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Autore: Dani85    12/02/2022    0 recensioni
[Roswell New Mexico]
[Roswell New Mexico] Michael Guerin/Alex Manes | Malex
Tre one shot per tre San Valentino, scritte per Malex-Cupid 2022 su Tumblr
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[You're My Favorite HUman] Michael sbuffa - perché deve sempre complicarsi la vita da solo? -, afferra la penna, scarabocchia qualcosa sul biglietto rosso e poi lo piazza sotto la tazza di caffè di Alex. E aspetta.
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[You're Out of this World] Gli occhi di Michael brillano di desiderio, quello tenero dei sogni da realizzare e Alex non vede l'ora che diventino realtà.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Per la serie "chi non muore si rivede", rieccomi qui dopo anni e non è un modo di dire. Torno a scrivere dopo tanto e lo faccio partecipando, per divertimento e niente di più, alla tre giorni del Malex Cupid 2022 su tumblr.
Cross posted su Ao3 e Tumblr. Buona lettura!

 



YOU'RE MY FAVORITE HUMAN

È tutto così rosso. E rosa. E a forma di cuore. È come se un intero settore del supermercato fosse esploso e si fosse ricomposto nel giro di una notte, da cartolina di Natale a biglietto di San Valentino. È un po' sconcertante, Michael lo pensa ogni anno. È puro consumismo ed è una piaga sociale, un buco nero in cui spariscono il buon senso della gente e una quantità assurda di soldi.

Michael non è un moralista ma su questo è abbastanza sicuro. Magari è perché lui non ha mai avuto soldi da sprecare o forse perché tutto ciò che ha sempre voluto – delle risposte, una famiglia, qualcuno da amare – non si poteva comprare, ma davvero questa corsa perenne all'acquisto lui non la capisce. Non capisce questa fretta di passare da una celebrazione all'altra, dove i sentimenti hanno il valore di un regalo e del suo scontrino.

Ok, forse un po' moralista Michael lo è, su certe cose per lo meno. O forse è colpa di Sanders, a furia di stare con lui, un po' del suo cinismo deve esserglisi appiccicato addosso. Michael annuisce a se stesso, perché sì, è definitivamente colpa di Sanders, ed è più piacevole pensare al fatto che sia stata la sua vicinanza a formarlo piuttosto che gli anni di abusi e privazioni.

Michael strizza gli occhi e sospira. Com'era finito a fare ragionamenti esistenziali davanti agli scaffali del supermercato non sa spiegarselo, in fondo doveva solo comprare dei cereali. Invece sono almeno venti minuti buoni che se ne sta fermo lì, a contemplare orsetti di peluche, cuscini a forma di cuore, cioccolatini e biglietti di auguri. È tutto così rosso. E rosa. E nessuno si è accorto che ci sono veramente troppi cuori? E nonostante questo, tutto ciò gli dà molto meno fastidio degli anni passati. Anzi, non gli dà fastidio per niente. Nessuna battutaccia che affiora sulla punta della lingua, nessun principio di orticaria per tutta quella sdolcinatezza, solo il riflesso automatico dei suoi soliti pensieri. Michael se ne rende conto con un po' di orrore ma immagina che ci sia una prima volta per tutto. Soprattutto se hai un Alex Manes nella tua vita.

Michael si mastica un labbro e il sorriso che non riesce a trattenere. Alla fine, e gli è chiaro in modo doloroso, è tutta qui la differenza. Alex. Fino a quel momento, San Valentino non aveva davvero significato nulla di particolare per lui, nemmeno quando aveva tentato con tutte le sue forze di far funzionare le cose con Maria. Nemmeno lì aveva voluto dire niente di più che seguire la massa, buttare qualche dollaro nel buco nero del consumismo e potersi dire che sì, era un buon fidanzato, che poteva esserlo, che se tra lui e Alex non aveva funzionato, era colpa di Alex, ma certamente non sua.

