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Autore: Aly92    13/03/2022    2 recensioni
Ho immaginato cosa potesse accadere immediatamente dopo la battaglia con Kaido, quando l'esito è ancora incerto. Ho cercato di rimanere il più possibile fedele ai personaggi, ma sono stata sicuramente un po' OOC.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chopper, Monkey D. Rufy, Nami | Coppie: Rufy/Nami
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo tanti anni torno con una ff, completamente diversa dal mio solito. Meno erotica, meno violenta e molto dolce, forse anche troppo! XD Le mie ultime pubblicazioni poi erano degli sfoghi personali, pieni di tristezza. 
Non avevo mai scritto su One Piece, ma seguo con molta passione l'anime e ho letto tutte le RuNa e... non so, ho avuto questa necessità di aprire un foglio word e iniziare a scrivere. All'inizio avevo un'idea completamente diversa, ma come succedeva quando pubblicavo di più, la storia si è scritta da sola. Spero di non aver fatto grosse cappellate, non l'ho passata alla mia Beta perché al contrario mio non ama molto gli anime (che tristezza!!). Sono rimasta così sorpresa da tutto ciò che ho deciso di condividerla con voi. Mah... vi lascio alla lettura e speriamo abbia senso XD



La polvere sollevata durante la battaglia non permetteva di vedere niente. Come quella volta ad Arlong Park, Nami non sapeva chi aveva vinto. Erano passati ormai più di due anni da quel giorno, come allora, una morsa le stringeva il cuore, non sapendo se il suo capitano era sano e salvo.
Gli occhi iniziarono a lacrimare, un po’ per lo stress un po’ per il pulviscolo che li stava irritando. Non sopportando più l’attesa di sapere, cominciò ad avanzare. Non le importava che il terreno potesse cedere da un momento all’altro e nemmeno che c’era la possibilità che fosse Kaido il vincitore, ma in un modo o nell’altro avrebbe raggiunto Luffy.
Al diavolo il rischio.
Il solo pensiero che lui non ce l’avesse fatta, la straziava a tal punto da rendere tutto il resto assolutamente privo di qualsiasi importanza. Né il suo sogno, né la sua famiglia e tantomeno la sua vita avevano senso se quello stupido ragazzino gommoso non era al suo fianco.
Negli anni aveva imparato ad avere fiducia in lui come in nessun altro. Solo a lui si sarebbe affidata completamente senza provare paura o dubbi. Sapeva che poteva contare sulla sua caparbietà e sul suo coraggio. Il suo capitano ce l’avrebbe sempre fatta a tornare da loro, da lei. Non aveva mai dubitato. Fino a pochi minuti prima era una certezza, avrebbe sbaragliato chiunque avesse tentato di mettersi sulla sua strada. Ma ora… aveva affrontato un imperatore, anzi due. Non due piratucoli insignificanti e aveva paura.
Iniziò a chiamare il suo nome così forte da farsi male alla gola. Avanzava a tentoni e urlava tanto che il fiato iniziava a mancarle. Avrebbe voluto accasciarsi a terra, mettersi in posizione fetale e piangere fino a prosciugarsi, ma non poteva. Doveva trovare Luffy a tutti i costi. Non poteva arrendersi. Non lo avrebbe mai fatto. Aveva promesso di portarlo al One Piece e lo avrebbe fatto, a costo di dovercelo portare sotto forma di gomma da masticare calpestata!
Qualcosa le urtò il piede. Un cappello.
Un cappello di paglia con un nastro rosso. Lo prese con la delicatezza che si potrebbe usare per accarezzare una bolla di sapone.
lo posò sul suo capo per infondersi coraggio e speranza, ma anche per quel senso di calore e protezione che sentiva ogni volta che lo indossava.
La polvere iniziava pian piano a posarsi, permettendo di vedere forse fino ad un metro di distanza.
