Anime & Manga > Fairy Tail
Ricorda la storia  |      
Autore: striscia_04    16/02/2022    2 recensioni
“Fanfiction partecipante alla Chocolate Box, indetta dal FairyPieceForum”
Come trascorrono gli abitanti del mondo di Edolas San Valentino?
E come può un mite e umile fotografo sopravvivere alla festa degli innamorati avendo come fidanzata il sergente più spaventoso e forte di tutto il regno?!
(In questa fiction compaiono le controparti di Edolas di Erik e Kinana)
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cobra, Kinana, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Citazione: Ti amo non tanto per ciò che sei, bensì per ciò che io sono quando sono con te. (Elizabeth Barrett Browning)

Sollevò la testa chiudendo gli occhi e sprofondò con la schiena sulla sedia da ufficio, mentre poggiava i talloni sul pavimento e stiracchiava le gambe per lungo.
I suoi piccoli occhi color ametista si poggiarono sul soffitto bianco e rimase a contemplarlo per qualche secondo, intento a liberare la mente da tutti i pensieri che l’affliggevano. Stufo di rimirare quel grande spazio color crema tornò a concentrarsi sul plico di fogli che aveva sulla scrivania e non poté trattenere uno sbuffo constatando che il lavoro, per chissà quale legge matematica, invece di diminuire a seguito dei suoi straordinari era pure aumentato.
“Colpa di Sawyer e del fatto che impiega un anno a scrivere un solo articolo, così a noi altri tocca fare anche il suo lavoro.” borbottò a se stesso, notando soltanto in quel momento di essere completamente solo nella stanza.
“Il Sempai sarà andato a svolgere l’intervista a Fairy Tail…” ragionò, ricordando che pochi mesi prima si era tenuta la Grande Gara di Corsa lì alla capitale di Edolas e che tutti erano stati invitati ad assistere all’ennesimo testa a testa tra Natsu Fireball e Sting, alias Lightflash. Da quel che ricordava anche quella corsa era stata molto combattuta e Fireball aveva portato a casa la vittoria per il rotto della cuffia. Comunque, chiunque l’avesse spuntata, al suo capo non interessava minimamente… la stampa era stata chiamata ad assistere e successivamente avrebbe dovuto scrivere un articolo sulla corsa completo pure di intervista al vincitore e al secondo classificato.
Per questo il suo collega si era dovuto recare alla gilda carovana di Fairy Tail per intervistare Natsu, e notando tutto il tempo che ci stava impiegando gli venne quasi da ridere al constatare che molto probabilmente si era fermato a scambiare quattro chiacchiere con l’esperta di motori della gilda.
“Mi chiedo cosa ci trovi in quella donna, a me fa tremare le budella solo avercela vicino…” si disse ricordando che la prima volta che aveva incontrato Levy Gardenmc per poco non si era ritrovato il cranio fracassato da una chiave inglese.
Invece, nonostante cercasse in tutti i modi di nasconderlo e si divertisse a sottolineare tutti i suoi difetti e il suo pessimo carattere, il Sempai Gajeel era cotto di quella ragazza. Basti pensare che si era ritrovato a dover cambiare il carburatore ad un’auto, lui che odiava sporcarsi le mani o i vestiti e che di solito era sempre attento all’igiene si era presentato in redazione completamente ricoperto di lubrificante.
Non aveva fatto domande, non sarebbe stato educato e soprattutto il collega cercava in tutti i modi di evitare di guardarlo in faccia mentre tentava, con scarsi risultati, di far tornare il suo giacchetto del solito colore grigiastro.
A volte si chiedeva come una persona colta e educata, rispettosa, socievole e sempre ligia al dovere fosse finita con quella rozza, maleducata, per nulla simpatica o socievole ragazza. Eppure, loro due erano contenti e lui non poteva che essere felice per entrambi e poi non poteva certo fare il superiore considerando la sua situazione sentimentale…
Avvertì chiaramente la porta del pian terreno spalancarsi e sbattere contro una parete, e quello fu il primo segnale d’allarme. Il secondo fu caratterizzato da un brivido che lo scosse dalle punte dei capelli marroni fino ai piedi; in concomitanza con una serie di passi, che pesanti e rapidi salivano le scale e si bloccavano proprio davanti alla porta del suo studio.
Con gli occhi spalancati e il respiro mozzato fissò la chiave dorata ancora inserita nel buco della serratura e si maledisse per non averla girata e chiuso ermeticamente la stanza. Senza perdere neanche un secondo si abbassò e si nascose sotto il tavolo, proprio nell’istante in cui la porta veniva aperta e con un grande tonfo si scagliava contro il muro accanto rischiando di scardinarsi.
“So che sei qui!” tuonò una voce fin troppo familiare e un secondo brivido gli percorse la schiena: “Oh vieni fuori entro cinque secondi o ti ritroverai la scrivania tranciata a metà!”
Ricordando che quella era la terza scrivania che acquistava in un mese e che in quel periodo aveva speso il suo stipendio per comprare altro si sollevò immediatamente, ma impacciato com’era sbatte una testata contro il bordo del mobilio.
“Aho!” gemette portandosi una mano sul punto leso, prima di iniziare a massaggiarsi la fronte.
“Alla buon’ora.” protestò l’interlocutrice vedendolo finalmente fuori dal suo nascondiglio, in piedi davanti a lei con solo il tavolo e qualche metro a separarli.
Non poté fare a meno di sentirsi intimorito ritrovandosela nella stessa stanza, con già la grande spada sguainata e quell’espressione imbronciata che avrebbe provocato un infarto anche al più coraggioso dei guerrieri, figuriamoci a lui che era un fifone di prima categoria.
Ma nonostante i suoi grandi occhi verdi lo stessero fissando come fosse una preda indifesa a cui saltare alla gola, non poté trattenersi dall’arrossire alla vista del suo faccino tondo e della sua bocca carnosa, che in quel momento era ridotta ad una smorfia.
Rimase ad ammirare incantato quei suoi bei capelli blu-violacei sistemati in un caschetto che le terminava al disopra delle spalle ed era composto da ciocche corte e appuntite, con dietro la nuca un simpatico ciuffetto spettinato e rivolto all’insù.
Abbassò lo sguardo e non poté trattenersi dal pensare: “Ma non potrebbe indossare qualcosa di meno aperto, anche per il grado che ricopre…?”
La ragazza infatti portava una specie di maglietta tutta scollata sul davanti e sprovvista di maniche di colore fuxia, l’unica cosa che teneva saldo l’indumento al suo corpo erano due bretelle di pizzo grigie legate sulle spalle. Ai lati della vita la maglietta presentava due ornamenti appuntiti, simili a ginocchiere, però fatte dello stesso tessuto delle bretelle e che le coprivano la parte alta delle gambe, sotto indossava un paio di pantaloni color arenaria e due paia di stivali marrone scuro. Intorno alle mani e a coprirle entrambi gli avambracci c’erano due paia di lunghi guanti senza dita dello stesso colore delle scarpe.
Tremò leggermente quando vide il tessuto dei guanti comprimersi nell’attimo in cui spostò la grande arma dalla mano sinistra a quella destra.
“B-Buongiorno, s-sergente K-Kinana… a cosa devo l’onore di questa visita?” chiese mettendosi pure sull’attenti e sollevando una mano in segno militare.
L’altra però non apprezzò il gesto e infilandosi una mano nella tasca dei pantaloni estrasse un piccolo oggetto contundente e il povero malcapitato non la vide nemmeno lanciarglielo contro, si ritrovò un piccolo coltellino a pochi centimetri dal pollice della mano sinistra, conficcato nella scrivania e impallidendo si fece subito indietro, ma inciampò nel suo stesso impermeabile blu scuro e sbatte una culata sul terreno.
