a mettersi seduto, sbuffando annoiato.

«Dovresti sapere che ci vuole ben altro per farmi fuori. Ero solo stanco» rispose, accompagnando quelle parole con un rapido e sbrigativo cenno della mano.

«Come puoi essere stanco se non fai niente per tutto il santo giorno?!» Dazai prese un lungo respiro, prima di iniziare a massaggiarsi le tempie;

«Anche pensare consuma energie, ma cosa ne parlo a fare con te? Credi forse che guidare un’Organizzazione sia un compito facile?»

«Mori-san non ha mai fatto tutte le storie che stai facendo tu» nel sentire quel nome Dazai decise di osare;

«Ricordami Chibi, cosa è successo al nostro caro Mori-san?» Chuuya si bloccò come se fosse stato colpito da un secchio di acqua gelida. Alzò una mano ma solo per sistemarsi meglio il cappello, coprendosi gli occhi. Tutta la furia di prima sembrava essersi magicamente dissolta.

«Ho sempre odiato questi tuoi giochetti mentali. Se vuoi chiedermi qualcosa fallo, senza fottuti giri di parole. Hai ammazzato il Boss e preso il suo posto, il perché lo sai solo tu»

«Durante il Conflitto Testa di Drago» concluse il moro sovrappensiero, mentre analizzava ogni parola;

«Un attimo prima te ne stavi annoiato su un divano, mentre speravi che tutto quel fottuto casino si risolvesse senza muovere un muscolo. Quello dopo ti presenti con la testa del Boss tra le braccia» Dazai fece il possibile per non tradire la propria sorpresa di fronte a quella rivelazione. Ricordava vagamente come in quei giorni ci fosse stato un momento in cui era arrivato con l’auspicare la morte di Mori, ma da lì al realizzarla lui stesso ne passava.

Evidentemente il suo alter ego doveva aver compiuto scelte differenti e quelle ne erano le conseguenze. Si esibì nel più falso dei sorrisi.

«Che vuoi che ti dica Chibi. Hai ricevuto una promozione prima del previsto dovresti esserne contento» il rosso strinse i pugni. Aveva voglia di colpirlo, tanto da fargli male ma sapeva di non poterlo fare. Dazai ora era un suo superiore.

«Hai provocato una scissione all’interno della Port Mafia. Una faida interna tra la fazione fedele a Mori e la tua. Hai tradito la fiducia di Saku, hai tradito chiunque avesse mai avuto un briciolo di stima nei tuoi confronti. Ricordi le parole di Hirotsu? Ma che te lo chiedo a fare, certo che le ricordi»

Dazai rimase in silenzio, limitandosi ad ascoltare le parole di Chuuya che gli stavano fornendo un breve quanto esaustivo sunto delle azioni compiute dal suo alter ego in quel mondo. Ebbe un brutto presentimento;

«Hirotsu-san era fedele a Mori?» Quelle parole uscirono dalle sue labbra come una domanda, anche se era più che altro era una mera constatazione. Per quanto Dazai avesse desiderato il veterano dalla propria parte, sapeva che in uno scenario simile l’uomo avrebbe finito con lo scegliere Mori, per una lunga serie di ragioni. Non gliene fece una colpa. Hirotsu aveva scelto solo il sentiero più logico. Prima che potesse però dire o pensare ad altro, venne inchiodato al letto dall’ennesima ondata di puro odio lanciata dallo sguardo Chuuya. Non lo aveva mai visto in quel modo, era davvero arrabbiato con lui.

«Sei un fottuto bastardo Dazai. Hai creato tu questa situazione, ora levati quell’espressione di merda dalla faccia. Hirotsu-san ha sempre creduto in te, ti ha difeso fino al suo ultimo respiro» fece una pausa, per poi aggiungere con una smorfia «anche Saku lo ha fatto» bastò questo a risvegliare il moro dallo stato di torpore in cui era caduto dopo la notizia della scomparsa del vecchio mafioso;

«Dimmi Chuuya, da quand’è che ti importa tanto di Odasaku?» sentiva che c’era qualcosa che ancora gli sfuggiva, qualcosa di importante. Il rosso tirò un pugno contro la parete provocando delle leggere crepe. Stava seriamente rischiando di perdere il controllo. Dazai era strano quel giorno, più del solito e quelle domande non lo aiutavano a tenere i propri nervi sotto controllo. Doveva stare attento, era troppo stressato e quella poteva rivelarsi l’ennesima trappola del Boss. Se una volta Chuuya poteva vantarsi di riuscire ad intuire i piani di Dazai ora non era più così; guardava quel ragazzo di diciotto anni e vedeva solo un ammasso di oscurità. Dalla morte di Mori, il suo partner era cambiato. Tutto era cambiato.

