Capitolo ottavo
So bene come dare il peggio non
darmi consigli
Cerco un veleno che non mi scenda mai
Ho un angelo custode sadico
Trovo una scusa ma che cosa cambierà, eh?
La grande storia banale
Prima prosciughiamo il mare
E poi versiamo lacrime
Per poterlo ricolmare
Le promesse erano mille mille
Ma nel cuore sento spille spille
Prova a toglierle tu baby tu baby
Chiamami per nome solo quando
avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito venendo qui da solo
Guidando al buio piango come uno scemo
Chiamami per nome…
(“Chiamami per nome” – Fedez, Francesca
Michielin)
Yara era partita quella sera stessa con la
flotta e gli uomini che era riuscita a trovare, immaginando che lo zio Euron,
che pure aveva accettato di nominare Theon come suo reggente perché lo
considerava un cretino integrale e quindi non certo in grado di mettere in
pericolo la sua corona, avrebbe invece cercato di far uccidere lei, l’unica vera pretendente degna di
questo nome al Trono del Mare.
Ovviamente, quando aveva salutato in fretta e
furia il fratello prima della partenza, Yara non gli aveva spiegato la
situazione in questi termini, Theon ci sarebbe rimasto troppo male! Gli aveva
detto invece che si sarebbe diretta a Roccia del Drago per allearsi con
Daenerys Targaryen prima che potesse farlo Euron: in fondo avevano un obiettivo
in comune, entrambe volevano diventare Regine della loro terra ed entrambe non
volevano essere dominate da un marito. Chissà, magari poteva pure funzionare!
Così Theon si ritrovò nella grande fortezza di
Pyke da solo con Ramsay e un manipolo di servitori e consiglieri del defunto Re
Balon che lo guardavano come se fosse qualcosa di schifoso appiccicato sotto la
suola dei loro stivali (evidentemente erano tra quelli che non avrebbero votato
per lui durante l’acclamazione di Re) e il governo delle Isole di Ferro sotto
le sue mani.
“Non vorrei darti una delusione, ma ho la
sensazione che i tuoi nuovi sudditi non siano molto entusiasti di averti come
reggente” gli disse Ramsay mentre cenavano, con il suo solito tatto. “Non li
capisco proprio. Insomma, non sarai il più brillante sovrano dei Sette Regni,
ma l’alternativa era quel grassone presuntuoso di tuo zio Euron, che non
saprebbe governare nemmeno l’organizzazione delle latrine! Che pretendono da
te?”
“Grazie, Ramsay, sono sinceramente commosso
da come sai sempre incoraggiarmi” gli rispose Theon, che dopo una giornata del
genere era troppo esasperato per fingere. E comunque adesso era il reggente di
Pyke, praticamente il Re, per cui le possibilità che il giovane Bolton potesse
arrabbiarsi con lui e tagliargli ancora qualche cosa erano pari a zero. Per il
Dio Abissale, nel caso sarebbe stato lui a
rinchiuderlo nelle segrete di Pyke, posto che ricordasse dov’erano…
probabilmente nei sotterranei, mezze allagate e molto, molto umide!
Ramsay, però, non era solito comprendere le
battute. Ramsay non era solito comprendere un
sacco di cose, e prese le parole di Theon alla lettera.
“Non c’è di che, figurati, in fondo tu mi hai
salvato la vita, adesso sono sotto la tua protezione, mi sembra il minimo
poterti sostenere e incoraggiare” replicò infatti, con un gran sorriso
soddisfatto. “Quindi adesso cosa farai? Cosa deve fare il Re delle Isole di
Ferro?”
La cosa grave è che non ne ho la più pallida idea, pensò Theon.
“Sicuramente la prima cosa da fare sarà
costruire una nuova flotta” iniziò a spiegare Theon, non tanto per rispondere a
Ramsay quanto per ricordare a se stesso che cosa, effettivamente, aveva
intenzione di fare. “Yara è partita con le sue navi e i suoi uomini e Euron
farà lo stesso, quindi le Isole di Ferro resteranno con ben poche navi e non
possiamo permettercelo. E poi intendo fare dei cambiamenti importanti, quelli
che avrebbe fatto Yara se fosse stata eletta Regina.”
Si fermò per un attimo, aspettandosi qualche
battuta sarcastica o qualche commento dissacrante da parte di Ramsay, ma
stranamente non ci fu, anzi: il giovane lo fissava come se fosse
un’apparizione, con gli occhi sgranati e l’aria ammirata. Theon non sapeva se
questo fosse un bene o un male, ma nel dubbio riprese a parlare, visto che
sembrava che Ramsay lo ascoltasse.
