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Autore: vielvisev    14/02/2022    10 recensioni
Hermione Granger è tornata ad Hogwarts in cerca di pace, con il peso e l'aspettativa sulle spalle di essere un eroina di guerra. Hermione Granger però è stanca. Esausta. E al ballo istituito per San Valentino dai professori, nel tentativo di dare un momento di gioia ai loro studenti, si ritrova a fare i conti con sé stessa e le sue incertezze, decidendo infine di sbilanciarsi, e come una vera Grifondoro di fare coraggiosamente per prima un passo in avanti, con la persona che più di tutte, tra le mura della scuola, può capire i suoi tormenti.
***
Dal testo:
“Cosa farai quando finiremo la scuola, Malfoy?”
Lui inarcò appena un sopracciglio, colto di sorpresa per quella domanda.
“Sono schifosamente ricco, Granger” disse infine con un leggero ghigno “Anche con tutti i beni confiscati dal Ministero posso sedermi in cima alle mie ricchezze e rimanere ad osservarti mentre ti affanni per creare un mondo migliore.”
“Molto gentile da parte tua usare il tuo prezioso tempo per osservare me” sorrise morbida la ragazza.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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.AGRODOLCE.




Tornare a Hogwarts era stato un processo agrodolce. 
 Da un lato il castello sembrava lo stesso di sempre, imponente e scuro a troneggiare sui suoi prati e il lago nero, con le sue finestre illuminate nella notte e i corridoi brulicanti di vita. Dall'altro si sentiva ancora l'umidità ferrosa del sangue che era stato versato meno di un anno prima, si intuiva l'assenza di chi non c'era, il silenzio del dolore collettivo ed Hermione Granger, che a scuola vi era tornata con le spalle piegate sotto il titolo di eroina di guerra, ne era perfettamente consapevole. 

 C'era una responsabilità, per lei, anche nella rinascita dalle ceneri di Hogwarts, quel luogo in cui aveva cercato protezione e a cui invece aveva dovuto dare assistenza. C'era un'aspettativa nelle persone che trovava per le sale tanto amate, come se tutti sentissero il bisogno di incrociare il suo sguardo, di avere il suo appoggio per andare avanti, come se tutti fossero in attesa di una rivelazione da parte sua, o dell'ennesimo gesto eroico.
 La verità, però, era che ormai Hermione non aveva più forze, che si muoveva per inerzia, perché dopo un anno vissuto con cibo di scarsa qualità, sonno fragile e poco futuro, dopo la battaglia, la morte, gli incubi e la fine definitiva della sua speranza di godere un po' di spensieratezza, si erano aggiunti anche i comizi con il Ministero, gli incontri di beneficenza, le lettere degli ammiratori e di quelle famiglie di Mezzosangue e Nati Babbani che vedevano in lei una promessa.
Hermione Granger però non voleva essere il futuro, o la promessa, di nessuno. Non voleva essere analizzata in ogni suo gesto ed espressione, non voleva la notorietà e l'aspettativa, gli articoli di giornale e le affermazioni pubbliche. Sicuramente non ora. Non quando non le era utile nemmeno a fare carriera, o a portare avanti qualche causa socialmente utile, non quando era così dannatamente esausta. Così ferita.
E soprattutto, Hermione Granger si sentiva sopraffatta e confusa dal fatto che, dopo aver dato ogni fibra di sé stessa a quel mondo in cui aveva dovuto lottare per sentirsi accettata, le venisse chiesto altro ancora. Altri respiri, altri battiti del suo cuore, altre minuti, ore, giorni, passati ad affliggersi nell''insonnia e l'agitazione, spezzata dall'euforia e poi dalla paura di sbagliare. Agrodolce.

Si sciolse la crocchia elegante dal capo, facendo un profondo respiro nel sentire i capelli liberi dalla costrizione delle forcine, mentre si allontanava con passo tremante dal centro della Sala Grande, gremita di gente, per mettersi in un angolo tranquillo, in compagnia di un calice di vino leggero. Una festa. Una stupida festa. Con abiti, luci, musica e sorrisi di plastica sui volti degli alunni che provavano con tutto loro stessi a divertirsi in modo naturale.
Una festa per cui persino lei si era truccata e preparata come ogni adolescente, o giovane donna, lasciando che Calì le sistemasse le ciglia e Ginny la aiutasse a scegliere quel vestito dai rilessi dorati, che sembrava le fosse stato cucito addosso. Si era vista bella dopo molto tempo, Hermione, e forse per quello aveva accettato di ballare e sorridere insieme ai coetanei, lasciandosi andare alla vita. Almeno un po'. Agrodolce.
 C'erano professori e ragazzi che si mescolavano sotto la volta della sala, resa rosata dalla presenza dei fiori e brillantini che cadevano dal soffitto, svanendo appena prima di posarsi sugli ospiti. C'erano vassoi pieni di leccornie, sorrisi tremuli, musica leggera. C'era una vaga speranza che tutto fosse tornato al suo posto, che cominciava a insinuarsi nel petto dei presenti. Una sensazione in parte bellissima e in parte che terrorizzava fino alle ossa.
Hermione si sforzò di sorridere a chi faceva cenni verso di lei. Si sforzò di non cercare con lo sguardo i punti dove sapeva avrebbe trovato i segni che le maledizioni avevano lasciato sui muri. Si mostrò composta, solo vagamente arrossata dal ballo che aveva fatto insieme a Ginny e Luna. Si mostrò speranzosa e gentile. Come sempre.
 Eppure avrebbe voluto solo un po' di solitudine, Hermione Granger, quella solitudine che da ragazzina aveva temuto e che ora le sembrava un balsamo. Voleva la calma della biblioteca, l'assenza di notorietà, la possibilità di sentirsi invisibile ancora una volta nella vita, di dubitare delle sue capacità, almeno di provare a essere sé stessa e non quello che gli altri si sarebbero aspettati da lei. 