«Credi che la nomina a dirigenti e il tuo perdono siano stati sufficienti per mettere le cose a posto? Per quanto tu ci possa provare niente tornerà mai come prima. Saku ormai se n'è fatto una ragione, non puoi punirlo per questo» vomitò addosso al moro tutto il suo odio non riuscendo più a risparmiarsi né a trattenersi.

Nel lato opposto della stanza, ancora seduto a letto, Dazai non riusciva proprio a dare un senso alle parole di Chuuya. Il suo alter ego aveva promosso il rosso e Odasaku a dirigenti, il che in fondo non lo stupiva più di tanto, ma non capiva a cosa fosse dovuto quell’odio viscerale che avvertiva nei propri confronti. Non poteva essere stato solo l’omicidio di Mori ad aver scatenato quella reazione nel suo ex partner.

«Perché mai dovrei punire Odasaku?» Chuuya imprecò, prima di fare un paio di passi in avanti ed afferrarlo per il bavero della camicia.

Erano di nuovo faccia a faccia.

«Non so davvero a che gioco tu stia giocando. Sei un sadico bastardo ma questo io l’ho sempre saputo. Al contrario di me Saku ti ha sempre difeso, anche quando le tue azioni erano indifendibili. Non so proprio come tu abbia potuto tradirlo. Poco fa mi hai chiesto perché mi importi così tanto di Sakunosuke. Lo sai perfettamente il perché. Io c’ero quando lo hai spezzato. Ero là. Ho raccolto i resti di ciò che ti sei lasciato alle spalle. Voglio solo sapere una cosa Dazai, ne è valsa la pena?»

Il moro non sapeva come replicare. Cosa diamine aveva combinato il Dazai di quel mondo?

Vennero interrotti dall’arrivo di un paio di sottoposti che richiedevano l’intervento del Boss per alcune questioni importanti. Chuuya imprecò nuovamente prima di mollare la presa, oltre che allontanarsi e lasciare la stanza. Dazai seguì ogni movimento cercando nel frattempo di processare le informazioni che aveva raccolto e a cui stentava ancora a credere.

Gli stava venendo un gran mal di testa ma doveva concentrarsi sulla ricerca di Odasaku. Grazie al rosso ora sapeva che l’amico era vivo, oltre che essere un dirigente della Port Mafia. Era difficile immaginarsi Oda in quel ruolo, ma faticava anche a vedere se stesso nelle vesti di Boss. Dazai non poteva permettersi di dimenticare il fatto di trovarsi in una realtà alternativa, quel mondo era solo la somma delle scelte differenti che tutti loro avevano compiuto.

La sua mente però continuava a ragionare su altro.

Per quanto si sforzasse, Dazai continuava a riflettere sul modo in cui Chuuya gli aveva nominato Oda. La confidenza con cui il rosso lo chiamava, o come si era mostrato preoccupato per lui. L’idea di Odasaku e Chuuya in qualche modo legati non gli piaceva affatto. Anche perché sembrava che ad averli uniti fosse stato proprio l’odio nei suoi confronti.

Forse in quella realtà anche Odasaku lo odiava. A detta di Chuuya, quel Dazai aveva tradito la fiducia dell’amico. Quanto poteva fidarsi di quelle parole? O meglio, quanto voleva farlo?

Dopo qualche minuto in cui si era concesso il lusso di perdersi in quei pensieri, Dazai arrivò alla semplice conclusione di come un risultato del genere fosse del tutto irrilevante.

Anche se Odasaku mi odia va bene, purché viva.

Era quella la cosa più importante, la sopravvivenza dell’amico. Si era conquistato la sua fiducia già una volta, nulla gli vietava di rifarlo.

Quando la smetterai di mentire a te stesso?

La sua coscienza non ne voleva sapere di lasciarlo in pace; ma anche se fosse arrivato ad ammetterlo ad alta voce, Dazai sapeva come non sarebbe cambiato nulla. Preferiva di gran lunga vivere in un mondo in cui Oda Sakunosuke fosse vivo e lo odiasse, piuttosto che in uno dove piangeva sulla sua tomba.

