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Autore: Rosette_Carillon    14/02/2022    1 recensioni
[ Post Spiderman: no way home ]
Tutte le persone che conosceva, che ha amato, ormai non fanno più parte della sua vita. Chi è morta, lasciando un vuoto dentro di lui, e chi non lo ricorda più.
Infondo, pensa Peter, è giusto così. Preferisce essere solo, piuttosto che mettere in pericolo chi lo circonda.
Eppure, se qualcuno si ricordasse di lui... se MJ si ricordasse di lui...
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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Capitolo 6
                                             
 Deck the halls
                                                                           
 
 
 
 
 






 
È Melina ad aprire la porta, il volto illuminato da un dolce sorriso. La stringe in un abbraccio, e Natasha non può fare a meno di ricambiare.
La sua stretta e più rigida rispetto a quella della madre.
Ci sta provando, ci sta davvero provando a lasciarsi andare e godersi le feste, ma non è facile.
<< Sono così contenta che tu sia qui, >> mormora Melina << pensavo davvero che non ce l’avresti fatta. >>
Sanno entrambe che uno dei motivi per cui Natasha si tiene ancora a distanza  da lei è perché, infondo, non è ancora riuscita  a perdonarla del tutto per la sua infanzia rubata, ma preferiscono tacere a riguardo.
Sta lavorando anche su quello.
<< Nessuna minaccia per il mondo all’orizzonte, >> scherza Natasha, non senza provare una punta di amarezza. Si sono appena riviste dopo mesi, e già si mentono a vicende, e ne sono entrambe consapevoli << posso prendermi qualche giorno di vacanza. >>
Melina annuisce felice, lasciandola andare << vieni, entra, >> la invita, aiutandola a togliersi la giacca. << Come stanno gli Avengers? >> chiede poi, e quella domanda suona così tanto da…mamma, che Natasha rimane interdetta per un momento.
<< …tutto bene, >> mormora poi. Prima di rispondere le viene in mente Peter: è un po' che non ha sue notizie, l’ultima volta che l’ha visto è stato nella foto di un articolo che ha letto su internet durante il viaggio in aereo.
Melina la osserva con attenzione << non mi sembri convinta. >>
Natasha si stringe nelle spalle << è solo – che diavolo è successo qui? >>
La ghirlanda fuori dalla porta avrebbe dovuto già farle immaginare qualcosa, ma quello…
<< Oh, ehm… >> comincia l’altra donna, divertita << Yelena, >> dice poi semplicemente, e quella, per Natasha, è una spiegazione più che valida.
Il salotto è occupato da un imponente albero di Natale, decorato con lucine dai mille colori, brillanti sfere colorate, ghirlande e una punta dorata. È talmente bello e colorato che sembra uscito da un libro di fiabe.
Sembra quasi di essere entrata in un bosco.
Ci sono ghirlande sui mobili e sul camino. Numerose candele spente sono sistemate in eleganti candelabri argentati.
Tovaglie e centrini sono di colore rosso, o verde scuro.
Su una poltrona c’è una coperta con una stampa di renne.
Dalla cucina proviene un invitante odore di carne, e il battere ritmico di un coltello.
<< Yelena mi stava aiutando a cucinare, Alexei è fuori a prendere la legna per il camino. >>
<< La legna per il camino, >> ripete Natasha. Yelena ha davvero fatto le cose in grande.
Melina ride. << È davvero bello averti qui, >> le accarezza dolcemente il volto, poi gira verso la cucina << Yelena!  твоя сестра здесь! * >>
Sorella.
Sorella.
Le piace quel ruolo.
Si sentono colpi in cucina, seguiti da urla di gioia. La porta viene spalancata, e Yelena corre fuori.
Natasha se la ritrova addosso prima di potersene rendere conto.
<< Sei qui!!! Sei venuta, sei venuta!!! Lo sapevo che saresti venuta. >>
<< Cosa ti sei messa addosso? >>
<< Come ‘cosa’? Non vedi? >> si allontana << è un maglione natalizio! Ti piace? >>  esclama orgogliosa.
Il maglione in questione è verde smeraldo, decorato con stampe di fiocchi di neve e il muso di una renna al centro. È imbarazzantemente orribile.
Natasha sorride << ti sta bene. >>
<< Lo sapevo! >>
 