Sempre più incurante di un qualsiasi pericolo, iniziò a correre, ma dopo pochi passi dovette fermarsi. Lui era lì, riverso a terra, aveva gli occhi chiusi e il più bel sorriso che potesse mostrare al cielo.
Nami si lasciò cadere sulle ginocchia al suo fianco, sfiorando il viso pieno di lividi e tagli del suo capitano. Le dita sfioravano quella pelle calda e liscia come fossero state ali di farfalla e quando passarono sulle labbra leggermente dischiuse, sentirono il fiato rilasciato da un sospiro.
“Ce l’hai fatta” e lo sapeva. Non importava che ancora non si vedesse nulla intorno a loro, lei ne aveva la certezza, data dal suo sorriso.
Un’ora prima aveva rischiato tutto con quella specie di lucertola gigante. Avrebbe potuto mentire, fingersi morta o nascondersi, ma poi come avrebbe potuto guardare ancora Luffy negli occhi? Come avrebbe potuto navigare al fianco del futuro Re dei Pirati. Avrebbe fatto qualunque cosa per salvarsi la vita, tranne che tradire il suo capitano. Mai più lo avrebbe deluso come appena conosciuti o come, erroneamente, aveva pensato avesse fatto con Shiki.
Lo abbracciò un po’ goffamente, felice che fosse ancora vivo, ma nel momento in cui si ritrasse, poté notare molto sangue macchiarle le mani e capì che se non avesse fatto qualcosa, non ci sarebbe stato un futuro per loro. Quel futuro che lei segretamente sognava, dove arrivavano a Raftel e poteva dire al mondo che aveva realizzato il suo sogno più importante: essere la Regina dei Pirati e vivere col suo Re.
Non era molto forte in condizioni ottimali, figuriamoci dopo aver affrontato due lucertoloni che le avevano provocato, probabilmente, una brutta commozione cerebrale. Con ogni muscolo tremante cercò di alzarsi, sollevando come poteva il ragazzo.
“Luffy, se ancora sei cosciente, cerca di aiutarmi. Ti porto da Chopper. Ti prego! Ti prego, resisti”. La voce le uscì spezzata dallo sforzo e dalle lacrime che tentava in tutti i modi di reprimere. Non era quello il momento di crollare. Doveva resistere ancora poco. Solo un altro po’. Pochi passi ancora e avrebbe trovato Chopper o qualcuno che li avrebbe accompagnati dal loro tenero dottore.
Finalmente, dopo un tempo parso eterno, poteva guardarsi intorno. Sembrava ci fosse stata una carneficina. Corpi ovunque, ma non era chiaro se erano alleati o nemici. Centinaia e centinaia di forse cadaveri, e se si osservava con attenzione, si poteva notare qualche arto perso.
Il terreno era tutto sporco di sangue e Nami stava per crollare.
“Non essere triste… ognuna… di queste persone… ha lottato… conoscendo il rischio. Hanno combattuto… non si sono arrese… e ora… Wano… è libera… hanno… hanno realizzato… il loro sogno” lo sforzo che costò a Luffy pronunciare queste poche parole era evidente. La sua voce era appena un sussurro e rantolava leggermente, ma il messaggio era chiaro.
Ogni samurai caduto o gravemente ferito aveva consapevolmente rischiato tutto per liberare la loro casa e se erano morti, lo avevano fatto con onore e orgoglio per aver partecipato a questa importante battaglia per quello in cui credevano. Come facevano loro in ogni momento del loro pazzo viaggio.
Trovarono Chopper dopo un tempo che parve infinito.
Il dottore dopo aver guarito tutti coloro che erano stati trasformati in Oni del ghiaccio, aveva allestito una specie di ospedale da campo, per soccorrere tutti coloro che avevano combattuto contro Kaido e Big Mom.
La piccola renna correva da un paziente all’altro facendosi aiutare dai visoni. Chi poteva dava una mano, anche i feriti, quelli meno gravi, cercavano di dare il loro contributo.
