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Autore: FreddyOllow    11/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Marvin salì rapidamente le scale antincendio e trovò le prime tre finestre sbarrate da assi di legno. L'ultima era stata infranta dall'esterno, il busto di uno zombie giaceva sul basso telaio con la testa spaccata. Non sapeva se entrare a dare un'occhiata. La vista del non-morto non lo rassicurava, ma non voleva nemmeno scendere. Il vicolo si stava riempendo di zombie da entrambe le direzioni.
Fece scivolare il cadavere all'interno della stanza e scavalcò la finestra, ritrovandosi in un piccolo soggiorno. Un divano era messo contro una porta e due poltrone erano capovolte. Un braccio mangiucchiato giaceva sul tappetto insanguinato. Si guardò intorno alla ricerca del corpo, ma non lo vide.
"Chiunque abbia perso quel braccio è qui dentro" si disse.
Proseguì con cautela verso l'arco della cucina. Uno zombie sbucò da dietro il muro e lo afferrò alle spalle.
Il non-morto cercò di mordergli l'avambraccio, ma Marvin lo distanziò con un braccio. L'alito putrido lo fece tossire, quasi soffocare. Lo zombie scattò i denti a un palmo dalla sua gola e mancò poco che gliela recise. Il tenente provò ancora una volta a spingerlo via, a prenderlo pugni in faccia, ma era troppo forte e non accusava i colpi.
Lo zombie gli afferrò il polso e, stava per morderlo, quando pezzi di cervello e cranio gli schizzarono in faccia.
Quello indietreggiò con i gomiti verso il frigo e si pulì la faccia con la manica della giacca.
Un uomo si chinò su di lui. "Sei ferito?"
Marvin era così scioccato che non lo sentì. Forse nemmeno lo vide. Non era la prima volta che rischiava la vita, ma vedersela quasi strappare da uno zombie non era una cosa di tutti i giorni. Non era abituato, e forse non lo sarebbe mai stato.
L'uomo gli sventolò una mano davanti alla faccia. "Ehi! Sto parlando con te?"
"N-Non sono ferito" balbettò Marvin.
Era un uomo massiccio, sulla cinquantina. Portava una benda macchiata di sangue attorno al bicipite sinistro, un maglietta a maniche corte viola scuro e un jeans. Aveva l'aspetto indurito, ma uno sguardo spento e sofferente.
"Dovrei farti fare la stessa fine. Sei entrato in casa mia senza permesso" Indicò lo zombie, con il piede di porco insanguinato.
"Sono un poliziotto."
"E quindi? Credi di poter entrare in casa degli altri come ti pare e piace?"
"Volevo solo fuggire da quei cosi."
L'uomo gli allungò una mano e lo aiutò ad alzarsi.. "Sono Dwayne Morrison."
"Marvin Branagh" Gli tese una mano, ma Dwayne si limitò a lanciarle un'occhiata diffidente.
"Sei armato?"
"No."
Dwayne si diresse in camera da letto e guardò fuori dalla finestra. "Sei fortunato. Stavo lasciando l'appartamento, quando ho sentito un rumore in cucina."
Marvin vide il corpo di una bambina di sette anni sul letto. Era coperta parzialmente da un lenzuolo bianco sporco di sangue e le si vedevano i piedini pallidi.
"È la mia bambina" disse Dwayne, quando si allontanò dalla finestra. "La mia bambina..." Si girò per non far vedere le lacrime che gli solcavano il viso.
"Mi dispiace" rispose Marvin.
Dwayne restò in silenzio per un po'. "Hai detto che sei un poliziotto, giusto? Allora chi cazzo sono quei cosi là fuori?"
"Io... io non lo so."
"Cosa? Dovresti saperlo. Sei un poliziotto, no? Devi saperle certe cose."
"Sì, ma..."