                                                                                 §
 
<< Wanda? >>
La donna apre gli occhi, e incontra lo sguardo di Visione.
<< Va tutto bene? >>
Lei esita prima di annuire, poi abbassa la testa a disagio.
Visione allunga gentilmente una mano nella sua direzione e, con attenzione, le solleva il volto per farsi guardare. << Wanda? >>
La stanza è immersa nella penombra di un pomeriggio morente. Il sole non è ancora tramontato, ma ormai manca poco, e sono solo quegli ultimi raggi che tingono il cielo di rosa a illuminare la stanza che Wanda condivide con Visione.
<< S-scusami…e-era solo un sogno, >> le trema la voce. Si era addormentata per cercare di riposarsi, di recuperare le ore di sonno che perse le notti precedenti, ma era stato inutile.
<< Uno brutto? >>
<< No. >> No, non era brutto. E quella, forse, era la parte peggiore.
Era stato un sogno sereno come non ne faceva da tempo, ma le aveva messo addosso una pesante angoscia che non sapeva definire.
Si passa una mano sul volto, chiudendo gli occhi, e cerca di concentrarsi sulle immagini del sogno per cercare di capire.
Appena si era sdraiata sul letto, era sprofondata in un sonno profondo, e la sua mente aveva deciso di darle tregua. Poi aveva cominciato a vedere stralci di scene, immagini senza senso che si susseguivano sempre più rapidamente. Aveva sentito voci, suoni distanti.
Il ricordo di quelle scene sta iniziando a svanire, ma riesce ancora a vedere chiaramente una casa, una serena cittadina di provincia.
In quella casa abita una famiglia. Lo sa e basta, così come sa che quella famiglia è la sua.
Ricorda una cameretta da letto con due culle, le pareti tinte di un tenue verde pastello. C’erano dei giochi in quella cameretta, ma non riesce più a metter a fuoco quel ricordo.
Era certamente arredata per neonati, ma non somigliava affatto alla stanza che aveva condiviso, anni prima, con Pietro.
Sente una voce che canta una ninnananna, una ninnananna che lei conosce, ma di cui non riesce a ricordare le parole.
La voce di Visione la chiama nuovamente, e il sogno svanisce completamente dalla sua mente.
<< Ho paura, Visione >> mormora, cercando le sue mani << mi sta succedendo qualcosa…non capisco e- >> sente le sue mani venire avvolta da una stretta calda e gentile. << I miei poteri, >> continua << è come se non fossi più io a controllarli, >> cerca di spiegare, << come se- come- >>
<< Temo di non poterti aiutare in questa situazione, >> comincia lui, pacato << non comprendo la magia. Tuttavia… hai pensato di rivolgerti al dottor. Strange? >>
No, non ci aveva pensato, e si sente davvero stupida.
Quella consapevolezza la fa sentire più leggera. Dopotutto, non è sola.
Visione si accorge dell’effetto delle sue parole e, soddisfatto, prende delicatamente il volto della donna fra le sue mani << andrà tutto bene, >> mormora.
 