Il sollievo fu tanto, che l’adrenalina che le aveva permesso di trascinarsi fin lì con Luffy l’abbandonò di colpo ed entrambi finirono faccia a terra svenuti.
Il capitano, ancora semicosciente, si sentì sollevare e poi fu solo buio.

Quando Nami riaprì gli occhi era stesa su un letto e la luce che entrava dalla finestra faceva intendere che il cielo era ricoperto di nuvoloni scuri. Se non stava già piovendo avrebbe cominciato a breve.
Nel tentativo di stiracchiare i muscoli indolenziti dall’immobilità prolungata, il movimento le venne impedito da un peso sulla parte destra del corpo di cui non si era accorta prima.
Abbassando gli occhi poté vedere solo una massa informe di capelli neri e braccia e gambe che la stringevano.
Avevano forse paura che potesse scappare?
Il leggero russare era regolare e rilassante, così come il calore emanato dal calore del corpo del suo capitano che la stringeva possessivamente come mai era successo prima.
Cos’era successo? Quanto tempo era passato dalla battaglia?
Sbagliava o le bende che ricoprivano Luffy sarebbero dovute essere molte di più? Forse però la paura del momento le aveva giocato dei brutti scherzi.
Senza che se ne accorgesse aveva iniziato ad accarezzare i capelli del ragazzo, pensando a tutte le domande che si affollavano nella sua mente. Anche i suoi pensieri sembravano sussurrare, per quanto caotici, come se potessero svegliarlo e distoglierlo da quel quieto riposo.
Nami sobbalzò leggermente quando si aprì la porta dell’infermeria, da cui entrò il dottore. Lo vide scuotere il capo notando la seconda branda vuota, come se fosse ormai routine e avesse rinunciato a cambiare la situazione. Ma si sapeva bene che Luffy era testardo e che quando si metteva in testa qualcosa era pressoché impossibile fargli cambiare idea. Solo lei, a volte, ci riusciva. Bastava un amorevole pugno accompagnato da qualche affettuoso insulto urlato.
“Nami! Sei sveglia!” la sorpresa e la commozione irrigidirono per un momento Chopper che aveva badato alla ragazza per tre settimane, anche se ancora lei non lo sapeva. Come non era nemmeno a conoscenza del fatto che Luffy era stato dimesso tre giorni dopo lo scontro, ma non si era mai mosso dall’infermeria e soprattutto che nonostante le continue riprese, aveva continuato a dormire al suo fianco.
Tutti erano rimasti sorpresi dal comportamento del capitano e Sanji in particolare aveva reagito peggio, con urla e piagnistei vari. Solo dopo un’accesa lite, prima col diretto interessato, poi con lo spadaccino aveva quasi accettato la situazione.
“Dovrei visitarti, ma abbiamo imparato che spostare il capitano può essere… dannoso”
“Sì, ma prima dimmi, come sta Luffy? Aveva delle ferite piuttosto gravi quando l’ho trovato dopo lo scontro” era preoccupata, come mai prima. Eppure poteva vederlo lì, vivo e in salute che le dormiva addosso e probabilmente che le sbavava sulla maglietta. L’angoscia che le aveva attanagliato le viscere prima di perdere i sensi si ripresentò più violenta che mai.
“Si è ripreso quasi del tutto ormai. Faccio solo fatica a fargli tenere le bende. Quella per cui siamo stati tutti in pensiero sei tu. Avevi una brutta frattura dell’osso cranico che ti ha tenuta in uno stato di coma per tre settimane. Lui non ti ha mai lasciata sola. Gli ho anche detto che se voleva restare poteva usare l’altra branda, ma puntualmente lo ritrovo così. Dice che se si allontana tu potresti andartene non sentendolo al tuo fianco” il rossore, per quella confessione, scaldò velocemente le gote della ragazza.
