La notte non era rassicurante e non rispondeva a quelle domande che Haruki si faceva, anzi, le luci della notte illuminavano ancor più ciò che nei suoi occhi era ben chiaro.

11 anni dopo...
(HakkaixMitsuya)

Dean è un ragazzo problematico con alle spalle una famiglia di tossicodipendenti, questo lo porta a sfogare la sua rabbia repressa contro chiunque gli dia fastidio, in particolare con Castiel Novak.
Dean, appassionato di musica, crea una band in cui sfoga tutte le parole non dette al padre ed inizia a conoscere parti del suo carattere che neanche lui sapeva di avere.
D'altro canto Castiel è un ragazzo normale e con qualche hobby che lo portano ad essere un pò isolato dal resto del mondo. Fu adottato da una famiglia amorevole e simpatica ed è stato salvato da diversi avvenimenti successi durante il periodo d'infanzia nelle case famiglia.
Dolore che si unisce a dolore.
Castiel darà tranquillità a Dean e Dean riuscirà a sboccarlo dalla sua timidezza?

«Pensare che fino a qualche anno fa si prendevano a pugni.» sospirò Connie. «Eren ha fatto proprio un miracolo con la pace tra le nazioni.»
Armin si mise a ridere e guardò il cielo, guardò quel gabbiamo che ora stava abbassando quota per poi fare un garrito che avrebbe sentito chiunque, in particolar modo Armin che gli era a qualche metro di distanza. Sorrise.
«Si, ha fatto proprio un miracolo.»

Voltò lo guardo a guardarli, avevano vinto l'ennesimo scontro e si sentiva più stanco che mai, più dolorante, e il metallico sangue sulle labbra non aiutava così tanto alla nausea di averne ingoiato tant'altro, così decise di alzarsi - sentì una fissa sulla schiena nel farlo - e seguire l'esempio di molti altri membri della Toman, ovvero tornare a casa o qualsiasi altra parte che non sia quel parcheggio desolato chissà dove.

«Lo so che non è facile qui per noi, ma... se vorrai, potremmo trasferirci ovunque tu voglia, ti seguirei ovunque. Ti seguirei anche se tu diventassi uno spietato assassino...» sussurrò e baciò di nuovo la sua fronte. «Ovunque sarebbe perfetto con te.»

Goku aveva ragione, non era facile dirlo in un luogo dove un minuto equivaleva a sei ore e non era neanche facile tenere il conto di ciò se si aveva di fronte il Principe dei Saiyan affannato e sudato che sfilava via la maglia gettandola con un tonfo al suo fianco: lo vide mettersi di nuovo in posizione, non badando al fatto che la battle-suit aveva del tutto nascosto, o compresso, un taglio sul fianco dato dal calcio che gli aveva ricevuto qualche minuto fa.
Sanguinava, ma non sembrò badarci.

E se rimanessero bloccati in ascensore... per sei ore?
La storia racconta il processo di "autodistruzione" di Goku e Vegeta nel rimanere ad un forzato stretto contatto per sei ore in un ascensore che non permette loro di muoversi senza urtare l'altro.

Mi sarebbe mancato lui.
L'avevo odiato così tanto in tutto quel tempo e solo alla fine mi resi conto che se non ci fosse più stato ne avrei sentito la mancanza.
Ma non faceva nulla, in fondo anche lui era morto.
Ci saremmo ritrovati all'Inferno... giusto?

«Toma!» urlò la ragazza.
Toma si voltò, ebbe quasi l'impressione che stesse piangendo dalla gioia, ma lui non piangeva mai, era impossibile.
La guardò ancor più sorpreso della piccola sorpresa avuta poco prima dal piccolo Vegeta, la guardò come si guardano poche cose siccome per lui quelle stesse erano le più importanti.
«Seripa, pensavo che tu...»

Era tutto così strano con lui, in quelle stanze a non parlare di nulla, a rimanere abbracciati a fumare sigarette e pensare ad un piano per arrivare al traguardo prima di chiunque altro, a pensare quanto fosse strano esser mezzi nudi su un letto con il proprio migliore amico posato sulla spalla ed io ad avvolgerlo, posando la mano sul suo ventre: se solo qualcuno avesse visto avrebbe pensato ci fosse qualcosa tra noi, non per forza una relazione, ma qualcosa che non riuscivamo ad accettare.

Dopo qualche minuto, fui io ad avvicinarmi a lui ed io a concludere quello che stava iniziando poco prima. Mi misi sulla punta dei piedi e gli scioccai un bacio sulle labbra morbide.
Questa era la vita normale che entrambi volevamo iniziare...

[Eruri - Attack on Titan]
[Richiesta]
Prendo un grosso respiro e mi alzo, ti copro di nuovo il viso e nascondo quegli occhi velati di nero, per poi spostarmi di qualche passo e fare il saluto, ora e sempre offro il mio cuore alla patria e a te: anche se ora ti odio, anche se ti ho detto quelle cose, anche se non avrei mai dovuto accettare quel patto per potermi risparmiare questo dolore.
Una scelta senza rimpianti, mi dico, ma il mio rimpiato sei tu, il mio rimpiato è stato averti lasciato andare ad un destito che non meritavi.

[Bennota - Raiting rosso solo perchè ci sono scene/pensieri che possono urtare.]
Mi sento perennemente giù di morale e nessuno può aiutarmi, mi sento solo, mi sento così vulnerabile, mi sento come se ogni pezzo del mio corpo cadesse a terra e suonasse come un macigno da un burrone, ma nel contempo facesse così poco rumore agli occhi degli altri: ora come ora posso solo sentire, percepire, che quelle che mi stavano toccando erano le mani di Mike e che mi stava strattonando pesantemente. È tutto così confuso ed offuscato che forse proprio in questo disordine riesco a trovare un po' di quiete dai miei pensieri.
Sento il suono sordo di uno schiaffo buttato in pieno viso, eppure non sento dolore. Sono un ameba che fissa Mike negli occhi scuri e ci si perda dentro perché chissà cosa posso vederci. Lo sento urlare qualcosa di ovattato, lo sento persino ridere tristemente, ma niente viene a paragonato ai singhiozzi del suo pianto che finiscono dritti nel mio stomaco, torcendolo.