                                                                             §
 
<< Mi dispiace, >> sospira la donna.
<< Non importa, >> MJ si stringe nelle spalle.
<< No, non- >>
<< Mamma, va bene. Non sono una bambina, non serve che ti preoccupi. >>
A lei il Natale non è nemmeno mai piaciuto. Non le importa se sua madre dovrà lavorare in quel periodo, non le importa se in quei giorni avrà di turni che quasi non le permetteranno di tornare a casa.
Non importa.
<< Michelle, non puoi restare sempre da sola. Cosa fai tutte quelle ore chiuse in casa? >>
<< Mamma, >> sbuffa lei.
La donna non si arrende: vuole una risposa. << Perché non ti trovi qualcosa da fare? >> continua poi << se vuoi cercare un altro lavoretto va bene, così fai esperienza e per l’università- >>
MJ la interrompe: non ha nessuna voglia di parlare di quello. Le ha già detto, più volte, che non vuole andarci all’università.
Perché, che altro potrebbe dirle, se non che non l’MIT non le interessa più?
Non è vero, pazienza, non è necessario che sua madre lo sappia.
<< Vuoi sprecare così la tua vita? Lavorando in tutte le caffetterie di New York? Al liceo eri così brava, avevi voti alti… >>
MJ distoglie lo sguardo. Quello è un colpo basso: sua madre nemmeno voleva che lei si iscrivesse al Midtown.
<< MJ! >>
<< Non sei in ritardo per il lavoro? Dovresti andare. Dai, vai. >>
La donna vorrebbe continuare quel discorso, ma è davvero in ritardo. Con un sospiro di rassegnazione saluta la figlia prima di uscire.
MJ resta sola nell’appartamento che condivide con sua madre, ed è immersa in quella solitudine che decide che, finalmente, è arrivato il momento di liberarsi della giacca di Peter.
Non può continuare così, deve vivere la sua vita, la vita che ha scelto di vivere e, se Peter non la vuole più nella sua, pazienza.
Se ne farà una ragione.
Se lo ripete più volte durate il tragitto che la porta fino a casa del ragazzo, per darsi sicurezza.
Una volta arrivata a destinazione, però, quella sicurezza vacilla.
Solleva la mano per suonare il campanello.
È decisa, ha fatto tutta quella strada e ha portato la giacca con sé: sarebbe davvero stupido rinunciare proprio ora che è davanti all’ingresso del palazzo.
Però è ancora in tempo. Non l’ha vista nessuno, potrebbe tranquillamente andarsene e-
<< Ehi, devi entrare? >>
Si volta, richiamata da quella voce femminile, e fuggire via diventa immediatamente la decisione migliore.
È la ragazza che ha visto giorni prima con Peter. È lei, ne è certa.
<< Oh, sì, >> risponde, invece, stupida da sé stessa.
<< Sei l’amica di Peter Parker, vero? >> continua l’altra, infilando le chiavi nella serratura del portone.
E tu sei una stalker? Vorrebbe chiedere MJ, ma si trattiene.
<< Scusami, è che ti ho vista qualche volta… io sono la sua vicina, >> entra nel palazzo tenendo la porta aperta per MJ e le tende una mano << Felicia Hardy, >> si presenta con un sorriso.
<< Michelle Jones, >> risponde lei, ricambiando la stretta.
Salgono in silenzio le scale che portano ai piani superiori.
MJ sente lo sguardo di Felicia su di sé, ma è deciso a ignorarlo. L’ultima cosa che vuole è parlare con lei, magari correndo il rischio di trovarla simpatica.
Vuole odiarla per avere la fortuna di poter passare con Peter tutto il tempo che a lei è negato.
Si salutano con un imbarazzato cenno del capo, e MJ va verso la porta dell’appartamento di Peter.
Si ferma lì davanti, le mani sudate e la gola secca.
Può ancora andarsene, volendo…
No. No, lei non è una codarda.
Prende un respiro profondo e bussa, poi resta in attesa.
Dall’interno dell’appartamento non sente alcun rumore. Aspetta ancora, poi bussa di nuovo.
Forse Peter è uscito a fare l’amichevole ragno di quartiere, pensa, eppure quel silenzio le risulta sospetto.
Forse sta solo diventando paranoica a causa dello stress.
<< Peter? >> bussa ancora. Altri due minuti e poi-
La maniglia si abbassa, e la porta si apre.
 << E-ehi. >>
<< Peter, ciao, >> inizia imbarazzata, improvvisamente preoccupata di essere capitata in un momento sbagliato . << Sono solo passata a renderti- >> in quel momento di accorge dei graffi sul volto del ragazzo, e la giacca e la paura di disturbare perdono importanza  << Peter, che ti è successo? >> quasi spinge dentro l’appartamento senza nemmeno aspettare una sua risposta, e accendo la luce.
Il ragazzo si protegge gli occhi con un braccio e, colto di sorpresa, inciampa sui suoi stessi piedi.
MJ si scusa ripetutamente, poi getta la giacca su una sedia, si toglie lo zaino e la sua giacca. Lo aiuta a sedersi per terra, la schiena contro una parete. Gli prende il volto fra le mani e, spaventata, chiama il suo nome finché lo sguardo di lui non si focalizza su di lei.
<< Che cosa è successo? Peter, rispondimi. Peter- >> gli poggia la mano su un braccio, per attirare la sua attenzione. La solleva subito, sentendo qualcosa di umido e viscoso. << Oh, mio- >> le sue dita sono sporche di sangue. << Sei ferito. >> A causa del rosso della tuta non se n’era accorta subito.
Lui scuote la testa. Vorrebbe rassicurarla: si tratta solo di una ferita, va tutto bene.
