Serie TV > La casa di carta
Segui la storia  |       
Autore: Ivy001    16/02/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Di fronte agli occhi di Santiago Lopez e Daniel Ramos si presentano tre giovani donne, vestite in maniere simile, ma con atteggiamenti e sguardi totalmente diversi.

“Salve, io sono Manila, come possiamo aiutarvi?” – rompe il ghiaccio la prima di loro, una giovane all’incirca sui 30, dai capelli castani, di media lunghezza, che tiene stretta la mano della bionda riccia, al suo fianco, che si presume abbia la stessa età.

“Siamo qui per interrogarvi sulla scomparsa di Raquel Murillo” – spiega Lopez, tornato a concentrarsi sull’indagine, mettendo da parte i suoi strani pensieri.

“Noi? Cosa cazzo c’entriamo in questa storia?” – interviene la moretta alle spalle delle altre due, facendo un passo avanti – “Pensate che possiamo averla fatta sparire, razza di bastardi?” – rispetto al tono pacato della prima giovane donna, quest’ultima sembra piuttosto incazzata e non si risparmia neppure nell’uso di espressioni poco garbate.

“Tokyo, per favore, tieni a freno la lingua” – la rimprovera Manila, conoscendo quanto la collega e amica sia una bomba ad orologeria.

Di fronte all’appellativo “Tokyo”, i due ispettori si rivolgono uno sguardo confuso.

“Come l’hai chiamata?” – domanda Daniel, inarcando il sopracciglio.

“Non sono cazzi tuoi” – replica ancora la tipa irascibile.

“Piantala, possibile che non riesci a conversare senza attaccare qualcuno?” – perfino la biondina, rimasta in silenzio fino a poco prima, sbotta. E la sua voce, così dolce e materna, in contrasto con tutto quel mondo a cui lei sembra appartenere, colpisce Ramos che la osserva compiaciuto – “Lei potrebbe essere la testimone più utile” – sussurra poi a Santiago, riferendosi al carattere docile della riccia.

“Mhmm” – commenta Lopez, pensieroso – “Direi di interrogarle una alla volta, adesso! E lo faremo insieme perché, ti conosco, ti lasceresti andare agli ormoni e la biondina diventerebbe un tuo passatempo e non la testimone di una scomparsa” – così dicendo, chiude la conversazione e si rivolge alle donne, premettendo – “Non stiamo accusando nessuna, ma è bene ascoltare tutte voi perché, lavorando qui, potreste aver colto qualche dettaglio che aiuterebbe le ricerche!”

“Siamo a disposizione, signore” – risponde gentilmente la bionda – “Vogliamo riabbracciare la nostra amica quanto prima”

La sola che sembra contraria alla collaborazione è la giovane ribelle.

“Siete solo voi tre che lavorate al Mariposas?” – domanda Santiago, colpito dal numero esiguo di spogliarelliste.

“In realtà, fino a ieri, eravamo in cinque” – spiega Manila.

“Inclusa la Murillo, immagino!” – riflette il quarantenne, facendo i suoi calcoli – “Ne manca una. Dov’è la quarta?”

“Impegnata con qualche cliente, per ora ci siamo noi. Se lo faccia andar bene…SIGNORE”

“Tokyo ora basta!” – il rimprovero finale viene addirittura dal buttafuori, rimasto a vigilare davanti il tendone, ma attento ad ascoltare ogni parola.

“Helsinki, adesso ti ci metti anche tu?” – borbotta la donna. Perfino il tizio addetto all’ingresso ha un nome in codice.

“Ma qui vi chiamate tutti come città?” – esclama Daniel, grattandosi la testa, confuso.

E la sua affermazione trova replica in un agghiacciante sguardo di Tokyo.

“Direi di cominciare, stiamo perdendo tempo prezioso!” – interviene Lopez, per evitare ulteriori discussioni.

Invita quello che ha scoperto chiamarsi Helsinki a condurre fuori due donne, per concentrarsi sulla prima.

“Cominceremo con la più pacata…la signorina Manila”

Accertatisi che gli altri sono ben distanti dal privé, i due ispettori danno inizio all’interrogatorio.

*********************************************

“Tokyo, devi smetterla di mostrarti arrabbiata, creerai sospetti inutili!”

“Non mi frega un cazzo, sapete che rapporti ho con questa gentaglia, non mi piace collaborare con loro”

“Ma lo facciamo per Lisbona!” – insiste Stoccolma.

“Potevamo pensarci prima…prima che accadesse quanto è accaduto!” – tuona la mora, camminando, nervosamente, avanti e indietro nell’atrio principale.