“IH! E q-quello per c-cos ’era?” chiese con gli occhi lucidi e due lacrimucce ai lati dei bulbi.
“Perché ti diverti a prendermi in giro.” rispose secca la donna, rinfoderando finalmente l’arma e lasciandola ricadere sul fianco.
“Ma che ho fatto…?”
“Non sopporto quel tuo atteggiamento da santarellino educato.” rispose calma la ragazza, sollevando la testa e allargando le braccia come a dire che quella era la risposta più ovvia e sensata al suo comportamento.
“I-io voglio solo essere educato, non ci trovo nulla di male.” si azzardò il bruno, ma ad un’occhiataccia della violetta si tappò la bocca con entrambe le mani.
“Piantala rincretinito di un fotografo, tu mi stai solo prendendo per il culo. Ora alzati e andiamo.”
“Andare…? Andare dove?” chiese allibito l’uomo mettendosi in piedi.
“Quindi è vero che te ne sei dimenticato!” tuonò la donna, falciando con un salto la distanza che li separava per atterrare sopra la scrivania, che per colpa di tutto il suo dolce peso vibrò e per poco non rischiò di cappottarsi sul proprietario. Lei però non ci badò avendo ancorato saldamente i piedi sul mobile non si mosse di un millimetro e allungate le mani verso il ragazzo lo afferrò per il colletto della camicia rossa, talmente forte che i pochi bottoni che aveva allacciato si allentarono lasciando in bella vista una parte del collo e degli addominali; e lo sollevò di peso.
Rendendosi conto di essere mezzo nudo e di avere il volto della ragazza a pochi centimetri di distanza non riuscì a sopportarlo e divenne rosso come un peperone.
Ci pensò l’occhiata truce che gli lanciò Kinana per farlo tornare alla realtà e vedendo che non aveva la minima intenzione di liberarlo tentò di divincolarsi, ma lei fu più rapida e gli assestò un colpo sulla testa che gli fece vedere le stelle e che per poco non gli fece sbattere una musata sul bordo del tavolo.
“M-Mi dispiace!” cominciò a singhiozzare mentre due fontane gli rigavano il viso e si portava entrambe le mani davanti al volto per difendersi da altri possibili colpi.
“Sai, proprio ieri sono andata a trovare Lucy Ashley e lei si è divertita ad illustrarmi la sua tecnica di tortura numero 45. Si chiama avvitamento con torsione e frattura dei legamenti e delle ossa delle braccia, vuoi provare?”
“IIHH! Pietà per favore! Perché vai sempre a trovare quella pazza maniaca delle torture?!”
“E’ un’ottima insegnante.” ghignò sadica Kinana e l’altro pregò tutte le divinità di Edolas perché lo proteggessero e non lasciassero che quel mostro gli facesse del male.
Alla vista dell’espressione da cane bastonato dipinta sul suo volto Kinana sbuffò e poi scoppio in una fragorosa risata, talmente forte che ricadde sulla scrivania con la schiena e dovette tenersi la pancia.
“Ah ah ah! Oh Erik, sei sempre il solito frignone! Quando tirerai fuori le palle e comincerai a comportarti da uomo?!”
“Eh…? Quindi non vuoi picchiarmi?”
“Certo!” rispose acida la ragazza, mentre smetteva di ridere e sul suo viso compariva la solita espressione da indemoniata. Estrasse la spada e la piantò sulla testa del ragazzo che cadde sul terreno semi-svenuto mentre una fontana di sangue e liquido cerebrale gli fuoriusciva dalla nuca.
“P-perché ce l’hai sempre con me?” pianse tenendosi la testa con entrambe le mani.
“E lo chiedi pure!” urlò Kinana facendolo sobbalzare, “Scusamiii!” riprese a piangere il ragazzo.
“Almeno lo sai per cosa ti stai scusando?” gli chiese la violetta, con un cipiglio alzato e la spada già sollevata.
“Ehm…” farfugliò Erik iniziando a riflettere sul perché potesse avercela con lui, ma c’erano talmente tante cose che facevano imbestialire quella ragazza che ormai aveva perso il conto e si era rassegnato a non riuscire mai a prevedere le sue mosse.
SBANG
Ed ecco che l’ennesimo colpo gli fracassò il cranio: “Vediamo se adesso ti torna la memoria.” disse la ragazza, ma l’altro rimase immobile continuando a tremare nel vano tentativo di ricordare cosa aveva scordato di fare.
“Di un po'… lo sai che giorno è oggi?” chiese spazientita, notando che né i colpi né le minacce erano efficaci.
Giuro che se non fosse tanto bello lo avrei già ammazzato!” pensò attendendo la risposta del giovane.
“O-Oggi è il 14 di febbraio.”
“Esatto, ovvero…”
“…Il giorno di San Valentino.”
“Bingo! E dimmi ricordi cosa mi hai detto un mese fa, quando ci fu quella fantomatica gara di corsa…? Cosa avevi detto che avremmo fatto in questo giorno?”
Il suo voltò si illuminò: strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca, mentre nella sua testa i ricordi di quel giorno si facevano nitidi…
 
La corsa era appena finita, Natsu aveva vinto e nonostante tutti lo stessero acclamando e cinque secondi prima avesse urlato peggio di un leone trionfante, una volta trascinato fuori dal veicolo e messo sulle spalle della folla festante si era sentito svenire per l’ansia e l’imbarazzo.
Non lo invidiava proprio, al suo posto avrebbe reagito proprio in quel modo, forse era per via dei loro caratteri miti e timidi che andavano così tanto d’accordo o forse solo perché il rosato era una brava persona, sempre molto tranquilla e educata, proprio come lui.
Distolse lo sguardo dalla marea di gente che stava portando in tripudio il loro imbarazzato vincitore, mentre più indietro Sting si stava sorbendo una lustrata dalla sua migliore amica nonché capo gilda, Yukino.
A volte si chiedeva come quella ragazzina di appena sedici anni, prepotente e autoritaria potesse incutere tanto timore e sottomettere un’intera gilda di uomini, poi bastava guardarla in volto quando era arrabbiata e non si poteva fare a meno di allontanarsi e girarle alla larga.
Ancora si interrogava come potesse essere la sorella minore della sua collega, Sorano. Insomma, non avevano nulla in comune! La sua amica era una persona apatica, con sempre quell’espressione annoiata sul viso, che non si spaventava nemmeno durante le sfide di paura ad Halloween. In confronto Yukino sembrava un vulcano di emozioni sempre pronta ad esplodere, anche se aveva notato che non con tutti i membri della sua gilda mostrava quel carattere acido e certe volte sadico. Per esempio, con Minerva, ingenua ragazzina con il sorriso sempre sul volto e con la passione per la cucina si dimostrava disponibile e gentile al punto che se qualcuno la faceva piangere lo frustava e pestava di botte.
Ignorando il povero Sting che succube si prostrava ai suoi piedi si voltò verso l’esercito reale capitanato dai suoi comandanti e in prima fila scorse Elsa Knightwalker… quella donna non gli era mai piaciuta, ma sapeva che l’astio era reciproco e che non era l’unico a non poterla vedere.