Voleva tentare. Voleva sbagliare. Voleva prendere scelte.
Era proprio per darsi una possibilità che era tornata in quel castello così denso di passato, senza però la rassicurante presenza di Harry e Ron. Era per quello che era quasi fuggita da quella vita che si srotolava brillante di fronte a lei e che non era pronta ad affrontare. Era tornata tra quelle pareti conosciute, spinta da troppe ferite e, per la prima volta in vita sua, da una punta di codardia. Perché non voleva affrontare la sé stessa adulta, non ancora, non senza prima aver vissuto davvero, senza scudi e protezioni, pronta a ferirsi e rialzarsi da sola. Senza Harry e Ron.
Ed era per dubitare per la prima volta delle sue capacità che si era retrocessa da eroina a semplice studente, sotto rotoli di pergamena e con l'inchiostro sulle dita. Era per per darsi finalmente l'occasione di sbagliare, di cadere, dopo anni di ricerca di perfezionismo e costante concentrazione, che aveva ammesso le sue paure e si era ritrovata a cominciare tutto dal principio. Per quello aveva detto 'No' alle proposte di lavoro allettanti e confortanti del Ministero, decidendo di chiudere invece quell'anno di studi come si era ripromessa di fare ad appena undici anni, quando aveva deciso di eccellere in quel mondo che non la voleva e a cui lei si sentiva di appartenere.
 Per questo aveva abbracciato Harry e Ron con affetto e un velo di imbarazzo, mentre loro andavano avanti nella loro vita e lei si ostinava a disegnare parti di sé stessa che non si sentiva ancora di aver vissuto pienamente.
Non poteva cambiare il passato, Hermione Granger, ne era perfettamente e dolorosamente consapevole, non poteva riportare a casa la memoria dei suoi genitori, le estati alla Tana, gli anni di gioventù che le erano stati strappati, ma poteva ancora permettersi di sbagliare, ancora per un attimo, con l'irruenza di una ragazzina ostinata.  

Avrebbe dovuto essere un inno all'amore e alla rinascita quella serata. I professori avevano pensato ad ogni cosa, riempiendo ogni angolo di boccioli di rosa, pensando a un'occasione di svago per quei ragazzi dall'animo già adulto e ferito, un'occasione che sapeva di una leggerezza di cui nessuno di loro sentiva di avere ancora il bisogno.
 Hermione sorrideva però felice, in effetti, quasi grata, osservando la chioma rossa di Ginny che dondolava a tempo di musica e Neville che provava a ballare alla velocità di Padma Patil, Luna che faceva piroette in un angolo, Seamus e Dean che volteggiavano aggrappati l'uno all'altro. Si divertivano timorosi, forse, tutti con sorrisi morbidi e incerti, come se non sentissero di meritare quella leggerezza, quasi increduli di essere tutti lì a festeggiare la notte di San Valentino, di poter respirare.
 “Sfuggi alle luci della ribalta, Granger?” chiese una voce tranquilla dietro di sé ed Hermione non si voltò nemmeno, perché l'avrebbe riconosciuto ad occhi chiusi quel tono aspro e graffiato e abbassò lo sguardo sul calice che teneva tra le mani e ne bevve un sorso, prendendosi del tempo prima di rispondere. 
“Non volevi passare tutta la notte nel tuo dormitorio a fingere che questa stupida festa  non esistesse, Malfoy?”