Era stata colpa di entrambi in realtà, Alex lo sapeva da sempre, Michael invece aveva avuto bisogno di più tempo e di spazio per vedere le cose come stavano e ammetterlo a se stesso. C'era stato troppo dolore, troppa rabbia e troppa stanchezza perché l'amore imperfetto di Alex bastasse a riparare tutti i silenzi e le assenze e le ferite della loro storia. C'era stata troppa speranza disillusa perché Michael riuscisse a guardare oltre la propria sofferenza, perché riuscisse a riconoscere anche quella di Alex, perché potesse vedere che lui ci stava provando davvero, che stavolta era lì per restare. Certo, alla fine c'era riuscito, ma quanto c'aveva messo? Troppo. Troppo di sicuro. Quanto tempo sprecato. Quanta inutile attesa.

La consapevolezza è una scossa di elettricità dietro gli occhi, come ogni volta che finisce per pensarci, e un orsetto di peluche si muove sullo scaffale di fronte. Micheal se ne accorge perché sente la familiare pressione della telecinesi in testa che lo spinge a riprendere il controllo. L'orsetto torna immobile e, per fortuna, nessuno si è accorto di niente ma, davvero, la corsia del supermercato è un posto pessimo per lasciarsi andare a viaggi mentali di quel tipo. Michael sospira, doveva solo comprare una scatola di cereali. Invece, uscirà di lì con qualcosa di rosso e a cuori, vero? Micheal se lo sente e la sensazione di allegra esaltazione che accompagna il pensiero la fa sembrare la decisione migliore del mondo. Il peluche di prima lo fissa dallo scaffale con i suoi occhi di vetro ma non lo ispira per niente, si può fare di meglio. I cioccolatini gli fanno storcere la bocca, si può definitivamente fare di meglio, i churro di Arturo li battono a mani basse in qualsiasi occasione. I bigliettini di San Valentino, invece, quelli hanno potenziale.

Michael si avvicina all'espositore, i riccioli che gli cadono sugli occhi. Troppi glitter... troppo rosa... troppo scemo... Michael boccia un biglietto dopo l'altro, anche se il ragazzino di diciassette anni che è stato una vita fa e che è tornato a vivergli in testa da quando sta con Alex, tutto occhioni e sorrisoni melensi, gli urla di prenderli tutti. Ed è quello che fa. Prende quello con troppi glitter e quello troppo rosa, quello troppo scemo e almeno un altro paio che non ha neanche guardato bene. Il diciassettenne dei suoi ricordi sta già architettando un piano - cosa fare, come, quando e che biglietto usare - e Micheal ha deciso di buttarsi e seguirlo. Questo San Valentino sarà speciale, se lo merita lui e se lo merita Alex, con buona pace del consumismo.

Prima però, i cereali.

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La penna fa un'altra pigra piroetta davanti ai suoi occhi, prima che Michael la fermi a mezz'aria. Alex è ancora sotto la doccia, l'acqua che scorre piano dietro la porta chiusa del bagno, e non ha idea del conflitto interiore che attanaglia l'altro. Il biglietto rosso o il biglietto scemo? Michael non ci dorme da due notti, da quando finalmente – finalmente – ha ristretto le sue scelte a quei due cartoncini. Tutto il resto, il loro primo appuntamento di San Valentino, è già pronto, dettagliato fino all'ultimo particolare, organizzato con la stessa cura che riserva ai suoi progetti o al più delicato dei motori che gli sia mai passato tra le mani. Sarà romantico e sdolcinato e ridicolo e Michael non vede l'ora. Se solo riuscisse a capire quale biglietto usare e perché scegliere quello giusto sembra essere di capitale importanza. Non lo è, lo sa, è tutto nella sua testa, dubbi e ostacoli creati dal nulla, una specie di scusa costruita a priori, qualcosa a cui dare la colpa se le cose non dovessero funzionare.

