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Autore: coopercroft    08/03/2022    0 recensioni
Un anno dopo la morte dello zio Rudy, Mycroft sente il bisogno di raccontare a Sherlock una dolorosa verità.
Revisionato marzo 2022
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sherlock lo raggiunse che camminava lento appoggiandosi al suo ombrello, sembrava portare un peso sulle spalle. Non c'era l'auto che lo aspettava, era solo. Questo lo turbò notevolmente.

Lo chiamò, poche parole taglienti.

"Mycroft, non hai casi da sottopormi. Eppure vieni a Baker Street a importunarmi, per quale motivo?" Lo affiancò con un sorrisetto ironico.

"Centra qualcosa l'anniversario della morte di zio Rudy? "

Non aveva consultato il calendario a caso, Mycroft dimenticava raramente le ricorrenze.

Il maggiore rimase silenzioso camminando pochi metri in più, si voltò, alzò lo sguardo impassibile. Sapeva che non poteva nascondere molto a suo fratello. Ma era ancora incerto su come approcciarsi a un argomento che lo aveva devastato per anni. Sherlock era poco oltre di lui.

"Quindi ti ricordi, del caro zio Rudy? Ti ritorna la memoria?"

Fu sarcastico, sulla difensiva, una barriera serrata e invalicabile. Si concesse poche frasi. "Sai quello che successe a Eurus. E del perché fu rinchiusa, sai di Victor." Il minore socchiuse gli occhi, capì che c'era qualcosa che tormentava suo fratello. Accennò un sì con il capo ricciuto.

Mycroft abbassò le barriere appena un po'. Prese aria si appoggiò al suo ombrello.

"Zio Rudy non era esattamente un santo." Abbassò la testa, un sorriso amaro sulla bocca, gli uscì un filo di fiato.

Sherlock rimase immobile, mentre valutava la portata di quello che stava succedendo. Non era facile per lui ammettere che il fratello tanto sprezzante e autoritario fosse in difficoltà. Perché era evidente che Mycroft cercava aiuto e non lo aveva mai fatto.

Aveva bisogno di parlargli, voleva liberarsi di un peso che non voleva più portare.

Abbandonò ogni forma sarcastica e fu quasi gentile quando gli rispose. "Lo ricordo, ma vagamente e lo odiai quando ti portò a Londra. Non gli piacevo, credo mi giudicasse un piantagrane. Eri tu il suo preferito." Avevano ripreso a camminare affiancati, il Belfast nero di Sherlock che svolazzava, il ticchettio dell'ombrello di Mycroft.

Il più anziano scosse la mano come se scacciasse una mosca fastidiosa.

"Già, è quella fu la mia condanna." Sospirò profondamente, guardava la strada che portava al Tamigi. Prese forza, ma la voce era incolore. "Non sai nulla di lui fratello mio. Fu un inferno stare alle sue dipendenze."

Sherlock strinse le labbra, mentre una nausea inaspettata gli salì dallo stomaco, sentì il tormento nella sua voce tanto familiare. Lasciò che prendesse il suo tempo.

Raggiunsero silenziosi il Tamigi, la giornata nuvolosa lo rendeva grigio e minaccioso. Il maggiore degli Holmes si fermò a osservarlo. Indugiò, poi si appoggiò con i gomiti sul muretto che delimitava la riva. Portò le mani giunte sotto al mento. Sherlock invece si appoggiò di spalle al fiume. Prese due sigarette dal cappotto e una la offrì al fratello maggiore.

"Rigorosamente light," scandì Mycroft sorridendo, la prese e Sherlock le accese.

"Ce ne vorrà più di una fratellino." Con voce bassa, Mycroft aspirò la prima boccata.

Abbassò le barriere, e si scoprì come non faceva da anni. Iniziò a parlare con lentezza.

"Eri un ragazzino affettuoso Sherlock pieno di voglia di conoscere. E pensavo che sarei stato sempre con te." Si interruppe aspirò, il fumo fece dei cerchi bizzarri.

"Lo Zio Rudy fece pressione con i nostri genitori, fu convincente, disse che ero sprecato in quel posto di campagna. Mi allontanò dalla famiglia, soprattutto da te. Aveva convinto nostra madre che la mia mente brillante sarebbe servita al paese. Aveva un incarico prestigioso presso il governo e mi portò a Londra."

Aspirò un altro po' di fumo senza voltarsi.

"Eri rimasto sconvolto da quello che era successo con nostra sorella e non ne avevi memoria. Te lo lasciarono credere. Zio Rudy disse che era la cosa migliore che ti potesse capitare, non ero d'accordo perché pensai che ti avrebbe danneggiato. Ma la mia opinione non contava e dovetti accettare di vederti crescere in quel modo. Alla mia partenza ti promisi che sarei tornato a riprenderti, per aiutarti a crescere, ma..."