 Lo sentì sorridere anche senza vederlo, perché stava imparando a conoscerlo a fondo grazie alle ore e ore passate con lui in coppia a Pozioni, Incantesimi, Difesa con le Arti Oscure, oltre che nelle nelle ronde da Capi Scuola.
Ore e ore in cui lei si era costretta a non fuggire e a ostinarsi a conoscere quel ragazzo sottile, per dimostrare che c'era un futuro per tutti, persino per Draco Malfoy e i suoi errori di gioventù. Ore e ore in cui lui aveva ceduto all'accettazione forse perché non aveva nessuno con cui stare davvero, forse perché non l'aveva mai odiata come diceva.
Erano in pochi i Serpeverde tornati ad Hogwarts, con più vergogna che sprezzo, pochi e chiusi tra loro, nel tentativo di salvarsi a vicenda. C'erano Daphne e Pansy che facevano coppia in tutto, come se temessero di fare un passo da sole nei corridoi e poi Theodore e Blaise, quella sera elegantissimi nei loro abiti di sartoria, sempre così composti e distaccati, concentrati a non far sfuggire nulla dal loro controllo. E si muovevano tutti insieme, compatti, sospettosi, incastrati nell'etichetta che si era fusa con il loro modo di fare, nel tentativo di essere uniti. E c'era anche Draco con loro, ovviamente, il numero dispari, ancora più ostinato degli altri nella sua solitudine, forse perché era l'unico, persino tra i Serpeverde, che le sue colpe e i suoi fallimenti li aveva impressi a fuoco sull'avambraccio sinistro.
“I miei perfetti amici avrebbero dovuto farmi compagnia” rispose il ragazzo in questione con un leggero sorriso “invece come vedi sono qui a godersi una serata di finta felicità e discreto sollievo. Traditori” 
 “Sembra però che si stiano divertendo” disse Hermione, lanciando un'occhiata al gruppetto Serpeverde seduto a un tavolino dall'altra parte della sala, i sorrisi accennati sopra i calici, mentre Theodore scuoteva il capo, in risposta a qualcosa che Blaise aveva detto a Daphne, rossa in viso almeno quanto Pansy.
 “Più di te di sicuro, Granger”
 Malfoy si avvicinò di un passo, spostando due sedie dal vicino tavolino rotondo e invitandola ad accomodarsi accanto a lui ed Hermione eseguì, con un sorriso riluttante e un cenno lieve di ringraziamento fatto con il mento. 
Aveva passato molto tempo con Draco Malfoy durante quell'anno, era vero, aveva scoperto che era piacevole portare avanti un conversazione accademica con lui, che se voleva poteva essere quasi gentile, che erano più simili di quanto immaginassero, ma era sempre stato tempo motivato da qualcosa: dallo studio, da un progetto, dalle ronde, dal dolore.
 Quella era la prima volta che sedevano a un tavolino senza un obbiettivo tra loro. 

Hermione azzardò un'occhiata al ragazzo al suo fianco. Era sempre un po' troppo magro, sempre un po' troppo pallido, gli occhi chiari di quel grigio morbido, pieno di pagliuzze azzurre, che ispezionavano la stanza distrattamente. 
 Era quasi strano vederlo senza divisa scolastica, l'aria curiosamente rilassata sul volto affilato, i capelli pettinati accuratamente all'indietro, la camicia arrotolata sull'avambraccio destro, che lasciava vedere una piccola porzione di pelle diafana, la manica sinistra invece accuratamente chiusa fino al polso. 
“Ti piace quello che vedi, Granger?” la prese in giro lui, bloccando la sua ispezione ed Hermione, che solitamente avrebbe scostato lo sguardo arrossendo leggermente a quella imbeccata, forse gli avrebbe sussurrato un “idiota” tra i denti, nascondendosi poi dietro il suo libro, o le sue piume e pergamene, invece gli sorrise.
Quella sera era così agrodolce, in fondo, così fresca di speranza e divertimento, seppur pesante come melassa, piena di crepe e ricordi amari. Quella sera dove si festeggiava l'amore e la rinascita, ma dove lei si ritrovava invece sola a rifuggire in un angolo della Sala Grande, cercando di non ammettere che la felicità le era ancora estranea, che le faceva un po' male al cuore. Solo un po'. Quella sera non aveva voglia di nascondersi dietro la costa di un libro, nemmeno se lo avesse avuto tra le mani.
 Fissò il viso canzonatorio del ragazzo, incontrando il suo sguardo grigio e gli rispose senza timore “Sei piuttosto bello in effetti vestito così, Malfoy”, provando una strana gioia irrefrenabile nel vedere la patina di distacco del Serpeverde incrinarsi, lasciando che un vago rossore si diffondesse sulle guance chiare, mentre distoglieva goffo lo sguardo.
 “Sfacciata” mormorò, ricomponendosi appena dietro un ghigno borioso che sembrava arrivare dal passato.
 “Sincera vorrai dire.” insistette lei “Ti ho messo in imbarazzo, Malfoy?”

 “Cosa direbbe Weasley se ti sentisse esprimere apprezzamento per un Mangiamorte?”
 “Per l'ennesima volta, Draco: io e Ron non stiamo insieme e tu non sei un Mangiamorte”


Erano discorsi che avevano già fatto, una, dieci, mille volte, quando quell'anno, forse per stanchezza, forse per solitudine, avevano silenziosamente accettato la presenza dell'altro.  

 Forse da quando Hermione aveva trovato Draco piangere in un angolo del bagno di Mirtilla Malcontenta, in preda a un attacco di panico, le mani tremanti e gli occhi dilatati di spavento, o forse da quando lui aveva trovato lei in lacrime accanto al lago nero, mentre si ostinava a trattenere i singhiozzi per essere considerata ancora una volta forte abbastanza. 
 
Forse era stato da quando avevano dovuto ammettere che erano i migliori compagni di studio possibili, perché entrambi erano ferocemente intelligenti e ambiziosi, ma soprattutto entrambi avevano visto l'orrore e non dovevano all'altro nessuna spiegazione.  