Michael sbuffa - perché deve sempre complicarsi la vita da solo? -, afferra la penna, scarabocchia qualcosa sul biglietto rosso e poi lo piazza sotto la tazza di caffè di Alex. E aspetta. Aspetta che l'acqua smetta di scorrere e che la porta del bagno si apra. Aspetta che le stampelle battano sul pavimento e che Alex arrivi in camera. Aspetta mentre se lo immagina buttare a terra l'asciugamano e vestirsi, la protesi montata saldamente a ciò che resta della sua gamba destra. Aspetta finché se lo vede comparire davanti, il passo solo un po' irregolare, le maniche del maglione tirate su. E se Michael si incanta un attimo a fissarlo - gli occhi scuri, gli zigomi perfetti, le mani eleganti -, chi può davvero biasimarlo?

"Ehi, buongiorno!" Alex sorride, gira intorno al tavolino e lo bacia.

Michael accoglie il saluto, il bacio e le mani tra i suoi capelli con un mugolio soddisfatto. Anche qui, chi può biasimarlo?

"Buongiorno," ricambia, "ho portato la colazione."

Alex ride, osserva con la stessa meraviglia di sempre la caffettiera che arriva da sola dalla cucina a riempire le tazze e scarta con soddisfazione il sacchetto del Crashdown. Prima o poi dovrà parlare con Micheal e chiedergli qual è davvero il problema, se pensa semplicemente che non mangi abbastanza o se ha proprio paura che si lasci morire di fame. Intanto lo lascia fare, lascia che piombi a casa sua quando vuole, per controllare che sia tutto a posto, per lasciare la colazione, il pranzo o qualsiasi altra cosa. Lascia che si prenda cura di lui, insomma, e la cosa fa bene ad entrambi.

Micheal gli si siede accanto, gambe e braccia larghe ad occupare il resto del divano. Alex lo osserva mentre mangia, c'è qualcosa di strano stamattina, come se Micheal fosse ad un passo dal vibrare fuori dalla sua stessa pelle, un piede che batte a terra, la gamba che balla, una mano che tormenta le cuciture del divano. È ansia, Alex non ha dubbi, ma ha la sensazione che sia una cosa positiva questa volta.

"Non bevi il caffè?"

La domanda ha un tono un po' troppo forzato per essere disinteressata. Alex ha una mezza idea di far finta di non aver capito e di tirare le cose un po' per le lunghe, giusto per vedere dove sarebbero andati a parare, quanta pazienza sopravviveva ancora nell'ansia di Micheal. Molto poca, sospetta.

Alex si allunga a prendere il caffè, gli occhi che lasciano Michael quanto basta per notare il cartoncino rosso sotto la tazza. È piegato in due, sopra c'è una navicella spaziale e nel suo fascio di luce la scritta You're my favorite human riempie tutto lo spazio. Dentro, la grafia tutta spigoli di Michael lo invita al loro "primo appuntamento di San Valentino". Alex ride, ingoia a vuoto un paio di volte e poi sventola il biglietto verso Micheal.

"Primo appuntamento, eh?"

"Di San Valentino" precisa Michael, e la precisazione è importante, perché loro un primo vero appuntamento lo hanno avuto e hanno faticato così tanto per arrivarci che non vuole rischiare, nemmeno per sbaglio, di sminuirlo. C'erano voluti più di tredici anni, innumerevoli guerre - reali e metaforiche -, un paio di padri malvagi da debellare, il coraggio di dar voce ai propri desideri frustrati e di zittire le voci meschine di una vita intera. Era stata una fatica ma se l'erano guadagnata, quella serata a tenersi per mano, prima davanti alla statua di Jesse Manes, memento perenne a tutti i loro incubi, e poi davanti al resto di Roswell, perché tutti vedessero e capissero, finalmente, cos'erano l'uno per l'altro. E poi era stato Alex ad organizzare la serata, e questo bastava perché fosse l'appuntamento perfetto. A volte Michael suonava melenso anche a se stesso, ma non poteva farci niente e ci si era rassegnato senza troppi patemi dopo il primo bacio con Alex al museo. Andava così con lui, non c'era molto da fare. E davvero, cosa poteva farci, quando Alex lo guardava così?