La verità era che vedeva di mal occhio tutti i vecchi soldati del re Faust e cercava di starvi il più lontano possibile, solo la vista di quelle persone che si erano macchiate di tanti omicidi e tanti crimini gli procurava un moto di stizza e il ricordo di cosa era stato costretto a sopportare fin dall’infanzia per colpa dei soldati del re era una ferita, che nonostante fossero passati tredici anni, ancora non si era richiusa e considerando cosa era accaduto ben due anni prima avrebbe impiegato molto tempo a cicatrizzarsi.
Abbassando lo sguardo sulla schiera di soldati posta al disotto del trono dove sedeva il nuovo sovrano notò un’inconfondibile capigliatura violacea e facendosi coraggio si incamminò verso quella guardia.
Anche quel giorno, nonostante fosse in servizio e presiedesse ad un importante cerimonia si era rifiutata di vestirsi decentemente e questo gli fece storcere il naso.
“Non cambierà mai.” aveva pensato arrivandogli vicino.
“Ehi Erik!” lo aveva salutato esternando un sorriso a trentadue denti, che avrebbe fatto scappare chiunque visto che somigliava più ad un ghigno, ma che a lui procurava sempre le farfalle nello stomaco.
Avrebbe pagato perché gli si rivolgesse sempre con così tanto affetto e gentilezza, invece di martoriarlo dalla mattina alla sera, ma forse in quel modo quello splendido gesto, che riservava solo a lui, sarebbe divenuto noioso e ripetitivo perdendo tutta la magia del momento.
“Buongiorno sergente.”
“Ancora! Ti ho già detto che devi chiamarmi per nome.”
“Si, scusa… è la forza dell’abitudine.”
“Beh, fattela passare!”
“Come vuoi.” gli aveva detto sorridendo nervoso e portandosi una mano dietro la nuca.
“Si può sapere come mai da queste parti?” gli aveva chiesto, “Devo fare un servizio fotografico al vincitore.”
“Ah già. Io proprio non le sopporto queste stupide feste, insomma chi se ne frega di guardare una gara di corsa tra due teste vuote che una volta messo piede fuori dal veicolo diventano docili agnellini. Ma quel rompicoglioni di Gerard ci teneva tanto e quindi eccomi qui, nel mio giorno libero, a morire di noia.”
“Sssh Kinana! Non chiamare sua maestà per nome, se Knightwalker ti sente diventerà una bestia e poi non è educato.”
“Erik, conosciamo Gerard da quando avevamo sei anni, praticamente prima che sparisse su Earthland eravamo i suoi unici amici; quindi, chi cavolo se ne frega dell’etichetta, io lo chiamo come mi pare! E poi se quella spadaccina da quattro soldi ha qualcosa da ridire venga pure, saprò accoglierla come merita!” gli aveva risposto esternando un sorriso raccapricciante che gli aveva fatto gelare il sangue nelle vene.
“Su cercate di andare d’accordo…”
“Dopo tutto quello che quella donna ci ha fatto dovrei anche trattarla con rispetto?!”
“Beh, tecnicamente è un tuo superiore…”
“Solo perché Gerard si diverte a portarsela a letto e perché io sono solo una recluta entrata nell’esercito da poco, ma aspetta qualche anno e vedrai che la spodesterò!” aveva quasi urlato e lui era stato costretto a tappargli la bocca prima che gli altri soldati si avvicinassero incuriositi dal suo vociare o che peggio la stessa Elsa sentisse ciò che aveva appena detto.
“E levami le mani dalla faccia!”, “Scusami, ma era necessario.”
“Piuttosto come mai sei venuto? Ti serve qualcosa?”
“Ah!” esclamò diventando tutto rosso in viso ricordando solo in quel momento il motivo della sua visita.
“S-So c-che m-manca quasi un m-mese, m-ma mi chiedevo se il g-giorno di S-San V-Valentino ti a-andrebbe di u-uscire con m-me.”
“Oh!” aveva esclamato la ragazza, sorridendo malevola vedendolo agitarsi e rigirarsi tra le mani l’anello argenteo che di solito teneva al dito.
“Quindi è un appuntamento?”
“Beh, s-si. Sai dopo quella volta non siamo più usciti insieme e pensavo che potremmo ricominciare…”
“Se non siamo più usciti è colpa tua che stai rintanato in quell’ufficio tutto il giorno.”
“Lo so, ma ho molto lavoro arretrato e più si va avanti con i mesi più aumenta.”
“Anche io ho molto da fare in questo periodo: ronde, allenamenti, viaggi per il regno, ambasciate di pace… non sai quante energie mi prosciugano.”
“Ah, m-mi dispiace. Se non puoi non fa niente, faremo un’altra volta.”
“Ho forse detto che non ci vengo?” gli aveva riferito avvicinandosi e afferrato per un bordo del colletto, se lo era trascinato davanti al volto per poi baciarlo.
“Quindi tra quasi un mese giusto?”
“S-Si. Andremo a…”
“Nah, non dirmelo. Stupiscimi!”
 
Il pugno sbattuto con forza contro la scrivania lo fece sussultare e sollevando la testa impallidì alla vista dell’espressione rabbiosa dipinta sul volto della guardia: gli occhi sbarrati con le iridi verdi infuocate, che zampillavano da una parte all’altra poggiandosi a squadrare ogni singolo punto della sua figura, come alla ricerca del modo migliore per scuoiarlo vivo. I denti digrignati mettevano in risalto due piccoli canini e le sopracciglia erano ridotte a due sottili solchi corrugati verticalmente, mentre la sua fronte era attraversata da tre rughe e al lato sinistro si era formata una vena varicosa.
Era un totale idiota! Come aveva fatto a dimenticarsi quell’invito?! E dire che c’era stato una settimana intera a rimuginare su come chiederglielo e quando lo aveva fatto, invece di segnarselo si era tuffato a capofitto nel lavoro credendo di riuscire a finire tutto in tempo; invece, non solo non era arrivato a metà, a causa di tutti gli impegni supplementari, ma soprattutto non si era accorto che il mese era volato.
Ringraziò mentalmente Kinana per non avergli fatto rivelare il luogo del loro appuntamento, aveva pensato di prenotare un pranzo al ristorante, ma ovviamente cerebroleso com’era si era pure scordato della prenotazione.
Avrebbe voluto che il terreno si aprisse e lo inghiottisse, almeno si sarebbe risparmiato la sfuriata che la sua fidanzata stava per fargli e che purtroppo questa volta sapeva di meritare.
Sono nella merda. Devo trovare subito una soluzione, pensa… pensa…”
“Di un po'.” esordì la violetta: “Almeno il ristorante lo hai prenotato?”
A quella domanda il sangue gli si gelò in corpo e fu certo che il suo cuore si fosse fermato per un secondo: come cavolo faceva a sapere del suo regalo? Non lo aveva detto a nessuno. E soprattutto cosa doveva rispondergli?
Negare e mentire equivaleva a scavarsi la fossa da solo, perché tanto lo avrebbe scoperto in un secondo. E dire la verità equivaleva sempre a morte certa.
In sostanza… era spacciato!
“Come fai a…?”
“Ci conosciamo da una vita, secondo te non lo so che razza di sdolcinato sei?! Ora rispondi alla domanda.”
“Ecco… ehm… io.” iniziò a farfugliare, mentre già si immaginava cosa gli sarebbe toccato da lì a pochi secondi e non riuscì a trattenere le lacrime.
“Te lo sei scordato, vero?”
Non disse nulla, abbassò solo la testa e la risollevò un paio di volte. Poi chiuse gli occhi e attese il colpo, che però non arrivò.
Lentamente aprì le palpebre e guardò Kinana che era appena scesa dalla scrivania e lo fissava, sembrava delusa e forse rassegnata, sbuffò poi continuò: “Conoscendoti me lo immaginavo. Sei sempre il solito sbadato.”