"La mia bambina è stata morsa. Uccisa da sua madre!" Afferrò Marvin per il colletto e lo sbatté contro il muro. Il viso dell'uomo era rigato dalle lacrime, gli occhi arrossati dalla rabbia. "Tu devi saperlo! Devi! Sei un poliziotto!"
"Non so niente."
"Devi sapere! Voi sapete sempre tutto!" Caricò un pugno, ma l'abbassò subito dopo. Poi mollò la presa e si allontanò. "Mi dispiace..." Si sedette sui talloni accanto al cadavere della figlia. Le accarezzò la guancia. "Mi dispiace tanto, Tasha. È tutta colpa mia..."
Marvin rimase a guardarlo senza dire niente.
"Mia moglie..." disse Dwayne. "Lei è stata morsa. Era andata a fare la spesa, quando... quando è stata aggredita fuori dal supermercato." L'uomo cercò di non singhiozzare. "È tornata qui. Era pallida, aveva la febbre alta. Ho chiamato l'ambulanza, ma non c'era linea." Fece una breve pausa. "Mi sono preso cura di lei, ma non è servito.... Non è servito!" Le spalle che facevano su e giù per il pianto sommesso. "È morta tra le mie braccia... L'ho visto. Era morta. Non respirava più. Poi... poi è tornata in vita. Non so come, ma è successo. Tasha credeva che..." Si zittì. "Voleva solo riabbracciare sua madre. Voleva solo questo..." Non riuscì più a trattenere le lacrime e scoppiò a piangere con la testa sul ventre della figlia. "È tutta colpa mia. Perdonami..."
"Non potevi saperlo" disse Marvin.
"Dovevo!" rispose Dwayne, arso dalla rabbia. "Era compito mio proteggere la mia bambina, ma ho fallito. Ho sempre fallito come padre, ma alla mia bellissima bambina non le importava. Mi voleva bene ugualmente..."

 

Nick uscì dal suo appartamento del tutto confuso. Diede un'ultima occhiata al corpo della donna disteso sul pavimento e scese la tromba delle scale stranamente silenziose. Si era aspettato di incontrare i suoi condomini, invece le porte erano tutte chiuse. Nessuno ero uscito allarmato dallo sparo e dal chiasso. Nessun curioso.
Scese fino al pianterreno e si fermò si colpo. Due zombie barcollavano vicino al portone d'ingresso. Il primo aveva la faccia decomposta, il secondo un lato della bocca mangiucchiata. Entrambi avevano i vestiti sporchi di sangue e terra. Nick li fissò per un momento. Non sapeva cosa fare, non sapeva nemmeno cosa fossero quelle cose.
I due non-morti lo notarono e vacillarono verso di lui, che indietreggiò sulle scale senza staccare lo sguardo da loro. Uno posò un piede sul gradino e cadde di faccia sulla scalinata. L'altro, che seguiva, inciampò e crollò sul suo corpo. Cominciarono a strisciare sui gradini, allungando le mani scarnificate.
Nick salì rapidamente la tromba delle scale e arrivò di fronte al suo appartamento. Non sapeva bene cosa fare, ma decise di raggiungere il tetto. Lì sarebbe stato al sicuro. Gli zombie non sapevano salire le scale, o almeno così credeva.
Quando arrivò sul pianerottolo del sesto piano, scorse un'ombra oltre la porta aperta di uno dei quattro appartamenti. Non fece in tempo a superare l'ultimo gradino, che dalla porta uscì correndo una donna. Si scontrarono e caddero a terra. Nick scattò in piedi, credendo che fosse uno zombie.
La donna aveva un braccio insanguinato, dalla cui ferita sgorgava un fiotto lento. "Aiutami!"
Nick le lanciò una rapida occhiata, poi guardò dentro il suo appartamento. Una figura avanzava nel corto corridoio, in penombra.
"Aiutami! Ti prego!"
Nick si chinò su di lei, si mise un suo braccio dietro il collo e la aiutò a salire le scale.
