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Autore: erikagardin86    03/03/2022    0 recensioni
La vita, spesso, ha una tale perfezione nelle sue macchinazioni da sfidare il limite dell'umana comprensione. Giri assurdi di vite, di situazioni, di attimi da far paura al più abile scacchista.
Perché, in fin dei conti, la vita non è che una partita. Una partita da giocare più o meno bene., questo è certo. Ma assolutamente, indiscutibilmente da giocare, sperando di vincere. Vincere cosa? Il premio, quello lo decidiamo noi, in base alle nostre scelte.
Genere: Horror, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Mi alzo lentamente e sposto la sedia nella quale sono seduto, producendo uno stridio secco e graffiante che rimbomba in tutta la casa, silenziosa e quieta nel torpore della notte. Mi dirigo alla finestra che dà su un angolo del giardino curatissimo quello, a mio parere, più bello e suggestivo. L'occhio viene subito rapito dalla vecchia quercia che domina il piccolo parco. Sta lì, come una regina, in fondo al selciato ricoperto da un tappeto di foglie dalle tinte rosse e brune, reso lucente dalla bruma di novembre sotto la luce fioca dei lampioni, posti a lato del sentiero. La signora Quercia regna serafica da non so quanti anni. Ho acquistato questa magione dieci anni fa, da una ricca e anziana coppia che avevano deciso di trasferirsi vicino ai loro figli. Ed è stato proprio quell'angolo di giardino, con la maestosa presenza della grande quercia, a convincermi definitivamente a procedere all'acquisto della villetta. E poi c'è l'altalena. Una vecchia, tradizionale altalena dal sedile in legno, agganciata ad un ramo nodoso, un braccio gentile segnato dal tempo, con della grossa corda che la tiene sospesa. Mi sono sempre preso cura di quell'altalena, non ne ho mai compreso il motivo, ma è come se emanasse una sorta di influenza, di antico significato legato alle storie passate di quella casa. Tantissime volte, quando ho bisogno di pensare e di isolarmi dal mondo. mi siedo su quell'altalena e mi dondolo lentamente, lasciandomi cullare dal piacevole, ipnotico movimento fino a dimenticarmi del resto. Ci sono dei momenti, poi, nei quali aumento la velocità di più, sempre di più fino a farmi girare la testa e sentire l'adrenalina pervadere il mio corpo, come se la mente fosse sconnessa da tutto e si librasse leggera nell'aria. Svuotata. Ma stanotte c'è qualcosa di diverso. O i miei occhi stanchi stanno giocando un brutto scherzo o sull'altalena c'è seduto qualcuno. Dapprima cerco di aguzzare la vista per capire meglio, ma per colpa della distanza non sono sicuro di ciò che vedo quindi, senza star lì tanto a pensarci, esco dalla porta a finestra e mi accingo a percorrere il vialetto sino alla vecchia quercia. Man mano che mi avvicino ora ne sono sicuro. C'è davvero qualcuno sull'altalena. Comincia a scendere una sottile coltre di nebbia che penetra nelle ossa e rabbrividisco ad un pungente alito di vento, che smuove le foglie sul selciato producendo un inquietante fruscio che si amplifica nel totale silenzio di una notte di novembre. <> la mia voce riecheggia , un suono che svanisce nel vuoto. Sono praticamente dietro all'altalena e ora vedo nettamente una sagoma scura avvolta in un alone di nebbia e luce. E' la figura di una donna. Riesco a distinguere i capelli raccolti in una lunga, unica treccia e un elegante cappotto scuro, indossato alla perfezione, che la protegge dal freddo. << Mi scusi, signora... tutto bene?>>. Nessuna voce, nessun rumore. Solo la continua sinfonia del fruscio delle foglie agitate dal vento, uno scricchiolio che entra prepotentemente nella mia testa. Mi azzardo a toccare lievemente la spalla nuda della donna, dove il cappotto è sceso, lasciando intravedere lo scollo a barca della maglia o del vestito che porta. << Scusi...>> ritento. La mia voce fa trasparire, questa volta, una nota di insicurezza e di agitazione. Quasi paura. Finalmente lei si volta. Lentamente volge il volto verso di me. Mi basta riconoscerne il profilo che rimango pietrificato. Il respiro diventa un'azione secondaria, rimango in apnea: vorrei muovermi, parlare, abbracciarla, senza lasciarla andare. Mai più. Ma in realtà riesco solamente a rimanere lì, immobile, a fissarla. << Ciao>> Sento la sua voce finalmente. Dopo anni. Il suo timbro sommesso, ma cristallino, mi trascina sott'acqua in un fiume di ricordi, in balia della corrente nella quale sono felice di annegare. << Ciao, Phoebe>>. Quelle due parole mi escono a singhiozzo, completamente divorate dall'emozione.
   
 
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