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Autore: FreddyOllow    14/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick guardava dalla finestra la marea di zombie che marciavano lungo la via. All'orizzonte, sopra i tetti degli edifici, un bagliore rossastro irradiava il cielo. L'alba era vicina. Non sapeva se restare o andare al dipartimento, così si sedette sul divano in soggiorno.
Zoey uscì dalla cucina con una tazza di caffè fumante in mano. "Vuoi un po' di caffè?"
"Sì, grazie."
La donna posò la tazza, ne prese un'altra e ci versò del caffè. "Tieni."
Nick lo sorseggiò, pensando al da farsi. "Se ti dico che c'è un posto sicuro, verrai con me?"
"E mio fratello?"
"Certo, anche lui verrà."
Zoey ci pensò un momento. "Dov'è questo posto?"
"La centrale di polizia" rispose Nick, bevendo un sorso. "Sono un poliziotto. Lì sarete al sicuro."
La donna lo guardò con astio. "No, grazie."
Nick si accigliò, confuso. "Perché?"
"Perché? Mi prendi in giro? Uno dei tuoi colleghi ha quasi ucciso una mia amica. Anzi, l'ha uccisa lui. Le ha sparato a una gamba mentre fuggivamo. Poi uno zombie le ha vomitato addosso."
"Ti riferisci a Olga?"
Zoey incrociò le braccia. ""Sì, Olga. La SWAT non era qui per aiutarci, no? Ci avevano detto di allontanarci dal posto di blocco, di stare in fila, poi hanno iniziato a sparare sulla gente."
"Io... io non ne sapevo niente. Non faccio parte della loro divisione. Sono solo una recluta della polizia."
Zoey posò la tazza sul basso tavolino. "Quindi? Se veniamo con te, ci uccideranno di sicuro. Siete tutti uguali, voialtri. Magari salveranno te, ma uccideranno me e mio fratello."
"No, non succederà. Sono sicuro che la polizia non c'entra niente con questa storia."
Zoey serrò gli occhi. "Come fai a esserne sicuro?"
"Non lo so, ma voglio credere che sia così. Sono bravi poliziotti. Non farebbero mai una cosa del genere."
"Beh, gli SWAT l'hanno fatta." La donna si alzò e se ne andò in cucina.
"Nick, giusto?" chiese Joey, appoggiato sotto l'arco del soggiorno.
L'uomo si voltò. "Stavi origliando?"
"Mia sorella è ancora scossa. Devi scusarla. La SWAT non è stata molto amichevole."
"Non preoccuparti."
"Avete delle armi alla centrale? Ma certo, che dico. È una centrale di polizia, dopotutto."
"Lì sarete al sicuro."
"Forse sì, forse no. Chi lo sa." Joey andò alla finestra e guardò in strada. "Come faremo a superarli?"
Nick lo raggiunse. "Troveremo un modo."
"Hai qualche idea in mente?"
"No, ma non credo che tutte le strade siano infestate."
"Non puoi esserne sicuro."
"Allora passeremo dai tetti."
Joey lo guardò. "Non raggiungeremo mai la centrale in questo modo."
"Tu hai un'altra idea?"
Joey sorrise. "Sì, le fogne."
"Cosa? Vuoi passare da lì sotto? Non credo sia una buona idea. Potrebbero essere anche lì sotto."
"Non credo. Le fogne passano sotto la centrale di polizia. Basta seguire i canali e ci arriveremmo senza problemi."
Nick ci pensò un momento. "Come faremo ad entrare? Come farai a non perderti là sotto?"
"C'è un tombino nel cortile dietro l'edificio" disse Joey. "Entreremo da lì. Gli zombie non possono arrivarci per via della recinzione. E poi non ci perderemo, fidati."
"E con tua sorella come la mettiamo? Non credo che verrà."
"Lascia fare a me." Si allontanò.
Nick fece un sorso, seguito da una smorfia, il caffè si era raffreddato.


 

"Quindi sei Pete?" chiese Jill Valentine, una volta entrati in un bar. "Brad mi ha parlato di te."
"Spero bene" rispose Pete.
"Molto bene. Mi ha detto che sei l'unico a batterlo a freccette."
