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Autore: Ivy001    02/03/2022    1 recensioni
RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI. SPERO VI PIACCIA. ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”
BESITOS A TODOS
Genere: Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bogotà, Il professore, Nairobi, Palermo, Raquel Murillo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Daniel Ramos, fisso con lo sguardo sul proprietario del Mariposas, attende il ritorno del collega. Anche se la presenza di Stoccolma lo destabilizza, cerca di fare l’uomo forte e poco interessato. Ma gli occhi di lei pesano ed evitarla diventa il problema più insormontabile al mondo.

Assurdo quanto una donna, per di più, conosciuta da meno di 24 ore, possa esercitare, su di lui, un controllo simile.

All’esatta maniera di Nairobi con Santiago, la biondina esercita un vero e proprio gioco di seduzione.

Quelle Farfalle sembrano dotate di poteri inibitori, di cui il giovane ispettore è cosciente ma a cui soccombe piacevolmente.

Innegabile che la riccia stia servendosi del sex appeal per cercare le attenzioni di Ramos.

“Cosa volete da noi?” – giocando con uno dei suoi numerosi boccoli d’oro, la giovane si avvicina al trentenne e gli sussurra tali parole all’orecchio. Non c’è rabbia nel suo tono di voce, né provocazione, ma soltanto della tenerezza.

E così cade vittima dei suoi sguardi, dimenticandosi, per qualche secondi, della faccenda di Martin Berrotti.

“Da voi niente, cerchiamo Lisbona, ricordi?” – le risponde, fingendo un disinteresse per l donna.

Gli costa fatica, dato il suo lato da macho.

Intanto Stoccolma continua – “Non direi. Ero sdraiata sul letto, stavo finalmente godendo del riposo che meritavo da settimane, quando un poliziotto ha spalancato la mia porta, riferendomi di uscire. Ha messo a soqquadro tutto…ci state trattando come scarti della società, non lo siamo!”

Alle ultime parole, fa seguito un inizio di pianto per una condizione non cercata né sognata, ma necessaria.

“È solo per sicurezza che facciamo queste ricerche, però, puoi star serena, so per certo che sei buona. Non faresti del male a una mosca” – istintivamente le accarezza il viso, volendola rassicurare.

La donna accenna un sorriso e delicatamente adagia la sua mano su quella che l’uomo tiene ferma sulla sua guancia.

Si fissano per alcuni secondi, fin quando l’arrivo di tutti i poliziotti al completo richiama Daniel alle sue priorità.

“Ehm…capo… ci siamo! Manca solo Lopez” – spiega un agente.

“Che fine avrà fatto?” – chiede, confuso, un altro sbirro.

“Andiamo a cercarlo” – aggiunge l’uomo che ha con sé Manila.

Ma Ramos sospetta già la ragione di quel ritardo.

“Tranquilli, ci raggiungerà quanto prima. Fidatevi” – scuotendo il capo, si rassegna di fronte a un Santiago ormai schiavo del fascino di Nairobi. È convinto sia ancora con lei, intento a fare chissà cosa.

Dovrebbe spifferare al padre il cattivo comportamento del collega, poco serio sul lavoro, ma gli vuole troppo bene per tradirlo alle spalle. Così lo copre come meglio può. Si concentra sulle indagini, domandando ai suoi uomini – “Avete trovato qualcosa di utile?”

“No, niente”

“Assolutamente nulla”

“Un buco nell’acqua, signore”

“Solo foto, cartoline, immagini della Serbia”

“Io molto legato a mia terra” – spiega Helsinki, giustificando la presenza di ricordi legato a quel Paese – “E mio cugino Oslo, come me”

Qualcosa in tutta quella vicenda sembra stonare con le idee che gli ispettori avevano ipotizzato ascoltando Paquita.

“Ascoltate, non mi piace girarci attorno. Vado diretto al sodo. Raquel Murillo, quando giunse qui, vi raccontò del motivo per cui dovette nascondersi?” – forte di essere osservato da Stoccolma, mostra il suo lato da leader e prende il comando della situazione.

“Io ho spiegato nell’interrogatorio che la mia dipendente necessitava di un lavoro” – interviene Martin, dando una risposta a tale quesito.

“Si, però hai sorvolato su alcuni dettagli!” – batte un pugno sulla scrivania, dietro la quale è posizionato Berrotti.

“Quali? Di cosa sta parlando, ispettore?” – domanda, confuso, il gestore del locale.