Nel movimento che fece per ricambiare l’abbraccio, Luffy si svegliò e vedendo come prima cosa le iridi nocciola della ragazza fece un sorriso nuovo. Era grande, come quelli soliti che lo accompagnavano da sempre, ma ciò che lo rendeva speciale erano le piccole lacrime di sollievo che morivano sul cuscino.
Dopo qualche momento finalmente i due ragazzi si accorsero del loro medico di bordo che tentava in tutti i modi di attirare la loro attenzione.
“Luffy!! Vuoi spostarti?! Così posso vedere se sta bene?!” a quel punto, con una delicatezza che mostrava di rado, lasciò la branda, ma senza allontanarsi troppo e irritando ancora di più il loro nakama. Dopo qualche minuto finalmente concluse la visita dicendo che tutto stava andando per il meglio, ma che avrebbe dovuto evitare movimenti bruschi e soprattutto stress. Lanciammo subito entrambi un’occhiata traversa a Luffy che stava in disparte con un dito ben piazzato nel naso, alla ricerca di un qualcosa di disgustoso.
Persa nei suoi pensieri e nelle sue considerazioni non si accorse che si era seduto al suo fianco sulla piccola branda, almeno finché non cominciò a parlare e che Chopper era uscito, probabilmente per analizzare i risultati della sua visita.
“Non farlo mai più! Rischiare così la tua vita, affaticarti in quel modo dopo essere stata ferita gravemente. Dovevi cercare subito Chopper e farti vedere, non cercare me in mezzo alla bolgia e trascinarmi al sicuro. Hai idea di cosa avrei provato a perdere anche te?”
Non lo aveva mai visto così sconvolto e addolorato, forse una sola, quando le aveva parlato di Ace tempo prima e di come fosse morto per salvargli la vita. Si sentiva in colpa, ma non abbastanza da scusarsi.
“Luffy. Sono qui, non vado da nessuna parte. Non prima di aver mantenuto la mia promessa di portarti al One Piece. Ho fatto quello che dovevo e non me ne pento. Lo rifarei altre mille volte.”
“Nami! Hai rischiato di morire o restare in coma per il resto della vita! Chopper iniziava a perdere le speranze. Non puoi fare così!” la ragazza vedeva come lui tremasse e stringesse i pugni, era teso e arrabbiato. O forse ferito e spaventato.
“Ho fatto quello che chiunque dei nostri compagni avrebbe fatto e che tu per primo fai ogni volta per noi. Quindi ora non farmi la predica, non ti si addice.”
“Solo perché sorrido e sono un po’ tonto, non vuol dire che non abbia paura di perderti. Devi capire una cosa. Non navigherò mai senza di te. Ecco perché da ora in poi farai attenzione e sarai prudente. Questo è un ordine del tuo capitano!”
Era scioccata, come poteva quel petulante, irresponsabile, incosciente e senza cervello dirle una cosa simile. Proprio lui che se non si stava attenti poteva morire avvelenato da un momento all’altro solo per la sua voglia di assaggiare qualsiasi cosa, commestibile o no; o per la sua voglia di avventura, dove si lanciava in battaglia senza un piano ed era solo per la sua fortuna sfacciata che era ancora lì.
“Luffy … sai bene che nella vita che conduciamo i rischi sono elevati e tu lo sai meglio di tutti. E poi quante volte hai rischiato la tua vita per me, per salvarmi. Te le devo ricordare? Prima Foxy, poi Arlong, a Drum, Eneru, a Water Seven da quei pazzi che ci davano la caccia, a Triller Bark con quell’essere che voleva sposarmi a tutti i costi, da Shiki, a Sabaodi. E anche se tu dici di no, il pensiero di te, e degli altri, mi ha tenuta a galla. E rischi tutt’ora. Poche settimane fa a Tottolando. Non ti chiederò né perdono se questa volta ho rischiato io e non ti chiederò il permesso per rifarlo. Dici che la mia perdita ti devasterebbe, ma ti sei mai chiesto cosa accadrebbe a me se io perdessi te?”
