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Autore: laurelleghuleh    24/02/2022    2 recensioni
[KuroTsuki]
"C’è uno Shinkansen che fa avanti e indietro da Tokyo a Sendai, da Sendai a Tokyo. Gli orari, i giorni, le motivazioni sono sempre, tutte diverse, ma quello sembra ogni volta lo stesso. È il treno che porta Tetsuro da Kei e Kei da Tetsuro, che li unisce e poi separa, che li fa sentire a solo ma 305 km l’uno dall’altro. È un luogo che pare esistere per loro e gli altri passeggeri non ci sono. I vagoni vuoti, tranne due posti. È il filo doppio, rosso e d’acciaio, che li lega indissolubilmente."
Questa storia partecipa alla Fast Challenge: Treni indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kei Tsukishima, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto, Tetsurou Kuroo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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prompt n. 24: rincorrere il treno, o chi c’è sopra 

wc: 1399


4 . “Solo”

 

“Sono solo sei mesi!” sbraita per l’ennesima volta Tetsuro.

Secondo Kei, però, solo è un avverbio che si può applicare esclusivamente a lassi di tempo che variano dal quasi nulla al pressochè irrisorio, non oltre. Un attimo solo o solo cinque minuti, non ai mesi, e non a sei.

Solo è un avverbio che non andrebbe usato nemmeno per descrivere da quanto lui e Kuroo discutono di questo fatto. Perché non è solo, ma tanto, forse troppo tempo, e Tsukki adesso ne ha piene le palle.

Il problema è che Tetsuro, come al solito, la fa facile. Sono solo sei mesi e anche a voler essere romantici, o semplicemente irrealistici, già così non sono pochi. E non sono nulla se paragonati a quello che li aspetta. Perchè Kuroo non li calcola, ma Tsukishima sa perfettamente che ce ne saranno altri mille di solo sei mesi

Li conosce i tipi di sogni che ha l’altro nel cassetto: se vuole realizzarli, se vuole lavorare in questo campo e inseguire il prossimo grande talento della pallavolo - e non più soltanto i malumori di Kei -, ce ne saranno mille e poi altri mille di solo sei mesi

L’unica eccezione che Tsukishima crede di poter ammettere a quel solo sono i soli diciotto anni che ha appena compiuto. Sembrano più brevi di sei mesi, pressoché irrisori, anzi quasi nulla. L’immaturità che il ragazzo sente di avere su questo genere di questioni, glieli fa pesare come non contassero affatto. Un numero su un pezzo di carta straccia.

Tsukishima Kei ha solo diciotto anni e non crede proprio di poter sopportare questi e chissà quanti altri sei mesi

Cercare di spiegare questa cosa all’altro è un’impresa titanica, eppure ogni volta, presi a fare o parlare di tutt’altro cadono su questo argomento. Il battibecco assomiglia a quello prima quanto al prossimo: l’uno conosce già a memoria le battute dell’altro, è un loop tremendo da cui entrambi vorrebbero presto svegliarsi.

La discussione oggi pareva ormai conclusa a casa Kuroo: era iniziata - e avrebbe dovuto anche esaurirsi - nel perimetro di quelle mura. 

A parole non erano riusciti a caverne molto, ma le labbra poi le mani di Tetsuro sapevano sempre come sedare ogni disputa. Non appena avevano lasciato il corpo dell’altro, però, i due si erano ritrovati di nuovo punto a capo: la litigata aveva scavalcato i confini entro cui solitamente restava reclusa e ora tutta la stazione di Tokyo sapeva che Kuroo stava per partire alla volta di New York. L'università lo aveva selezionato per un semestre all’estero. Un programma per pochi eletti, un’offerta irripetibile.

Il copione però questa volta cambia, uno dei due ha deciso di improvvisare. Tetsuro continua a sbraitare e Kei a camminare impettito verso i binari, senza spiccicare una parola. La nuova battuta del ragazzo recitava che era arrivato il tempo per lui e Kuroo di troncare una volta per tutte. La linea finiva lì, non c’era altro da aggiungere. Punto e il sipario poteva anche chiudersi.

Quella storia non doveva nemmeno esistere, non doveva essere nulla di serio sin dal principio, sin da quel galeotto training camp di qualche anno prima. Quindi tutto questo come cazzo si spiega? Come cazzo ci è finito Tsukishima Kei, dalla piccola prefettura di Miyagi fino all’immensa Tokyo, con il cuore in mille pezzi mentre cerca di non sputarne tutte le schegge addosso all’altro?

L’unica opzione che ha è tacere e filare dritto. Il treno, per fortuna, è in arrivo su quel binario numero 4. Solo un altro po’ e poi finalmente sarà a casa, al sicuro, lontano da lì.

L’altro invece quest’opzione non ce l’ha, non ne ha nessuna. E l’unica cosa che gli resta è chiedersi perché da un semplice battibecco, quello di sempre, erano finiti a discutere sull’eventualità di addirittura lasciarsi. Tetsuro sente di essersi perso un pezzo. Non ci trova il nesso logico, gli manca una pagina del copione.

“Allora dimmi semplicemente che vuoi lasciarmi. Che stavi soltanto aspettando una buona occasione per farlo, adesso ti si è presentata e l’hai colta. Eh, Tsukki? E’ così che stanno le cose??” continua a gridargli Kuroo alle spalle. Sente il sangue ribollirgli nelle vene, gli sembra di percepirne già il retrogusto amaro e metallico in bocca. Vorrebbe afferrarlo per un braccio e farlo voltare, bloccarlo con le spalle al muro e schiacciarcelo contro pur di fermarlo, ma sta già rischiando troppo ad urlare così in pubblico. 