"Primo appuntamento di San Valentino", Alex ripete la frase, la rilegge in silenzio, se la rigira in testa.

"Allora? Che ne pensi? È patetico, vero?"

Alex odia il dubbio nella voce di Michael e, ancora di più, odia che possa essere stato lui a mettercelo.

"No, Micheal, è bellissimo. Così tanto che non so davvero cosa dire… è una cosa nuova, questa, per me..." e Alex si preme il biglietto contro il petto.

"Appunto, non abbiamo mai avuto un San Valentino insieme, voglio vedere che effetto fa."

Michael si stringe nelle spalle, incerto, esposto, vulnerabile.

"Non vedo l'ora!" e la sincerità nella voce di Alex è così reale che Michael si svuota finalmente di tutta l'ansia accumulata. È un po' come un palloncino che si sgonfia, con tanto di sospiro di sollievo, profondo, rumosoro, teatrale.

"Menomale!" esclama, mentre scivola di più sul divano.

Alex scuote la testa, sorride e butta giù l'ultimo sorso di caffè ormai freddo. Poi ruba un bacio a Michael, rapido, più guancia che labbra, e si alza.

"Richieste particolari per questo appuntamento? Non so, devo vestirmi in qualche modo specifico?"

Micheal si raddrizza a sedere, improvvisamente attento, e squadra Alex dalla testa ai piedi con uno sguardo di fuoco.

"Metti la giacca di pelle, ti prego!" e la voce di Michael è una carezza in cui Alex si cullerà tutto il giorno.

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Michael avrebbe dovuto saperlo che organizzare la cosa secondo l'ispirazione del ragazzino che era stato - tanto tempo fa e per troppo poco tempo - si sarebbe rivelata una fregatura. Avrebbe dovuto saperlo, fidarsi un po' meno di tutto quell'entusiasmo ed infilarci a forza giusto un po' di cautela in più. Non tanta, solo un po', quella che sarebbe bastata per non ritrovarsi in questa situazione. Quanto ne sarebbe bastata per ricordarsi di staccare il telefono, il suo e quello di Alex, e tirare su così tanti muri nella sua testa da tenere Isobel alla larga da qui all'eternità. E invece no, Michael si è fidato, ha pensato che per una volta sarebbe andato tutto bene. Che stupido.

"Una serata di pace ho chiesto, una!" Michael brontola, di nuovo, ancora. Lo sta facendo dall'esatto momento in cui è stato trascinato lì, a mettere ordine nell'ennesima crisi aliena. Ma che problemi avevano? Quale mistero irrisolto gli impediva di starsene buoni senza causare danni, senza esporsi, senza correre il rischio di farsi scoprire? Sul serio, cosa c'era che non andava?

"Niente, avete solo un piccolo complesso di superiorità... manie di protagonismo… e pessimo, pessimo, tempismo."

Michael si morde la lingua per non imprecare, già parla ad alta voce senza accorgersene ed Alex è chiaramente irritato, sente che non sarebbe una buona idea perdere quel briciolo di calma che ancora gli resta. "Non sarebbe dovuta andare così stasera", borbotta, le parole che si impigliano in bocca.

"No." Alex è laconico e non è mai un buon segno e Micheal si sente impotente.

Poco lontana da loro, Isobel distoglie lo sguardo dall'ultima vittima di Bonny e Clyde, le memorie delle ultime ore riscritte perché non resti traccia della rapina aliena, delle cose inspiegabili, delle cose che volavano in aria come dotate di vita propria.

