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Autore: Rosette_Carillon    12/03/2022    1 recensioni
[ Post Spiderman: no way home ]
Tutte le persone che conosceva, che ha amato, ormai non fanno più parte della sua vita. Chi è morta, lasciando un vuoto dentro di lui, e chi non lo ricorda più.
Infondo, pensa Peter, è giusto così. Preferisce essere solo, piuttosto che mettere in pericolo chi lo circonda.
Eppure, se qualcuno si ricordasse di lui... se MJ si ricordasse di lui...
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Black and white photos'
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Capitolo 11
Vite passate e future
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
<< Peter? >>
<< Mh? >>
<< Calmati. >>
<< Sono calmo. >>
MJ gli rivolge uno sguardo scettico, e allunga una mano  poggiandola contro il ginocchio del ragazzo << smetti di tremare: andrà tutto bene. >>
<< Come fai a dirlo? >> sbotta lui, pentendosene subito dopo.
MJ sospira, poi gli stringe il ginocchio con la mano, << Peter, ehi, guardami: andrà tutto bene, >> mormora cercando di suonare quanto più confortante possibile.
Non è brava lei in queste cose, a calmare le persone. Non è brava con le persone, punto, ma con Peter ci prova.
È riuscita a convincerlo a incontrare Ned, ma l’eccitazione che aveva animato il ragazzo fino a poco tempo prima, ora si sta trasformando in agitazione.
È normale, si dice: è tanto tempo che non si vedono, e Ned è sempre stato molto importante per Peter. Lo capisce, ma vorrebbe che il ragazzo non vivesse il tutto in maniera così stressante.
Non può farci nulla, però.
Una folata di vento scuote le fronde degli alberi attorno a loro.
Nonostante il freddo di quel pomeriggio newyorkese, i tre hanno deciso di incontrarsi in un parco.
<< Okay, okay: sto bene. >>
<< Sì? >>
<< Sì. Sì. Insomma, se alla fine mi dicesse di non volermi più vedere, o- >>
<< Peter, >>  lo richiama lei.
<< No, no: andrebbe bene, davvero. È ciò che merito. È ciò che volevo, dopotutto. >> Comincia a parlare, dando voce ai tutti i pensieri che si agitano nella sua testa. MJ cerca di fermarlo, di calmarlo, ma lui continua, perso nella sua spirale catastrofica.
Se deve essere sincero, gli sembra strano che Ned abbia deciso di incontrarlo, di farsi tutta quella strada solo per dirgli che lo odia, ma non si può mai sapere.
Lo accetterebbe, ma gli sembra comunque strano.
Avrebbe potuto mandargli un messaggio, anzi che tornare a New York dall’università. Ma probabilmente ha cancellato il suo numero: è ciò che si fa solitamente con quei numeri sconosciuti, i numeri di persone che ormai non sono più importanti. L’avrebbe fatto anche lui.
Sente una mano sopra una spalla, si volta.
<< Ehi, amico… dovresti cercare di calmarti un po', sai? Ti fa male agitarti così. >>
Ammutolito, Peter guarda incredulo la persona in piedi davanti a lui.
Si alza dalla panchina, cercando qualcosa da dire, ma non riesce a trovare le parole.
Ned non è cambiato. Sembra più stanco, però… forse per via dello studio, forse per il viaggio. Sente, alle sue spalle, il movimento di MJ che si alza e gli si avvicina.
<< Va tutto bene? >> chiede Ned, per poi rivolgere uno sguardo preoccupato alla ragazza.
Lei avvolge le braccia attorno alla vita di Peter, che si abbandona quasi contro di lei, e poggia la schiena contro il suo corpo.
<< Meglio se torni seduto, >> gli sussurra all’orecchio, prima di spingerlo delicatamente verso la panchina.
Peter si lascia aiutare, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
Si era preparato tutto un discorso, aveva così tante cose che voleva dire e chiedere a Ned, ma ora non riesce a pensare a nulla di tutto ciò.
Le lacrime gli bagnano le guance, e Peter si ritrova a singhiozzare sommessamente fra le braccia di dei suoi amici, che lo stringono fra i loro corpi.
È passato così tanto tempo dall’ultima volta, che ormai aveva dimenticato cosa si provasse.
È felice, ma la nostalgia e la tristezza per tutto il tempo perso lo assalgono.
Alla fine tocca a MJ mandare avanti la conversazione, evitare silenzio imbarazzanti e riscuotere Peter dal suo torpore.