Si mise comodo dietro la scrivania. Con l’arrivo dei propri sottoposti si era visto costretto ad alzarsi dal letto per raggiungere una postazione più consona al ruolo che ricopriva. Il pc che aveva fatto recapitare poco prima da Akutagawa era ancora acceso, con il motore di ricerca attivo, anche se ormai non gli era di alcuna utilità.

Oda era vivo ed era un dirigente della Port Mafia. Erano altre le informazioni di cui Dazai aveva bisogno.

Cercò subito delle notizie sul Conflitto Testa di Drago. Come prevedibile i file erano segretati. Era richiesta una password che però non faticò a trovare. Quel Boss Dazai in fondo era prevedibile, e molto più simile a lui di quanto volesse ammettere.

Dopo un paio d’ore decise di prendersi una pausa. Aveva setacciato ogni file a sua disposizione ma non aveva trovato nulla che lo aiutasse a capire le scelte del suo alter ego. Era come se una mattina, di punto in bianco, Osamu Dazai avesse deciso di prendere il posto di Mori e per questo, lo avesse fatto fuori. Nessun movente. Nessun precedente.

Vista sotto quest’ottica, le reazioni di Chuuya e Odasaku erano perfettamente giustificate.

Dazai non faticò ad immaginare il proprio partner scosso dopo aver ricevuto la notizia. Quello che non riuscì invece a fare fu figurarsi la reazione di Odasaku. Nonostante odiasse ammetterlo, quella Lumaca aveva ragione, l’omicidio del Boss avrebbe deluso l’amico; qualsiasi omicidio a sangue freddo lo avrebbe fatto.

Trovò i loro nomi anche in un altro rapporto, nel quale Nakahara Chuuya e Oda Sakunosuke venivano menzionati in quanto leader della fazione ostile a Dazai. Il moro dovette rileggerlo più volte per esserne sicuro. Dopo essere riuscito a catturare i due però, sembrava che Boss Dazai avesse deciso di graziarli e promuoverli a dirigenti. Ennesimo colpo di scena.

Tieniti stretto gli amici ma ancora di più i nemici.

Era una frase di un vecchio film che Mori lo aveva obbligato a vedere qualche tempo prima, quando ancora voleva istruirlo per renderlo il suo perfetto erede. Dazai sorrise; in quel mondo il Boss aveva ottenuto ciò che aveva sempre desiderato. Il suo pupillo gli aveva rubato la corona e ora sedeva sul trono della Port Mafia.

Per il resto del pomeriggio continuò a cliccare su quei file e rileggere i rapporti che indicavano Oda e Chuuya come suoi nemici. Gli sembrava ancora tutto assurdo, privo di logica. Alla fine, decise di mandare a chiamare Akutagawa; non era gran che, ma non sapeva a chi altro rivolgersi. In più poteva sempre far leva sulla fedeltà che quel ragazzino provava nei suoi confronti.


 

***


 

Akutagawa si stava allenando quando gli giunse la notizia di un malore che aveva colpito il Boss. Avrebbe tanto voluto correre subito da Dazai-san ma sapeva di non essere nella posizione di poterlo fare, come sapeva che in quel momento il suo Boss era ancora in compagnia di Nakahara-san. Si prese il volto tra le mani. A quel pensiero la sua rabbia se possibile non fece che aumentare, alimentando Rashoomon.

Chuuya era un traditore. Akutagawa non lo avrebbe mai perdonato. Né lui né Oda Sakunosuke. Li avrebbe puniti per il solo fatto di aver pensato di opporsi a Dazai-san e alla sua guida.

Una parte di lui odiava Chuuya per diverse ragioni. All’inizio, quando era appena entrato nella Port Mafia, Nakahara-san gli venne descritto semplicemente come il partner di Dazai. Si era da poco concluso il conflitto più sanguinoso che la città di Yokohama avesse mai visto. Ricordava lunghi corridoi pieni di sacchi neri, in una macabra sfilata di corpi senza vita. Sangue che scorreva e bagnava le strade, i vicoli. L’oscurità aveva avvolto tutto e tutti con il proprio mantello, come in un incubo senza fine.

Di quei giorni, serbava il ricordo della sua paura per Gin, unita al desiderio di tenerla al sicuro.