 Forse era da quando nell'insonnia avevano preso a camminare entrambi verso la cima della torre di Astronomia, dove rimanevano spesso in silenzio nel buio gelido, uno accanto all'altra, vicini, senza dare spazio ai propri pensieri, ma solo godendo della quieta presenza dell'altro.
Hermione aveva preso le parti del biondo Serpeverde infinite volte quell'anno, difendendolo dalle malelingue e dalla solitudine e durante le vacanze di Natale si era persino battuta per lui durante una cena alla Tana, contro i pareri non richiesti di zia Muriel e si era stupita quando sia Harry che Ron avevano messo una mano sulla spalla di lei per tranquillizzarla, annuendo piano come a dire che capivano il suo punto, che era vero: Draco Malfoy meritava di avere la possibilità di mettere insieme i pezzi distrutti della sua esistenza.
 Ed Hermione, davanti al gesto colmo di affetto e protezione dei due amici di sempre, grazie a quella mano sulla spalla e quei due sguardi pieni di calma e comprensione, uno verde e uno azzurro, aveva capito che erano ormai tutti cresciuti, che non potevano più farsi guidare dall'irruenza della gioventù, dal rancore e dal non detto. Che le differenze di Case si erano frantumate nel loro passato e quelle di sangue forse non erano mai esistite.   Che se Ron ed Harry non riuscivano più davvero a prendersela con Malfoy, perché lo avevano visto durante la guerra spezzato e spaventato quanto loro, allora forse il mondo poteva davvero essere un posto migliore.

“Granger, ci sei? Non mi dire che stai ripetendo la lezione di Trasfigurazione nella tua mente”
 Hermione quasi sobbalzò, voltandosi verso di lui di scatto, i capelli sciolti dalla sua crocchia che mulinarono nell'aria in una massa di ricci disordinati. Sorrise d'istinto un po' tremula, un po' stanca e Malfoy scosse il capo, bevendo un sorso dal suo calice, con quell'aria disinteressata e distratta che sfoggiava sempre.
 “No, Malfoy, nessuna lezione. Stavo pensando a te.”
 “Sono proprio qui di fianco nel caso non te ne fossi accorta” la prese in giro lui, l'angolo delle labbra che si inclinava appena poco più in su. 
 “Ne sono consapevole” disse lei, trattenendo una smorfia esasperata.
Capire cosa pensasse Draco era... complicato. La sua naturale capacità di Legilimens e l'Occlumanzia allenata in anni di terrore erano affondate dentro di lui, rendendolo impermeabile allo sguardo esterno, ermetico. Draco non era duro, non era privo di incrinature e difetti, ma era metodico e attento, specie quando si trattava dello scudo che poneva tra sé stesso e il mondo esterno. Non amava farsi trovare con le ferite scoperte, non amava nemmeno accettare le sue debolezze, non amava particolarmente abbassare le sue difese, cedere alle aspettative. Hermione ne era consapevole. 
 “Cosa farai quando finiremo la scuola, Malfoy?”
Lui inarcò appena un sopracciglio, colto di sorpresa per quella domanda. 
 “Sono schifosamente ricco, Granger” disse infine con un leggero ghigno “Anche con tutti i beni confiscati dal Ministero posso sedermi in cima alle mie ricchezze e rimanere ad osservarti mentre ti affanni per creare un mondo migliore.”
 “Molto gentile da parte tua usare il tuo prezioso tempo per osservare me” sorrise morbida la ragazza. 
 “Lo sai come la penso: tu sei interessante, Granger. Specie quando compi battaglie impossibili per creature che non vogliono che qualcuno lotti per loro, o troppo oscure per essere considerate umane.”

 Lei si sentì arrossire, ma non lo nascose, facendo lui un altro debole sorriso. Tu sei interessante, Granger.
 “
La pensiamo diversamente, Malfoy, te l'ho detto mille volte, avrai anche conosciuto Greyback, ma io...”
 “Hai conosciuto Remus Lupin, lo so. E hai conosciuto Dobby, lo ricordo. Tu riesci a notare la goccia di colore diverso in un mare di blu. Lo so. Credimi. Te lo ripeto: tu sei interessante, Granger. E per questo il mio piano è esattamente quello  di sedermi in cima alle mie ricchezze e osservarti cambiare le regole del mondo magico.”
 “Sei un idiota, Malfoy”
“E tu sei interessante. Sta cominciando a essere noioso ripetertelo però”