<< Ehi, voi due, cercate di risolvere questa situazione, >> li riprende, quando ormai il sole sta tramontando sopra i tetti di New York ed è ora di salutarsi << non pensate di fare così anche all’università. >>
A quelle parole le labbra di Ned si allargano in un sorriso << non ci credo ancora che saremo tutti nuovamente assieme, >> mormora felice. << Ho-ho tante cose da farvi vedere. C’è una caffetteria che vi piacerà sicuramente, è vicina al campus, e questa settimana sono entrato in un laboratorio terminato l’anno scorso: era una figata pazzesca! Immaginate studiare lì… >>
 
                                                                            §
 
 
<< Giornata pesante? >>
Marta si volta, le labbra piegate in un sorriso. << Sei tornata. >> Si alzerebbe ad abbracciarla, consapevole che il suo affetto sarebbe ricambiato, ma è troppo stanca per abbandonare la comodità della poltrona in cui è sprofondata.
<< Sì, stavo iniziando a impazzire anche io in quel manicomio, >> sospira Natasha sedendosi accanto a lei. << Sicura che ti faccia bene così tanto caffè a quest’ora? >> chiede poi, osservando con sguardo critico la tazza che l’altra donna stringe fra le mani.
<< Devo lavorare ancora: non si sa mai cosa può succedere. >>
Lei ci prova a essere sempre pronta, davvero, ma con gli Avengers non è mai abbastanza. C’è sempre qualcosa che sfugge al suo controllo.
La sua modesta opinione, è che dovrebbero essere istituiti corsi di medicina e infermieristica per supereroi. Insomma, come ci si dovrebbe comportare davanti a un Deadpool incosciente che riposta numerose ferite da taglio? Come si soccorre un dio norreno? E cosa si deve fare se al professor X viene mal di testa?
Ci sono talmente tante cose che potrebbero capitare… per sua fortuna, la maggior parte non saranno un suo problema.
<< E cos’è successo mentre io ero via? >> chiede vagamente Natasha.
Marta annuisce. Probabilmente non le sono state raccontate le ultime novità, lei, almeno, non le ha detto nulla. Ha deciso, assieme agli altri Avengers, di lasciare alla Vedova Nera la possibilità di godersi delle vere, sfiancanti, stressanti vacanze di Natale in famiglia.
Cene con genitori che ti chiedono cos’hai intenzione di fare con la tua vita, quando ti sposerai e perché non lo sei già. Nessuna fretta, però: nessun’uomo è all’altezza di Natasha Romanoff.
<< È stato un pensiero davvero gentile. Avevo davvero bisogno di un motivo che mi ricordasse perché non torno spesso a casa. >>
Marta ride, poi chiede di Yelena, e l’altra donna tace, ma le sue labbra si distendono in un sorriso soddisfatto.
Sua sorella ha finalmente avuto il Natale che meritava, uno vero. << Bè, ora le vacanze sono finite. Raccontami che avete fatto qui, in mia assenza. >>
Si è sempre sentita responsabile nei confronti degli altri Avengers. Questione di età? Marta non ne è sicura, forse è solo istinto da sorella maggiore. Di certo, la donna ha un dono innato per tenere la situazione sotto controllo. Sempre.
Far ragionare Tony quando nemmeno Pepper ci riesce, riesce a incoraggiare Wanda quando si sente smarrita, è capace di calmare Banner… riesce a muoversi fra più mondi, quello militare di Steve, o Sam, e quello civile, come il suo.
A Marta era sempre piaciuto pensare che si trattasse di empatia, ma sa che, molto più probabilmente, quella capacità è dovuta agli anni trascorsi nella Stanza Rossa, e all’addestramento che la donna ha ricevuto.
La necessità di dover sempre analizzare la situazione, i punti deboli di chi la circonda per portare a termine una missione. O semplicemente per riuscire a sopravvivere.
<< È stato un Natale… molto rosso. >>
<< Parliamo di decorazioni, vino, o…? >>
<< Sangue. Peter è rimasto ferito la sera del ventiquattro. MJ l’ha trovato, ha chiamato Strange… alla fine è andato tutto bene, >> sorseggia pacatamente il suo caffè mentre cerca di ignorare lo sguardo di Natasha << davvero, >> si sente in dovere di aggiungere. Ovviamente non basta a rassicurare la donna, e Marta decide che è il momento di passare alle buone notizie << il signor Stark è riuscito a convincerli ad andare all’università. Con un po' di fortuna, vivere in una città nuova li aiuterà a far pace con tutto quello che è successo. >>
Natasha annuisce lentamente, pensierosa. << E tu come stai? >>
Marta stringe la tazza fra le mani e si schiarisce la gola << domanda di riserva? >> chiede, ma lo sguardo dell’altra le fa capire che non ci sono vie di fuga.
<< Sei sleale, >> si lamenta, << sai che non posso mentirti. >>
<< Non potresti mentirmi in ogni caso, >> le fa notare Natasha, con un sorriso soddisfatto.