“M-mi dispiace tanto…”
“E fai bene a dispiacerti! Ho preso pure un giorno libero per venire e ti trovo qui a lavorare senza nulla di pronto.”
“Mi dispiace, perdonami.” disse abbassando la testa.
“Su non fare quella faccia, non è troppo tardi per divertirci.”
“Che vuoi dire?” domandò sollevando lo sguardo.
“Voglio dire che conoscendo quanto il mio fidanzato è inaffidabile e incompetente, quando è sommerso dal lavoro, mi sono assicurata di escogitare un piano B.”
“Davvero!”, “Certo, ora alzati e andiamo.”
“Ma il lavoro…”
“Ho già detto a Meredy che ti saresti preso la giornata libera, ovviamente ti detrarrà questa pausa dallo stipendio.”
“Eh?”
“Hai qualcosa da ridire?! Dopo tutto quello che sto facendo per te hai anche da lamentarti!”
“A-Assolutamente no!” disse abbassando la testa e arricciando il labbro al pensiero che quel mese la busta paga, già senza contare gli straordinari che gli sarebbero stati pagati in seguito, sarebbe stata molto più leggera rispetto alle fatiche compiute.
“Smettila di fare quella faccia e andiamo.” gli disse Kinana e lo afferrò per la manica rossa della camicia, che come solito apprezzava tenere allentata in modo che gli ricoprisse il palmo della mano.
Gli era sempre piaciuto il suo modo di vestire… non che fosse un narcisista, ma apprezzava i suoi capi di abbigliamento e cercava sempre di apparire al meglio anche per l’etica professionale. Molti dei suoi colleghi solevano canzonarlo per quel suo buffo vestiario, ma lui non se la prendeva.
Adorava portare la sua lunga camicia rossa, dalle maniche larghe che non arrotolava mai ai bordi e dal colletto alto ripiegato ai lati, una cosa che non sopportava di quell’indumento erano i troppi bottoni, era sempre stato il tipo di persona che non sopportava doversi coprire il collo; quindi, la maggior parte delle volte non li abbottonava lasciando scoperta la gola e la parte superiore del torace.
Preferiva coprirsi in altro modo, tipo indossando il suo fedelissimo e consumato impermeabile azzurro che lo ricopriva dalle spalle fino alle caviglie, le cui maniche teneva sempre arrotolate in modo che non gli impacciassero i movimenti o gli procurassero fastidio, visto che sotto teneva quelle della camicia.
Portava un paio di pantaloni bianchi lunghi fin sopra le caviglie, che gli lasciavano scoperte le parti inferiori delle gambe, ai piedi calzava un paio di comuni scarpe marroni senza stringhe simili a pantofole. Ovviamente inseparabile era la sua fidata compagna di mille avventure, sempre tenuta al collo da un lungo laccio nero, l’oggetto fulcro del suo lavoro e di cui andava più orgoglioso, una bella fotocamera nera Mirrorless con obbiettivo.
Quanto amava quel piccolo oggetto… in appena due anni da quando lavorava in quella redazione grazie a quella macchina fotografica aveva vissuto una marea di esperienze, facendo pratica sul campo al fianco di esperti e scattando ogni sorta di fotografia.
Si sentì stringere la mano destra e per la pressione immessa l’anellino che contornava il suo dito medio si strinse procurandogli un improvviso fastidio. Ma non fece in tempo ad emettere un fiato che venne trascinato via da una poderosa mano.
“E-Ehi aspetta…! Non mi hai ancora detto dove andiamo.”
“I locali sono tutti occupati, ma c’è la fiera in centro. Lì possiamo spassarcela, ora basta chiacchiere che se aspetto te mister lumacone, la giornata volerà.”
“D’accordo, ma stai andando dalla parte sbagliata… la porta è di là.” disse indicando con il pollice l’uscio alle loro spalle.
Kinana gli sorrise e solo quando la vide avvicinarsi all’ampia vetrata dietro al tavolino e si sentì afferrare con forza e spostare di peso comprese le sue intenzioni.
In un attimo spalancò la finestra e saltò sul bordo: “A-Aspetta, che hai in mente? Possiamo usare la portaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhh!” non poté fare nulla per evitarlo, la vide buttarsi giù dal bordo e venne trascinato giù di peso insieme a lei precipitando dal quarto piano del palazzo.
Gridò mentre Kinana rideva, poi nella foga della caduta la vide afferrare un’estremità lunga e sottile, che usò a mo di liana per planare dolcemente sul terreno. Lui invece non fu altrettanto fortunato e sbatte una musata sul marciapiede.
“Ahiooo!” gemette portandosi le mani sul naso,
“Quante storie per una bottarella.” lo canzonò la ragazza,
“Parla per te, tu almeno ci sei caduta in piedi… come ti è saltato in mente di buttarti dal quarto piano?!”
“Non avevo voglia di scendere le scale.”
“E questa sarebbe una valida scusa! Ho rischiato l’infarto.”
“Eh, ma con che facilità rischi gli attacchi di cuore…”
“Chissà perché sempre in tua compagnia?!”
“Perché sei un topo da ufficio, anche se come fotografo dovresti essere abituato a esperienze forti.”
“Ma quali esperienze forti?!”
“Non lo so… tipo, non ti è mai capitato di dover scattare un servizio fotografico in mezzo ad una sparatoria?”
“Ma cosa credi, che mandino i giornalisti e il personale di redazione a farsi trucidare?!”
“Beh, conoscendoti non sarebbe poi tanto strano ritrovarti in mezzo ad una valanga di proiettili, d’altronde prima era sempre…”
“Ho detto che non ne avremmo più parlato.” rispose secco il bruno, mentre il suo sguardo si faceva improvvisamente serio e freddo.
“Si, ma neanche tra di noi?”, “Soprattutto tra di noi. Cos’è che non ti è chiaro di lasciarsi il passato alle spalle?!” gli chiese corrugando le sopracciglia e guardando la ragazza di traverso.
“Dai non fare così, non volevo farti arrabbiare.” gli rispose Kinana, allontanando impercettibilmente il proprio sguardo dal suo.
A quel commento Erik si calmò, prese un respiro profondo e sorrise nel suo solito modo dolce e innocente, talmente carino che a Kinana il suo sorriso aveva sempre ricordato quello di un tenero bambino, nonostante l’uomo davanti a lei avesse più di vent’anni.
“Quindi, andiamo in centro?” gli domandò prendendola per mano, “L’idea è quella… seguimi conosco una scorciatoia super divertente!” esclamò all’improvviso e il volto del ragazzo si riempì di goccioline.
Fu così, che venne trascinato di peso in mezzo ai vicoli più malfamati della città, fu costretto a scalare i tetti delle case, rischiò di rompersi l’osso del collo gettandosi dai comignoli e tutto questo mentre la sua ragazza rideva e si divertiva come una matta a balzare da un lato all’altro della città, a sgusciare tra le strade, e perché no a distruggere o rovesciare qualche ostacolo di passaggio.
Nonostante questo, però riuscì ad arrivare indenne in centro e finalmente poté piegarsi sulle ginocchia e riprendere un attimo fiato.
“Su forza rammollito, il pomeriggio è appena iniziato. Andiamo al bar del signor Zordio, gli ho chiesto di prepararci un pranzo speciale.”
“Davvero, che bello.” gioì pregustandosi già i succosi manicaretti per cui il giovane ristoratore, nonché suo caro amico era tanto famoso.