Ramos avrebbe voluto sputargli in faccia la verità, poi ripensa però alla segretezza di alcune informazioni e non risponde, tornando ad assumere atteggiamenti consoni al ruolo.

“Direi che potremmo andarcene, per il momento” – comunica ai poliziotti, dando loro l’ordine di rientrare in Commissariato.

“E Lopez?” – viene ricordato da qualcuno.

“Ah, già!” – esclama il giovane, rammentandosi della sua mancanza – “Altri due minuti, dopo andremo via!”

Si infastidisce di tale atteggiamento che, a suo dire, era più giustificata in un trentenne con gli ormoni ancora alle stelle, e non a un uomo adulto di oltre quarant’anni. Però decide di dargli ancora tempo, poi lo avrebbe raggiunto e portato via da lì.

Così, mentre all’ingresso del Mariposas si sono radunati ormai tutti quanti, quello che accade nel durante sembra caratterizzare un mondo a parte: Santiago e Agata non hanno fatto altro che baciarsi tutto il tempo, lasciando la realtà fuori dalla porta della camera.

Sfiorarsi, annusarsi, accarezzarsi, scoprirsi pian pianino, come se quello accaduto la notte prima tra loro fosse stato inesistente.

“Hai un buon profumo, sai?” – sussurra la gitana all’orecchio dell’ispettore.

Nella sua voce non c’è più malizia, né tantomeno aggressività. I toni pacati la rendono finalmente la donna dolce che è in natura.

“Non mi è mai capitata una cosa simile” – confessa l’uomo.

“A cosa ti riferisci?” – chiede, abbassando decisamente la guardia, accovacciandosi al petto dell’ispettore, sentendosi protetta tra le sue braccia.

Socchiude gli occhi, cullata dal battito accelerato del cuore di una persona che conosce appena ma che inizia ad apprezzare.

“Mi riferisco a te. Sei unica, Agata!”

Tale lusinga imbarazza la gitana che sorride timidamente, coprendosi subito il viso con una mano.

“Dico sul serio. So che è prematuro dire una cosa del genere però…”

“Dilla!” – forse sentire parole che la stessa Nairobi immagina, possono farle bene al cuore.

“Mai nessuna come te mi ha fatto perdere la testa in questo modo!”

Una dichiarazione particolare, a tratti irreale, vista la conoscenza breve dei due. Eppure quella è la conferma dell’esistenza del colpo di fulmine.

“Ok, all’inizio ero estremamente attratto da te, confesso. Però dopo che abbiamo… ehm…hai capito, dopo questa notte… io ho continuato ad averti in testa”

“Sei un latin lover, l’ho intuito sin da subito” – rivela la donna – “Ne ho approfittato, perdonami. Però adesso sto scoprendo il tuo vero essere. Tokyo aveva ragione!”

“Perché cosa ti ha detto la tua compagna?”

“Che sei diverso dagli altri!” – timidamente solleva lo sguardo, unendolo a quello di Lopez, in una scoperta reciproca senza filtri.

“Vorrei che tu ti fidassi di me, non farei mai nulla che potrebbe recarti dolore”

Incredibile ma vero, esiste un uomo che potrebbe davvero darle amore senza volere nulla in cambio, pensa tra se e se Agata.

In tale istante, percepita la reale sincerità dell’ispettore, la gitana tira fuori un argomento importante, rimasto in sospeso – “Hai promesso che Anibal Cortes sarebbe stato al sicuro”

“Sarà così, conta su di me” - a tal proposito, Lopez speranzoso su un cambio idea della donna, torna sulla questione centrale – “Allora? Accetterai la mia proposta? Verrai via con me?”

E in pochi secondi, Nairobi torna ad irrigidirsi. È combattuta. Una parte di se scapperebbe a gambe levate, l’altra è consapevole di un vincolo che la tiene ferma al Mariposas.

Un patto che ha i toni della minaccia e che riguarda qualcuno di fondamentale per la donna.

Axel.  

La sola ragione di vita che la costringe a fare ciò che fa.

Basta ricordare quel bambino per rialzare le barriere contro il mondo intero.

E infatti… - “No, non posso. Non insistere più, ti prego” – si slega dall’abbraccio dell’uomo e indietreggia.

Il viso, che attimi prima si era sciolto da ogni tensione, la voce calda e dolce, sono di nuovo preda della Farfalla del Mariposas.