Quel tormento ebbe fine solo quando Dazai si presentò al mondo recando in dono la testa di Ougai Mori. Grazie a quel Demone dall’aspetto bambino, lo scontro più sanguinoso mai avvenuto nella storia della città ebbe un epilogo.

Per Akutagawa quello fu l’inizio.

Dazai era stato il suo salvatore, lo aveva costretto ad unirsi alla Port Mafia ma non aveva mai rimpianto quella scelta. Era solo grazie a Dazai-san se il suo potere era cresciuto. E sempre grazie a lui aveva potuto dare una casa a Gin, farle condurre un’esistenza dignitosa. In quei due anni erano cambiate molte cose ma non aveva mai messo in dubbio la propria fedeltà.

Dazai poteva anche essere un mostro ma a lui non importava, lo avrebbe seguito anche attraverso le fiamme dell’inferno, e così era stato.

Akutagawa aveva sterminato i nemici del suo Boss. Li aveva stanati e massacrati come topi in gabbia. La faida all’interno della Port Mafia non lo riguardava, lui eseguiva solo gli ordini provenienti da Dazai-san. La sua parola era legge.

Era con lui il giorno in cui venne informato della cattura di Nakahara-san e Oda Sakunosuke.

In tutta onestà, Akutagawa non avrebbe mai pensato che un semplice tuttofare potesse essere così pericoloso, invece il famoso amico di Dazai-san, aveva dato loro parecchio filo da torcere. Per quanto faticasse ad ammetterlo, Oda da solo valeva quanto un intero esercito. Era stato solo grazie a un suggerimento del Boss se erano riusciti a stanare e fermare entrambi utilizzando del veleno. Akutagawa sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Nessuno poteva, quei due possedevano Abilità tanto forti quanto insidiose. Trovarsi a fronteggiare preveggenza e gravità era impossibile e se esisteva al mondo una sola persona in grado di farlo, quella era proprio Osamu Dazai.

Akutagawa ricordava ogni espressione che il volto del proprio superiore aveva assunto in quell’occasione, come il loro scambio di battute.


 

«Li giustizieremo Boss. Pagheranno per ciò che hanno fatto» il ragazzino, che in quel momento vestiva i panni di leader della Port Mafia, gli aveva sorriso prima di rispondere;

«Qui nessuno giustizierà nessuno» annunciò con voce ferma e priva di qualsiasi inflessione o sentimento. Intanto i due mafiosi oggetto di quella discussione, se ne stavano ancora a terra, legati, imbavagliati e privi di conoscenza.

«Ma Boss, questi due sono dei traditori»

«Sono Chuuya e Odasaku»

Akutagawa non riusciva a capire. Se non fossero intervenuti in tempo quei pazzi avrebbero anche potuto attentare alla vita di Dazai-san, come faceva il Boss a non rendersene conto e sottovalutare in quel modo il problema.

Era passato quasi un anno da quando Dazai aveva preso le redini dell’Organizzazione, e quei due avevano iniziato a cospirare contro di lui. Solo di recente avevano scoperto le identità segrete dei leader della ribellione e anche in quell’occasione il Boss non si era lasciato cogliere impreparato. Era come se lo avesse sempre saputo.

«E proprio perché sono Chuuya e Odasaku so che non arriverebbero mai a farmi del male. Si sentono traditi e abbandonati. Hanno ragione, sono una persona diversa da quella che ero e che loro conoscevano. Va bene così»

«Ma Boss...»

«Hai sempre avuto un problema nel comprendere gli ordini che ti venivano impartiti. Forse è colpa mia, poco fa devo averti dato l’impressione di voler ascoltare la tua opinione, ma si dal caso non sia così, se non ti fosse ancora chiaro IO sono il Boss. Sono io che ho il comando della Port Mafia. Ora vattene. Andatevene tutti e lasciatemi solo con Chuuya, devo discutere di un paio di particolari con il mio ex partner»


 

Akutagawa ricordava di essersi caricato Oda sulle spalle e di avere lasciato la stanza, notando distrattamente come Nakahara-san avesse nel frattempo ripreso i sensi. Due giorni dopo, anche Chuuya era stato rilasciato e lui e Odasaku promossi a dirigenti. Le scelte di Dazai-san erano sempre più discutibili, anche se calcolate. Il Boss non lasciava nulla al caso, quella era l’ennesima mossa di una partita già pianificata, come loro erano solo delle semplici pedine.