Proseguirono lungo la strada principale del centro ammirando le lunghe file di bancarelle tutte arricchite da decorazioni e coriandoli, con annessi stand pieni di dolci e ogni sorta di fronzolo tipico per i regali di San Valentino. Non era mai stato interessato a quella festa, forse perché a parte Kinana non poteva dire di aver avuto altre persone con cui condividere quel lieto giorno, oppure perché quella era una delle poche volte che lo festeggiava. Inoltre, non aveva mai trovato interesse nel regalare dolci, fiori o bigliettini ad altre persone, preferiva trascorrerci il tempo insieme e considerando che Kinana, sempre circondata da ogni sorta di ammiratore, si era sempre lamentata di quelle eccessive lusinghe o di quei doni troppo dolci e smielati, aveva semplicemente accantonato l’opzione regali di San Valentino.
Era molto più bello quello che stavano facendo in quel momento: camminare mano nella mano in mezzo alla strada parlando o ammirando lo spazio circostante, in quella bella e spensierata giornata di sole.
“AL LADROOO!”
Proprio bella e spensierata…” si ritrovò a correggersi quando le grida dell’uomo gli giunsero alle orecchie.
Spostò lo sguardo più avanti e vide un uomo, abbastanza alto dalla capigliatura color terra spettinata in una serie di riccioli.
“Ma quello è Asuma!” disse riconoscendo uno dei migliori amici di Zordio, nonché noto avventuriero ed esploratore che si era fermato lì nella capitale per qualche giorno a riposare dopo un lungo viaggio. Fin da subito gli era apparso come una persona molto gentile e allegra, con il sorriso sempre sul volto e uno spiccato tono di voce, che lo rendeva ancor più eccentrico.
Si sorprese di vedergli in volto un’espressione rabbiosa e preoccupata, mentre correva a tutta velocità dietro ad un individuo più minuto, vestito di verde e con i capelli scuri, che invece ghignava e cercava in tutti i modi di distanziare il suo inseguitore, mentre tra le mani gli riconobbe la sacca che Asuma teneva sempre con se.
“Forse è meglio chiamare l’esercito…” disse volgendosi verso Kinana.
“Nah, per quel ladruncolo basto e avanzo io!” disse esternando un sorriso di sfida, indicandosi il petto con un pollice.
“Tu aspettami qui, io torno subito.”
“Cosa?! Aspetta Kinana… potrebbe essere armato!” gridò, ma lei era già partita a corsa percorrendo la strada opposta a quella del malvivente.
L’uomo se la vide venire incontro e cercò di scansarla buttandosi di lato, ma lei fu più rapida ed estrasse la spada, strinse forte l’elsa contraendo i muscoli del braccio sinistro e gli piantò una bracciata nello stomaco, talmente forte che Erik vide chiaramente il tizio impallidire e perdere fiato, mentre veniva lanciato di peso nella bancarella che aveva appena superato.
Cadde dritto sullo stand dei dolci e lo mandò in frantumi, lo schianto fece fuggire qualche passante e alzò una nube di polvere.
Quando essa si diradò tutti poterono ammirare il ladruncolo mezzo svenuto, con gli occhi ridotti a due orbite e la sacca ancora stretta tra le sue mani.
“Questa non è tua.” disse Kinana afferrando l’oggetto per restituirlo al proprietario, che inchinandosi prese a ringraziarla, mentre un gruppo di persone si levava in ogni sorta di incitamento e un coro di applausi sovrastava le grida.
“Ah L-Lahar!” gridò una voce facendosi largo tra la folla per arrivare al capezzale del criminale ed iniziare a scuoterlo con forza: “Lahar, ti ho detto che devi smetterla di rubare, poi vedi cosa succede?!” disse il ragazzo dai corti capelli neri.
“Ehi tu, conosci questo tizio?” chiese Kinana, mentre il moro si alzava.
“S-Si signora. E’ mio fratello maggiore Lahar.”
“Ha cercato di derubare questo cittadino.” disse furente la guardia, indicando Asuma con un dito.
“Non so come scusarmi, è tutta la vita che cerco di farlo smettere.” disse l’altro inginocchiandosi chiedendo perdono sia alla donna, sia soprattutto all’avventuriero.
“Ma no, non è colpa tua…” disse Asuma.
“Tuo fratello verrà incarcerato!” tuonò Kinana facendo sussultare entrambi.
“S-Si, conosco già la procedura, succede più o meno ogni mese. Posso pagare qui la cauzione o devo farlo in centrale?”
“Come ti chiami?” domandò la violetta.
“Ehm… D-Dorambalt.”
“Bene Dorambalt, tra qualche secondo arriveranno i miei sottoposti e preleveranno tuo fratello per portarlo in centrale, lì, se proprio ci tieni, potrai pagare la cauzione. Ma se posso darti un consiglio, io lo lascerei al fresco per un po'. Certe volte si impara la lezione solo così.” detto questo si allontanò facendosi strada tra la folla e raggiunse Erik.
“Su andiamo, ti ho fatto attendere fin troppo.”
“Sicura di non voler rimanere.” disse indicando tutte le persone che contente non facevano altro che guardarla con ammirazione e rispetto, mentre altri ragazzi sembravano ipnotizzati a fissare la sua figura, con un rivolo di bava alla bocca.
“Sembri molto richiesta.” sottolineò con una punta di rammarico nella voce.
“Tsk, da quella manica di falliti. No grazie, molto meglio la tua compagnia.”
“S-Se lo dici tu.” rispose mogio il bruno chinando la testa.
“Se non ci sbrighiamo il pranzo si raffredderà e Zordio ci rimarrà male non vedendoci arrivare.” tentò di tirarlo su di morale la guardia prendendolo per mano, per poi imboccare un vicolo e sfuggire alla propria cerchia di fan.
“Non sarebbe stato meglio aspettare i tuoi colleghi?” chiese Erik,
“Certo che no! Dopo mi sarebbe toccato scrivere un verbale e poi la nostra giornata sarebbe andata a farsi fottere e a differenza tua io so dare precedenza agli impegni che reputo veramente importanti!”
“S-Scusa.”
Arrivati davanti ad un piccolo locale sulla cui facciata era posta un’insegna su cui era scritto a caratteri cubitali: “ZORDION’S HOUSE”, il mite e tranquillo proprietario li accolse con il sorriso più radioso che era in grado di dare, impresa titanica per una persona con un’espressione sempre accigliata dipinta in volto.
Erik sapeva che Zordio non era una persona scorbutica e antipatica anzi era molto calmo e socievole, solamente non era in grado di dimostrarlo e non era capace di sorridere normalmente. Ma quando si trattava di servire clienti o di lavorare era sempre molto disponibile e accondiscendente, oltre che volenteroso e generoso.
“Ben arrivati.” li accolse indicandogli uno dei tavolini esterni a cui subito si avvicinarono.
“Vi porto il menù.” disse recandosi dentro al negozio.
“Perché sei triste?” gli chiese Kinana vedendo che Erik faceva di tutto per cercare di sembrare allegro, ma il modo in cui erano arricciate le sue labbra ed incurvate le sopracciglia, senza considerare il fatto che non riusciva proprio a guardarla in faccia, rendevano il tentativo vano.
“N-Non sono triste.”, “Ma se sembra che stai per metterti a piangere. Se è per il regalo non devi preoccuparti. Ero arrabbiata, ma mi è già passata. Voglio solo godermi questo giorno in tua compagnia, magari davanti a qualcosa di appetitoso.”