“Yara ha detto delle cose molto importanti
durante l’acclamazione di Re, ha detto che i Signori di Westeros ci odiano e che
si ricordano di noi solo per attaccarci. Forse non hanno tutti i torti, perché
anche gli Uomini di Ferro disprezzano i Lord dei Sette Regni e vivono solo per
razziare le loro coste, uccidere e depredare. Dobbiamo trovare un altro modo,
niente più razzie, a meno che non siano necessarie per difenderci. Noi siamo un
grande popolo e non voglio che siamo ricordati soltanto come dei ladri e dei
predoni!”
“Magari hai ragione, il problema è che
questo, credo, ti renderà ancora meno popolare presso i tuoi nuovi sudditi”
commentò Ramsay, pensieroso. “Comunque a me non importa, nemmeno io piacevo poi
tanto al popolo del Nord, non voleva saperne di riconoscermi come nuovo Lord di
Grande Inverno… quindi mi sa che siamo in due a non renderci simpatici alla
gente.”
Ancora una volta Theon si ritrovò a notare
quanto lui e Ramsay, alla resa dei conti, avessero in comune. La cosa era
francamente surreale…
“E visto che il motto della vostra Casata è Noi non seminiamo perché, appunto, in
genere andate a rubare, se vuoi cambiare il modo di vivere degli Uomini di
Ferro dovrai cambiare anche motto, non credi?” continuò Ramsay che, comunque,
almeno dava l’impressione di prenderlo sul serio. “Posso suggerirti qualche
altro motto più adatto? Posso, eh? Posso? Mi vengono in mente tante frasi che…”
“NO!”
riuscì a bloccarlo Theon. Ci mancava solo un motto della Casata Greyjoy
inventato da Ramsay Bolton. “Senti, è
stata una giornata molto impegnativa e siamo entrambi stanchi, andiamo a
dormire e pensiamoci domani, che ne dici?”
Lo sguardo di Ramsay, che si era illuminato
di emozione all’idea di creare un nuovo motto per i Greyjoy, si rabbuiò di
colpo. Certo la prospettiva di andare a dormire con Theon lo rendeva felice ma, per arrivare alla torre dove si
trovava la camera da letto, avrebbe dovuto attraversare di nuovo quel ponte
sospeso. Per lui era diventato un incubo!
“Come primo cambiamento a Pyke non potresti
far costruire dei ponti più sicuri tra le torri?” provò a suggerire, in un tono
timido e insicuro che non gli era abituale.
Questo momento di debolezza strappò un
sorriso intenerito a Theon, nonostante la giornata difficile appena trascorsa.
Allungò un braccio e strinse Ramsay contro di sé, avviandosi lentamente e
conducendolo verso il famoso ponte sospeso…
“Questo no di sicuro. I ponti sospesi
testimoniano il valore e il coraggio degli Uomini di Ferro che li attraversano
sicuri e senza paura in ogni condizione, sarebbe un affronto al cuore stesso di
Pyke, che non teme le tempeste né il vento né…”
“E con tutta l’acqua che prendete voi Uomini
di Ferro non avete paura di arrugginirvi?*” replicò Ramsay, petulante e
innervosito perché Theon non gli aveva dato retta.
Ecco. Quella era proprio la goccia che poteva
far traboccare un vaso fin troppo colmo. Theon stava conducendo lentamente e
pazientemente Ramsay lungo il ponte sospeso, un passo alla volta, stringendolo
a sé mentre il giovane teneva gli occhi chiusi o, al massimo, guardava
incantato lui. Era talmente
esasperato che, sentendolo parlare di Uomini di Ferro che potevano arrugginirsi
(per il Dio Abissale, ma si poteva davvero pensare una cosa del genere?) ebbe
veramente la tentazione di scaraventarlo giù dal ponte e mandarlo a
sfracellarsi sugli scogli sottostanti: si sarebbe vendicato e sarebbe già stato
fin troppo pietoso rispetto a tutte le sofferenze che Ramsay gli aveva inflitto
per anni. Sarebbe stato così semplice e veloce e lui si sarebbe liberato, tutto
in un colpo, del suo aguzzino, del suo incubo peggiore e del ragazzo impertinente
e seccante che lo importunava con le domande più cretine di tutti i Sette
Regni!
La tentazione passò veloce com’era arrivata.
Theon strinse più forte tra le braccia Ramsay e lo guidò per superare l’ultima parte
del ponte, sussurrandogli piano parole incoraggianti per rassicurarlo.