La figura uscì dall'appartamento. La lampada a neon del pianerottolo illuminò la faccia sfigurata di un non-morto, la bocca sporca di sangue, l'iride marrone degli occhi non ancora vitrei. Si era appena trasformato.
"Il mio ragazzo..." farfugliò la donna, spaventata. "Mi ha morsa. Quello stronzo buono a nulla!"
"Andrà tutto bene" disse Nick. "Dobbiamo raggiungere il tetto. Lì saremo al sicuro."
La donna ignorò le sue parole. "Volevo aiutarlo, ma quel bastardo mi ha morso!"
Nick non le rispose.
Arrivarono al settimo piano. Oltre la porta spalancata di uno degli appartamenti, una zombie donna divorava le viscere di un uomo anziano.
"Il signor Patterson..." disse la donna inorridita, quasi piangendo. "Oh, mio dio!"
"Non guardare" rispose Nick.
La zombie si alzò lentamente e barcollò verso di loro, le interiora che pendevano da una mano. Il signor Patterson, diventato un non-morto, cercò di issarsi in piedi, ma scivolò sul suo stesso sangue e batté la testa sul pavimento. 
Nick aiutò la donna a salire gli ultimi gradini e raggiunsero il tetto, chiudendo la porta di ferro alle loro spalle. Poi la fissarono per un momento.
"Non credo che quelle cose sanno come aprire le porte" disse Nick.
"Ancora non ci credo..." rispose la donna, ignorandolo di nuovo. "Perché mi ha morso? Perché l'ha fatto?"
Nick posò la donna ai piedi del parapetto del tetto. Aveva perso molto sangue, il suo viso le era diventato pallido e non faceva altro che farneticare sul suo fidanzato.
Nick osservò la ferita. "Fammi dare un'occhiata... Sembra profonda."
"Dopo tutto quello che ho fatto per lui..." rispose la donna, che sembrava parlare con sé stessa. "Ho rinunciato al mio lavoro, alla mia vita per quell'idiota. Gli ho prestato dei soldi per riparare quella macchina di merda..."
Nick si alzò e guardò oltre il parapetto. Centinaia di persone correvano in strada verso una sola direzione. Fuggivano da centinaia di non morti che sciamavano dai vicoli. Alcuni cadevano dalle finestre dei palazzi, altri sbucavano dietro gli angoli. Il tanfo di putrefazione ammorbava l'aria e le urla di dolore si amalgamavano con i gemiti dei non-morti. Un lamento continuo, interrotto da inquietanti gorgoglii.
Un non-morto sbucò da sotto un pullman, afferrò la gamba di un uomo, lo trascinò a terra e gli affondò i denti nella carne. Altri zombie si chiusero su di lui. La moglie, nel vano tentativo di aiutarlo, fu circondata e scomparve sotto l'orda.
Nick voltò lo sguardo, inorridito, e avvistò un posto di blocco a cinquanta metri dal condominio. La SWAT si era posizionata dietro i sacchi di sabbia e sui balconi e sparava sulla gente. Un mitragliatore a canne rotanti vomitava proiettili da una balconata del primo piano. La folla correva disperata nella loro direzione in cerca di aiuto, provando ad arrampicarsi sulla recinzione di metallo del posto di blocco.
Nick era scioccato. Non riusciva a crederci che la SWAT stesse sparando sui civili. Tra la gente, c'erano anche alcuni zombie che si erano appena trasformati. Altri erano ridotti in quello stato da ore.
Poi la folla dilagò nel posto di blocco e gli SWAT vennero presi a pugni o uccisi con le loro stesse armi. Tre superstiti si chiusero dentro un furgone. Gli zombie li circondarono e cominciarono a colpire la carrozzeria, finché il parabrezza andò in frantumi. Uno zombie strisciò nell'abitacolo, seguito dagli altri. Solo i due SWAT posti dietro il mitragliatore sopravvissero all'ondata travolgente di migliaia di non-morti e persone. Quando finirono le munizioni del mitragliatore, sparirono dentro l'appartamento.