Mentre le due discutono, vengono raggiunte da Helsinki, allontanatosi per serrare il locale, insieme all’altro buttafuori.

“Io e Oslo abbiamo chiuso tutto!”

“Bene, mi domando solo dove sia Nairobi!” – precisa la bionda, preoccupata, guardandosi attorno.

“La nostra gitana starà facendo quello che avremmo dovuto fare noi, anziché sprecare tempo a giocare con i poliziotti!” – replica la mora, afferrando una delle pellicce nere dall’attaccapanni, di quelle utilizzate durante la serata.

“Dove stai andando adesso?” – la rimprovera Helsinki.

“Dalla mia migliore amica” – specifica, riferendosi alla zingara, unica assente del gruppo.

“Non sappiamo dove sia, e poi quegli uomini devono interrogarci! Dobbiamo aspettare qui”
“Non fare casini, per favore” – precisa il serbo – “O io costretto a mettere tutto in regola!”
neppure tali affermazioni, di chi è disposto a usare le maniere forti per frenarla, toccano minimamente Tokyo che, per giunta, ne ride di gusto.

“Salutatemi gli sfigati…anzi, ditegli anche da parte mia di girare a largo perché al Mariposas è meglio non mettere piede. Non conviene a nessuno di loro…”

E proprio quando è prossima a filarsela, sopraggiunge qualcuno da un accesso secondario.

“Eccoti finalmente, ma che fine avevi fatto?” – il richiamo di Stoccolma è rivolto all’arrivo di una donna dai capelli neri come la pece e la carnagione olivastra. I tratti del viso molto pronunciati, gli zigomi alti, gli occhi grandi e scuri, il naso aquilino, danno la chiara immagine di una personalità dominante. Esattamente quella che caratterizza la persona in questione.

Accortasi della presenza della migliore amica, Tokyo la raggiunge e l’abbraccia, rivelandole lo scoop della nottata – “Nairo, hai saputo!? A quanto pare dobbiamo collaborare con la polizia!”

“Sul serio? Non ci penso proprio!” – esclama, disgustata, la gitana.

“Ragazze ma siete impazzite. Ne va della salvezza di Lisbona. Mettete da parte rancori passati” – aggiunge Stoccolma.

“Facile parlare se non hai avuto problemi in passato con loro!” – sottolinea la neoarrivata, mentre stringe al petto la esile e bassina amica, che considera una sorella minore da proteggere.

“Andiamocene, Nairo!” – le propone Tokyo, prendendole una mano e tirandola verso l’uscita.

“Non fate cazzate, rimanete qui!” – insiste Helsinki.

“Altrimenti?” – con aria di sfida, la donna dai capelli corti e scuri, si pone di fronte al serbo, intenzionata a non darla vinta alle sue pressioni, fatte solo di minacce e forza fisica.

“Credi che solo perché siamo donne dobbiamo sottostare?” – aggiunge poi.

La situazione ingestibile viene interrotta dal rientro al Night Club di Martin Berrotti.

“Grazie a Dio, sei arrivato al momento perfetto!” – la riccia tira un sospiro di sollievo – “Cerca di farle ragionare, per favore”

“Stoccolma, le compagne vanno difese, e non date in pasto ai leoni!” – commenta Nairobi, riferendosi al comportamento troppo accondiscendente della biondina, sempre pronta a raccontare al capo ogni minimo fatto, mettendole nei casini ogni volta.

“Nessuno qui fa la spia!” – prende parola il proprietario del Mariposas, ringraziando con un compiaciuto sorriso la sua fedele farfalla.

“Non collaborano!” – aggiunge Helsinki, dando conferma alle affermazioni della riccia.

“Ah si?”

“Avevi qualche dubbio?  Ci conosci, sai come siamo fatte!” – puntualizza la gitana.

“Ammetto che ci avrei scommesso. A voi frega poco perfino della salvezza di una vostra collega”

“Questo non è vero, avremmo potuto agire prima, e invece?!” – interviene Tokyo, non toccando nei dettagli la questione.

“Io vi dico solo questo: se ci tenete al posto, siete pregate di portare il vostro sedere su quelle sedie lì, e attendere il turno per l’interrogatorio”

Le due amiche si guardano, disposte perfino a lasciare il locale e cercare altro.

Ma c’è qualcosa che glielo impedisce.

“Nairobi, ti consiglio di pensare bene al tuo bambino. Fossi in te, eviterei danni che potrebbero risultarti permanenti”
“Bastardo” – grugnisce la donna, stringendo i pugni, trattenendo la rabbia.