Aspirò e tossì, si fermò fissando il fiume.

Sherlock sorrise. "Fumi ancora come un adolescente."

La sua memoria corse a quei giorni tristi quando suo fratello era partito provocando la prima incrinatura nel loro rapporto. Si era sentito abbandonato.

"Non lo facesti, non tornasti più. Mi chiesi spesso il perché e non ebbi risposta. Presi a odiarti perché mi avevi abbandonato. Rimasi solo con quell'intelligenza che non riuscivo a gestire e tu non c'eri. Poi sai come finì." Sentiva che Mycroft era in pena. Si addolcì. "Te ne andasti senza spiegarmi nulla....."

"Avevo vent'anni Sherlock..." Sussurrò con un filo di voce.

"E io tredici, uno stupido adolescente." Brontolò il minore che cominciava a intuire qualcosa.

Mycroft si ammutolì, guardò la punta della sigaretta e riprese.

"Tu non sai quello che era lo zio Rudy. Stravagante era dir poco, intelligente sì, ma di una intelligenza corrotta, malata. Non fu facile Sherlock. Dovetti adattarmi molto al suo comportamento. Fui debole, non riuscii a gestirlo. E rimasi anche se disapprovavo i suoi metodi."

Sherlock cercava di leggere nel volto del fratello ogni più piccolo cedimento.

"Ricordo che ti sfuggì una battuta su certe sue ossessioni per gli abiti femminili. Lo presi per uno scherzo. Allora non capii, ero piccolo."

Mycroft improvvisamente si irrigidì, il corpo sembrava stretto nei vestiti costosi, la sigaretta gli tremava nella mano. Era turbato, gli occhi sembravano smorti.

La sensazione di nausea di Sherlock aumentò, un dolore improvviso lo percorse dalla testa al cuore.

"Che ti ha fatto, fratello mio?" Rimarcò quell'appartenenza, quella fratellanza che li aveva visti nascere.

Mycroft aspirò altro fumo, non lo guardava quasi avesse vergogna, gli occhi sul fiume. La sua bella voce era irriconoscibile.

"Io vivevo con lui a Londra in quella grande casa a Pall Mall, piena di stanze. Sapeva di vecchio dentro e fuori. Eppure mi piaceva stare lì, un giorno ti sarei venuto a prendere, saresti cresciuto sereno lontano dai ricordi che ti tormentavano. Avevo convinto zio Rudy, che avevi le capacità, che saresti diventato equilibrato e responsabile. Fui quasi felice in quel periodo, pensando di portarti con me."

Fece una pausa, un'altra boccata di fumo. 

"Ma ero inesperto, troppo giovane. Lui decisamente furbo, mi lasciò sempre meno spazio. Mi stava addosso, mi persuadeva che lo faceva per me e per voi." 

Mycroft si fermò, la sigaretta con la cenere arroventata.

"Fu un giorno, che era in ritardo, mi chiese di consultare il suo portatile. Scoprii l'indirizzo di Sherrinford e appuntato sotto, il nome di nostra sorella. Non mi ci volle molto a capire che era viva e rinchiusa in un carcere di massima sicurezza. Rimasi sbalordito e decisi di parlargliene." 

La mano passò rapida sugli occhi grigi, li tenne chiusi pochi secondi. "Quella fu la mia condanna."

"Vuoi prendere tempo, Mio?" Sorrise al nomignolo con cui lo chiamava da piccolo. Sherlock aveva rinunciato a qualsiasi ostilità. Mycroft si rincuorò, riprese il suo racconto.

"Quando si stava per avvicinare il giorno per portarti con me, mentre passavo di fronte alla sua camera vidi la porta socchiusa. Lo scorsi in abiti femminili. Aveva un paio di scarpe rosse con tacchi alti e un evidente trucco femminile. E si compiaceva davanti allo specchio, ma mi vide, perché ero rimasto impietrito, totalmente sconvolto." Mycroft fece un'altra pausa. La sigaretta spenta, la cenere fra le dita, Sherlock gliela sfilò con gentilezza.

"Mi ordinò di entrare, aveva una voce tagliente che mi spaventò, ma varcai la soglia con la convinzione di averlo preso in un momento di debolezza e di potergli parlare di Eurus. Ma lui aveva preparato la trappola, solo dopo capii che il computer era stata l'esca, la porta lasciata socchiusa apposta." 

Mycroft rivisse in modo vivido quei momenti. 

 

   
 
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