"E lui che fa schifo a quel gioco" sorrise Pete. "Comunque mi dispiace che Irons abbia chiuso la S.T.A.R.S."
Jill serrò gli occhi, infastidita dal ricordo. Stava per parlare, quando udirono un tonfo alle loro spalle. Uno zombie si trascinava fra i tavoli e le sedie sparse sul pavimento. Jill sguainò il pugnale e glielo conficcò nel cranio.
Nel frattempo, una dozzina di non-morti si stavano ammassando davanti alla porta del bar. Cominciarono a tartassarla di pugni, a rischiarci sopra le unghia. Il frastuono dei gemiti attutiva ogni rumore.
"Sembra che abbiamo compagnia" disse Jill. "Aspettate qui. Vado a controllare l'uscita di servizio."
Megan si strinse sotto il braccio di Pete e lo guardò. "Siamo circondati?"
"Non lo so."
"Scusami per prima. Avevi ragione."
"Su cosa?"
"Non dovevamo prendere la macchina. Se ti avessi ascoltato, ora saremmo al sicuro nei boschi."
"Non pensarci."
"È tutta colpa mia."
"Non fare così. Forse alla centrale saremo al sicuro."
Megan sospirò. "Non è meglio lasciare la città?"
"Sì, ma non sappiamo quanto sia grave la situazione. Magari lì è tutto sotto controllo."
"Ho un brutto presentimento. Lasciamo la città."
Jill tornò dieci minuto dopo. "Via libera. Seguitemi."
"Aspetta!" disse Pete. "Sei diretta alla centrale di polizia?"
"Esatto. Ho delle faccende da risolvere."
"Quali?"
"Affari personali" rispose Jill, un poco irritata. "Allora? Volete venire?"
"Forse è meglio lasciare la città" aggiunse Megan.
"Ci sono troppo posti di blocco. Non andrete molto lontano. Gli SWAT hanno sigillato le strade principali. E gli zombie sono dappertutto. Ho saputo che l'esercito ha creato un cordone difensivo attorno alla città. Nulla esce o entra senza un permesso. Non ne sono sicura, ma è meglio non rischiare."
Megan si sentì mancare le gambe per il malessere. Aveva sperato fino all'ultimo di sentire buone notizie, invece la situazione non faceva che peggiorare.
Pete la strinse forte. "Ehi... va tutto bene. Vedrai, ce la faremo. Jill sa il fatto suo, credimi. È una tipa tosta."
Per Megan quelle parole non significavano nulla. Non la conosceva, non sapeva niente di lei.
"Grazie per le belle parole," disse Jill "ma ora dobbiamo muoverci."


 

Marvin posò la pala sul terreno. Il sole filtrava fra le colonne di fumo nel cielo e un leggero venticello soffiava da oriente. Sentì lo stomaco brontolare.
Benjamin si fece il segno della croce. "Riposa in pace."
"Grazie per la preghiera" disse Marvin.
"Tutti ne meritiamo una." Guardò il cielo. "Sta facendo giorno. Torniamo dentro."
Una volta nel magazzino, proseguirono nel corto corridoio, poi sulla passerella che correva lungo le quattro mura dell'officina invasa dai non-morti.
Benjamin si fermò e posò le mani sul corrimano. "È tutta colpa mia..."
Marvin guardò giù. Dozzine di zombie barcollavano e sbattevano fra loro. Altri ne entravano dalla saracinesca aperta. Un'acre odore di sangue e putrefazione impregnava l'aria. "Ehi" disse Marvin, posandogli una mano sulla spalla. "Non potevi saperlo. Non è colpa tua."
"Lo so... E solo che..." Benjamin si ammutolì. "Per me erano come una famiglia. Molti di quei ragazzi erano usciti di prigione. Volevano solo dimenticare il loro passato, ricominciare una nuova vita..."
I non-morti si fecero più irrequieti e si ammassarono sotto la passarella, allungando le putride mani verso loro.
Il tenente si accigliò. "È meglio andare."
Benjamin annuì.
Proseguirono sulla passarella ed entrarono nell'ufficio. Una piccola stanza che puzzava di grasso di motore e benzina. La fioca luce del sole entrava timida dall'unica finestra.