“Siamo quasi arrivati, ormai, manca poco,
ancora pochissimi passi.”
E, mentre conduceva il giovane Bolton in
salvo nella torre e poi verso la camera da letto, ebbe un bel raccontarsi che
aveva fatto la cosa giusta, che aveva dimostrato la sua vera forza d’animo
rinunciando alla vendetta perché lui non era e non sarebbe mai stato come
Ramsay, non si sarebbe mai messo al suo livello. Sì, erano proprio belle e
poetiche le giustificazioni idiote che si dava: era più nobile perdonare, lui
era un vero Principe e non avrebbe mai approfittato della debolezza di Ramsay,
era questo che lo rendeva migliore e che lo faceva sentire finalmente valoroso
e determinato… Già, ma la verità, quella vera,
era che Theon non ci pensava nemmeno a perdere Ramsay, non gli importava un bel
niente della vendetta e ciò che provava era ben altro: si sentiva importante e
fiero perché era Ramsay a farlo sentire così tutte le volte che lo guardava
affascinato e con gli occhi sgranati come se vedesse un dio sceso in terra;
provava un calore che lo invadeva tutto quando lo stringeva tra le braccia e lo
sentiva vulnerabile e in suo potere; e, per buona misura, si eccitava parecchio
con lui e quando se lo portava a letto sperimentava sensazioni ed emozioni mai
vissute in precedenza, e dire che Theon era uno che di esperienze sessuali ne
aveva avute parecchie! Ma nessuno mai lo aveva appagato e fatto sentire bene
come quel ragazzotto imbranato e morbido che perdeva la sua baldanza ed era del
tutto indifeso nei momenti più intimi.
Ecco, questo tanto per essere chiari e ve lo
avevo già detto, no, che anche Theon non era del tutto normale? Alla fine chi si assomiglia si piglia!
Giunti nella stanza, mentre si preparavano
per coricarsi, Ramsay fece un’altra delle sue domande a Theon, ma questa era
davvero una domanda particolare e il giovane Greyjoy ne rimase sconcertato.
“Theon, ma perché tuo padre non ti voleva
bene? Perché ti disprezzava? Tu sei il suo figlio legittimo, quindi non capisco…
Sei anche il suo legittimo erede, avrebbe dovuto tenerci a te.”
Quella era davvero la madre di tutte le domande imbarazzanti di Ramsay, tuttavia Theon,
nonostante il turbamento, provò anche una sensazione positiva, una specie di
calore. Nessuno gli aveva mai chiesto una cosa simile prima, nessuno si era mai
interessato a come poteva essere stata la sua vita sapendo di essere il figlio
che Balon Greyjoy avrebbe volentieri sacrificato pur di riavere i due maggiori.
Fece sedere Ramsay accanto a sé sul letto e
lo guardò, negli occhi un’espressione di tristezza e dolcezza insieme.
“Bella domanda questa, Ramsay, ma lo sai che
non l’ho mai capito nemmeno io?” ammise. “Mio padre mi ha sempre considerato un
debole, un vigliacco e un incapace, non ha mai pensato che fossi un vero Uomo
di Ferro. Mi ha dato in ostaggio agli Stark perché per lui non contavo niente,
perfino mia sorella Yara era più preziosa per lui, e quindi non gli interessava
come mi avrebbero trattato. Poi, però, quando sono tornato a Pyke dopo tanti
anni, ha continuato a disprezzarmi dicendomi che ero interessato solo ai
vestiti eleganti e a farmi notare, che non valevo niente e che ero ancora più
inutile di prima.”
Ramsay lo ascoltava attento e di sicuro Theon
non aveva mai avuto un pubblico più interessato alle sue parole. Questa volta
non era una finzione come quando lo aveva lasciato sfogare per poi
intrappolarlo a Forte Terrore, questa volta il giovane Greyjoy poteva vedere
che nello sguardo di Ramsay c’erano dei sentimenti quasi umani, qualcosa tipo comprensione, partecipazione, pena…
Chissà, forse era perché lui stesso aveva avuto la stessa esperienza con il
padre e perciò poteva capirlo? O forse, alla fine, anche in quel baratro buio
che era la coscienza di Ramsay si era accesa una piccola fiammella di umanità e
solidarietà, per usare due parole davvero grosse?