“Sono contento…”
“E allora qual è il motivo di quel musone. Sei preoccupato per il lavoro? La redazione non crollerà di certo se ti assenti per un giorno. Oppure non ti piace il locale che ho scelto o gradiresti passare il tempo con qualcun altro?” chiese Kinana e non riuscì a nascondere un filo di tristezza nella voce.
“Che…? No, certo che no!” si affrettò a sottolineare il ragazzo, vedendo il suo volto abbuiarsi: “Credimi non è come pensi! Io sono davvero felicissimo di stare qui con te.”
“Ma c’è qualcosa che ti da fastidio… avanti sputa il rospo e dimmi cosa non ti va a genio!”
“La verità è che mi sento un po' in imbarazzo…” bisbigliò il fotografo e proprio in quel momento la donna diede un pugno sul tavolo facendolo sobbalzare.
“Quindi ti vergogni a farti vedere in giro con me?!” gridò al limite della stizza la guardia, anche se gli occhi le si erano fatti improvvisamente lucidi.
“Di la verità non ti piace passare il tempo con la furia della capitale, vero? Solo perché la gente non fa altro che sparlare di me e dire che sono un completo disastro che tende sempre ad aggredire chiunque non significa che sia vero. Speravo che almeno il mio fidanzato nonché migliore amico fin dall’infanzia vedesse qualcosa di più in me!” urlò e il secondo colpo che diede spaccò in due il tavolino, ma non se ne curò minimamente ne diede il tempo al ragazzo di rispondere, si alzò dalla sedia e sparì a corsa in mezzo alla città.
“Ehi Kinana aspetta! Non intendevo questo!” si mise ad urlare l’uomo prendendo ad inseguirla, mentre Zordio attirato dal rumore usciva dal locale, solo per ritrovarsi entrambi i clienti fuggiti e uno dei suoi tavolini sfasciato.
Erik correva a perdifiato tra le vie della città cercando in tutti i modi di raggiungere la donna, che lo distanziava di parecchi metri e che, a differenza sua, non si faceva intralciare dai passanti spingendoli via o schivandoli all’ultimo secondo.
“Kinana vuoi aspettarmi!” le urlò implorante il ragazzo, ma lei non si voltò nemmeno e imboccata l’ennesima via scomparve alla sua vista.
Perché non mi lascia mai spiegare?!” pensò il bruno infastidito, mentre si metteva a setacciare ogni angolo della città per trovarla.
Alla fine, riuscì a rintracciarla seduta all’ombra di un albero nel parco cittadino, teneva la testa tra le gambe e non l’alzò neanche quando la raggiunse e le si sedette accanto.
“Sing… sing… io non capisco… sob…”
“Che cosa?” le domandò mettendole un braccio intorno alla schiena e stringendola in un abbraccio.
“P-Perché non riesco mai a c-comportarmi c-come una persona n-normale…?”
“Questo non è vero.”
“Ah no!” disse sollevando la testa per guardarlo in faccia, mostrando il volto rigato dalle lacrime: “Non riesco mai a controllarmi, basta un niente e perdo le staffe. Sai tutti i miei superiori e i miei subalterni o mi temono per questo motivo, e quindi mi stanno alla larga, o mi prendono in giro e sparlano alle mie spalle. Io cerco solo di fare bene il mio lavoro, ma non è colpa mia… è che siamo stati cresciuti così. Se c’è stato insegnato ad essere sempre vigili in ogni situazione e a non mostrarsi mai deboli, perché le altre persone possono e ci guardano come se fossimo noi gli strani?! Perché ovunque andiamo non riusciamo mai ad avere una vita normale? Cosa abbiamo fatto di male per meritarci questo?”
A quella domanda Erik abbassò lo sguardo e il suo volto si fece serio: non poteva negare che Kinana avesse ragione… per lui abituarsi alla vita comune di città era stato facile, perché quella era la vita che per anni aveva sognato e che per anni non aveva potuto condurre. Poter vivere un’esistenza normale come un semplice fotografo gli appariva il dono più bello mai ricevuto. Ma se per lui era stato così semplice dimenticarsi del passato per Kinana non lo era, e lui sapeva che dietro quella scorza dura si celava un cuore ferito dalle intemperie e dalle mille prove che la vita le aveva messo difronte.
Forse non era stata una buona idea permetterle di entrare nell’esercito reale, la vita militare era troppo vicina a quella del loro passato, però d’altro canto lei era una ragazza indipendente con la testa sulle spalle, e lui non sapeva proprio che altro lavoro avrebbe potuto svolgere.
“Non devi prendertela per quello che dicono gli altri, se sono stupidi è solo un loro problema. Tu sei un sergente brillante, che svolge il proprio lavoro con devozione e poi hai visto prima…? Hai visto quante persone ti applaudivano e acclamavano?”
“Solo perché sanno che potrei prendermela se non lo fanno e perché quando sono arrabbiata gli faccio paura. E poi il gestore della bancarella mi sembrava tutto furche felice e gli uomini erano intenti a guardare altro…”
“Ma hai fermato un pericoloso ladro e proteggi tutti i giorni la capitale, ti impegni più di chiunque altro.”
“E come è sempre successo gli altri o fanno finta di non vederlo o non se ne rendono conto. Sembra che questo sia il mio destino.”
“Le cose non sono più come anni fa, ricordi ci siamo lasciati il passato alle spalle e ci siamo promessi di vivere il futuro con impegno e determinazione. Non abbatterti per quello che pensano le altre persone, prima o poi riconosceranno il tuo valore.”
“Io non me la prendo per quello che pensano gli altri, io me la prendo per quello che pensi tu!”
“I-Io…? Scusa che centro io?” chiese allibito sbarrando gli occhi e poggiando le piccole iridi sul viso della ragazza, che lo fissava seria e un po' abbattuta.
“Tu hai deciso di tagliare i ponti con il passato, hai deciso di lasciar perdere tutto quello che eri prima e ti sei messo a recitare quella stupida commedia del sempliciotto imbranato…”
“Kinana io volevo solo…”
“So cosa volevi! Lo so cosa desideravi e l’ho accettato, mi piace vedere che sei tornato a comportarti come quando eravamo due semplici marmocchi. Mi rilassa l’idea di rivedere quel tuo lato infantile e piagnone, come se gli ultimi tredici anni non fossero mai esistiti. Ma poi mi guardo allo specchio, vedo te e Sorano che avete fatto di tutto per cambiare e lasciarvi quella tremenda esperienza alle spalle, mentre io non sono cambiata di una virgola, sono sempre la solita pazza sconsiderata. Anche io vorrei sentirmi parte di questo nuovo presente, ma non riesco proprio a scordare ciò che abbiamo dovuto sopportare.”
“Mi dispiace, è colpa mia.” disse Erik piegando la testa sulle gambe, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo.
“Io volevo chiudere tutti i ponti con il passato, ma mi sono comportato da egoista e ho ignorato i vostri sentimenti, ho pensato solo a quello che era meglio per me…
Ma ti assicuro che anche tu sei cambiata e sei diventata una persona meravigliosa!”
“Lo dici solo per tirarmi su di morale.”
“No, non è vero! Fin da quando eravamo piccoli tu ci sei sempre stata per me, quando ero triste, quando piangevo, quando ridevo, quando è successo tutto quel macello, nei momenti più dolorosi e angoscianti della mia misera esistenza tu mi sei stata accanto. Ma nessuno ti ha mai imposto di stare vicino ad un fallito come il sottoscritto…”
“Erik, ma che dici?”