Benjamin andò dietro la scrivania disordinata e cercò qualcosa fra le carte. "Dov'è, maledizione? Dov'è?"
Marvin si limitò a guardarlo.
"Dai un'occhiata in quell'armadietto. Ci devono essere le... le chiavi."
Il tenente lo aprì, ma non trovò nulla a parte una Beretta, un berretto con su scritto I Love RC e una foto di Benjamin insieme a una donna anziana, forse sua madre. "Niente. Nessuna chiave." Si chiese se l'uomo avesse il porto d'armi per quell'arma.
Benjamin si fermò a pensare. "Cazzo! Devono essere nell'officina. David le avrà prese per... Non mi ascolta mai. Mai! Gli ho detto mille volte di non prenderle, di non scendere là sotto."
Marvin non capiva. "Là sotto, dove?"
"Nelle fogne. Le usava per spostarsi."
Marvin alzò un sopracciglio, incredulo. "Cosa? Davvero passava da là sotto?"
"Era un po' suonato, ma non gli piaceva rimanere imbottigliato nel traffico. Lo faceva incazzare."
"Non so se era un genio o..."
"Era sveglio, credimi" disse Benjamin con un sorriso. "Il più sveglio della mia officina. Aveva una dote naturale per le auto..." Abbassò gli occhi, affranto. "Se fosse ancora vivo, avrebbe trovato un modo per farci uscire da questa situazione. Era davvero in gamba..."
"Abbiamo già una via di fuga" rispose Marvin.
"Parli delle fogne? Non sono sicuro che siano, come dire, sicure. David mi aveva detto di aver visto qualcosa là sotto. Hai presente gli alligatori? Beh, ha detto di aver visto qualcosa di simile."
Marvin smorzò una ghigno, divertito. "Un alligatore? È solo una leggenda metropolitana. Nulla di più."
"Beh, dovevi guardare i suoi occhi. David ne era davvero spavento, credimi."
"Però continuava a usare le fogne per spostarsi."
"Te l'ho detto, era suonato." Benjamin raggiunse l'armadietto e afferrò la berretta. "Se incontriamo quel... quel coso potrà tornarci utile. Tienila tu. Io ho questa." Indicò la Glock legata alla cintura con lo sguardo.
Marvin prese la beretta e la osservò per un attimo. "Hai un porto d'armi per queste armi?"
Benjamin lo guardò, perplesso, poi sorrise. "Certo. Come credi abbia fatto a gestire l'officina in un quartiere come questo? Queste servono a spaventare i bastardi. Non le ho mai usate, per fortuna. Vuoi vedere il porto d'armi, signor poliziotto?" chiese con un sorriso, divertito.
Marvin scosse la testa, ricambiando il sorriso.
"In mancanza delle chiavi, possiamo sparare alla serratura" aggiunse Benjamin.
"Non è detto che funzioni" rispose Marvin.
"Meglio provare, no?"
Uscirono dall'ufficio e seguirono la passerella, che li condusse nel magazzino. C'era una porta di ferro vicino a delle pedane di ferro.
"È questa?" domandò Marvin.
"Sì, ora dobbiamo scendere la tromba delle scale."
Quando aprirono la porta e scesero i gradini, due non-morti vagavano nel pianerottolo.
Benjamin sparò loro in testa. Subito i gemiti e i colpi sulla porta aumentarono d'intensità. Mentre continuavano a scendere, la porta venne giù e un'ondata di non-morti si riversò dall'entrata. I primi, nel girare, caddero sul pavimento e furono calpestati da quelli dietro.
"Merda!" disse Benjamin. "Ora possiamo dire anche addio alle fogne."
"Su, torniamo di sopra" rispose Marvin, salendo i gradini.
Benjamin restò fermo e cominciò a sparare agli zombie che indossavano una tuta grigia da meccanico.
"Che stai facendo?" gridò Marvin, assordato dai gemiti. "Non sprecare i proiettili. Andiamo!"
Benjamin non lo sentì e continuò a sparare, scegliendo con cura il bersaglio.
Marvin scese e lo strattonò per la tuta. "Andiamo!"
"Sì, ok, va bene, va bene" disse Benjamin, guardando gli zombie con la tuta da meccanico strisciare sui gradini.
