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La guerra civile era appena finita, Seripa era dall'altra parte del campo rispetto a dove, poco prima, aveva visto Toma. Si chiedeva semmai avesse avuto l'occasione di rivederlo e in quel momento che finalmente ne aveva l'occasione aveva paura. Paura perché si sa che la guerra porta morti, si sa quanto crudele possa essere e quanto facilmente chiunque possa sparire con un semplice schiocco di dita, difatti non riusciva a muoversi, se ne stava lì a fissare Kale che teneva per il polso il Principe Vegeta, un tale affronto che stenteva a credere fosse vero.
Rimase lì a guardare il leggendario Super Sayan esser fronteggiato da un normale soldato comparso quasi per scherzo da un giorno all'altro, fu stupita nei suoi confronti, nonostante ciò non riusciva a veder altro che quella luce giallognola intorno al corpo del più piccolo dei due.
Quando riacquistò il movimento, si mosse di lato per poter correre nella direzione opposta e andare nella zona di Toma, con le gambe tremanti dallo sforzo, le dita che a stenti ubbidivano al comando, lo vide in piedi e ringraziò il Kaio che lui lo fosse, anche se ciò non significasse una buona prestanza fisica. Anche lui guardava il Principe, anche lui sbigottito dalla situazione, anche lui forse terrorizzato e impossibilitato dal muoversi perchè la paura aveva bloccato ogni cosa, perchè l'idea che Seripa fosse morta lo aveva fossilizzato in una posizione di difesa, pronto a tutto ma con gli occhi fissi e concentrati sul Principe.
«Toma!» urlò la ragazza.
Toma si voltò, ebbe quasi l'impressione che stesse piangendo dalla gioia, ma lui non piangeva mai, era impossibile.
La guardò ancor più sorpreso della piccola sorpresa avuta poco prima dal piccolo Vegeta, la guardò come si guardano poche cose siccome per lui quelle stesse erano le più importanti.
«Seripa, pensavo che tu...»
Non continuò la frase, un'immagine di lei morta gli tagliò la lingua con tutti suoi voleri. Ne era così intimorito che per un minuscolo attimo il viso della donna venne sostituito con il suo stesso viso, ma coperto di troppo sangue, troppa sofferenza per esser ancor in vita.
Seripa non parlò, rimasero a una distanza adeguata che ne descriveva chiaramente quanto quel dolore nei loro occhi, nella loro mente, stesse raccontando; questo finché non sorrise e gli corse incontro facendo si che l'altro non si rilassò da quella posa per accoglierla tra le braccia: non si dissero niente una volta faccia a faccia, imbarazzati si sorrisero dato che la consapevolezza di esser troppo vicini si stava facendo largo nella razionalità del momento.
Ciò non fermò Seripa dal rompere ogni barriera creatasi tra loro e baciarlo, sperando poi fosse ricambiato; quando poi sentì le sue labbra ricambiare quel gesto, si chiese solo una cosa: da quanto tempo, entrambi, stavano aspettando quel momento?