“Dai lasciami finire. Io non brillo certo per coraggio, sono un frignone, un pasticcione e un inguaribile smemorato. Ho lavorato tanto per cambiare questo mio modo di pormi e qualche anno fa c’ero pure riuscito, e so che allora ti piacevo molto di più di adesso. Quando ho riacquistato la mia vecchia personalità tu avevi tutto il diritto di lasciarmi perdere, ma sei rimasta al mio fianco e hai fatto quello che ti riesce sempre… mi hai sostenuto! Kinana fin da quando ti ho conosciuta io mi sono sentito ispirato dalla tua tenacia, dalla tua grinta, dal tuo impegno e dal tuo modo di fare.
Certo sei sempre stata una scavezzacollo manesca e un po' pazzerella, ma prima di questo tu sei rimasta sempre la mia guida, la mia fonte di ispirazione, quella luce che mi spingeva ogni giorno a dare il meglio di me. Io so di non essere niente di speciale, al mondo ci sono migliaia di persone migliori di me e so che per mio padre sono stato forse la sua più grande delusione, però quando tu sei al mio fianco io riesco a dare il meglio di me, so di non potermi arrendere e ci tengo a migliorare per non deluderti mai.”
Rimase in silenzio riprendendo fiato, mentre guardava la violetta che attonita lo ascoltava senza sapere come rispondere.
“Quel sentimento di ammirazione che provavo per te negli anni è diventato qualcosa di molto più profondo della semplice amicizia, io ti amo Kinana perché anche se sono l’ultimo degli ultimi, anche se in me nessuno ha mai avuto fiducia grazie alla tua presenza e al tuo impegno io sono diventato la persona che sono oggi, una persona che spero tu possa chiamare con fierezza fidanzato.” all’ultima frase non riuscì a trattenersi e per la vergogna il suo volto divenne tutto rosso.
“Io non so come tu faccia a vedere queste mie splendide qualità, ai miei occhi non sembro una persona così fantastica e se devo essere onesta ho sempre visto in te queste qualità…”
“Che vuoi dire?”
“Tu ti sminuisci sempre! Sai certe volte non so cosa mi trattenga dal prenderti a pugni…”
“Di solito non ti trattieni poi tanto…”
“Vuoi vedere che neanche questa volta ci riesco?” gli chiese sollevando minacciosamente il pugno vicino alla sua faccia.
“No no, per favore! C-Continua il discorso di prima…”
“Stavo dicendo che sei insopportabile perché sei sempre lì ad autocommiserarti, quando in realtà hai fatto tantissimo sia per me, sia per questo Paese.
Se non ci fossi stato tu a guidarmi e a mostrarmi la via da seguire non so che fine avrei fatto oggi. Tante volte mi sono chiesta cosa ci trovasse un individuo buono e gentile come te, in una pazza sanguinaria come me.”
“Beh, se proprio dobbiamo essere precisi tra me, te e Sorano non so chi sia di più il pazzo sanguinario, di persone ne abbiamo ammazzate tante in quel periodo.”
“Si, ma mentre tu lo facevi sotto totale costrizione, io ci provavo anche un certo gusto a quel tempo. Però quando abbiamo lasciato perdere e te ne sei andato, mi sono sentita a pezzi e ho desiderato solo che tornassimo insieme…”
“Mi dispiace tanto per quello, avrei dovuto considerare i tuoi sentimenti invece di andarmene a quel modo.”
“Ti ho incolpato tanto e ti ho odiato, ma alla fine ho capito che non avevamo altra scelta se non separarci.”
“Inoltre, quel periodo di separazione mi è servito molto per riflettere su cosa provavo nei tuoi confronti… mi sono sempre sentita nel posto sbagliato al momento sbagliato, come se tutti percorressero una strada opposta alla mia, poi ci siamo conosciuti e mi sono accorta che alla fine quella strada non era poi così diversa da quella degli altri, perché anche gli altri percorsi sembravano solo all’apparenza identici, ma in realtà erano completamente diversi gli uni dagli altri.
Stare con te mi ha fatto sentire in pace dopo tantissimo tempo e credevo di poter ricominciare anche io, di poter vivere una vita comune e semplice, magari formare una bella famigliola. Ma non riesco proprio ad adattarmi alla vita nella capitale, non riesco a fingere di non odiare tutti i miei superiori per quello che il re ci ha fatto e oggi, quando sono venuta e ho visto che non era pronto niente mi sono sentita terribilmente fuori posto.”
“Kinana io ti giuro che non è come pensi, se sono un completo idiota che tra un po' si scorda anche come si chiama non vuol dire che non tenga a te o non desideri passare del tempo insieme.”
“Lo so tu hai la tua vita, il tuo lavoro, i tuoi amici, i tuoi continui impegni. Io sono solo un’ombra del passato, anche se pensi tutte quelle cose belle su di me, vuoi davvero dirmi che ogni volta che stiamo insieme non pensi a quello che ci è successo? A volte mi chiedo se ci siamo messi insieme solo perché ci conosciamo da una vita, insomma quante donne migliori di me ci saranno nella capitale…”
Avvertì le mani dell’altro afferrarla per le spalle e tirarla a se, in modo che i loro visi fossero a pochi centimetri l’uno dall’altro.
Erik la guardava seria, le piccole iridi ridotte a fessure, le sopracciglia cespugliose corrugate e la bocca rivolta verso il basso. Erano anni che non vedeva quello sguardo e come tanto tempo prima non riuscì a sostenerlo e scostò gli occhi su un punto indefinito dietro di lui.
“Guardami per favore.” a quel richiamo, che più che una richiesta sembrava un ordine non riuscì a trattenersi e i suoi grandi occhi verdi si spostarono nuovamente sul suo volto.
“Io non so chi ti abbia messo in testa queste stupidaggini, perché non posso definire in altro modo questi tuoi assurdi pensieri. Ma io ti assicuro che se anche non ci fossimo mai conosciuti, se anche non fossimo mai cresciuti insieme, qualunque altra donna con cui mi fossi trovato ad intraprendere una relazione sentimentale non mi avrebbe mai conquistato come te. Anche se tu non riesci a vederlo sei cambiata, sei migliorata e anche tu sei tornata quella ridente e ingenua ragazzina con cui giocavo da bambino. Abbiamo dovuto affrontare di tutto per essere qui, ma ci siamo… adesso dobbiamo solo fare un ultimo grande sforzo e riuscire a adattarci a questo mondo, ma io so che puoi farcela perché ce la stai già facendo e perché non ti sei mai arresa difronte ad una sfida.
E poi ci sono io qui con te, qualunque cosa dovremmo affrontare da adesso in poi lo faremo insieme, perché è vero che ho sempre desiderato una vita normale, ma la mia normalità include te a priori. Io ti amo Kinana e ho bisogno di te, tu sei e resterai sempre la persona più importante della mia vita.”
Lei gli sorrise poi avvicinò le sue labbra alla sua bocca e lo baciò, un bacio fugace e rapido perché poi tornò a guardarlo e gli disse: “Anche io ho bisogno di te e ti amo più di ogni altra cosa al mondo.”
Poi tornò a baciarlo e lo spinse indietro facendolo cadere sull’erba e ci si tuffò sopra sdraiandosi sul suo petto.
“Questa festa non mi piace.” disse carezzandogli una ciocca di capelli con due dita.
“San Valentino?”
“Si, mette troppa pressione addosso e poi sembra un incentivo per far litigare le coppie.”
“Già, non è proprio un granché visto da questa prospettiva, ma tu pensa a quanto è bello ricevere un regalo dalle persone che si amano e come ci si sente felici e realizzati quando tornando a casa, ci si siede sul divano e si rimane in compagnia di chi amiamo.”