Giunti nel magazzino, Marvin posò la schiena contro la porta e Benjamin andò alla ricerca di qualcosa per bloccarla. Afferrò una pesante cassa e la posizionò ai piedi della porta. I non-morti cominciarono a tempestarla di pugni e testate.
"Prendine un'altra" disse Marvin. "Fai presto! Non riuscirò a reggere a lungo."
"Lo so, lo so!" rispose Benjamin.
Quando l'uomo fece per prenderne un'altra, Marvin venne sospinto in avanti e cadde sul pavimento. Due zombie cercarono di entrare nello stesso momento e rimasero incastrati sotto lo stipite.
Benjamin lasciò partire un colpo, spaventato. Centrò la caviglia di un non-morto, che cadde in avanti.
Il tenente scattò in piedi e puntò la pistola. Una decina di zombie si riversarono nel magazzino, calpestando il non-morto caduto a terra.
"Scappa!" gridò Marvin, ma Benjamin non lo udì per i forti gemiti.
Altri non-morti entrarono nell'ingresso e li divisero.
Marvin fece per premere il grilletto, ma si fermò. Poi si lanciò verso la porta e uscì fuori dal magazzino. Proseguì nel giardino e corse lungo la passerella che serpeggiava fra gli edifici. Quando arrivò vicino alla scala dove era stato salvato da Benjamin, una dozzina di zombie barcollavano vicino ai gradini. Quelli non si accorsero di lui, finché si girò e tornò indietro.
Giunto nuovamente nel giardino, sentì gli zombie tartassare di pugni la porta da cui era uscito. Si guardò intorno spaventato e salì nuovamente sulla passerella, fermandosi dopo pochi passi. Non sapeva cosa fare o dove andare.
Uno zombie infranse la finestra e restò impagliato nel vetro del telaio. I primi non-morti che aveva visto ai piedi della scala svoltarono l'angolo della passerella.
Stava per sparare, quando udì la passerella cigolare e crollare. Si ritrovò a cadere nel vuoto insieme agli zombie, la beretta gli volò di mano. Il non-morto che era incastrato sullo stipite della finestra, cadde di sotto e si sfracellò il cranio su un tondino di ferro. Gli zombie, che erano caduti insieme al tenente, si alzarono lentamente.
Marvin si issò in piedi un poco frastornato e si mise a cercare la pistola.
D'un tratto la porta del magazzino si spalancò. Tre zombie cascarono nel vuoto e si schiantarono ai suoi piedi. Pezzi di cervella, cranio e sangue gli schizzarono i pantaloni e le scarpe.
Lasciò perdere pistola e corse lungo lo stretto vicolo, sbucando in strada senza rendersene conto. Altri non-morti vagavano nella via. Diversi spartitraffici di cemento e una recinzione di metallo ostruiva la strada a senso unico. Una dozzina di zombie erano dietro la rete e la smuovevano con le dita putride. Alcuni cercavano di arrampicarsi.
Alle loro spalle, centinaia di non-morti. I loro gemiti erano cosi assordanti, che il tenente dovette coprirsi le orecchie per il fastidio.
Una ventina di loro stavano vacillando verso di lui e altri ne uscivano dal vicolo. Marvin si diresse verso una tavola calda dalle finestre infrante. La porta socchiusa dell'ingresso era ostruita da un'auto posizionata di sbieco. Scavalcò il cofano ed entrò nel locale.
Due cadaveri sedevano ai tavoli con le cervella sparse sui muri. Sul pavimento macchiato di sangue rappreso, cinque corpi crivellati dalle pallottole. L'unica illuminazione veniva da sotto la doppia porta in cucina.
Ci entrò, afferrò un grosso coltello trinciante da un bancone e fissò l'entrata. Non sapeva perché rimaneva fermo, ma si sentiva braccato. Restò così per una decina di minuti. Poi comprese che gli zombie non lo avevano seguito all'interno e si rilassò un poco. Ma qualcosa gli diceva che forse era la calma prima della tempesta.


 

Nick e Joey si erano diretti al pianterreno e trovarono l'ingresso bloccato da un divano e alcuni mobili. Tre corpi senza vita erano in un angolo, le pareti tappezzate di sangue e fori di proiettili.