Nick indietreggiò di qualche passo e si tirò un pizzicotto sul braccio. Pensava di essere in un incubo, invece era tutto vero. Lanciò un'occhiata alla donna, una pozza di sangue si era formata ai suoi piedi. Il viso pallido, le labbra violacee, le orbite arrossate.
Le si chinò accanto e la osservò. Quando fece per parlare, la donna gli si gettò addosso e cercò di mordergli una coscia. Nick le sferrò una ginocchiata sul muso e subito sentì il bisogno di scusarsi. Ma quella che aveva davanti non era più una donna. Era uno zombie.
Lo capì solo quando iniziò vacillare verso di lui. Lo stesso movimento dell'altra donna che lo aveva attaccato nel suo appartamento. Lo stesso gemito lamentoso e profondo. Lo stesso sguardo assente, apatico, privo di vita. Lo stesso movimento della mascella che scattava rapida, ingorda, pregustando di sbranarlo vivo.
Si guardò attorno, i suoi occhi cercavano una via di fuga. Non era mai stato un codardo, ma era stato catapultato in un mondo che non gli apparteneva. L'istinto gli diceva di fuggire, di filarsela il prima possibile. Scattò verso la porta di ferro, ma si fermò con la mano sulla maniglia. C'erano gli zombie nei vari piani. Non poteva uscire da lì.
La donna barcollava verso di lui.
Nick corse dalla parte opposta del tetto. L'edificio accanto era distante un metro, doveva prendere la rincorse e saltare. Guardò il vuoto sottostante e gli vennero le vertigini. Poi si voltò verso la zombie. I suoi gemiti si erano fatti più rauchi, più eccitati. Fissò nuovamente il tetto adiacente per un attimo. Inspirò, prese la rincorsa e saltò, i piedi che solcavano il vuoto.

 

Pete e Megan erano ancora in auto e sorpassarono un camion divorato dalle fiamme. Proseguivano lungo Mission Street, l'unica via che sembrava libera.
Molti veicoli abbandonati o capovolti puntellavano la strada e alcuni grossi incidenti bloccavano intere corsie. Mentre zigzagavano tra le vetture, entrambi cercavano di ignorare ciò che stava accadendo attorno. Persone che si saltavano alla gola, famiglie che uscivano dai supermercati con i carelli carichi di provviste saccheggiate. Svitati che provavano gusto a uccidere o massacrare di botte gli altri. In tutto questo caos, non c'era nessuno zombie. Forse i non-morti avevano invaso solo il quartiere residenziale, pensò Megan. Forse Uptown era l'unico quartiere sicuro, i ricchi lo erano sempre. Doveva essere così.
L'auto svoltò rapidamente a destra e mancò per poco il paraurti posteriore di una macchina. Frenò di colpo, le ruote fischiarono sull'asfalto, sollevando una nube biancastra. Un interminabile colonna di auto abbandonate bloccava la strada.
"Non possiamo scendere" disse Megan. "Moriremo."
"Non agitarti" rispose Pete.
"Non sono agitata."
"Fai retromarcia. Troveremo un altra strada."
"Vuoi tornare indietro? Sei matto?" chiese Megan, stizzita.
"Voglio solo uscire da questo inferno."
"Ci sono quei cosi. Non intendo tornarci."
"Allora usciamo. Non abbiamo altra scelta."
Megan fece per rispondere, quando qualcosa urtò dalla parte del suo finestrino. Pete l'afferrò e la strinse a sé per proteggerla. Uno zombie dai denti serrati e anneriti cominciò martellare di pugni il finestrino. Altri tonfi giunsero da dietro la macchina. Otto non-morti tartassavano il portabagagli senza sosta. Uno vomitò bile acido sul finestrino posteriore.
"No, no, no" disse Megan a un passo da una crisi di nervi. "Sono... sono ovunque."