Ci erano voluti dei mesi per Hermione per riuscire a considerarsi una persona

 Non parte di qualcosa, non elemento di un trio, non Grifondoro, ma una persona. Con i suoi pregi e i suoi difetti: una donna
 La prima volta che se ne era resa conto era stato quando lei e Ron, tra molto affetto e imbarazzo, avevano convenuto di essersi fatti trascinare dalla guerra e dalla preoccupazione, ma che stare insieme come coppia non era la scelta migliore per loro.   Hermione aveva così frantumando i sogni di infanzia e le aspettative avute per anni e Ron aveva accettato di crescere e prendere di petto la situazione, mettendo entrambi di fronte al fatto che erano abbastanza maturi per dire addio a quell'amore mai cominciato e abbracciarsi come i due migliori amici che sapevano di essere.
 Ed Hermione aveva mantenuto il controllo per tutta la penosa conversazione, abbracciando Ron e sorridendo gentile, poi era tornata in camera e davanti allo specchio era esplosa in lacrime. Perché si era vista, con gli occhi fragili e l'anima spezzata, i capelli disordinati intorno al viso stanco, la magrezza eccessiva lasciatale dalla guerra.
 Una donna che per la prima volta non aveva qualcuno a segnarli l'obbiettivo da raggiungere, una donna che avrebbe dovuto avere il coraggio di porre tutta la sua ostinazione in sé stessa. Lei. La stella nascente che tutti consideravano una promessa per il futuro magico e che invece si sentiva persa in mezzo alle sue mille possibilità, sempre meno speciale ai suoi occhi e sempre più una sopravvissuta che cerca di ricordarsi come si riempiono i polmoni con l'aria necessaria a vivere.

 La sensazione agrodolce di aver fallito, ma di essersi liberata da qualcosa, l'aveva tenuta in bilico con sé stessa per un'ora o due, poi aveva abbandonato il suo dormitorio con l'idea di respirare quanta più aria gelida della notte sarebbe riuscita ad inghiottire ed era stato Draco a trovarla a vagare per i corridoi, ed era stato lui a dirle con un ghigno leggero “Merlino Granger, sei terribile con tutte queste lacrime, sei liquida e dire che stavo quasi cominciando a trovarti interessante”, facendola ridere esageratamente a lungo, obbligandola a rimettere a fuoco la sua esistenza. 
Lei era sola. Era una donna. Poteva prendere le sue scelte.

La McGranitt prese parola con i presenti, sorridendo quieta e annunciando che la festa sarebbe andata avanti per paio d'ore e che poi tutti avrebbero dovuto raggiungere il proprio dormitorio. E se ne accorse, Hermione, di come lo sguardo della professoressa fosse più morbido e gentile del passato, nell'osservare quei ragazzi di fronte a lei che altro non erano se non tanti sopravvissuti, pronti a combattere questa volta  per un po' di felicità. 
 E si accorse, Hermione Granger di come la donna osservasse ogni alunno con preoccupata gentilezza, il sorriso quieto che dopo moltissimo tempo raggiungeva gli occhi scuri e severi, la speranza a inquinarle i lineamenti.
“Ce la mette tutta a rendere le cose accettabili” disse Draco, amaro, con una smorfia però gentile. Agrodolce.

 “Chi?” chiese Hermione, aggrottando appena le sopracciglia. 
“La McGranitt. Ci tiene, prova a rendere tutto masticabile per noi. È una brava professoressa”
 “Lo è” assentì subito Hermione, piena di orgoglio per quella donna che era ai suoi occhi un esempio e con un mezzo sospiro spostò la sedia per avvicinarsi un poco a Draco, lo sguardo perso verso amici e compagni che ancora ballavano sulla pista. E prima che lui potesse fermarla, appoggiò la testa sulla sua spalla, in un gesto amichevole e morbido. 
 “Che fai Granger...”

 “Ti da fastidio?” chiese quieta lei.
 “No” rispose lui, forse troppo velocemente, ed Hermione quasi sorrise quanto sentì i muscoli della sua spalla tendersi, come temesse di spezzarla con un movimento troppo brusco “Ma i tuoi amici non troveranno sbagliato che tu...”
 “Malfoy. Parlami della McGranitt”

 “La McGranitt?”
 “Sì, hai detto che ci tiene. Cosa pensi di lei?” domandò Hermione per distrarlo dalla sua agitazione e socchiuse gli occhi, rendendo tutte le rose e boccioli che adornavano la stanza una sfumatura diffusa e inconsistente. 
Socchiuse gli occhi perché sicuramente la sua posa contro la spalla di Malfoy avrebbe presto attirato l'attenzione di tutti e lei invece voleva tenere quel momento per sé, ancora un po', voleva lanciarsi nel vuoto, darsi la possibilità di sbagliare.
 “È stata l'unica a chiedermi cosa non andasse durante il mio sesto anno. L'unica che ha provato a parlarmi.”

La frase di Draco cadde nel vuoto come un macigno, Hermione si scostò da lui per guardarlo in viso, stupita, incontrando quegli occhi grigi così dannatamente seri e orgogliosi, la smorfia dura e contratta. E desiderò distruggere Draco Malfoy, Hermione Granger. Per un momento. Desiderò fare a pezzi quella sua sofferenza così adulta, la sua solitudine, i suoi silenzi. Desiderò cancellare quel dolore così profondo, le notti di insonnia e di paura, stracciando le malelingue, la rassegnazione e il marchio nero sul suo braccio, obbligandolo, finalmente, a dare una possibilità a sé stesso. 
 Perché lo stava conoscendo davvero in quell'anno, Draco Malfoy, lo stava sfogliando pagina per pagina, scoprendo un codardo dal cuore buono, legato al suo sangue e alle aspettative, a secoli e secoli di regole e attese, al silenzio e all'amore di una famiglia che nel tentativo di salvarlo lo aveva invece avvelenato.