"Chi li ha uccisi?" domandò Nick, guardingo.
"L'uomo del secondo piano, Albert" rispose Joey, indicando con la canna del fucile la tromba della scala.
"Perché? Non sembrano zombie."
"Beh, erano stati morsi. O meglio, quel pazzo credeva che lo fossero."
Nick era confuso. "Spiegati meglio?"
Joey sollevò le spalle. "Quel tipo è pazzo. Non c'è nulla da spiegare. Quando ho sentito gli spari, sono sceso qui sotto e li ho trovati lì. Poi Albert mi ha puntato il fucile. Mi ha detto di parlare, di fargli vedere che non ero uno zombie. Mi ha minacciato di farmi saltare la testa, se non lo avessi fatto."
"Era già messo così male?" chiese Nick.
"Dici prima che scoppiasse il pandemonio? Forse sì. Era un po' ammattito. Non gli piaceva stare con la gente. Mia sorella Zoey era l'unica che, come dire, riusciva a parlargli senza che scattasse male. Ora si è rinchiuso nell'appartamento e non lo vediamo da allora. Forse si è ucciso, non saprei."
Zoey scese la scala. "Joey, ti avevo detto di spostare i corpi."
"E dove li dovevo mettere? Meglio qui, che di sopra."
"Non li hai nemmeno coperti."
"Sono morti. A loro non fa nessuno differenza."
La sorella lo guardò, torvo. "Cinico, come sempre."
Joey sbuffò. Poi si rivolse a Nick. "Vieni con me."
"Dove state andando?" domandò Zoey.
"Fuori. Controlliamo i passaggi fognari."
La donna aggrottò la fronte, sorpresa. "Che ci andate a fare?"
"Dobbiamo lasciare questo posto. Quei canali possono portarci fuori dalla città."
"Ma se non sai nemmeno dove conducano."
Nick lanciò un'occhiata a Joey, ma non disse nulla.
"Non fai altro che darmi contro" disse il fratello, alzando le mani in aria con fare irritato. "Ho trovato un modo per fuggire dalla città. E tu invece di aiutarmi, mi ostacoli."
Zoey serrò gli occhi stizzita. "Devo, visto che non fai altro che cacciarti nei guai."
Nick non sapeva come intervenire. Non aveva fratelli o sorelle, quindi si limitò ad ascoltare, imbarazzato.
"Senti, io vado." Joey aprì la porta e disse a Nick di seguirlo con un cenno della testa.
Percorsero uno stretto corridoio e sbucarono in un piccolo giardino recintato da un'alta staccionata di legno. Superato il cespuglio, Joey si chinò sul tombino. "Ti conviene respirare con la bocca" disse con un sorriso. "Ma non preoccuparti, con la puzza che c'è qui fuori troverai poca differenza."
"Lo spero" rispose Nick non del tutto convinto.
Scesero la corta scala a pioli e posarono i piedi nella melma. Nick fu percorso da conato di vomito e si coprì il naso con l'avambraccio.
Cominciarono a camminare lungo il canale di scolo illuminato da alcuni neon al soffitto.
Nick notò che Joey non aveva fatto alcun cenno di disgusto. Sembrava piuttosto a suo agio. "È la prima volta che scendi qui sotto?"
Joey gli buttò una finta occhiata, sbadata. "Sì, diciamo di sì."
"Diciamo?"
"Ci entravo da bambino."
"Capisco." Nick non gli credeva, ma non forzò il discorso.
Si fermarono in fondo al canale.
Joey guardò a destra. "Se non ricordo male, questo canale porta dritto alla centrale di polizia."
"E quello di sinistra?" Domandò Nick.
"Da qualche parte."
"Dove di preciso?"
Joey lo fissò per un momento. Era a disagio. "Non ricordo." Gli voltò le spalle. "Più avanti c'è una piccola stanza con una mappa dei condotti fognari. Seguiremo quella."
Nick sapeva che stava mentendo. Aveva il sospetto che Joey conoscesse le fogne come i palmi delle sue mani. "Tua sorella verrà con noi?"
"Verrà."
"Non mi pareva convinta. Voglio dire, non mi è sembrata accorrente di ciò."
"Non c'è bisogno" sorrise. "Mi seguirebbe ovunque."