Il punto debole di lei porta il nome di Axel e Martin lo sa bene. Berrotti conosce il passato della zingarella e di suo figlio e sfrutta, quando gli conviene, quell’argomento per gestire le sue alzate di testa.

Udendo quella sorta di ricatto, Nairo china il capo e si accinge ad eseguire quanto ordinato: sedersi al posto ed attendere. E Tokyo, per il bene immenso che nutre nei suoi riguardi, la segue e le stringe una mano.

“Bene, vedo che state iniziando a ragionare come si deve. Ogni tanto bisogna anche abbassare le proprie ali e capire le priorità. Dico bene, Stoccolma e Helsinki?” – l’uomo torna così ad avere controllo sulla situazione. Occupando la seduta di fronte alle due, accavalla le gambe e, a braccia incrociate, le fissa come quando si controlla una persona in punizione.

“Mi auguro che non ci siano più ribellioni, o dovrò comportarmi di conseguenza”

“Nessun’alzata di testa, signore” – con un filo di voce, trattenuta nel suo esplodere, la gitana avverte l’ennesima coltellata al cuore. Ormai dovrebbe essere abituata, e invece ogni volta che viene fatto il nome di Axel, la ferita si riapre, diventando sempre più profonda, e una ferita profonda è di quelle che persistono e corrodono fino a condurre alla distruzione.

“Quanto a te, Tokyo, non permetterti di disobbedire mai più. Abbiamo fatto un patto, anni fa, quando venisti qui. Perciò, mi devi rispetto. Chiaro?”

La donna replicherebbe volentieri, ma è l’amica di fianco a frenarla.

“Come dici tu” – risponde, di malavoglia.

Da quel momento cala il silenzio.

Nessuno si pronuncia, a parte lo stesso Berrotti che si complimenta con chi come Stoccolma e Helsinki seguono fedelmente le regole.

**********************************

Nel frattempo, Manila, alle prese con l’interrogatorio, racconta quel poco che sa sulla vicenda di Raquel. E non soltanto quello. Rivelare, in totale naturalezza, di essere una transgender, così come i dettagli del suo cambiamento sessuale, riferendo perfino il passato e l’attuale nome con cui si identifica, convince i due ispettori della sua totale sincerità.

“Ci stai dicendo che con Raquel non esisteva un’amicizia, giusto?” – annota Santiago, totalmente certo delle sue parole.

“Siamo colleghe, tutto qui, ripeto… io e Raquel non abbiamo mai allacciato un legame forte da confidarci dei nostri rispettivi problemi. Io sono più legata a Stoccolma. Lei, invece, era solita isolarsi e tenersi tutto dentro”

“Quindi non si relazionava con nessuna di voi?”

“Beh, direi quel poco che bastava per una convivenza civile! Poi lei è qui da molto meno tempo!” – puntualizza la ragazza.

“Da quanto, di preciso?”

“Non ricordo, un anno o poco meno. È arrivata in una notte molto affollata. Perciò non so dirti di preciso chi l’ha condotta qui e come mai. Si è solo presentata a fine serata, a noi altre, come Lisbona”

“Lisbona” – ripete Santiago, cercando di comprendere come mai usassero appellativi di città e il perché di quella scelta.

“Bene, penso possa bastare!” – aggiunge Daniel.

Manila, dopotutto, non ha molto da riportare di utile ai fini delle ricerche, se non della totale forma di isolamento che viveva la Murillo rispetto al gruppo.

“Prima di andare, siccome ho totale fiducia in ciò che mi racconti…” – le sussurra Lopez – “Come mai la scelta di utilizzare nomi di città?”

“Beh…signore, noi qui siamo alle dipendenze di chi ci ha aiutate a uscire da periodi o circostanze scomode. Non amiamo che le nostre identità siano sulla bocca di tutti, ed è stato il capo a chiederci di scegliere questa tipologia di codice segreto”

“Quindi serve come copertura!”

“Esatto, nessuna di loro vi dirà mai il suo reale nome. Vi prego di accettarlo senza indagare; qui ognuna ha una privacy da tutelare” – così dicendo si alza e fa per uscire, non prima di aver ringraziato – “Ammetto che mai avrei immaginato di parlare con due ispettori di polizia come voi e trovarmi a mio agio. Non mi avete giudicata nonostante prima mi chiamassi Juan e questo vi fa onore” – sorride loro e va via.

“Possiamo essere totalmente sicuri?” – chiede Ramos a Santiago.