 “Cosa ti chiese lei? Anche Piton si preoccupava, no?”
Draco si passò una mano sul volto con stanchezza, improvvisamente più nervoso.

 “Severus era sempre molto preoccupato, ma non solo per me. Mi chiedeva del piano, la sua agitazione si estendeva a me, Potter, mia madre, il Signore Oscuro, Silente. Aveva molto da tenere sott'occhio, ma la McGranitt... lei no. Lei continuava semplicemente a chiedermi cosa non andasse. Trovava assurdo che non fossi più nella squadra di Quidditch, si preoccupava sinceramente del mio rendimento”
 Draco prese un altro sorso dal suo calice, mandò a Hermione un ultimo sguardo tremolante e scostò la sua attenzione verso la pista dove ora Ginny Weasley ballava con Blaise Zabini. Rimasero per un attimo entrambi interdetti, mentre Blaise si spostava poi verso Luna e Ginny si protendeva verso Theo. La rossa alzò lo sguardo nella loro direzione, scivolò su Draco e si fissò su Hermione.

Era coraggiosa Hermione. Lo era sempre stata. Aveva affrontato maghi oscuri e il destino da quando aveva undici anni, aveva difeso chi era più debole, si era mostrata orgogliosa, testarda, preparata, sagace. Era in effetti l'emblema del coraggio, sempre così limpida e testarda. L'esempio di eroina che rinasce dalle proprie ceneri, che impatta il mondo con il suo senso di giustizia. Era coraggiosa, certo, ma non in amore, non quando doveva districare i sentimenti. Non si era mai considerata abbastanza. Non aveva mai ceduto alla possibilità di seguire quello che sentiva, si era sempre oppressa a seguire “quel che doveva fare”. 
 Hermione Granger aveva lasciato che in lei crescesse l'eroina e non la donna. Aveva pensato di non potersi permettere di amare e prendersi un momento per sé, se non con la disperazione di chi lotta ed è sopravvissuto. Non si era nemmeno mai concessa di provare ad avere il cuore in gola, non dopo che aveva provato quella sensazione la sera del Ballo del Ceppo, anni prima, per poi vedere tutto il suo mondo crollare su sé stesso, nell'orrore della guerra. 
 Ma quella sera, mentre Ginny ballava con le serpi come se fosse una cosa banale, lanciandole uno sguardo di fuoco e determinazione e, in un battito di ciglia, la grifona capì cosa stesse facendo l'amica e la commozione, per quel gesto sfacciato in tipico stile Weasley, le strinse il petto, facendola sorridere tra sé e sé. 
 Ginny le stava lasciando una parentesi di calma, la possibilità di scegliere senza che tutta l'attenzione fosse su di lei, senza che lei dovesse essere nuovamente il simbolo di qualcosa, o la notizia in prima pagina.
Si alzò in piedi quasi di scatto, girandosi verso il biondo, che ancora osservava la pista con sguardo aggrottato.

“Balla con me” sussurrò Hermione e Draco sussultò, la barriera di serietà e Occlumanzia infine spezzata, gli occhi appena sgranati davanti a quella proposta così inusuale fatta con fermezza.
 La ragazza lo vide inumidirsi le labbra con espressione nervosa, le spalle rigide e lo sguardo incerto, mentre appoggiava il suo calice al tavolo accanto a sé e prendeva un profondo respiro.
 “Granger io...”

 “Balla con me” ripeté lei sicura, la mano tesa verso di lui, il palmo verso l'alto, lo sguardo cocciuto come quello di una bambina, mentre si mordicchiava il labbro inferiore. 
 “Granger dovrei dirti che io...”
Hermione lo sapeva già. Hermione si era accorta di come lo sguardo di lui indugiasse sempre più morbido sul suo profilo, ogni volta che credeva che lei non prestasse attenzione. Si era resa conto di come quando sentiva il panico avanzare lui fosse sempre lì, a un passo, come per magia, pronto a sostenerla con uno scusa incastrato tra i denti e la colpevolezza stampata in faccia. Respira, Granger. Respira. 
 
Hermione aveva colto i segnali di quell'avvicinamento inesorabile e lento. Di come lei si sentisse più rilassata accanto al biondo, di come lui sorridesse più spesso, di come fosse stimolante lavorare insieme, di come la competizione tra loro fosse diventata sana e vivace. 

 Si era accorta del sollievo che entrambi sembravano provare la mattina, quando dopo una notte insonne si scorgevano in Sala Grande a colazione. Della calma che scioglieva loro i muscoli la sera quando si appoggiavano al parapetto della torre di astronomia per osservare le cime degli alberi della Foresta Proibita.
 Aveva tenuto conto, Hermione, dei respiri di Draco durante le sue crisi, dei millimetri che man mano avevano consumato avvicinandosi sempre di più. Si erano curati ogni ferita a vicenda con silenzio e calma, senza quasi accorgersene. Si erano riconosciuti e ascoltati. Desolati come due sopravvissuti che stanno imparando di nuovo a vivere. 