Aveva parlato con così tanta foga da avere  il fiatone e Luffy, forse per la prima volta ragionava sulle parole della navigatrice. Il suo discorso non faceva una piega ed era chiaro anche ad un tontolone come lui. Non sapeva cosa rispondere e non incrociava più il suo sguardo. Nami stufa di quell’atteggiamento un po’ infantile lo tirò a sé per la camicia. Aveva agito di impulso. Voleva abbracciarlo e stringerlo forte per fargli sentire che era lì, al suo fianco e che ci sarebbe rimasta fino alla fine dei suoi giorni. Non aveva calcolato però lo slancio di lui e si ritrovarono stretti sì, ma con i loro volti uno di fronte all’altra, ad appena pochi centimetri. Sarebbe bastato così poco per far incontrare le loro labbra e Nami lo fece. Non pensò, si sporse solo un po’, fino a sfiorare la bocca del capitano con la sua. Dando vita ad un leggero bacio dal peso di una piuma.
“Perché?” era sotto shock, non capiva cos’era appena successo e perché il suo cuore battesse così forte, i palmi delle mani gli sudassero e lo stomaco fosse come chiuso in un nodo stretto stretto.
“Perché… perché forse così capirai che senza di te non ci posso stare. Che se per qualche ragione mi lasciassi ne morirei. Luffy, tu sei diventato il mio sogno più importante” l’ultima frase la disse sussurrando, come se fosse un segreto e nemmeno lui dovesse sentirla. Eppure quelle parole gli rimbombarono nella testa con la forza di una tempesta.
“Non potrei mai lasciarti, per nessun motivo al mondo. E ho fatto una promessa quando ci siamo incontrati. Ho detto che avrei fatto di tutto per aiutarvi a far avverare i vostri sogni e … mi accorgo che sei l’unica con cui condividerei il mio.”
Si scambiarono un bacio più profondo del primo, nonostante i movimenti impacciati e titubanti, fu per entrambi un momento magico.
Si trovarono ben presto stesi l’uno sull’altra, a sfiorarsi insicuri ma impazienti di conoscere dell’altro ciò che era ancora un mistero. Ogni secondo che il contatto tra i due si intensificava, poteva scacciare la sensazione di paura e rassegnazione che avevano provato fino a quel momento.
Quando poi il respiro iniziò a mancare e si dovettero staccare, non riuscirono a stare lontani nemmeno per pochi secondi. Nami, anche se non una grande esperta capiva dove si stavano dirigendo e ne era più che felice. Mentre Luffy seguiva l’istinto e non si fermava. Ogni angolo della pelle di lei aveva un sapore unico e nuovo di cui non riusciva a saziarsi. Iniziò a leccare e dare leggeri morsi. Il contatto che sentiva non era mai abbastanza, nonostante ormai tra i loro corpi non potesse passare nemmeno il più impertinente degli spifferi.
Lui non capiva, ma non riusciva a fermarsi. Sentiva l’inguine fargli male come non mai e sentiva caldo. Notò che la pelle di Nami era arrossata e iniziava a vedersi qualche piccola goccia di sudore nell’incavo dei seni e senza sapere come o perché si ritrovò a passare la lingua proprio in quel punto. Il sapore della sua pelle leggermente salato e speziato lo portò a fare un movimento che lasciò entrambi senza fiato.
La spinta del suo bacino tra le gambe aperte della ragazza aveva strappato un gemito roco dalle loro gole.
Il bisogno che sentivano di toccare, leccare, vedere e palpare era sempre più forte. Nami, al limite della sanità mentale iniziò ad eliminare i primi strati. La camiciola di lui, la maglietta che quasi fu strappata tanta era la foga. Quando la pelle fu libera passò con forza le unghie sulla schiena, come se ci fosse un ulteriore strato a dividerli e dovesse essere eliminato, per permettergli di fondersi. Scendendo verso il basso incontrò il tessuto dei jeans.