L’amorevole Agata è tornata a cedere il passo a Nairobi la mangiauomini.

“Controlla ciò che vuoi, perlustra ogni angolo. Poi vattene, per favore” – mentre dice ciò, si reca in bagno, liberandosi non solo dell’abito di flamenco che ha indosso, ma anche di un senso di frustrazione e oppressione che le invade mente e corpo.

Trattiene il pianto, ma le risulta difficile farlo.

“Cazzo, cosa ti prende? Torna in te! Cazzo, cazzo…” – batte un pugno alla parete, ignorando anche il successivo dolore – “… non avrei dovuto mai abbassare la guardia con lui! Adesso sarà più dura tornare a calzare i panni del personaggio che mi sono voluta costruire” – rimprovera se stessa e lo fa duramente, fissandosi allo specchio con disgusto. Il trucco sbavato le scivola sulle guance, i capelli spettinati…questo rimane della femmina che Berrotti vuole che lei sia; perché è questo ciò che Martin pretende dalle sue dipendenti: che siamo femmine, prima che donne.

Quanto vorrebbe farla scontare a chi detiene il potere; il pensiero però del suo bambino è ciò che lo frena dall’agire.

Se solo Santiago scoprisse…

Mentre la gitana è alle prese con la chiusura in se stessa e il ritorno ai vecchi stracci da spogliarellista, Santiago fissa, immobile, la porta di quella toilette.

Nairobi pone resistenza per motivi segreti e lui DEVE scoprirlo, solo superandolo può liberarsi dal senso di dovere che nutre verso la vita che conduce.

Approfitta di quei minuti per ispezionare la stanza.

È convintissimo di non trovare niente di utile, avendo ottenuto un ok troppo facile dalla gitana.

Se lei nascondesse qualcosa, difficilmente gli avrebbe dato il consenso senza ribellarsi prima.

E invece… qualcosa di interessante c’è, eppure non riguarda la Murillo.

“Chi è questo bambino?” – chiede alla gitana, fissando una fotografia.

Agata, appena uscita dal bagno, con in mano il vestito rosso, sospira e, come a non voler dar peso a quanto scoperto dall’ispettore, risponde – “Mio figlio”

Rigida e distaccata, ignora la confusione sul viso di Lopez e si accinge a ripiegare l’abito e custodirlo, segretamente, in uno scatolone, posto sotto il suo stesso letto.

“Nulla di questa faccenda deve venire fuori” – precisa lei – “Né del flamenco, né di questa foto”

“Hai un bambino e non puoi vederlo, vero? Ti minaccia qualcuno per questa faccenda?”

“Basta Santiago”

Chiamandolo addirittura per nome, Agata gli strappa l’immagine dalle mani – “Io non ti ho detto niente. Hai scoperto tutto da solo. Quindi, ora sta a te!”

Il quarantaduenne intuisce in quelle affermazioni una sorta di messaggio in codice.

Percepisce che la Mariposa si sente spiata in ogni mossa che fa. Perciò ipotizza che lei lo abbia lasciato libero di scoprire un dettaglio del suo passato, senza confessarlo in prima persona, senza dare l’impressione di aver aiutato volutamente la polizia.

E così, avvicinandosi al suo orecchio, le sussurra – “Tuo figlio tornerà da te, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia”

Con tali promesse, Lopez la saluta con un ultimo bacio, stavolta sulla fronte e va via.

Ad Agata non sembra vero che qualcuno le dica una cosa del genere.

Che sensazione meravigliosa le invade il petto, adesso! È come se la speranza che l’ha abbandonato per anni, sia tornata a bussare alla sua porta.

Combattuta da mille paure, cerca dentro di se la forza per vincere le voci che le ronzano nella testa e le ricordano il protocollo.

“Me ne fotto” – esclama poi ad alta voce, rivolgendosi al DOVERE a cui è vincolata.

Mandando tutto a fanculo, corre verso Santiago, che si trova ancora nei corridoi, e lo chiama.

L’ispettore, spiazzato, la vede in lontananza avanzare a passo veloce.

Si ferma ad attenderla e una volta una di fronte all’altro, la donna afferma – “Mi fido di te” – lo prende per mano, lasciandosi accompagnare fino all’ingresso – “Promettimi che nessuno si farà male”

**********************

Daniel Ramos e la sua squadra sono prossimi ad andar via quando, finalmente, scorgono il collega arrivare.