 C'era molto più tra loro che lezioni condivise e notti mute sulla torre di Astronomia. Si erano visti senza scudi e difese innumerevoli volte ormai, come se cercassero appositamente l'altro per permettersi di crollare. 
“Balla con me, Draco.” insistette Hermione. 
Perché lo sapeva che lui era un codardo. Che avrebbe finto che nulla li legasse all'infinito. Che Draco Malfoy e il suo rimpianto non si sarebbe mai sentito coraggioso a sufficienza per chiederle per primo di ballare, a lei, l'eroina di una guerra dove lui non era certo l'eroe. Non avrebbe mai fatto il passo, lui, per colmare la distanza tra i loro respiri, non avrebbe mai accettato di essere abbastanza e lei questo non poteva permetterlo, perché aveva un'irrefrenabile voglia di provare a essere qualcosa, di provare qualcosa e basta, forse, di sbagliare piuttosto, ma di scegliere.

Il Serpeverde inarcò appena il sopracciglio, alzandosi in piedi pur rimanendo a distanza, come cercasse di ignorare quella mano tesa verso di lui. Si mise le mani nelle tasche, dondolando sui talloni come a prendere tempo. 
 “Granger, sei incorreggibile” quasi rise “Le dame non invitano i cavalieri.”
 “Farò a meno del bon ton Purosangue stasera. Ho tutta la vita per impararlo” rispose lei con tranquilla sicurezza, come se davvero un giorno si sarebbe messa a studiare e scoprire le leggi di un mondo che forse ancora la detestava.
 “Vuoi davvero farti notare da tutti? Vuoi essere così tanto al centro dell'attenzione?” scosse il capo Draco con una smorfia contratta e agitata “Io e te che balliamo insieme la notte di San Valentino, Granger, davvero?”
 “Voglio essere al centro della tua attenzione, in effetti” osò lei con coraggio, le guance rosse e gli occhi ostinati e a Draco parve bellissima di fronte a lui, così orgogliosa e tenace, eppure fragile e spezzata.
 “Hai pensato a...”
“Ho pensato a tutto venti secondi fa.” lo fermò Hermione con un poco di impazienza “Ma anche se non avessi ragionato sui milioni di modi in cui potrebbe andare questa sera, anche se Ginny Weasley e Blaise Zabini non stessero mettendo in piedi quel teatrino alle nostre spalle per regalarci un momento di leggerezza, senza che risulti troppo strano, anche se domani tu dovessi chiamarmi di nuovo Sanguesporco, questa sera ho voglia di ballare con te, Malfoy”
 Lui impallidì appena, scrutandola con più attenzione in volto. 
“Merlino, Granger. Non ti chiamerei mai Sanguesporco, ma cosa...”
 “Per fortuna direi.” disse lei con un leggero sorriso, tendendo ancora il palmo della mano verso di lui, invitante “O stai tranquillo che ti troveresti schiantato contro quel muro”

Agrodolce. L'eroina del mondo magico e il Mangiamorte reietto che ballavano sotto il cielo della Sala Grande.Agrodolce. I sorrisi malinconici e leggeri degli amici che li osservavano, cercando di non pensare al passato, ma di apprezzare il presente.
Agrodolce. Il tremore della mano di lui sul suo costato, come se ancora si chiedesse se fosse abbastanza per poter ballare con Hermione Granger. 
Agrodolce. Il sorriso spezzato di lei sul suo volto, come se ancora si chiedesse se si meritava di essere felice. Agrodolce. Il profumo di Malfoy, mentre si avvicinava al suo orecchio e le diceva “Sei molto bella, Granger”, in un sussurro appena accennato quasi temesse di dire la cosa sbagliata, anche mentre le faceva solo un complimento.
Agrodolce. La presa forte di lei sulla mano di lui come se temesse di vederlo scomparire da un momento all'altro.
Hermione Granger e Draco Malfoy insieme avevano un sapore di agrodolce di malinconia e speranza.

“Puoi farmi un favore, Malfoy?”
 “Solo se mi chiami per nome”
 “Tu non mi chiami per nome”
 “Touché”
Hermione sorrise, goffa nell'ennesima giravolta, lui a suo agio in quei passi di danza, lei guidata solo dalla sua sfacciata voglia di vivere, di sbagliare, di essere sé stessa, ma impacciata nei volteggi aggraziati che non aveva mai imparato a fare. 
 “Che favore volevi, Granger?”

 “Non lasciarmi cadere, come prima cosa”
 “Non lo farò, anche se sarebbe piuttosto divertente”
 “Per chi?” 
 “Per tutti Granger, sei una ballerina terribile.”