"Ho fatto quello che potevo, adesso tocca a Max." Isobel raccoglie i capelli in una stretta coda di cavallo, raddrizza un lungo orecchino e sospira. Michael le concede un cenno della testa e nulla più, non gli interessa per niente sapere come Max giustificherà il tutto allo sceriffo, cosa scriverà nella denuncia, né tantomeno come gestirà i due ladri. Non sono fatti suoi, non gli interessa, questa volta non ha né la voglia né la forza per farsi coinvolgere. Ci ha provato e, a questo punto, sospetta che Bonny e Clyde siano più interessati a rendere giustizia ai loro omonimi del passato che ad integrarsi davvero a Roswell.

"Mi dispiace se questo vi ha rovinato la serata." Isobel sembra sincera e stanca e delusa come loro.

"Non credo sia successo solo a noi." Alex si stringe nelle spalle, piccoli frammenti di vetro che scricchiolano sotto ogni suo passo. Isobel imita il gesto, perché cosa c'è da aggiungere? La serata ormai è andata.

"Ok, noi ce ne andiamo. Ciao Iz!"

Michael afferra Alex per mano e se lo tira dietro, piano, attento a non strattonarlo, i vetri per terra sono un ostacolo già da soli. Il viaggio verso casa è silenzioso, la delusione di Michael ancora così piena di rabbia da non lasciare spazio a nient'altro.

"Non è la fine del mondo."

Quando Alex rompe il silenzio, sono già dentro casa, le luci del patio un riflesso sfocato oltre le finestre del salotto. Lo sa anche Michael che non è la fine del mondo, o almeno lo sa la sua parte razionale. È molto più difficile farlo capire alla sua parte romantica, che si era immaginato la serata fino al più insignificante particolare e che se l'è vista sfuggire come fumo tra le dita.

"Non è la fine del mondo, Michael! Non lo è! Ci rifaremo". Alex lo afferra per le spalle e lo scuote appena, perché lo guardi, perché registri la convinzione nella sua voce, perché semplicemente ci creda.

"Prima eri arrabbiato anche tu." Non è una domanda, Michael lo afferma e basta ed ha ragione, ma la rabbia di Alex è diversa dalla sua, è il fastidio dell'essere sempre tirati in mezzo ai drammi degli altri. Quella di Michael, invece, è cieca, vira senza minimo sforzo all'autodistruzione, come se, alla fine dei conti, tutto fosse colpa sua, anche quando, chiaramente, non lo è.

"Sono arrabbiato, chi ha detto il contrario?" Alex gli fa scivolare le mani sul collo, calde e protettive. "Mi scoccia che ci abbiano rovinato la serata, e mi scoccia ancora di più perché tu ci tenevi così tanto… ma non è la fine del mondo, ok? Non è colpa tua, qualunque cosa la tua mente ti stia dicendo, va bene?"

Micheal sospira e la rabbia lo abbandona piano, al suo posto solo una stanchezza dolente. "Ma non potevano farla domani la rapina?" si lamenta.

"Te l'ho detto che voi alieni avete un pessimo tempismo. Pessimo!"

Alex preme la fronte contro quella di Micheal, cerca i suoi occhi nonostante l'angolo scomodo e lo bacia, sorriso contro sorriso.

"Ti va di raccontarmi come sarebbe dovuta andare la serata?"

"Davvero?"

"Mhm mhm, sono molto curioso di sapere cosa avevi organizzato e che tipi di programmi avevi per la mia giacca di pelle."

Le mani di Alex adesso sono tra i suoi capelli, le dita impigliate tra i ricci e tirano appena, quanto basta perché i pensieri di Micheal prendano una direzione ben specifica. La serata sarà anche andata a rotoli, niente cena e niente drive in e niente stelle al buio, ma Alex è qui, è San Valentino e hanno tutta la notte davanti.

Michael afferra la giacca, si tira Alex contro e gli sfiora un orecchio con le labbra.

"Il programma era questo…" e la giacca scivola via senza sforzo.

  
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