Nick cominciava a innervosirsi per quelle risposte evasivo. "È meglio aspettarla qui."
Joey si voltò e si posò il fucile su una spalla. "Sono suo fratello. Non partirei mai senza di lei. Voglio solo accertarmi che ci sia la mappa prima di partire."
"Capisco."
Joey imbracciò il fucile. "Bene. Seguimi."


 

Jill, Pete e Megan avevano raggiunto un posto di blocco che bloccava loro il passaggio. Jill si guardò intorno, cercando un punto per entrare. Gli zombie non erano ancora arrivati dall'altra parte, ma decine di cadaveri erano disseminati sull'asfalto, oltre i sacchi di sabbia. Tutte persone crivellate di pallottole. C'erano diverse casse militari vicino a un camion militare, che Jill tentò di aprire. Erano sigillate.
La donna aggrottò la fronte, pensierosa. "Un camion militare, diverse casse militari, ma nessun soldato tra i morti. Mmmh... Mi pare un po' strano."
Pete le si avvicinò. "Credo che questi armamenti siano..."
"Quello è un veicolo datato, ma le casse sembrano di ultima generazione. Si possono sbloccare solo tramite una scheda di riconoscimento."
Pete non capiva. "Cosa vuoi dire?"
"Che le voci sull'esercito erano vere. Hanno davvero creato un cordone difensivo attorno alla città."
"Ma non ne eri già sicura?"
"Ora ne ho la conferma."
"Perché non sono venuti ad aiutarci?"
"È quello che sto cercando di capire" disse Jill, seria.
Megan si limitava ad ascoltarli. Tutta quella sicurezza che aveva sempre avuto nella vita, ora si era liquefatta del tutto. Non riusciva nemmeno a pensare a qualcosa di sensato. Si vedeva davanti agli occhi le facce cadaveriche degli zombie. Un'infinità di zombie. Lei era intrappolata nella macchina e quelli battevano le mani sui finestrini.
Pete osservò i cadaveri in strada. "Non sembrano zombie, eppure li hanno uccisi. Non posso credere che la SWAT abbia fatto una cosa simile."
"È così ovunque" rispose Jill, avvicinandosi alla rete metallica. La smosse con forza e comprese che era ben salda. "Non so perché sparano ai civili, ma vorrei tanto scoprirlo." Si girò verso un negozio di mobili. "Venite con me. Ci muoveremo attraverso gli edifici."
"Vuoi usare i vicoli?" domandò Megan, scacciando i non-morti dalla sua mente.
"Credo sia l'unico modo per spostarsi senza attirare troppo l'attenzione."
Quando raggiunsero l'ingresso del negozio, un fortissimo rumore si levò a pochi passi dalle loro spalle. Una macchina era stata lanciata contro la finestra del primo piano di una palazzina.
"Non di nuovo!" sbuffò Jill con fare irritato.
Si voltarono nella direzione in cui guardava Jill e spalancarono gli occhi, terrorizzati. Un enorme essere con un impermeabile nero era immobile davanti a Jill, il volto deturpato, i denti serrati senza labbra e le spalle massicce. Un occhio sporgeva da sotto la massa di carne contorta e putrefatta. Si mosse lento, deciso, scuotendo il terreno sotto i suoi pesanti stivali neri. Puntava Jill.
"STAAAARS" disse l'orrenda creatura con voce rauca e profonda.
Pete si chiese se quella cosa avesse parlato davvero o se lo fosse immaginato.
"Dai, entrate!" gridò Jill, spingendo Megan oltre la porta.
Pete si fermò sotto la soglia. "Che aspetti, Jill? Vieni dentro!"
Jill gli lanciò una fugace occhiata, poi gli sbatté la porta in faccia.
Il pavimento fremette sotto i loro piedi.
"Ma..." aggiunse Megan, confusa.
Pete si affacciò alla finestra e scorse l'essere camminare sul marciapiede. Mentre Jill fuggiva dall'altra parte della strada, il mostro scattò verso di lei con una tale velocità, che sembrava essersi teletrasportato. Le sferrò un pugno, che la donna deviò. Poi Jill corse dietro un furgone e sparì in un vicolo.
"STAAAARS!"