“Quel casino che ho combinato a Grande
Inverno, quello per cui mi prendi sempre in giro e per cui gli Uomini di Ferro
mi ridono dietro, l’ho fatto solo perché volevo essere degno di mio padre”
riprese Theon. “Non sapevo neanche bene cosa fare e ho commesso azioni
vergognose e terribili sperando che mio padre fosse fiero di me, che alla fine
potesse essere contento e invece…”
E qui accadde una cosa davvero inaspettata,
inaudita oserei dire. Ramsay, sempre seduto accanto a Theon, gli prese una mano
tra le sue (e questo fece venire una specie di collasso cardiocircolatorio al
giovane Greyjoy perché, guarda caso, la mano era proprio quella famosa alla
quale era stato tagliato il mignolo e la sensazione di deja vu fu agghiacciante!) e gli parlò seriamente, attingendo a
tutte le risorse che il suo unico neurone sotto sforzo era in grado di
produrre.
“È un peccato che tuo padre sia morto prima
di poterti vedere di nuovo” dichiarò. “Non per lui, perché a quanto pare era un
grandissimo stronzo e la sua morte non è stata una perdita per nessuno, ma per
te: avrebbe dovuto vederti adesso, sapere quanto sei stato forte e coraggioso
nel salvarti dalle mie prigioni, quanto sei stato determinato e scaltro nel
fuggire da Grande Inverno e ritornare a Pyke, quanto sei stato generoso nel
salvarmi la vita anche se io… beh, non avevo fatto poi tanto per meritarmelo… e
quanto sei leale e giusto nel governare le Isole di Ferro. Anzi, dovrebbe
vergognarsi, perché tu sei mille volte migliore di lui ed è lui a non essere
mai stato degno di te!”
Ancora una volta Theon rimase sbalordito.
Ramsay aveva detto tutto ciò che lui aveva sempre desiderato sentirsi dire e la
cosa sconvolgente era che pareva proprio che ci credesse, che dicesse sul
serio! A quanto pareva il fatto di avergli salvato la vita e di tenerlo sotto
protezione aveva veramente capovolto le priorità del giovane Bolton, che adesso
vedeva Theon come il suo salvatore e benefattore… o magari c’erano anche altre cose che erano successe tra loro e
che lo avevano reso così dipendente da lui. Ad ogni modo sentirsi finalmente
compreso, capito e addirittura difeso da qualcuno, anche se quel qualcuno era
Ramsay Bolton, fece scoppiare un incendio di calore e dolcezza nel suo cuore (e
anche un po’ più in basso…), fu come se tutti i tasselli spezzettati della sua
vita fossero finalmente andati al loro posto. Prese Ramsay tra le braccia e lo
baciò, dapprima quasi timidamente, poi sempre più profondamente, cingendolo con
un braccio e affondando l’altra mano tra i suoi capelli. Stringendolo forte a
sé continuò a baciarlo con passione e intensità, una mano premuta sulla sua
nuca per spingerlo sempre più contro di lui, respirando il suo respiro, mentre
con l’altra mano accarezzava il suo corpo liscio e morbido e lo sfiorava
dappertutto, per non perdersi nemmeno un centimetro della sua pelle. Dal canto
suo, il giovane Bolton era totalmente in balìa di Theon e non capiva più
niente, più o meno come al solito, ma questa volta gli andava bene così, non
gli importava di mostrarsi debole e indifeso. Per lui contava solo che Theon era
lì con lui e che lo voleva, probabilmente in qualche parte oscura della sua
mente vuota sapeva che era ciò che aveva sempre desiderato e così si perse
totalmente nel suo bacio e nelle sue carezze. Poi i baci si fecero più profondi
e infuocati, le membra dei due giovani si allacciarono in un’intensa danza
d’amore e Theon continuò a possedere Ramsay senza staccarsi da lui, in modo
tenero e lento, mentre i loro corpi si fondevano e divenivano una cosa sola.
Anche dopo l’amore, Theon volle rimanere incollato a Ramsay, accarezzandogli i
capelli, baciandolo teneramente e pensando che in fondo stava bene così, unito
a lui. Ogni giorno scopriva qualcosa di nuovo e di straordinario nel loro
legame e adesso non temeva più Euron, gli Stark o qualsiasi fosse il destino che
lo attendeva.
Ramsay era il suo destino, nient’altro aveva
più importanza.
Sì, insomma, non è dunque vero che ci si
abitua a tutto, anche alle disgrazie?
Fine capitolo ottavo
* La
battuta non è mia, me l’ha suggerita Desirée Bravi (Ciuffettina) in una
divertentissima recensione, non potevo non metterla, ma devo anche citare l’autrice
che, in questo caso, non sono io!