“Quella persona è vera, più di tante maschere che ho conosciuto nella mia vita. Non dubiterei di quanto ha rivelato. Chi forse potrebbe ingannarci è la miss Tokyo. Direi di invitare proprio lei adesso”

“Vado a chiamarla” – dice il trentenne, avviandosi all’ingresso, dove nota immediatamente l’arrivo non solo di Martin, che veglia sulle sue protette come fosse un cane da guardia, ma anche quello di Nairobi.

“E’ lei la quarta farfalla? È tornata nel suo habitat?” – ridacchia il ragazzo, sdrammatizzando una situazione di cui percepisce tensione fin alla punta dei capelli.

Poi lancia uno sguardo sdolcinato a Stoccolma che, di contro, arrossisce e abbassa il capo.

“Blee” – il verso di disgusto di Tokyo viene ignorato da tutti, eccetto Nairobi che condivide la medesima reazione.

“Anziché beffeggiare gli altri, si accomodi miss Giappone, tocca a lei” – l’ispettore, prendendola in giro, le fa segno, con una sorta di piccolo inchino, di avviarsi al privé.

La giovane, alzando gli occhi al cielo, si mette in piedi e, schifata da quanto è costretta ad eseguire, cerca negli occhi della migliore amica un sostegno.

Lei le fa intendere di stare tranquilla e di agire come meglio crede.

“Sii te stessa!” – le dice prima di vederla andare via.

Su quel “sii te stessa”, Martin coglie un bel “Agisci come ti pare e piace” e cede alla rabbia.

“Voi due fareste perdere la pazienza a un Santo! Possibile che non capiate quanto sia necessario collaborare? Neppure la faccenda di Axel ti fa pensare di stare al tuo posto?”

“Piantala, Palermo! Ti erigi a boss assoluto, senza esserlo davvero”

“Certo che lo sono. Sono il proprietario del locale e tuo superiore, mi devi rispetto. E non  permetterti di chiamarmi Palermo!” – il tono alto, seppure controllato, da inizio ad una delle solite litigate tra i due.

“Perché? Tu ne dai a me? E poi, non vedo perché tu puoi chiamarmi Nairobi e io non posso chiamarti con il tuo di nome in codice!” – tuona la gitana.

“Ehm…possiamo evitare di litigare, di nuovo?” – interviene Stoccolma, mentre Helsinki si interpone tra i due.

“Nairobi, stai al tuo posto” – le dice il serbo.

“Tranquilli! Non farò scenate, stavolta. Ho abbassato la cresta poco fa soltanto per placare Tokyo. Lei non merita di pagare se io comincio una guerra, perché sarei certa che combatterebbe al mio fianco e rischierebbe grosso”
“Wow, che grande donna che sei, complimenti!” – Martin, cerca di umiliarla, beffeggiandola, nonostante l’astio che nutre verso chi è in grado di tenergli testa, permettendosi perfino di usare l’appellativo Palermo.

“Sempre meglio di un omuncolo come te!”

“Nairo” – è Manila, appena arrivata dopo una breve tappa alla toilette, ad accorgersi dell’ennesima litigata e ad intervenire – “Cosa state facendo? Lisbona scompare e voi discutete? Quando la finirete di attaccarvi?”

“Quando miss zingarella capirà i ruoli”

“Oh certo che li ho chiari, Palermo, certo… e voglio ricordarti che hai un nome di città anche tu, come noi. Questo significa una sola cosa”

“Che?”

“Che non sei il mio capo. E conosci le ragioni che mi tengono costretta a spogliarmi per degli sconosciuti, a farmi palpare il culo, a fare la lap-dance, nonostante io odi tutto ciò. Lo sai bene, e ne stai sfruttando a tuo vantaggio il motivo. Cosa posso mai pensare di chiarire, se tu mi minacci con la storia di Axel?”

Di fronte a delle lacrime e alla rabbia e il dolore che Nairobi gli sta sputando in faccia, l’uomo si ammutolisce.

“Potete abbassare l’ascia di guerra, almeno per adesso?” – li prega Manila.

Dopo un breve silenzio che sembra acconsentire alla richiesta, Nairobi conclude - “Se il Mariposas cade nel burrone, mi frega poco. E forse sarebbe anche ora che saltassero a galla i misteri di questo posto, perché lo sai anche tu… la sparizione di Raquel è solo uno dei buchi neri del tuo Night Club!” – così dicendo, torna a sedersi, afferrando un bicchiere dal tavolino in vetro di fronte ai suoi piedi. Si versa del vino, aperto dallo stesso Palermo pochi minuti prima, e lo sorseggia, cercando di affogare in tal modo quella opprimente e pesante amarezza.

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La casa di carta / Vai alla pagina dell'autore: Ivy001