A seguito di quella promozione, iniziarono a girare delle voci su Dazai e su ciò che lo avesse spinto a risparmiare i due traditori. Nakahara-san sembrava essere diventato suo amante ma anche su quello non vi furono mai né conferme né smentite. C’era chi sosteneva che il rosso avesse barattato in quel modo la sua vita e quella del compagno traditore.

Akutagawa lo escludeva. Chuuya aveva un orgoglio. Chi parlava in quel modo di certo non conosceva Nakahara-san. Il rosso non si sarebbe mai prostrato ai piedi di Dazai, né lo avrebbe mai supplicato di qualcosa.

«Mi ha chiesto di salvare Odasaku. Sai che significa?» furono le parole con cui il leader della Port Mafia lo accolse nei suoi appartamenti.

Akutagawa era sempre più confuso. Dazai-san lo aveva mandato a chiamare solo per chiedergli di Nakahara e Oda-san. Sinceramente pensava che avesse richiesto la sua presenza per ricevere un altro tipo di servigi.

«Forse avete fatto qualcosa nei confronti di Oda Sakunosuke» buttò lì cercando di guardare altrove. Quella situazione lo stava mettendo a disagio, ancora più della prima volta in cui era stato invitato in quelle stanze. Anche quella scena gli tornò alla mente, facendolo arrossire.


 

***


 

Qualche mese prima, il Boss sembrava più scontroso e spietato rispetto al solito. Un’Organizzazione cinese aveva alzato troppo la cresta su alcuni affari riguardanti la Port Mafia con il risultato di essere arrivati ad un passo dalla guerra. Dazai era intrattabile, si rinchiudeva per giorni nei suoi appartamenti, dividendosi tra il preparare strategie e concedersi pisolini ristoratori. L’unico ammesso al suo cospetto era come sempre Nakahara-san.

Akutagawa non conosceva i dettagli ma ad un certo punto anche Chuuya venne cacciato da quelle stanze.

Tutta la Port Mafia aveva assistito alla lite tra i due ex partner e visto il rosso marciare fuori dall’edificio imprecando e distruggendo ogni oggetto sulla propria strada.

Fu in quell'occasione che Akutagawa venne convocato dal proprio superiore.

Aprì la porta degli appartamenti del Boss pieno d’angoscia solo per trovarsi di fronte a un Dazai sorridente con un labbro spaccato e del sangue che gli macchiava la camicia.

«Prego accomodati, non far caso al disordine. Quel nanerottolo è sempre così distruttivo» fece come detto, trattenendo inconsciamente il fiato;

«Boss, state bene? Se Nakahara-san vi ha colpito...»

«Sto benissimo e me lo sono meritato» ammise distogliendo lo sguardo per posarlo sulla propria camicia;

«Era una delle mie preferite» concluse con fare melodrammatico passandosi lentamente un lembo di stoffa macchiato tra le dita sottili. Akutagawa però cercò di non cadere in quella che sapeva essere una trappola;

«Se uno dei dirigenti vi ha mancato di rispetto...»

«Ti ripeto che non lo ha fatto. Sono io che l’ho provocato» il ragazzino rimase per qualche istante senza parole. Non aveva mai visto quel lato di Dazai-san; cercò di dissimulare il senso di fastidio che provava all’idea che il suo Boss stesse cercando di difendere le azioni di Chuuya-san.

«Perché mi avete mandato a chiamare?» fu tutto ciò che chiese;

«Finalmente fai le domande giuste, ho deciso di affidarti il comando della Black Lizard, sei ad un passo dalla dirigenza. Non ne sei contento?» continuò tutto sorridente;

«Lo sono. Dazai-san è...»

«Non ho ancora finito. Si è appena liberato un altro posto lasciato vacante dal nostro caro Chuuya, saresti interessato?» soffiò ad una spanna dal suo viso.

In quel momento Akutagawa non pensò a nulla. Fu solo quando Dazai-san gli mostrò un nastro di velluto nero che capì l’allusione nascosta dietro quelle parole, come il tono lascivo in cui erano state sussurrate alle sue orecchie. Lo sguardo del moro somigliava a quello di un predatore intento ad studiare la sua prossima preda, mentre si pregustava il momento in cui l’avrebbe ottenuta.

«Non disobbedirei mai ad un vostro ordine. Se è quello che desiderate» rispose dopo qualche secondo con voce tremante, afferrando il pezzo di stoffa dalle mani di quel demone sorridente. In nessuna delle sue fantasie adolescenziali si sarebbe mai immaginato di entrare, un giorno, nel letto di Dazai.