“Finalmente” – esclama, tirando un sospiro di sollievo. Non conosceva più scuse per giustificare i suoi ritardi.

Constatando, piacevolmente, che il maggiore ha con sé Nairobi, lo accoglie sereno, mettendo da parte i nervi che ha accumulato poco prima.

“Ci sono novità?” – chiede Lopez all’amico.

“No, nessuna. Tu?”

A quel punto, Santiago si volge verso Martin e gli comunica – “La donna viene via con me”

“Come? Non se ne parla” – pone resistenza lui.

“E’ una testimone utile ai fini delle indagini. Non le conviene intralciarci, signor Berrotti”
Il proprietario, furioso, fissa la sua farfalla, dicendole – “Tradirai così la tua famiglia?”

“Non osi minacciarla con quei toni” – si infervora Lopez, in difesa della donna.

“Non minaccio nessuno. Nairobi è sotto la mia tutela. Sono io a dare o meno il consenso”

“Verrà pagato profumatamente, non si preoccupi” – puntualizza Daniel.

Ma al Capo del locale i soldi non interessano.

Così si appella, per far leva sui sensi di colpa della zingara, al legame con Tokyo.

“La tua amica la lasci così?”

A quel punto è proprio quest’ultima ad intervenire.

“Nairo, cosa fai? Mi lasci qui da sola?” – Tokyo, sconvolta, sente tale fuga come una forma di tradimento.

“Amica mia, no, non è come credi”

“Mi stai abbandonando, non è così? Ci eravamo ripromesse che nessuno ci avrebbe mai separate” – gli occhi carichi di lacrime della mora diventano il macigno uno dei più grandi che Nairobi ha dovuto sopportare nella vita.
“Si tratta di poco, tornerò il prima possibile” – cerca di spiegarsi, e di abbracciarla, ma l’altra, delusa, indietreggia – “Semmai tornerai, dubito che mi troverai dalla tua parte”

Nairobi sente tali parole come fossero una pugnalata al cuore e, istintivamente, opta per la soluzione migliore.

Lascia, a malincuore, la mano di Lopez e rinuncia alla libertà. Quella è la mossa adatta per evitare casini agli altri, a se stessa, e non perdere ciò che le rimane di importante: Tokyo.

“Mi dispiace, ispettore. Rimarrò qui, è questo il mio posto”

“Cosa?”
“Hai capito bene, io resto al Mariposas”

Abbracciando la migliore amica, le sussurra un amareggiato Scusa, ottenendo in cambio un immediato – “Non lasciarmi mai”

“Non lo farò, te lo prometto”

Di fronte alla rinuncia alla sua felicità, Nairobi guarda Santiago andare via.

Ora sì che nel suo cuore qualcosa comincia a mutarsi nei confronti dell’ispettore.

Sente di aver appena mandato a puttane il suo sogno di felicità. E quel sogno di felicità comincia a definirsi chiaramente nella sua testa: quel sogno porta il nome di Santiago Lopez.

********************************

“La stronza ti ha fatto credere che collaborava per poi smerdarti di fronte a quell’idiota del proprietario, che ha vinto di nuovo, bastardo” – si infuria Daniel nel rientro al Commissariato.

“Il legame con Tokyo è troppo forte per lei, non ha saputo dirle no” – la giustifica il quarantaduenne.

“Ora che si fa? Avevi detto che era una testimone essenziale”

“Adesso andremo a Lisbona e cercheremo indizi lì”
Vedere tanto afflitto il collega, fa intuire a Ramos che c’è di mezzo un sentimento forte.

“Ti sei innamorato di lei, vero?”

“No, io non mi innamoro mai” – mente il maggiore dei due.

“Baggianate, capita a tutti prima o poi. E tu hai trovato la tua seconda metà. Dovresti lottare per prendertela”

“Nairobi non è una donna semplice. Deve aver sofferto talmente tanto in vita sua che difficilmente lascia uno spiraglio all’amore. Come hai visto, ha rinunciato alla libertà per stare accanto alla migliore amica”

“Santiago, forse è bene per entrambi aver chiuso con quel Mariposas. Io ho perso la testa per Stoccolma e non è ottimale condurre indagini se sono coinvolte attrazioni o sentimenti. Chiederemo a papà di affidare ulteriori ricerche sul Night Club ad altri. Noi, sai che ti dico, andremo a Lisbona. Indagheremo lì…così svagheremo la mente e ci dimenticheremo delle nostre Farfalle, che ne pensi?”