“Io non posso saperlo, visto che razza di stolto mi è capitato come ragazzo, al punto che dal ricevere il regalo mi è toccato prepararlo a me.”
“E poi hai mandato tutto all’aria.” gli sorrise sornione il ragazzo.
“Vuoi prenderle?”
“No, grazie sto bene così e non mi va di rovinare questo momento. Erano anni che non ci rilassavamo all’ombra di un albero solo noi due e poi una cosa da dartela ce l’avrei…” disse sollevandola di peso per poi mettersi a sedere accanto a lei.
“Di cosa si tratta?”
“Non so se ti piacerà, ma ci provo…” le afferrò la mano, si fece scivolare via l’anello dal dito e con delicatezza lo infilò nel suo rimirando per una manciata di secondi il risultato.
Kinana si divincolò dalla sua presa portandosi la mano davanti al volto e squadrando scettica il regalo disse: “Questa vecchia patacca?”
“Questa vecchia patacca.”
“Beh, se volevi rifilarmi la tua bigiotteria potevi inventarti una scusa migliore.”
“Ma no, tu lo sai che per me quell’anello ha un valore importantissimo.”
“Non ne avevi due?” chiese dubbiosa la ragazza.
“Infatti, l’altro l’ho qui...” disse e tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un gioiello identico a quello che aveva appena regalato alla ragazza.
“Sai non credo che i fidanzati abbiano per forza bisogno di indossare due anelli uguali e se è una proposta di matrimonio non mi sento ancora pronta per il grande passo.” disse semplicemente Kinana e già si era sfilata per metà l’oggetto.
“Aspetta, sei sempre la solita impaziente. Almeno prima lasciami spiegare.”
“Ti ascolto.”
“Questo anello non te l’ho do come pegno del nostro fidanzamento… per anni è stato un monito che mi ha ricordato la mia famiglia, anche se in senso negativo. Ma adesso che l’ho donato a te voglio che quando lo guardi tu pensi sempre a me. Questo anello simboleggia una parte di me che ti seguirà sempre, in modo che tu stessa ricordi quanto sei importante per il sottoscritto. Io farò altrettanto e d’ora in avanti guardando quest’altro anello penserò a te e mi sentirò un po' meno impacciato e piagnone al pensiero che il sergente più carino di tutta Edolas mi ami.”
“Ma guarda un po', sicuro di aver scelto bene la professione di fotografo, al tuo posto avrei fatto il poeta.”
CLIK
Un flash l’abbagliò per un istante, poi guardando il ragazzo si rese conto che le aveva appena scattato una foto.
“Mica male, che ne pensi la metto in prima pagina…? Già mi immagino il titolo: “SERGENTE TONTOLONE”. Non sarebbe divertente?”
Erik!” tuonò la violetta, mentre il suo volto si contorceva in una smorfia terrificante.
Il poveretto fece appena in tempo ad indietreggiare prima di ritrovarsi le braccia strette in una morsa dietro la sua schiena e un paio di piedi a spaccargli la spina dorsale.
"P-Pietà! S-Stavo solo scherzando!”
“Ah, ma anche io scherzo… infatti le braccia te le frantumerò solo per scherzo!”
“IIIIHHHH! NOO, per piacere!”
Avvertì la presa intorno ai suoi polsi stringersi e fu costretto ad incurvare la testa indietro e a sollevarla di scatto.
Alzando lo sguardo vide con il pelo dell’occhio Kinana che continuava a sorridergli, poi avvertì le sue mani scivolare lungo le sue braccia fino alle spalle, per poggiarsi sul suo petto e stringerlo in un abbraccio.
“Lo ribadisco: sei fortunato ad essere carino e gentile, o saresti già all’altro mondo.”
“Beh, allora viva la fortuna.” disse mentre si faceva cullare in quella stretta.
“Che ne dici se ti faccio anche io un secondo regalo?” chiese la ragazza ed iniziò a sbottonargli la maglietta e a sfilargli dalla manica l’impermeabile.
“Ehi ehi, aspetta! Siamo in mezzo ad un luogo pubblico, per quanto non veda l’ora, non potremmo andare a casa?” chiese imbarazzato il ragazzo levandosela di dosso e rimettendosi il cappotto blu.
“Quante storie fai… va bene, andiamo a casa mia.”
“A casa tua?”
“Si, perché?”
“Quella biscia è dentro la teca vero?”
“Chi Cube?”
“Proprio lui! L’ultima volta me lo sono ritrovato a strisciare sopra un piede.”
“Ma di che hai paura?” chiese Kinana notando che il volto del giovane era diventato pallido e leggermente bluastro: “Ti adora.”
“Quel serpente mi odia! Ogni volta che vengo mi aspetto di ritrovarmelo stretto intorno al collo pronto ad azzannarmi con quei suoi dentacci venefici.”
“Ti ho già spiegato che non è velenoso.”
“Non importa, resta pur sempre un animale tremendamente pericoloso. Perché te lo tieni in casa?”
“Mi piacciono i rettili, è forse un problema?”
“Beh, fosse una tartaruga o un geco capirei, ma una serpe, un lungo lombrico strisciante conosciuto in tutto il regno per la sua pericolosità.”
“Senti se non vuoi venire non fa nulla, non sai cosa ti perdi.” disse e si incamminò verso l’uscita del parco.
“Lo so eccome cosa mi perdo.” si disse il bruno, poi convenendo che l’offerta proposta era molto più conveniente e che nessuna forza della natura gli avrebbe impedito di pregustarsi quel momento, ignorando la sua stupida paura le corse dietro. Arrivatogli accanto le diede la mano e contenti si incamminarono verso casa.
 

 
Nota d’autore: finalmente sono riuscita a pubblicare questo capitolo. In realtà era già pronto ieri, ma volevo rileggerlo per assicurarmi di correggere tutti gli errori e perché la seconda parte la volevo rivedere e perfezionare. Nonostante sia venuta un po' diversa da come l’avevo immaginata, sono abbastanza soddisfatta di me stessa per essere riuscita a contenermi e a scriverla in tempo.
Ringrazio Soly_D per avermi linkato l’invito alla Challenge, è stato molto divertente parteciparvi e spero di aver rispettato abbastanza fedelmente la citazione sopra riportata.
Ci tengo inoltre a spiegare che anche questo capitolo, come la raccolta che ho scritto sempre a seguito della Challenge di Natale funge da presentazione di alcuni personaggi che voglio riutilizzare in futuro per scrivere una storia più lunga e completa, spero che se anche troverete dei punti bui o non ancora comprensibili riusciate a godervi la storia.
Per quanto riguarda i personaggi, mi sono sempre piaciute le controparti di Edolas dei personaggi principali e mi sono sempre interrogata chiedendomi come sarebbero state quelle dei personaggi secondari e girando un po' su Pinterest ho trovato due splendide fanart di cui vi allego qui i link:
https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.pinterest.com%2Fpin%2F694680311242598630%2F&psig=AOvVaw3lWdbXZmvD7ZcTT-cu_vWL&ust=1645096570915000&source=images&cd=vfe&ved=0CAsQjRxqFwoTCIDM9ryMhPYCFQAAAAAdAAAAABAD
https://pin.it/4Mx2IBc
Ho preso ispirazione da queste due immagini per quanto riguarda i personaggi e i loro designer perché li ho trovati veramente molto belli.
Detto questo spero che vi piaccia come ho reso le controparti di Edolas di Erik e Kinana.
Fatemi sapere cosa pensate della storia con una recensione.
Striscia_04
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: striscia_04