 Lei rise apertamente ora, più cristallina, gli occhi color cioccolato illuminati da una calma strana su quel volto così abituato a una contratta concentrazione, a un'ostinata sopravvivenza. Rise apertamente quasi aggrappandosi a lui per non perdere il ritmo. Rise e il suono della sua risata affondò nel petto di Draco Malfoy.
 “Tu sei qualcosa, Draco.” sussurrò appena “Ci sono così tante cose che ancora non capisco di te, ma sono felice di averti conosciuto quest'anno. Almeno un po'”
Lui si irrigidì, pronto a difendersi con una battuta velenosa, pronto a fare mille passi indietro, spaventato da quel tepore che sentiva nel petto da troppi mesi ormai, dalla presa salda di lei, da quegli occhi color cioccolato, così testardi e orgogliosi nella luce della sera. Ma si costrinse a rimanere, forse per la prima volta nella sua vita e fece scivolare una mano sul volto di lei, sfiorandolo con la punta delle dita, obbligandosi a una carezza leggera, scivolando poi tra i suoi capelli ricci. Quei maledetti capelli. E schiuse le labbra per dire qualcosa, con la Grifondoro che lo fissava quasi in attesa. 
“Non serve che tu dica nulla” lo anticipò Hermione, il sorriso morbido sulle labbra “So che parlare di sentimenti non è il tuo forte e a me non importa che tu dica nulla. Davvero. Solo promettimi di non farmi cadere e non fuggire. Non c'è nulla di cui essere spaventati, credimi. O almeno nulla di cui non siamo spaventati entrambi. Domani, per favore, vieni a lezione e siediti accanto a me, come sempre. Ho bisogno di te, Merlino solo sa quanto è difficile ammetterlo, ma ho bisogno di te. Ho bisogno di te perché capisci il mio dolore, perché non devo spiegarti con cosa sto combattendo, non devo parlare di quello che provo e che sento. E avrei dovuto dirtelo prima forse, ma possiamo permetterci di soffrire insieme e imparare ad amare. Voglio farlo anzi. Possiamo aggiustarci insieme se lo vogliamo. Come già stavamo facendo. Quindi, per favore, concedimi un altro ballo, Draco

Lui rimase interdetto per un secondo, il volto contratto come se fosse ancora indeciso se andarsene, mentre seguiva la musica senza riuscire a smettere di muoversi a tempo, come gli avevano insegnato da bambino. Scrutò il volto arrossato di lei, circondato da tutti quei capelli, le labbra serrate, gli occhi imploranti e probabilmente si sentì annegare in Hermione Granger, in quel suo cuore grondante di speranza e ferite. Agrodolce
“Tutti i balli che vuoi, Hermione” rispose solo, ed era una promessa che valeva per tutto quel che lei gli aveva detto.
 Perché lo sapeva, Draco Malfoy, che l'indomani avrebbe provato sollievo nel vederla a colazione, si sarebbe seduto al suo fianco a Pozioni, come sempre, avrebbero studiato e lavorato insieme, battibeccando sull'esasperante voglia di eccellere di lei e sulla pigra consapevolezza delle sue ottime capacità di pozionista di lui. 
 Avrebbero passeggiato forse, avrebbero pianto a tratti, si sarebbero fatti compagnia nel silenzio, mormorando del passato e sgranando gli occhi sul futuro. Come sempre. Come sempre da qualche mese. Da quando avevano ricominciato dal principio.
 Hermione Granger e tutte quelle parole che fuoriuscivano da lei, in un disordine ammaliante, tanto quanto i suoi capelli impossibili e Draco Malfoy con tutti quei silenzi con cui riempiva la sua esistenza, forzandosi alla riflessione per migliorare l'animo codardo che lo aveva caratterizzato fin da bambino. 
 “Tutti i balli che vuoi, Hermione” ripeté ancora una volta il Serpeverde, come a sincerarsi di averle davvero concesso quelle parole, quella muta promessa.
  “Dovrai chiedermi di fermarmi allora, Draco”

 “Non credo che nessuno al mondo possa fermare Hermione Granger quando lei non vuole farlo”
 “Allora ottimo” sorrise lei.
 “Allora perfetto” sorrise lui.

Ballarono insieme sotto la volta rosata. Feriti di speranza. Bellissimi. Innamorati, forse. Agrodolci.


*Angolo Autrice*

Ciao Lettori.
 Lo so, lo so che non ho ancora pubblicato il terzo capitolo di "Cosa Fragili", ma è una storia estremamente complicata a cui tengo molto quella, non la voglio rovinare e gli sto dando il tempo giusto di scrittura. E sono sincera, volevo scrivere per voi qualcosa su San Valentino e questa OS mi è uscita di getto.
Sono un Draco e Hermione all'ipotetico Ottavo anno questi, forse più spezzati, ma che volenti o nolenti si ritrovano a dividere molto tempo insieme e a curare le reciprocamente le loro ferite.

Sono una grande fan della coppia da tempo immemore. Forse perché Hermione mi assomiglia in alcuni tratti e Draco mi è sempre sembrato incompreso. Forse perché amo Ron e amo Hermione, ma non li ho mai visti bene insieme come coppia. Non so. Qui è una situazione dove la tensione, lo scontro e il sospetto è già ovviamente passato alle spalle.
Ad ogni modo è la prima Dramione che affronto e doveva essere un esperimento per un progetto più lungo che ho in mente. Fatemi sapere che ne pensate. 

Sempre con affetto
vi

  
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