Pete scorse davanti al suo finestrino la faccia insanguinata e mangiucchiata di uno zombie. "Fai retromarcia! Dai!"
Megan posò le mani tremanti sul manubrio e l'auto fu sospinta in avanti.
"Siamo fottuti!" disse Pete, guardandosi intorno.
"Co-come hanno fatto?" balbettò Megan, terrorizzata. Credeva che gli zombie fossero solo nella zona residenziale. "Come s-sono arrivati fin qui?"
"Camminando!" sbottò Pete. "Camminando, cazzo!"
Le mani putride dei non-morti cominciarono a sballottare la macchina. Altri zombie si aggiunsero alle spalle dei primi e alzarono le mani oltre le loro teste. Il veicolo fu circondato, inghiottito sotto l'ammasso di carne putrida. Il tanfo arrivò fin dentro l'abitacolo. I due si coprirono il naso con l'avambraccio.
Megan schiacciò a tavoletta l'acceleratore, il motore rombò, ma l'auto rimase immobile. Nella parte superiore del parabrezza si aprì una crepa, che si espanse velocemente in lunghe striature.
"Cazzo! Il parabrezza!" urlò Pete. "Si sta rompendo."
"Lo vedo, Pete." rispose Megan, isterica. "Lo vedo!"
Il parabrezza cedette e una mano ossuta calò nell'abitacolo. Il non-morto entrò con il busto, addentò l'aria, ma restò bloccato tra gli altri zombie che avevano le sue stesse intenzioni.
Nick e Megan appiccicarono le spalle contro lo schienale del sedile. La donna continuava a tenere schiacciato il piede sul pedale. Le ruote fischiavano sull'asfalto e un fumo nero si staccò dalla strada, avvolgendo gli zombie.
"Vai dietro, Meg!"
"Perché?"
Indicò lo zombie incastrato fra gli altri. "Ecco perché."
Megan si trasferì sui sedili posteriori, seguita da Pete.
Lo zombie incastrato allungò una mano verso di loro, ma non riuscì a prenderli, i suoi occhi vitrei li fissavano vacui.
"Moriremo qui" disse Megan, senza distogliere lo sguardo dai non-morti fuori dall'auto.
Pete non rispose. Sentiva freddo, come se la temperatura fosse improvvisamente calata. Aveva paura di morire, di essere divorato vivo. Durante il suo addestramento non gli avevano insegnato come comportarsi durante in un apocalisse zombie. Nessuno credeva che sarebbe mai successo. Accadeva solo nei film, nei libri, nei videogiochi. Era fantascienza, orrore, qualcosa di lontano, impossibile.
"Dì qualcosa, Pete" aggiunse Megan, a un passo dal pianto.
Pete la fissò senza parole. Voleva parlare, dirle quanto l'amava, ma dalla sua gola uscivano solo rantoli soffocati.
I finestrini anteriori si frantumarono e mani gelide si protrassero all'interno, i vetri conficcati nella carne. Sui finestrini posteriori si aprirono grosse schegge.
Pete e Megan si sorrisero con gli occhi lucidi, spaventati, le mani che si sfioravano, si toccavano. Poi i finestrini posteriori si infransero e altre mani calarono all'interno. I due si strinsero in un ultimo abbraccio.

 

Marvin aveva sentito dei colpi alla porta e si era diretto all'ingresso per vedere chi fosse, quando Dwayne lo fermò per un braccio.
"Dove vai?" chiese l'uomo con gli occhi arrossati.
"Non hai sentito? Forse qualcuno ha bisogno di aiuto."
"Sono tutti morti. Non c'è nessuno."
"Come fai a saperlo?"
Dwayne gli mostrò l'avambraccio fasciato. "Ti basta?"
"Ti hanno morso?"
"No." Dwayne si voltò e tornò accanto alla sua bambina.