“Toglili capitano.” lo sussurrò all’orecchio, fiorando il lobo con le labbra e la lingua. La voce era talmente roca e lasciva che fece fatica a riconoscersi lei stessa.
Erano entrambi come posseduti e magari leggermente ubriachi, eppure nessuno dei due si era mai sentito più sé stesso.
Non appena anche le gambe furono liberate, presero un momento per scambiarsi uno sguardo, dove ambedue comprendevano l’evolversi del loro rapporto. Avrebbero potuto fermarsi lì e forse, fingere inutilmente che quel momento non ci fosse mai stato, ma sarebbe stato inutile. Erano andati troppo oltre e mai avrebbero potuto guardarsi senza ricordare e agognare le carezze dell’altro.
“Nami, non voglio farti del male. Sei sicura?” la delicatezza e il rispetto che Luffy mostrò in quel frangente fece sciogliere il cuore della navigatrice, che per risposta incrociò le gambe al suo bacino, tirandolo verso di sé e strappando un altro gemito.
Come la più abile delle ladre, riuscì a disfarsi delle sue mutandine umide di desiderio e dei boxer tesi del suo amante. Ancora non potevano crederci.
Sempre restando occhi negli occhi, lui sprofondò lentamente nella vulva calda, stretta e umida, mentre si sentiva esplodere il cuore dall’emozione e la gioia. Era dentro di lei, ma non era abbastanza. Afferrando una delle cosce più in alto su suo fianco poté sentire un brivido avvolgerlo. Finalmente erano un tutt’uno.
Luffy iniziò a muoversi in modo leggero, senza mai perdersi l’espressione di puro godimento della compagna. Avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro, poi un movimento rotatorio del bacino e tutto da capo.
La foga che li aveva invasi all’inizio aveva lasciato posto ad una dolcezza e una calma esplorazione del piacere nel momento in cui si erano uniti.
I sospiri riempivano il silenzio della stanza, tra un bacio e una carezza. Fino al momento in cui non sentirono la necessità di aumentare il ritmo. C’era quella sensazione che cresceva e che portò i due ragazzi ad irrigidire i muscoli e stringersi, fin quasi a farsi male. Sembravano volersi inglobare e non lasciarsi mai.
Mentre tremavano per l’orgasmo appena provato si sorrisero pigramente soddisfatti. Lui non uscì e lei non si ritrasse. Rimasero lì, solo a guardare la felicità e una leggera confusione da parte di Luffy, che ancora non si capacitava di cosa esattamente era successo.
Sapeva solo di essere felice e che a nessuno avrebbe permesso di assaggiare o sfiorare la pelle di Nami, come aveva fatto lui quel giorno. Nessuno l’avrebbe allontanata da lui o le avrebbe fatto del male. L’avrebbe tenuta al sicuro con ogni mezzo e a qualunque costo.
La navigatrice non poteva credere di aver appena fatto l’amore con il suo capitano. Fino a poco prima della battaglia con Kaido quel sentimento era nascosto nel profondo. Era una semplice fantasticheria senza nessun fondamento o speranza che si potesse avverare. Era un qualcosa di effimero e inafferrabile.
Non sarebbe più riuscita a fare a meno di lui e del suo calore. Avrebbe mantenuto le sue promesse, proprio come lui stava facendo con tutti loro. Lo avrebbe guidato e forse qualche volta protetto.
Avrebbero realizzato i loro sogni.
Il prossimo obbiettivo sarebbe stato trovare Shanks. Non sapevano se li avrebbe affiancati o se avrebbero dovuto combattere per dimostrare il loro valore, ma qualsiasi sorpresa avrebbe riservato loro il futuro, erano insieme e si sarebbero spalleggiati e protetti.
  
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