Gli intima di farle vedere la ferita, ma lui rifiuta, mugugnando qualcosa riguardo un rinoceronte.
MJ deglutisce a vuoto.
È tanto sangue. Davvero tanto sangue.
Si alza e corre in bagno a prendere un asciugamano. Prende anche delle forbici: Peter la odierà, ma la manica della sua tuta è d’intralcio, e lei non pensa di essere in grado di mantenere il controllo nel trovarsi davanti Spiderman a petto nudo.
Torna da Peter. Si ferma, poi ci ripensa, e prende il telefono del suo zaino per impostare un timer.
Ha deciso che concederà cinque minuti a quella ferita perché l’emorragia si arresti, poi chiamerà il 911.
Si tratta di Spiderman: con i suoi poteri di autorigenerazione cinque minuti dovrebbero essere più che sufficienti.
Si tratta di Spiderman, si ripete quando, quasi otto minuti dopo, dopo aver ignorato il timer, si rende conto che il sangue non si sta fermando, e che non è davvero il caso che Spiderman vada in ospedale, correndo il rischio di far scoprire la sua vera identità.
Deve fare qualcosa, però, e deve farla subito. Prima che Peter muoia dissanguato fra le sue mani.
Il ragazzo ha gli occhi socchiusi, respira ancora, ma è pallido.
Con le mani sporche di sangue, afferra il suo telefono e scorre freneticamente la lista dei contatti. Le mani le tremano, e trema anche la sua voce quando deve parlare.
<< MJ? >> la voce di Strange al telefono è calma e posata, come al solito.
<< Ho-ho bisogno di aiuto. Peter- Peter è ferito. >>
<< Okay… okay… mantieni la calma- >>
<< Come faccio a stare calma con Peter che- >>  “mi sta morendo davanti!” vorrebbe urlare.
<< Dimmi che succede, dove sei? >>
<< Sono a casa sua, sta sanguinando. Non si ferma. C’è tanto sangue- il braccio- >>
<< Okay. Arrivo. >>
Chiude la chiamata e apre un portale.
Dall’altra parte dell’anello dorato vede MJ, inginocchiata per terra davanti a Peter, che gli preme un asciugamano sul braccio.
Entra nell’appartamento, mentre il portale si chiude alle sue spalle.
<< Cosa è successo? >>
MJ si scosta per lasciare spazio a Strange << Peter? Peter mi senti? >> gli prende un polso per sentire il battito.
<< Sto- >> rantola Peter, gli occhi socchiusi.
<< Non provarci nemmeno, brutto stupido, >> sibila MJ << giuro che se non muori questa volta ci penso io- >> continua, le guance rigate di lacrime.
<< Qui non morirà nessuno, >> la ferma Strange. Si guarda attorno riflettendo rapidamente su come procedere << andiamo a fare una visita agli Avengers. >>
A quelle parole Peter apre gli occhi e si agita, ma è troppo stanco per poter obiettare. Vede lo stregone aprire un portale, poi tornare vicino a lui e prenderlo in braccio.
Dall’altra parte del portale c’è una stanza, una stanza molto bianca e luminosa. Ci sono delle persone, sente voci di donne.
Sente la voce di Strange chiamare il nome di Wanda, ma non capisce cosa le dica poi.
La luce lo acceca.
Chiude gli occhi e quando li riapre, si trova sdraiato sopra un lettino in quella che riconosce come l’infermeria della New Avengers Facility.
Alla fine, in un modo o nell’altro, è tornato dagli Avengers.
Con lui c’è anche Marta.
<< Cosa gli è successo? >>
Peter cerca di restare sveglio, ma è difficile. È davvero tanto stanco, e vorrebbe solo dormire. Le ultime ventiquattro ore le ha trascorse sveglio, in giro sui tetti di New York.
Cerca concentrarsi sulle voci dell’infermiera e del medico, e di restare sveglio, ma poi riflette che, forse, potrebbe prendersi almeno quei minuti di pausa, prima di tornare a pattugliare le strade in città.
<< Ferita al braccio causata da arma da taglio…emorragia venosa… -sveglio, Peter? … di -tare sveglio… >>
<< …pressione bassa… >>
<< … l’emorragia… -cora arrestata… altra garza… -ter? Peter?... >>
<< … troppo debole… potere rigenerativo. >>
<< … filo… >>
Qualcosa di morbido gli asciuga il volto dal sudore, mentre i punti al braccio contribuiscono a tenerlo sveglio.
Il caos termina, la voci tacciono e la luce si abbassa.
Sente un dolore sordo al braccio dove sono stati messi i punti, e ha l’impressione di avere qualcosa infilato nell’altro braccio, forse l’ago di una flebo.
<< Forse è il caso di dirlo a Tony, >> mormora poi Stephen Strage, sovrappensiero << quando MJ mi ha chiamato sono andato via senza dire nulla. >>
<< Qui ci penso io. >>
Una porta viene aperta, poi richiusa, e Marta torna nel suo campo visivo. << Peter? >> lo chiama piano, in mano ha flacone blu.
<< Mh? >>
<< Come ti sei ridotto in questo stato? >> chiede  osservandogli il volto << ti disinfetto questi graffi, >> lo informa << questo disinfettante non dovrebbe bruciare. >>
<< Mh, >> riesce a rispondere lui, socchiudendo gli occhi. Non ha tempo per addormentarsi, lo sa, ma è davvero tanto - << MJ? >>
<< Ehi, ehi, resta giù. >>
<< MJ? Dove- ? >>
<< Sta bene, lei sta bene. È con Wanda. >>
Peter annuisce lentamente, e torna a sdraiarsi sul letto.
<< Ora devi pensare solo a riposarti. >>
 
 
 
 
 
 




 
NOTE
*  ‘tтвоя сестра здесь’ ( la pronucia dovrebbe essere tipo: tvoya sestra zdis), significa : c’è tua sorella / tua sorella è qui.





 
  
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