Anche se Santiago sente che sarà difficile dimenticarsi in poco tempo della sua Agata, deve almeno tentare.

Però, qualcosa non vuole dargli pace.

Lei ha un bambino e lui le ha fatto una promessa.

“Prima di dirle addio, vorrei risolvere una questione delicata. Solo allora, avrò la coscienza a posto e potrò cercare di cancellarla dalla mia vita”

“Cioè?”
“Devo assolutamente restituirle una parte di vita che le è stata tolta”

*********************************

Cosa accade al Mariposas, invece, nei minuti successivi all’uscita della Polizia?

Martin si scaglia violentemente contro Nairobi.

“Puttana, cosa cazzo credevi di fare?” – parte la prima sberla in pieno viso.

Ma la donna non risponde. Abbassa lo sguardo, mostrandosi a tutti, per la prima volta, debole e fragile.

Il che porta Tokyo ad intervenire per aiutarla.

“Maledetto non la toccare! Come osi!” – si dimena per salvarla, ma sono i due serbi ad afferrarla e tenerla buona.

Manila e Stoccolma assistono, inermi, ad una scena umiliante per una persona.
“Andate tutti in camera e lasciateci soli”

“Come? No” – grida Tokyo.

“Fa’ come ti ha detto, Toky” – le dice Nairobi, cercando di rassicurarla.

“Ma…”

“Vai” - ripete la gitana.

Solo allora, la ragazza si rende conto di quanto sia stata egoista ad aver messo Nairobi nella condizione di scegliere. Se fosse andata via, ora sarebbe libera.

Invece il suo “ricatto” l’ha costretta a restare e pagarne le conseguenze.

“E’ tutta colpa mia” – singhiozza, una volta sola nella sua stanza, chiusa a chiave dall’esterno da Helsinki, il quale immaginava ipotetiche uscite da parte della collega, fuori di testa.

Quanto ad Agata, viene condotta in un’ala secondaria, scortata da Martin. Percorrono una sorta di passaggio segreto, poco illuminato, che culmina in una ala molto grande e dispersiva, da cui la sola luce sono delle lampade poste ai vari angoli che rendono l’idea della grandezza dello spazio.

Non è mai stata lì né sapeva l’esistenza di posti così tetri all’interno del Mariposas.

Cerca di mantenere la calma, seppure terrorizzata dall’idea di cosa le può accadere da adesso in poi.

Minuti di agonia psicologica che portano Nairobi a pensare al suo intimo: a suo figlio, al suo amato flamenco, e anche a lui… Santiago!

Chi l’avrebbe mai detto! Non ci avrebbe mai scommesso eppure… adesso è lei a non riuscire a toglierselo dalla testa… che ne sia innamorata?

I pensieri cessano dal rumore di passi lenti e pesanti, di scarponi maschili, che le fanno sussultare il cuore. Sa di chi si tratta.

“Zingarella mia, quando imparerai che qui comandano gli uomini?” – le dice una voce austera, che riecheggia tra quelle quattro mura.

Una figura con il viso coperto da una maschera bianca, si siede di fronte a lei.

“Grazie, Palermo. Puoi andare via” – dice la persona senza volto, lasciando da soli i due.

“Come pensi di punirmi?” – chiede, tremante, la donna.

“Quando sei arrivata al Mariposas, hai giurato fedeltà. Da qui non si esce, e lo sai bene”

“Lisbona l’ha fatto”
Una risata malefica rimbomba e frastorna Agata, sempre più timorosa per la sua incolumità – “Se non vuoi sparire nel nulla come lei, ti consiglio di non metterti mai più contro di me”

Nairobi annuisce, per sobbalzare subito dopo, quando una mano nascosta da un guanto di pelle nero, le si posiziona violento sul petto.

Quella voce le sussurra – “Avrei in mente molte cose per farti scontare la pena” – provoca, adagiando una mano su un seno della gitana che deglutisce rumorosamente.

La persona continua a toccare, palpare, maliziare, con una veemenza tale da distruggere emotivamente la gitana.

Lei non sa di chi si tratta, ma lo vede giocare con il suo corpo che, nel frattempo, è rigido come una corda di violino.

“Sto per morire” – commenta Agata, chiudendo gli occhi.

Tutto le si offusca e in un battibaleno lo shock prende il sopravvento… si accascia priva di sensi.

   
 
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