Scese un imbarazzante silenzio carico di aspettative.

Akutagawa non si era accorto di averlo desiderato fino al momento in cui non l’aveva ottenuto.

La sua felicità però fu di breve durata, effimera come può esserlo il battito d’ali di una farfalla.

In preda al piacere fu solo uno il nome che quel giorno abbandonò le labbra di Dazai: Odasaku.

Da quel momento in poi era diventato l’amante più o meno ufficiale del Boss. La sua vita alla Port Mafia non era cambiata di molto, era sempre temuto e rispettato da tutti, grazie alla paura scatenata dalla propria Abilità.

Ciò non gli impedì di ricevere le occhiatacce di Chuuya quando si incrociavano per i corridoi, o di scorgere la delusione dentro gli occhi di Gin.

Non era stato facile spiegare alla sorella di come Dazai-san non lo avesse costretto o minacciato a fare nulla. Il Boss gli aveva semplicemente fatto un’offerta e lui aveva accettato. Era stato come il giorno in cui si era unito alla Mafia. Non aveva rimpianti, era stata una sua decisione.

Da quel giorno, le visite alle stanze del Boss si fecero sempre più frequenti. Più le giornate e gli impegni si facevano pressanti e più Dazai-san desiderava concedersi quei momenti in cui provava a staccare la mente, abbandonandosi al piacere carnale.

Akutagawa sapeva che non vi era nulla tra loro. Sapeva che non poteva prendere il posto di Nakahara Chuuya né tanto meno quello di Oda.

Capitava spesso che i nomi di quei due sfuggissero dalle labbra di Dazai durante i loro amplessi. Akutagawa aveva semplicemente scelto di ignorarli.

Sapeva che il Boss non avrebbe mai pronunciato il suo nome, che non lo avrebbe mai desiderato o amato come aveva fatto – e continuava a fare – con quei traditori.


 

Ed ora era di nuovo di fronte a Dazai-san, faccia a faccia, ed esattamente come quel giorno non sapeva cosa aspettarsi da quel bellissimo demonio che lo studiava dall’altro capo della stanza.

«Forse avete fatto qualcosa nei confronti di Oda Sakunosuke» con il senno del poi forse sarebbe stato meglio evitare di fare quel nome. Se ne accorse troppo tardi, solo dopo averlo pronunciato.

Dazai però lo sorprese, limitandosi ad una scrollata di spalle.

«Anche Chuuya ne è convinto. Io non ne sono così sicuro»

Il Boss era strano. Quel pensiero lo aveva già sfiorato quella mattina. Forse non si era ancora ripreso dal malessere che lo aveva colpito. Non poteva essere altrimenti.

Sentì lo sguardo di Dazai-san su di sé. Dopo anni, aveva imparato a riconoscere la sensazione che quelle iridi scure provocavano sui propri nervi già tesi e ormai vicini a raggiungere il limite.

«Akutagawa-kun posso sentire da qua il rumore che fanno gli ingranaggi del tuo cervello. Se devi dire qualcosa accomodati, non farmi perdere altro tempo»

«Sono solo preoccupato per voi. Oggi siete strano e anche Nakahara-san...»

«E smettila di nominare Chuuya che non sono dell’umore. Voglio solo capire quale legame unisca quel nano a Odasaku» Akutagawa sgranò gli occhi, aprendo e chiudendo la bocca ma senza emettere alcun suono.

Dazai capì di aver fatto centro. Forse la soluzione di quell’arcano era finalmente a portata di mano. Bastò un’occhiata per invitarlo a continuare;

«Boss non capisco a cosa vi state riferendo. Insomma tutti sanno che quei due sono amanti»





 



 


 


 


 


 

Note Autrice:

E fu così che Dazai scoprì l’esistenza della odachuu… A parte gli scherzi, questa è una delle mie realtà preferite, soprattutto il prossimo capitolo è uno dei più belli (è praticamente finito quindi spero di aggiornare a breve ma non faccio promesse, perché c’è pure di mezzo il cowt). Piano piano tutte le domande avranno delle risposte e spiegherò anche come è nata questa insolita coppia (prossimo cap ci sarà pov Chuuya XD) Ringrazio ancora chi legge e trova il tempo di lasciare una recensione, io piango di gioia ogni volta!!!! Grazie <3

  
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