<< Potrei comunque provare senza rischiare la cena, >> le fa notare Marta. << Sono solo un po' stanca, >> ammette poi.
<< Che altro è successo in queste due settimane? >> La sua espressione si fa più seria quando un dubbio la assale << è successo qualcosa a Wanda? >> chiede, preoccupata che la strega abbia perso il controllo dei suoi poteri ferendo qualcuno.
<< No, no. >>
<< No? >>
<< No. Solo… adesso è con Strange. Passerà un po' di tempo con lui, sai, ultimamente stava avendo sempre più difficoltà a controllare i suoi poteri, era spaventata… >>
Natasha annuisce, pensierosa.
La porta della cucina si apre interrompendo la conversazione della due donne. Steve entra con un’espressione seria in volto, ma vedendo Natasha si rilassa per un momento. << Bentornata, >> la saluta.
<< Detto con quella faccia… >>
L’uomo le rivolge un sorriso di scuse, mentre Marta poggia la sua tazza di caffè, ancora mezza piena, e si alza. << Che succede? >> chiede avvicinandosi all’uomo.
<< Peter. È solo un attacco di panico, in realtà, >> spiega << ma se tu potessi venire a dargli uno sguardo… >>
Marta annuisce.
<< È in laboratorio, con Stark. >>
<< Vado. >>
L’infermiera si avvia a passo spedito verso il laboratorio, chiudendosi la porta alle spalle per lasciare un po' di privacy alla Vedova e al Capitano.
<< Marta mi ha detto che queste settimane sono state particolarmente allegre… >> inizia Natasha.
Steve annuisce stancamente << sai, in questo periodo ho capito cosa provava Bucky quando abitavamo a Brooklyn, prima che io diventassi Captain America. >>
La donna ride.
<< Dovrò farmi perdonare per tutto quello che gli ho fatto passare… com’è andata a casa tua? >>
La donna distoglie lo sguardo, a disagio.
<< Nat? >>
<< Bene, >> risponde la donna, tornando a guardarlo.
Lui annuisce. << Okay. >> Solleva le mani in segno di resa, e non aggiunge altro, ma lo sguardo che i due si scambiano è sufficiente.
Ormai ha imparato che a Natasha, la maggior parte delle volte, non piace parlare. Nonostante gli anni, nonostante lui e gli altri Avengers le abbiano dimostrato più volte di potersi fidare di loro, lei sta ancora all’erta. Un animale spaventato che, nonostante le sue ferite si siano ormai rimarginate, non riesce a dimenticare il dolore provato.
Steve non la giudica, e non cerca di convincerla a parlare.
<< Credo che il perdono non sia per me, >> mormora poi la donna, dopo un momento di silenzio.
Steve attende, in caso lei voglia aggiungere qualcosa, ma lei resta in silenzio e si stringe nelle spalle, un sorriso stanco sul volto.
<< Chi è che non riesci a perdonare? La tua famiglia, o te stessa? >>
<< Non lo so, >> risponde lei, dopo un momento di incertezza << forse entrambi. Melina e Alexei, per ciò che mi hanno fatto, e me stessa per aver abbandonato Yelena. >>
<< Io credo, >> inizia lui << che non dovresti dimenticare il tuo passato, per evitare che si ripeta, ma…bè, è passato: non puoi cambiarlo. Però hai del tempo da vivere con la tua famiglia, e questo tempo puoi controllarlo, puoi decidere tu cosa farci. Dovresti approfittarne. >>
Natasha annuisce << grazie, >> mormora.
Quando Marta arriva in laboratorio, Peter è seduto per terra, fra le braccia di Tony, abbandonato contro il corpo dell’uomo.
Ha gli occhi socchiusi, il respiro irregolare.
Non sembra che ci sia nulla di strano. Stark, però, sembra preoccupato.
Quando il ragazzo si accorge di lei, si affretta a mettersi in piedi, balbettando frasi sconnesse e assicurando di star bene.
La donna si limita ad annuire e, premendogli delicatamente una mano su una spalla, lo convince a restare seduto.
<< Giornata pesante? >> chiede.
<< No. Ho solo visto Ned. >>
<< E immagino che ciò non ti abbia minimamente reso nervoso? >>
<< Ma c’era anche MJ… e poi… >>
<< Peter… dopo quello che hai vissuto… >> altro corso utile: psicologia supereroistica. Le sarebbe davvero utile << devi darti tempo, >> conclude.
<< Non sono debole, >> obietta lui. La voce che avrebbe voluto suonare forte e sicura, è appena un pigolio.
<< Non è quello che volevo dire, Peter,  >> inizia pazientemente. Gli prende un polso, lo sguardo concentrato sull’orologio che ha al polso << solo che devi occuparti di più di te stesso. >>






 
  
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