"Hai visto?" chiese Pete.
"Cos'era quella cosa?" domandò Megan, spaventata.
"Non lo so."
"Lo... lo ha attirato lontano da noi. Ci ha salvati."
"Già..."
Il negozio di mobili non era stato saccheggiato. I due lo attraversarono e si fermarono davanti a una porta di ferro con su scritto solo staff. Pete girò la maniglia e aprì la porta. Subito una mano lo afferrò per l'avambraccio e lo tirò a sé.
"Cazzo!" urlò Pete.
Una faccia scarnificata scattò i denti verso il suo collo, ma lui riuscì a tenerlo distante con le mani. Megan afferrò la scopa accanto al muro e lo colpì in testa con il manico. Lo zombie non mollò la presa, ma afferrò con l'altra mano ossuta la spalla di Pete e cercò di affondargli i denti nella carne.
"Levamelo di dosso! Levamelo!" gridò Pete, cercando di divincolarsi dalla presa.
Megan iniziò a tempestare di colpi la testa del non-morto, finché il manico si ruppe e la parte superiore gli rimase piantata nel cranio.
Lo zombie crollò a terra.
Pete indietreggiò, tenendosi una mano sull'avambraccio arrossato. "Cazzo! Ci è mancato davvero poco..."
"Stai bene?" chiese Megan, fissando l'impronta della mano lasciata dal non-morto.
"Sì... sì sto bene."
Megan gettò sul pavimento il manico rotto.
"Per fortuna ce ne era solo uno." disse Pete, massaggiandosi l'avambraccio. "Se ce ne fossero stati altri..."
"Non dirlo nemmeno."
"Infatti non lo dico."
"Cos'è? Una battuta? Perché non l'ho capita."
Pete roteò gli occhi in aria.
Il retro del negozio era un piccolo magazzino dalla pianta rettangolare. Diversi mobili coperti da un telo di plastica erano posizionati lungo le mura. Un fascio di sole filtrava dall'unica finestra polverosa.
Pete si avvicinò a un tavolo da lavoro e afferrò un martello. "Tieni, Meg. Io prendo l'altro."
"Non dovevo lasciare la mazza in auto."
"Beh, accontenti di questo. Almeno abbiamo qualcosa con cui difenderci."
"Aspettiamo Jill?"
Pete abbassò gli occhi. "Non credo che verrà. Voglio dire, se quel coso la sta inseguendo..."
"Che vuoi dire?"
"L'hai visto, no? Hai visto quanto è veloce? Non credo abbia molte possibilità contro quell'essere."
"Credi sia morta?"
"Non... non lo so. Brad mi aveva detto che era una tipa tosta, e lo è. Lo hai visto anche tu. Nessuno sarebbe stato in grado di deviare quel colpo. Non l'ho nemmeno visto partire."
"Ancora non ho capito perché la stimi tanto?" domandò Megan con una nota di gelosia.
"Lavorava nella S.T.A.R.S" disse Pete. "Tempo fa feci domanda per entrare, ricordi? Beh, sono stato scartato. Soli i migliori sono ammessi. E lei è una delle migliori."
"Ma non avevi detto che l'avevano chiusa o qualcosa del genere?"
"Sì, Irons l'ha sciolta. Ha creato al suo posto la sezione SWAT, e quello che hai visto in giro sono i risultati."
Megan non parlò subito. "Perché l'ha sciolta?"
Pete fece spallucce. In realtà, stando alle voci, la divisione S.T.A.R.S era stata liquidata in fretta e furia da Irons, che non aveva mai fornito un motivo valido circa il suo scioglimento e l'aveva subito sostituita con la sezione SWAT, molto più numerosa e meno qualificata.
Megan doveva restare all'oscuro riguardo i fattacci alla centrale. Se Irons avesse scoperto che lei sapeva qualcosa su di lui, l'avrebbe fatta sparire com'era successo con la segretaria e gli agenti ficcanaso. Non c'erano prove che lo collegassero a loro, ma alcuni sospettavano che ci fosse lui dietro le sparizioni. Anche se Raccoon City era ormai caduta nelle mani dell'esercito di non-morti, Pete non se la sentiva di rischiare. L'ignoranza le avrebbe salvato la vita.

   
 
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