Baker Street era stranamente
silenziosa, Anthea stava aspettando i
suoi ordini.
La avvertì che l'avrebbe
chiamata
più tardi. Oppure subito, se Sherlock l'avesse liquidato
senza pietà. Scese
dall'auto e salì i pochi gradini della casa, aggrappandosi
con forza
all'impugnatura del suo fidato ombrello.
Sapeva quello che voleva fare, era
conscio di avere la voglia di chiarirsi.
Gli aprì la signora
Hudson.
"Mycroft, finalmente! È
venuto a trovare Sherlock? Lui è parte della sua famiglia,
non se lo
scordi." Brontolò, sconcertata: poco tempo prima lo aveva
chiamato rettile
e lui non aveva nemmeno reagito.
"È per questo che sono
qui,
come potrei stare lontano dal mio irritante fratellino?" La
provocò,
memore di quella frase poco gradita. Lei arricciò le labbra
e se ne andò
seccata, mormorando poche parole incomprensibili.
Aveva un rapporto un po'
altalenante con quella donna ovviamente la sua fama di uomo senza
sentimenti e
autoritario la infastidiva.
La stanza era, come sempre,
ingombra di ogni oggetto, in più c'erano i giocattoli di
Rosie ovunque. Cercò
di evitarli, anche se era piacevole vedere quella casa piena di vita.
"Se il tuo ordine è
questo,
caro fratello! Si rischia di camminare sui giochi della piccola Watson."
John lo salutò, lo
guardò in
tralice. Lui alzò la mano smorzando la frase poco felice.
"Mycroft, cosa ti porta qui?
Non vieni mai senza un motivo. Abbiamo invaso qualche paese alleato?"
Sherlock non alzò
nemmeno lo
sguardo, lo accolse infastidito come sempre. Seduto sulla sua poltrona
consunta, pizzicava il violino perdendo tempo.
Come erano lontani i tempi quando,
da bambino, gli correva incontro e lui lo sollevava da terra facendolo
volare.
Non era rimasto nulla di quella vicinanza.
Non rispose subito, era arrivato
disarmato.
"Una visita di cortesia, se
me lo consenti. Ma anche un avvertimento visto che ti sei procurato un
altro
nemico."
Mycroft si fermò davanti
a lui,
dritto in tutta la sua statura. L'ombrello al suo fianco.
Il minore scosse i ricci neri,
lasciò il violino e portò le mani unite sotto al
mento. Sembrava
disinteressarsi a lui, ma in realtà lo studiava a distanza.
"Ti hanno fatto visita? Sai
che la tua sicurezza assomiglia sempre di più a un
colabrodo?" Sentenziò
acido
"Lo so, ma cercherò di
porvi
rimedio." Ironizzò, con la stessa tecnica.
Sherlock riassunse tutto in una
sola frase. "Ernest Graham?"
"Bravo, vedo che non perdi un
colpo. E di grazia, dove hai ficcato il naso stavolta per fargli
credere che
fosse una buona idea venire da me?"
"Nei suoi affari che altro! Lo sai
che ricatta mezza Londra? Ah! giusto ma vi serve e quindi chiudete un
occhio,
se non due." Ringhiò Sherlock.
Mycroft non raccolse, non era
lì
per litigare. La sua protezione era già attiva e non correva
pericoli seri.
"Fa pure fratellino, ma bada
che è parecchio pericoloso."
"Lo credo visto che si è
introdotto in casa tua." Fu ironico mentre Mycroft si allontanava.
Gli parve strano che lo lasciasse
a metà. Lo osservò con sospetto mentre appoggiava
l'ombrello e si dirigeva
verso la nipote.
"Rosie cresce bene, John? Mi
sembra molto serena, anche frequentando il mio caro fratellino.
Sherlock è un
buon padrino?"
Si era avvicinato alla piccola,
che allungava le manine vedendo la sua catena dorata. La
lasciò fare. John si
accorse che qualcosa non andava in Mycroft. Non permetteva a sua figlia
di
toccarlo. Lanciò un'occhiata al suo coinquilino che
sollevò le sopracciglia,
gli occhi azzurri intensi e sorpresi.
John fu gentile. "Rosie lo
adora, a modo suo. Tuo fratello è una attrazione per lei,
certo, qualche volta
esce dagli schemi ma lo riporto subito al passo."
Sorrise mentre Rosie cinguettava
dal seggiolone cincischiando la catena dell'orologio di Holmes.
Il British Government,
accettò di
buon grado la compagnia della nipote acquisita, doveva essere proprio
sottotono.
Molte rughe erano comparse sulla
sua fronte.
Era perplesso e curioso da questa
apertura del suo carattere sempre così chiuso.
"Come mai sei passato?
Qualche problema? Sai che tuo fratello freme dalla voglia di vederti,
vero
Sherlock?"
John si voltò verso di
lui, che si
era appartato in cucina a trafficare sul calendario.
"Certamente Mycroft, non
resistevo più dalla voglia di vederti. Cosa vuoi in
realtà? Visto che non ti
interessa di Graham. Fa che sia una cosa seria."
Sbiascicò, senza
guardarlo,
sembrava più interessato al calendario, ma John
percepì una sottile
inclinazione nella sua voce, ebbe la sensazione che fosse preoccupato.
Watson prese in braccio la figlia
e restituì la catena a Mycroft.
"Graham te lo cedo fratello,
è solo uno stupido arricchito che non sa con chi a che fare.
Tu... beh e anche
io."
Rispose sospirando rassegnato,
mentre si rimetteva in ordine.
"Passavo e mi sono fermato a
farvi visita. Nulla di più." Invece tremava dentro, nella
testa la voce
martellante di zio Rudy. Ma fu bravo a mascherare, quando Sherlock gli
si parò
davanti. Le labbra strette, gli occhi attenti.
"Questo è assolutamente
falso, cerca di essere più convincente." Era come al solito
pungente e
incalzante. Mycroft tentennò, forse non era stata una buona
idea scoprirsi
così, sapeva dove poteva arrivare il fratello minore, non
gli mancava l'acume e
la deduzione.
"Basta Sherlock!" Watson
intervenne, vedendo la difficoltà di Mycroft, che non lo
rimbeccò come era
solito fare, rimase stranamente muto.
E se lo notava lui, doveva notarlo
anche Sherlock.
"Non lo ascoltare,
prendiamoci un tè." Cercò di smorzare il buon
Watson.
Ma lui declinò
l'offerta, si
allontanò dallo sguardo del fratello, agitando la mano in
diniego. Si sentì in
dubbio, forse certe cose del passato spettavano solo a lui, e doveva
portarne
il peso. Era stato stupido a credere di potere parlare serenamente con
Sherlock.
Si ritrasse con apparente
noncuranza
ma il cuore andava a mille. Era presto, non era il momento, temeva che
Sherlock
non avrebbe capito.
"No, devo andare. Anthea mi
aspetta." Fu una scusa banale, ma si sentì improvvisamente
stanco. Oggi
aveva vinto ancora una volta lo zio Rudy, andarsene era la cosa
migliore da
fare.
Fece un cenno con il capo,
afferrò
l'ombrello e accarezzò la testolina di Rosie che era in
braccio al padre. Uscì
senza voltarsi, John rimase interdetto.
Quella strana carezza
sbilanciò
Sherlock, rimase pensieroso per pochi attimi, si passò la
mano nei capelli, gli
occhi stretti in una linea sottile.
Afferrò il cappotto.
"Scendo
John, credo che abbia bisogno di me." Watson annuì, entrambi
avevano visto
il disagio di Mycroft Holmes.