Marvin si girò verso la porta e fissò la maniglia, indeciso. I colpi continuavano senza sosta. Voleva aprire. Magari l'uomo si sbagliava. Non poteva sapere chi c'era dietro la porta. Stava per aprirla, quando udì un sottile gemito dall'altra parte. Ritrasse la mano dalla maniglia.
Dwayne gli lanciò uno sguardo con fare serio. "Te l'ho detto. Sono tutti morti. Tutti!"
Marvin lo raggiunse. "Dobbiamo andare alla centrale di polizia. Lì saremo al sicuro."
L'uomo sbuffò un mezzo sorriso. "Sicuro? Nessun posto è sicuro. Quelle cose sono dappertutto."
"Non puoi esserne sicuro. Alla centrale ci sono armi e poliziotti. L'intero edificio è recintato. Saremo al sicuro."
"Non fa differenza. Voglio solo rimanere con mia figlia. Voglio..." L'uomo sentì un groppo in gola. "Voglio solo questo."
Marvin non parlò subito. "Fallo per lei."
Dwayne scattò la testa verso di lui, gli occhi serrati dalla rabbia. "Vuoi che abbandoni la mia Tasha? La mia bambina?"
"Lei non..." Marvin si zittì e scelse con cura le parole. "Non vorrebbe che ti lasciassi andare? Devi lottare, sopravvivere per lei."
Dwayne osservò il viso pallido della figlia. "Io... non posso farlo. Lei è tutto ciò che mi rimane."
"È morta!" sbottò Marvin.
L'uomo scattò in piedi e gli sferrò un pugno in faccia, che Marvin riuscì a scansare. Poi Dwayne lo afferrò per il giubbotto e lo spinse contro l'armadio. L'urto gli fece mancare l'aria dai polmoni per un momento.
Dwayne restò a fissarlo. Sapeva che sua figlia non avrebbe voluto che suo padre morisse. Scoppiò a piangere e andò da lei, stringendole la testa sul petto.
Marvin si alzò e gli lanciò un'occhiataccia. Poi andò a sedersi su una sedia nel soggiorno, ascoltando il pianto disperato di Dwayne. Si sentiva in colpa per avergli detto quelle parole. Non era mai stato una persona insensibile. Dopotutto, aveva anche lui una figlia e una moglie.
"Chissà se sono al sicuro" si disse. Non voleva farsi trascinare dall'emotività. Sapeva che era un'arma a doppio taglio. Doveva restare lucido, concentrato. Usare la testa. "Stanno bene. Devo essere ottimista." Più si ripeteva quelle parole, più gli suonavano false.
Dwayne entrò nel soggiorno. "Ehi, scusa per prima."
"Non preoccuparti. Ti capisco."
"Hai ragione su..." Guardò la figlia. "Lei non vorrebbe. Nemmeno mia moglie. Ma devo seppellirla accanto a lei. Possiamo prendere la mia auto. Il cimitero non è molto lontano."
"Non sarà pericoloso?"
"Devo farlo. Non posso lasciarla così. È mia figlia..."
Marvin avrebbe fatto lo stesso per la sua famiglia.
Dwanye raggiunse Tasha, le bacio la fronte e le coprì il volto con il lenzuolo. "Ti porterò da mamma, Tas." Gli occhi arrossati e lacrimati. "Starete di nuovo insieme."
"Come facciamo con quegli esseri fuori dalla porta?"
"Usciremo dalle scale antincendio. Il mio furgone è in un garage poco distante."
"Nel vicolo potrebbero essercene degli altri."
"Non con questi rumori. Quelle cose ne sono attratte come lucciole. Ora aiutami."
Marvin si chiese come facesse a sapere che i non-morti erano attratti dai rumori, ma non glielo domandò.
Trasportarono il corpo di Tasha fuori dalla finestra e scesero molto lentamente la scala antincendio. Arrivati alla fine, Dwayne saltò giù. "Aspetta lassù" disse. "Vado a prendere il furgone. Non ci metterò molto."
Dwayne non tornò più.

   
 
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