“Rispondi cazzo. E non uscirtene con stronzate della serie questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso o, o, o che ne so, che, che è il destino che non ci vuole insieme, perchè ti giuro Tsukki penso che potrei impazzire. Sei molto più intelligente di così.” Tetsuro prosegue indisturbato il suo monologo. Gesticola e balbetta per la rabbia.

Kei però ancora una volta non replica. Non si fida di quello che potrebbe uscirgli di bocca. Non lo ha mai visto, o meglio, sentito così furioso. 

“Pensi che mi cambi qualcosa? Eh?? Sendai-Tokyo o Sendai-New York? Fosse anche Sendai-la luna, pensi me ne fregherebbe qualcosa??”

Tsukki non lo sta a sentire e non appena intravede i vagoni fermi al binario, sprinta e sale sul treno. Kuroo ovviamente lo segue, è fulmineo e lo raggiunge, ma il palmo aperto dell’altro, sollevato a mezz’aria come un silente ma severo ammonimento, lo fa arrestare prima ancora che possa mettere un piede dentro. 

Kei scuote la testa piano mentre il braccio gli resta teso in avanti, segna la distanza che devono mantenere. Lo fa più per sè stesso, in realtà: un centimetro in più e potrebbe crollare.

“Non fai sul serio, vero? Dimmi che è solo un’altra delle tue scenate…” bisbiglia Tetsuro fermo sulla banchina. La sua voce a stento raggiunge l’altro.

“Tsukki, te lo ripeto, fosse anche sulla luna, fosse anche nella prossima vita, fosse-”

Forse la speranza gioca brutti scherzi e Kuroo, mentre lo sportellone del treno lo interrompe e gli si chiude davanti, ha l’impressione che Tsukishima finalmente sia sul punto di rispondergli. L’impassibilità con cui però prende, si volta e si dirige al suo posto gli fanno credere di aver avuto un semplice abbaglio. 

Dall’altra parte del vetro che corre lungo la carrozza, Tetsuro d’istinto lo segue. Ha solo pochi, ultimi, secondi prima che il treno lasci definitivamente la stazione. 

Kei, rigido contro lo schienale, intanto recupera le cuffie dallo zaino, le inforca e continua a far finta di ignorarlo. Si sente gli occhi dell’altro addosso, sente che lo stanno supplicando di voltarsi. Lui ovviamente non ha alcuna intenzione di farlo. O almeno così per un secondo crede.

Tsukishima è di profilo, perfetto e composto, sembra un fermo immagine di sé stesso. Poi, però, all'improovviso crolla. La tensione lo fa sentire piccolo, gli fa sentire che diciotto è veramente un numero troppo grande e lui, dentro, è molto più piccolo, pressoché irrisorio, quasi nulla

All'improvviso, il contorno della guancia lo tradisce, non è fermo ma vivo e glielo disegna una lacrima, poi un’altra. Un’altra ancora. Kei le lascia scorrere e non ci prova nemmeno ad asciugarsele con il bordo della felpa. Non si muove, spera che l'altro non l'abbia viste. 

Kuroo, che pensava di guardare qualcosa di immutabile rispetto al quale non avrebbe potuto far nulla, rimane spiazzato. Non credeva di avere più alcuna speranza, mentre una, forse l’ultima, gli si è appena manifestata al di là di quel vetro, incastrata tra il sale che adesso riga il volto di Kei. 

Tetsuro incredulo sgrana gli occhi e finalmente capisce che quello è solo l’ennesimo muro, tattica difensiva da quattro soldi che l’altro ha deciso di rifilargli pur di tenerlo a debita distanza. Il nesso logico non c’era.

Appena il treno inizia a muoversi, Kuroo si sposta con lui. Piano si incammina verso nord, poi attacca a correre pur di stargli dietro fino all’ultimo. Gli occhi sono ancora fissi su Tsukki che a questo punto non può far altro che voltarsi. 

Quando la banchina termina e Tetsuro resta fermo a Tokyo, lontano come se fosse già a New York o sulla luna, Kei si sente il mondo, l’intero sistema solare crollargli sulle spalle. Da quella postura rigida e scomoda in cui si trovava, si piega di getto in avanti. La schiena gli si spezza in una curva innaturale. 

Il ragazzo affossa la testa tra le gambe e ci nasconde un pianto incontrollato, una marea di altre lacrime che non pensava nemmeno di tenersi dentro.

 


Un pezzo che avevo paura di scrivere e altrettanta di pubblicare. Se ci avete visto una citazione a Nana e quella scena in stazione tra Nana Osaki e Ren Honjo, ci avete visto giusto. E se per caso amate anche voi quanto me Dutch Nazari sappiate che io ci ho sentito “Inutili e Belli”. Per chi non ne avesse idea, lasciatevi emozionare da questo: https://www.youtube.com/watch?v=aP5scwCpKu0

“Ti ricorderai di questi giorni

Mi ricorderò di queste notti

Del sorriso un po' infantile che hai quando dormi

E quando sarò io a dormire sognerò che torni

E maledirò l'oceano che ci ha separato

E il pilota dell'aereo che ti ha trasportato

E odierò l'America da cui è arrivata quell'offerta

E pure Cristoforo Colombo perché l'ha scoperta

E saranno giornate fredde come una lama

Giorni in cui il grigio copre tutto il verde

L'abbiam capito: l'amore da solo non sfama

Si sa ma anche esser sazi e infelici non serve

E ci diremo che tanto sono tanti i motivi

E tiferemo l'uno contro l'altro: antisportivi

Come quei vecchi che affollano gli impianti sportivi

E fan pesare ai figli i propri rimpianti sportivi”

   
 
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